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LA DIAGNOSI EDUCATIVA ORGANIZZATIVA
Per usare i termini proposti dal modello di cambiamento di Green e Kreuter, per
pianificare interventi di prevenzione occorre svolgere un’accurata “diagnosi
educativa e organizzativa” la quale:
“costituisce la 4^ di 9 fasi del “il modello Procede-Proceed” (Green e Kreuter,
1991)” per la progettazione di interventi di educazione e promozione della salute, il
cui obiettivo è:
“l’individuazione di quei fattori individuali e ambientali che, se modificati, possono
portare al cambiamento desiderato”.
Gli Autori raggruppano in tre categorie i fattori che hanno un’influenza sulla salute
delle persone:
Fattori predisponenti (includono conoscenze, attitudini, credenze, conoscenze,
- i valori individuali che sostengono o ostacolano la motivazione al
cambiamento)
Fattori rinforzanti (comprendono le risposte che le persone ricevono dagli in
- seguito all’adozione di un nuovo comportamento9
Fattori abilitanti ( sono capacità, risorse o barriere che aiutano o ostacolano i
- cambiamenti comportamentali e ambientali desiderati)
Sulla base di valutazioni e selezioni l’operatore deciderà su quali fattori centrare il
proprio intervento.
Caratteristiche dei programmi di prevenzione
Sono: popolazione bersaglio: con chi intervenire? = la popolazione bersaglio va
1. definita in base agli obiettivi dell’attività di prevenzione:
deve coinvolgere tutti , se il nostro obiettivo è evitare, o almeno
a. posticipare, l’incursione nel rischio (prevenzione universale);
deve coinvolgere sottogruppi di soggetti implicati in un comportamento
b. a rischio, se il nostro obiettivo è ridurre i livello di coinvolgimento nel
rischio di ragazzi/e già coinvolti (prevenzione selettiva);
precocità degli interventi: quando intervenire? = interventi di informazione
2. e formazione centrati sui comportamenti a rischio attuati troppo presto non
solo non sono efficaci, ma risultano addirittura dannosi. Fra i bambini più
28 grandi, si potrebbe rischiare l’effetto paradossale di suscitare una pericolosa
curiosità soprattutto per quanto riguarda gli effetti di sostanze psicoattive.
Interventi di prevenzione del rischio o di promozione della salute, per contro, è
opportuno farli precocemente, anche quando i soggetti interessati frequentano
ancora la scuola primaria, a meno che i progetti di prevenzione siano centrati in
modo specifico e diretto sui comportamenti a rischio, in questi casi il periodo
migliore sembra essere quello di esordio del comportamento o
immediatamente precedente, oppure quando l’obiettivo non è evitare o
ritardare l’implicazione nelle condotte a rischio, ma è ridurre il coinvolgimento
in quei ragazzi che stanno attuando dei comportamenti a rischio; i periodi per
la realizzazione degli interventi si spostano in avanti, in genere si tratta del
triennio della scuola secondaria di secondo grado.
Regola: preferire quegli interventi che partono prima dell’insorgenza del
comportamento a rischio, rispetto a quelli che si collocano esclusivamente nei
periodi di attuazione dei comportamenti.
Esempi:
Interventi sull'isolamento sociale, il comportamento aggressivo e la capacità di
controllo sociale degli adulti
intervenire quando i bambini hanno 10 anni, questo ridurrà la probabilità di un
affiliazione sbagliata con il
gruppo degli amici a 12 anni e lo stabilizzarsi del comportamento antisociale in
adolescenza.
Fumare e bere alcolici esordiscono generalmente intorno ai 12 anni
intervenire negli anni della scuola secondaria di primo grado è più efficace.
Guida pericolosa e condotta deviante esordiscono generalmente introno ai 14-15
anni
intervenire all'ultimo anno della scuola secondaria di primo grado e nei primi due
della suola secondaria di
secondo grado è più efficace.
Metodo dell’intervento = spesso i programmi di prevenzione del rischio e di
3. promozione del benessere vengono ideati e progettati da operatori sociali e
sanitari o da ricercatori per poi essere proposti nel contesto scolastico. Si tratta
dei (progetti top-down) con basso coinvolgimento della popolazione
bersaglio e predisposizione di un contesto di intervento poco motivato e
scarsamente collaborativo.
Per contro, ci sono progetti di intervento che vedono la più alta partecipazione
della popolazione target (progetti bottom-up), ideati e costruiti dalla stessa
popolazione alla quale è destinato: presentano limiti e talvolta sono pericolosi
perché non si avvalgono dell’aiuto degli “esperti”.
29 L’ideale è combinare i due tipi di approcci, e prevedere il coinvolgimento
attivo fin dalle primissime fasi di un programma di prevenzione di tutti i
potenziali attori: operatori socio-sanitari, ricercatori, insegnanti, adolescenti,
genitori, ecc.
4) Insegnanti: sono una caratteristica cruciale del processo. Il loro
coinvolgimento permette di garantire coerenza e continuità, e non è da
intendersi limitatamente al sostegno. L’insegnamento sistematico di contenuti e
metodi è il principale strumento attraverso il quale gli adolescenti vengono
equipaggiati di maggiori abilità cognitive e sociali.
Metodi: l’attività di prevenzione del rischio e di promozione del benessere
psicologico-sociale degli adolescenti necessita dell’uso di metodi di tipo
interattivo (il coinvolgimento degli adolescenti è fondamentale, al pari del
ruolo degli insegnanti), quali ad es.:
role-playing = giochi particolarmente utili, in cui i ragazzi recitano dei
• ruoli mettendo in scena situazioni tipiche;
decision-making = molto utilizzati e utili, in cui, dato un problema, il
• gruppo deve arrivare a una scelta lavorando per passi sequenziali;
peer-education = metodo educativo in base al quale un piccolo gruppo
• di coetanei opera attivamente per informare e influenzare il resto del
gruppo. Nasce negli anni 70 nel nord America e viene impiegato per
programmi di prevenzione del disagio e di promozione della salute; è
una forma di comunicazione guidata tra coetaneo e coetaneo, per
favorire la comprensione reciproca e il rispecchiamento; è l’incontro tra
dinamiche relazionali spontanee del gruppo e l’azione educativa di
coetanei opportunamente formati; instaura un rapporto di educazione
reciproco; riduce le differenze tra sé e gli altri mediante modalità
relazionali dirette e l’uso di un linguaggio comune, soddisfa le necessità
di adeguare le informazioni alle specificità, ai valori e alle necessità del
gruppo; soddisfa la necessità di trasferire l’azione educativa nella realtà
locale; consente il passaggio da una comunicazione unidirezionale e
centrata sul ricorso all’esperto a una comunicazione bidirezionale e
caratterizzata da libero accesso alle informazioni.
In conclusione, i programmi di prevenzione che risultano più efficaci sono
quelli che adottano un approccio di comunità: un lavoro sistematico e
contemporaneo su più fronti favorisce il cambiamento. In particolare, viene
considerato il contesto scolastico come luogo privilegiato per l’attuazione
degli interventi.
Contenuti degli interventi = gli interventi di prevenzione del rischio e di
5. promozione del benessere che si dimostrano più efficaci sono quelli che
30 lavorano con metodi interattivi sul potenziamento delle abilità cognitive,
sociali e comunicative degli studenti. I principali contenuti su cui i programmi
possono basarsi sono:
materie curriculari e metodi di studio = i programmi volti a
a. contrastare il fallimento scolastico costituiscono un primo efficace
livello di intervento. A questo riguardo quelli che si sono dimostrati più
efficaci sono quelli di tutoring scolastico: volti a favorire la
comprensione dei contenuti, la loro memorizzazione e la capacità di
esprimerli durante la valutazione. Si tratta di interventi che si
propongono di potenziare le abilità metacognitive (metacognizione:
l’insieme delle conoscenze che l’individuo ha delle proprie e altrui
attività cognitive, e l’insieme dei meccanismi di controllo esercitati su
tali processi. Le abilità meta cognitive sono fondamentali per
l’apprendimento. Il ricorso alla meta cognizione è possibile solo se ci
sono adeguate conoscenze strategiche e corrette delle abilità di controllo.
La meta cognizione non è una caratteristica stabile dell’individuo ma un
insieme di processi soggetti a cambiamenti in quanto le abilità cognitive
si affinano parallelamente allo sviluppo cognitivo. Le abilità meta
cognitive possono essere imparate e devono essere educate attraverso le
attività scolastiche). Quando il ruolo del tutor è svolto da un pari e non
da un adulto, si è osservato che questa seconda situazione è più efficace
(peer-tutoring), specie se il peer-tutor è di qualche anno più grande ed
entrambi hanno più di 8-9 anni;
conoscenze relative ai comportamenti a rischio = la scuola spesso
b. propone ai suoi studenti, nell’ottica della prevenzione dei comportamenti
a rischio, attività centrate sull’incremento delle conoscenze legate ai
singoli comportamenti che si propone di prevenire. Tale conoscenza, va
da sé, deve tener conto dell’età delle persone alla quali si rivolge.
Generalmente, questa forma di prevenzione viene abbinata a programmi
di potenziamento delle abilità cognitive, sociali e comunicative che
consentono agli adolescenti di utilizzare le informazioni ricevute per
compiere le loro scelte di vita in modo più consapevole e salutare.
Promozione delle life skills = i programmi che si propongono di
c. promuovere le life skills vanno a potenziare quelle abilità socio-
cognitive o capacità comportamentali considerate fattori di protezione
rispetto a specifici problemi di adattamento (uso di sostanze psicoattive,
comportamento antisociale, comportamento sessuale precoce e non
protetto, ecc.). E’ possibile andare ad agire sulle abilità degli studenti
favorendo, per es., il pensiero critico, la capacità di problem solving, il
senso di autoefficacia personale, ecc.. Queste abilità rendono gli
adolescenti meglio equipaggiati
per affrontare i propri percorsi di crescita,
i.
31 per compiere scelte più consapevoli, ecc.
ii.
Regola: gli interventi più efficaci nell’evitare il coinvolgimento in un
comportamento o nel creare un cambiamento significativo e duraturo
nella condotta sono quelli che combinano
- il potenziamento delle abilità più generali con
- l’addestramento alla loro applicazione rispetto a c