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GIOSER E IMHOTEP
Gioser, il cui “nome di Horo” è Netery-Khet è una delle grandi figure della storia faraonica, tra
l’altro per aver dato grande impulso all’architettura in pietra, ideata dal suo architetto Imhotep, il
di Gioser rimase legata ad una certa
quale diverrà oggetto di culto in epoca tarda. L’epoca
immagine della monarchia, come dimostra un celebre apocrifo: una stele che Tolomeo V Epifane
fece incidere, verso il 187 a.C., sulle rocce di Sehel presso Elefantina, nella prima cataratta. Il testo
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racconta di una carestia e del modo in cui Gioser riuscì a mettervi fine. In esso Gioser si duole dello
stato del paese:
“Il mio cuore era in grandissima pena, perché il Nilo non era venuto nel suo tempo durante sette
anni. Il grano era scarso, i cereali si erano seccati, il cibo era in magra quantità, ognuno era
afflitto dal suo raccolto. Si era arrivati a non poter più camminare: il fanciullo era in lacrime; il
giovane era abbattuto; i vecchi, il loro cuore era triste: le loro gambe erano piegate mentre
con le mani in mano. Anche i cortigiani erano nell’indigenza; e i templi erano
sedevano per terra,
chiusi, i santuari pieni di polvere. In breve, tutto ciò che esiste era nell’afflizione.”
Il re interroga gli archivi antichi e da essi apprende l’origine dell’inondazione e il ruolo di Khnum,
l’ariete signore di Elefantina, nella crescita delle acque. Egli compie un’offerta al dio che gli appare
in sogno promettendogli:
“Farò crescere il Nilo per te; non ci saranno più anni in cui l’inondazione non avverrà per nessun
campo; i fiori cresceranno piegati dall’abbondanza del polline.” (Barguet: 1953, 15 e 28).
Tolomeo V Epifane si riaggancia così alle origini della tradizione nazionale, secondo il modello del
re dotto e pio, il quale non esita a tuffarsi nelle fonti della teologia e della storia per rintracciarvi i
fondamenti cosmologici e i grandi esempi del passato. In questa coppia formata dal re e dal suo
servitore, quest’ultimo è il più celebre e sarà addirittura oggetto di culto popolare. Si pensa che
Imhotep sia vissuto fino al regno di Huni. Le sue funzioni, a noi note, sono quelle di gran sacerdote
di Heliopolis, sacerdote lettore e capo architetto. Era l’uomo più notevole del suo tempo. Nel Nuovo
Regno è considerato il patrono degli scribi, come personificazione della saggezza e
dell’insegnamento. Nel Canone di Torino risulta essere figlio di Ptah: è la prima tappo di
un’eroicizzazione che lo porterà a divenire un dio locale di Menfi, con un clero e una mitologia
propria, secondo i quali egli è un’intermediario tra gli uomini e gli dei nelle difficoltà quotidiane, in
particolare uno specialista in problemi medici. I Greci ricorderanno questa caratteristica
dell’Imuthes menfita assimilandolo ad Asclepios; il suo culto, che sotto l’impero era diffuso da
Alessandria a Meroe (ha un tempio a File), sopravviverà nella tradizione araba nella zona di
Saqqara, ove si può supporre si trovi la sua tomba. Gioser non divenne divinizzato, ma la sua
piramide gli assicurò l’immortalità.
LA FINE DELLA III DINASTIA
Gli archeologi suggeriscono un ordine di
La fine della dinastia no è più chiara dell’inizio.
successione basato sull’evoluzione architettonica della sepoltura reale. Sono state scoperte, nel sito
di Zauiet el-Aryan a mezza via tra Giza e Abusir, due tombe piramidali, di cui la più meridionale.
“piramide a fette”, è ispirata a quella di Sekhemkhet e di Gioser a Saqqara. Questa piramde,
Detta
incompiuta, è attribuibile all’Horo Khaba, che è stato accostato al re Huni, citato nella lista reale di
Saqqara e nel Canone di Torino, dove gli si attribuiscono 24 anni di regno; Khaba sarebbe da
collocare nel primo quarto del XXVI sec. a.C. La sua posizione di ultimo sovrano della dinastia è
confermata da un testo letterario composto dallo scriba Kaires. Si tratta di un Insegnamento,
destinato ad un contemporaneo del re Teti, sepolto presso la piramide di costui a Saqqara: il grande
funzionario Kagemni. Come Imhotep divenne un personaggio leggendario e iniziò la sua carriera
sotto il regno di Snefru: 23
“Allora, la Maestà del re dell’Alto e del Basso Egitto Huni venne a morire, e la maestà del re
dell’Alto e del Basso Egitto Snefru fu elevato alla dignità di re benefico in questo paese intero.
Allora, Kagemni divenne sindaco e vizir.” (Papiro Prisse, 2, 7-9).
Rimane da trovare una collocazione all’altro costruttore di Zauiet el-Aryan che alcuni graffiti
identificano come lo Horo Nebka(ra) o Neferka(ra); forse il Nebkara della lista di Saqqara, ossia il
Mesochris di Manetone? Un predecessore di Huni?
SNEFRU
Meresankh, madre di Snefru, doveva essere una delle concubine di Huni. Suo figlio ebbe come
consorte una sorellastra, Hetepheres I, madre di Cheope e figlia di Huni. Così legittimò il suo
potere. Snefru divenne una figura leggendaria, di cui le opere letterarie hanno tramandato la
bonomia. Nel Medio Regno venne divinizzato e costituì il prototipo del re perfetto. Il suo regno
durò una quarantina d’anni. La Pietra di Palermo dice che fu un faraone guerriero: condusse una
spedizione in Nubia per domare una “rivolta” nel Dodekaschoinos, donde avrebbe riportato 7.000
prigionieri e 200.000 capi di bestiame; da una campagna in Libia riportò 13.100 capi e 11.000
prigionieri. La Nubia fu per l’Egitto una riserva di mano d’opera, sia per il lavori edilizi che per il
mantenimento dell’ordine, dal momento che Megia e Blemmi, del deserto orientale, fornivano i
reparti di polizia dello stato. A questo si aggiungeva l’incarico del controllo sul transito carovaniero
dei prodotti africani; inoltre si estraeva oro e diorite. Gli interessi commerciali determinarono le
campagne nel Sinai, il cui scopo era quello di assicurarsi lo sfruttamento delle miniere che si
trovavano nella zona ovest della penisola. Lo stato di guerra con le popolazioni nomadi asiatiche
non intralciava i rapporti commerciali dell’Egitto con il Libano e la Siria. Costruttore di navi, di un
palazzo, di fortezze, abitazioni, templi, Snefru è anche il solo faraone cui si possono attribuire tre
piramidi. In primo tempo, egli rivolse le sue attenzioni a Meidum: prima di terminare questa
piramide a gradoni nell’anno 13 Snefru abbandonò il progetto per iniziare a Dahshur due nuovi
edifici.
CHEOPE
La necropoli per eccellenza della IV din. è Saqqara, un altopiano dominato dalle piramidi di Cheope
e dei suoi successori, intorno alle quali sono disposte le mastabe dei funzionari e dei dignitari.
“Khnum mi protegge”. La sua
Cheope in egiziano è Khuf, abbreviazione di Khnum-Khuefui
piramide fece sì che egli venisse considerato il simbolo per eccellenza del monarca assoluto, la cui
crudeltà è messa in evidenza da Erodoto:
“Non vi fu perfidia di cui Cheope non si macchiò. Innanzitutto egli chiuse tutti i templi e vietò agli
Egiziani di sacrificare. Dopo di ciò, li obbligò a lavorare per lui. Alcuni vennero inviati a cavare le
pietre nei monti d’Arabia e a trascinarle fino al Nilo e a trasportarle su battelli sulla riva opposta
del fiume; qui altri le ricevevano e le trascinavano fino alla montagna libica. Ogni tre mesi,
centomila uomini erano impiegati in questo lavoro. Quanto al tempo durante il quale il popolo fu
così tormentato, si passarono dieci anni a costruire la rampa sulla quale si dovevano trascinare le
pietre (…) La piramide in sé costò vent’anni di lavoro (…) Cheope, esausto per queste spese,
giunse all’infamia di prostituire la propria figlia in un luogo di perdizione e di ordinarle di
ricavare dai suoi amanti una certa somma di denaro. Non so a quanto ammontasse la somma; i
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sacerdoti non me lo hanno rivelato. Non solo ella eseguì gli ordini del padre, ma volle lasciare ella
stessa un monumento. Ella pregò tutti coloro che la visitavano di donarle ciascuno una pietra. Fu
con queste pietre, mi dissero i sacerdoti, che si costruì la piramide che si trova nel mezzo, di fronte
alla grande piramide, e che ha un plettro e mezzo di lato.” (Storie, II, 124-26).
Gli Egiziani non avevano un buon ricordo di lui. È Cheope il re che nel Papiro Westcar si fa narrare
storie meravigliose dei regni dei suoi predecessori. La sua principale preoccupazione era la
ricerca “delle stanze segrete
costruzione della piramide: il quarto racconto del papiro lo dipinge alla
del santuario di Thot”. In questa occasione il sovrano conosce un mago di Meidum, un certo Gedi,
“un uomo di 110 anni che mangia 500 pani e come carne mezzo bue, e beve cento brocche di birra
ancora oggi”. Il mago gli rivela che il segreto da lui agognato gli sarà rivelato…dal primo re della
dinastia seguente, Userkaf figlio primogenito di Ra e della moglie di un sacerdote di Heliopolis! Il
sovrani della V din.; s’interrompe
seguito del papiro narra la nascita prodigiosa dei tre primi prima
della fine. I testi che parlano della IV din. sono stati scritti tutti dopo il Primo Periodo Intermedio. A
parte la tradizione letteraria, Cheope è poco conosciuto: paradossalmente, di colui che fece costruire
una delle sette meraviglie del mondo, non possediamo che una statuetta in avorio di 9 cm., che lo
rappresenta seduto in un trono cubico, abbigliato con il gonnellino shendyt e con la corona rossa del
Basso Egitto sul capo. Questa fu scoperta da Petrie ad Abido nel 1903; oggi è al Museo del Cairo.
Pochi documenti forniscono notizie su di lui: un graffito nello Uadi Maghara e una stele eretta nelle
cave di diorite del deserto nubiano a ovest di Abu Simbel. Non si sa neppure per quanto abbia
regnato: 23 anni per il Canone di Torino, 63 per Manetone.
GLI EREDI DI CHEOPE
Cheope ebbe due figli che gli successero. Erano nati da madri diverse: il primo è Gedefra (Didufri),
che salì al trono alla morte del padre. Il suo regno è per noi oscuro; il Canone di Torino dice che
primo faraone che porta il “nome di figlio di Ra” nella titolatura imperiale
regnò 8 anni. Gedefra è il
e che lascia Giza per farsi costruire la tomba ad Abu Roash, una decina di km a nord. Questo
complesso, orientato nord-sud e a pianta rettangolare, comprendeva un tempio per il culto del re,
un’immensa rampa in salita e un tempio per l’accoglienza del sarcofago, non è stato terminato. Non
conosciamo il nome di sua madre, ma sappiamo che sposò la sorellastra Hetepheres II, che era stata
moglie del principe Kauab e che con lui ebbe Meresankh III, consorte di Chefren, mentre da
Gedefra ebbe Neferhetepes, una delle “possibili”