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Le imprese multinazionali e la globalizzazione
Per multinazionale si intende una impresa che organizzi e coordini attività che travalicano diversi confini nazionali. Non è necessaria né una quotazione in borsa, né un livello minimo di vendite. Le imprese multinazionali sono state protagoniste di una prima fase di globalizzazione, poi non sono scomparse durante il 1900, anche quando le frontiere nazionali sono spesso parse un ostacolo insormontabile. Infine sono diventate attori insostituibili della seconda globalizzazione.
I motivi che spingono un'azienda ad investire all'estero sono 4 (classificazione di DUNNING):
- Accedere a risorse non disponibili in patria (materie prime o forza lavoro, capacità); sono gli investimenti di resource seeking.
- Ricerca di mercato nel paese ospite o limitrofi. Investimenti di market seeking (seguono precedenti relazioni commerciali poi non andate a buon fine per molti e vari motivi).
- Razionalizzare la struttura produttiva (divisione internazionale del lavoro).
della saturazione: il prodotto è ormai maturo, imitato all'estero. Si radicalizza la limitazione dei costi di produzione, che viene spostata nei paesi a basso costo del lavoro. NASCONO SITUAZIONI OLIGOPOLISTICHE: poche imprese con prodotti simili, reazioni ed azioni a catena, stessi Ide negli stessi paesi. Anni '70: Teoria dei giochi applicata da GRAHAM che ne trae la Teoria dello scambio delle minacce a causa della c.d. inversione atlantica, cioè Europa che investe in USA. Europa investe in USA a causa dei massicci investimenti di USA in Europa. Si disturbano gli oligopoli tanto quanto l'impresa è efficiente e rende appetibili i propri prodotti, differenziandoli. Si hanno fusioni, nascono corporations ramificate in più settori. teoria dell'internalizzazione: la produzione internazionale si ha in un contesto gerarchico e non sul mercato, perché costa meno possedere e controllare attività estere rispetto a transazioni contrattuali.
con imprese straniere (che andrebbero controllate sistematicamente, causa inefficienza, rischio fallimento, etc..) 1976 Il paradigma eclettico di DUNNING: le determinanti dell'attività multinazionale sono associate a 3 fattori tra loro interrelati: 1. i vantaggi esclusivi di proprietà 2. i vantaggi da internalizzazione (l'impresa cresce sul mercato con investimenti diretti, non lasciando fare al mercato) 3. i vantaggi da localizzazione Ultimi 20 anni: - filone evoluzionista basato sull'accumulazione tecnologica (la conoscenza non è più su una linea verticale, ma la multinazionale diventa eterarchica, come un cervello capace di rielaborare, sperimentare e apprendere. - Filone che approfondisce la tipologia degli scambi tra paesi avanzati e afferma che alla base delle moderne multinazionali esiste la trasportabilità della conoscenza come elemento di sviluppo sempre maggiore. Fenomeno recente sono le piccole multinazionali (PMI). La loro nascitaTrova spesso motivazione nel seguire i propri clienti nei processi di internazionalizzazione. Valgono le teorie delle grandi anche per le piccole? Non completamente, anzi. Avanzano con comportamenti imitativi delle grandi, operano joint ventures per essere più forti, spesso vanno in avanscoperta con uffici delocalizzati, ma, anche a causa degli investimenti molto modesti che possono operare, spesso non riescono e allora rientrano velocemente, perché il rischio è troppo alto e non può essere mantenuto a lungo.
ITALIA
L'industrializzazione italiana ha seguito un percorso in parte diverso rispetto a quello degli altri paesi industrializzati, a causa soprattutto della ritardata unità nazionale, che ha portato ad una permanenza duratura di dazi doganali e blocchi alla libera circolazione delle merci.
Le prime multinazionali italiane: Le Generali, Pirelli, Fiat. Internazionalizzazione italiana, con l'arrivo di Ibm, Nestlé. Nascita di grandi imprese.
come Star, Finmeccanica, Marzotto, Parmalat, Benetton. I settori a più alta multinazionalizzazione sono l'industria estrattiva, manifatturiera e del commercio all'ingrosso. Il numero di multinazionali italiane con partecipazioni in imprese manifatturiere estere è esploso in tempi recenti, ma sono quote minoritarie o al massimo paritarie. La verità è che i protagonisti economici italiani sono sempre gli stessi, tutti situati al Nord (Lombardia in primis), con l'eccezione della meridionale Ausonia. Le multinazionali italiane sono poche, hanno utili inferiori a quelle di altri paesi industrializzati, hanno una maggiore fragilità finanziaria e basse quote di mercato. Le multinazionali italiane sono piccole, poco presenti nei settori dell'alta tecnologia e fanno poca ricerca e sviluppo. Infatti, a fianco dei "soliti", esiste un ossatura economica che vede: - un capitalismo molecolare (attori non ancora Global Players, ma basedell'industria italiana, al Nord Ovest, ad es. Beretta). Spesso le aziende si specializzano in nicchie di produzione e portano un'eccellenza (Mapei) - l'ossatura economica costituita per la maggior parte da PMI, le quali hanno contribuito a creare un'Italia strutturata in Distretti produttivi, i quali hanno trovato e trovano serie difficoltà ad aprirsi all'esterno, in quanto 1) subiscono la concorrenza delle tigri asiatiche 2) sono composti da imprese che dipendono per la propria competitività da esternalità idiosincratiche, come il sistema di clienti-fornitori-servizi-etc.. difficilmente replicabile all'estero 3) non riescono a strutturare la capacità innovativa manageriale necessaria per trasferire fasi di attività all'estero, anche a causa della forte presenza di PMI a conduzione praticamente familiare. E' per questi motivi che in Italia, per poche aziende grandi, la globalizzazione ha rappresentato infine.soprattutto l'opportunità di ridurre i costi di produzione più che la conquista di nuovi sbocchi di vendita o un miglioramento innovativo. Sull'internazionalizzazione: l'Italia è meno internazionalizzata degli altri paesi industrializzati in quanto ha una flebile cultura di mercato, scarsa qualità della burocrazia e della formazione, una tutela considerata poco forte del diritto di proprietà. Il regime fiscale di per sé non appare un problema sentito, a meno che non si combini con gli altri fattori negativi. Al Sud queste caratteristiche si accentuano di più. Il paradosso però vediamo accadere negli ultimi anni ci propone un'Italia che, nonostante la sua poca attività internazionale, diventa attrattiva sui propri marchi; infatti i marchi stranieri acquistano partecipazioni in aziende italiane. Esempi-base: - settore alimentare (Peroni, Levissima, Motta) - settore farmaceutico (totale annientamento)industria italiana, anche a causa dei pochi soldi investiti in un settore che ne chiede tanti, sia per fare ricerca che per lanciare nuovi farmaci )
EFFETTI DELLE MULTINAZIONALI
Gli effetti diretti sul paese ospite:
- trasferimento di capitali nel paese ospite
- creazione ex novo di capacità produttiva (e dunque di posti di lavoro)
- trasferimento di capacità organizzative e manageriali superiori.
Gli effetti indiretti sul Paese ospite: casistica molto più ampia. Generalmente, a causa dell'utilizzo da parte delle multinazionali di tecnologie superiori, si pensa che questi effetti siano sostanzialmente positivi, perché questa innovazione si può diffondere alle imprese ed agli attori locali. In realtà è a seconda del tipo di effetto che si differenziano:
- effetti orizzontali (effetti nello stesso settore in cui opera la multinazionale) l'evidenza empirica ci dice che sono normalmente NEGATIVI, perché le multinazionali