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CONCORRENZA MONOPOLISTICA
Situazione in cui ci sono tante imprese che producono beni che, presentando qualche elemento di
differenziazione, permette loro di fissare un determinato prezzo.
l’impresa può modificare i prezzi tenendo conto delle peculiarità in cui
Nel BREVE PERIODO
opera. La situazione è quindi un po’ quella del monopolista. (maxπ CMA=RMA)
K CMA CME Nel LUNGO PERIODO possono inserirsi nuove imprese concorrenti nel
punto di monopolio che si era inizialmente creato: la domanda quindi può pian
pareggio piano diminuire.
L’impresa in questo caso ha convenienza a rimanere fintanto che la
domanda, diminuendo non arriva ad essere tangente ai costi medi.
(maxπ CME=RME)
Q
RMA RME=D MACROECONOMIA
Riguarda i grandi aggregati di un sistema.
Cronologicamente:
Alla fine della seconda guerra mondiale si ha un gigantismo delle imprese che diventano
sempre rare, crescono le città e nasce l’interventismo dello Stato per effetto
dell’orientamento teorico di J. M. Keynes che considera il mercato incapace di riequilibrarsi
La crisi del ’29 fa rivalutare infatti la posizione di chi era convinto che il mercato
da solo.
fosse in grado di stabilizzarsi da solo.
Problema le imprese non investivano e licenziavano (la crisi andava via via avvitandosi
Si vede quindi crescere un intervento dello Stato nell’economia del Paese.
su sé stessa).
Si ritiene che un soggetto legittimato (lo Stato) possa evitare eccessive fluttuazioni
cercando di ridurre il più possibile gli effetti del ciclo economico, avente un andamento
altalenante tra fasi espansive (boom economico) e depressive (crisi).
KEYNES
Egli fa un’analisi di breve periodo è convinto del fatto che il mercato non riesca a raggiungere il
pieno impiego in cui tutti i fattori disponibili sono pienamente impiegati.
1° obiettivo: tendere al pieno impiego
Ecco la necessità di un intervento dello Stato che aiuti e rafforzi questo tentativo, tenendo presente
l’incapacità del mercato di ricomporsi da solo nel breve periodo.
Si passa quindi dalla mano invisibile si stampo liberale (mercato) alla mano presente di stampo
keynesiano.
2° obiettivo: stabilità dei prezzi
Bisogna evitare l’inflazione e mantenere i prezzi contenuti in quanto i soggetti percepiscono un
se i prezzi aumentassero, essi perderebbero il loro potere d’acquisto, non
reddito fisso e quindi,
riuscendo più ad acquistare la stessa quantità di beni.
3° obiettivo: equilibrio dei conti esportati
Equilibrio quindi tra importazioni ed esportazioni.
Per raggiungere questi obbiettivi lo Stato attua delle politiche economiche:
Politica fiscale:espressione di due momenti: il prelievo e la spesa. Lo Stato sostiene delle
spese e per acquisire le risorse utili ha la necessità di tassare i cittadini.
Politica monetaria
il tasso d’interesse una variabile monetaria. Supera quindi la dicotomia e
Keynes considera
la neutralità della moneta considerandola in grado di modificare gli investimenti:
più moneta vi è in circolazione, più viene domandata e più si abbassa il suo costo.
Se scarseggiasse diventerebbe rara: si sarebbe disposti a pagarla di più pur di averla.
La politica monetaria è quindi uno strumento per investire nell’economia del Paese.
Secondo il pensiero keynesiano per stimolare il mercato e tendere a pieno impiego bisogna
incidere sulle variabili macroeconomiche quantitative.
L’attenzione è quindi rivolta alla domanda aggregata data dalla somma di tutti i consumi che si
hanno in un paese in un determinato lasso di tempo (di solito un anno). 10
Le variabili macroeconomiche che rappresentano la domanda aggregata keynesiana sono:
Σ CONSUMI reddito dei cittadini
Σ INVESTIMENTI aspettative, rendimento atteso, profitto
Σ SPESE DEL GOVERNO dipendenti da valutazioni di tipo sociale
Σ ESPORTAZIONI domanda di altri paesi
rapporti
Σ IMPORTAZIONI ricchezza/reddito interno del Paese
internazionali –
I
Da = C + + G + (Esp Imp)
Va fatta una distinzione però tra le variabili:
Autonome (I,G,E) la cui domanda non è legata al reddito interno
Dipendenti (C, Imp) che dipendono dal reddito interno in maniera crescente
Lo Stato per aumentare il reddito deve intervenire sulle variabili autonome che, aumentando
portano ad un aumento del reddito e quindi di consumi e importazioni.
In questo modo le imprese sono spinte a produrre di più, quindi a domandare più fattori produttivi
(più lavoro), portando così ad un aumento dell’occupazione).
si mette in moto così un effetto espansivo.
Lo Stato, per raggiungere i suoi obbiettivi, attua delle politiche economiche che hanno effetto
supponendo che gli individui siano soggetti non razionali, che non hanno certezze e che non
conoscono a pieno gli strumenti di cui dispone lo Stato.
condizionabili dall’interventismo dello
Presupposto: Individui soggetti non razionali Stato
che si è prefissato (≠neoclassici che
capace di raggiungere gli obbiettivi
vanificano la politica economica statale)
GLI INDICATORI DI RICCHEZZA
Sono in sostanza tre, diversamente calcolabili:
Metodo delle spese
Il reddito può essere inteso come spesa dei diversi soggetti quindi come sommatoria di
consumi, investimenti, spese statali e rapporti internazionali.
PIL
Il reddito può essere visto come somma di tutti i beni e i servizi prodotti in un anno
nell’economia di un Paese (valore aggiunto da un anno al’altro)
Reddito nazionale
il reddito può essere visto come espressione della ricchezza della nazione quindi come
somma di tutti i redditi percepiti da tutti i soggetti (si può infatti consumare ed investire in
quanto esiste un reddito).
La spesa, il PIL e il reddito sono variabili macroeconomiche facilmente individuabili, aventi valori
più o meno uguali: contabilmente si ha un’identità tra i tre.
In un’economia semplice il circuito economico è l’insieme di attività che si ripartiscono tra i soggetti
facenti parte:
Le famiglie che hanno un reddito che destinano al consumo e al risparmio
Le imprese che fanno investimenti o producono beni di consumo e per fare ciò necessitano
di fattori produttivi a cui danno un reddito.
Spesa, PIL e reddito sono quindi identici nella misura in cui si dice che:
I)
Le famiglie hanno un reddito che o consumano o risparmiano (Y=C+
Le imprese producono o beni di consumo o beni di investimento
La condizione di equilibrio si ha quando il prodotto delle imprese (consumi+investimenti) eguaglia
la domada dei consumatori (consumi+risparmi)
IMPRESE = FAMIGLIE La condizione di equilibrio tra domanda e offerta aggregata si ha
quindi con l’uguaglianza tra investimenti e risparmi.
I
C + = C + S
I = S 11
I CONSUMI
Sono la domanda di beni da parte delle famiglie, dipendente dal reddito.
Essi sono indicatori di quanti beni vengono domandati in un paese e quindi esprimono il tenore di
vita del paese stesso.
Per Keynes tra consumi e reddito vi è una relazione positiva non proporzionale.
Per vedere quanto reddito viene effettivamente consumato servono due indicatori:
Propensione media al consumo
Rapporto tra consumo e reddito espresso in percentuale c = C/R %
Propensione marginale al consumo all’altro c = ΔC / ΔR
Rapporto tra le variazioni di consumo e di reddito da un anno
In una situazione di equilibrio non ‘è grande differenza tra i due valori sempre compresi tra 0 e 1 e
oscillanti intorno a 0,59-0,60 circa.
IL MOLTIPLICATORE KEYNESIANO I
Sapendo che il reddito dipende dai consumi e dagli investimenti Y= C+
E che i consumi dipendono dal reddito e dalla propensione C = cY
–
I I I I
Allora: Y = C + Y = cY + Y cY = Y(1-c) =
Y = (I..) in cui c è la propensione al consumo
Il moltiplicatore keynesiano indica di quanto varia il reddito Y al variare di uno degli elementi
autonomi della domanda aggregata.
Secondo il pensiero keynesiano, andando a modificare le variabili autonome, si stimola il reddito
in maniera più che proporzionale (es: se c= o,5 allora il moltiplicatore è uguale a 2).
Un investimento aggiuntivo mette in moto un effetto espansivo sul reddito quantitativamente
dipendente dalla propensione al consumo.
Esso mette in moto quindi un processo espansivo oltre che sul reddito anche sulle variabili che
dipendono da esso (ha un effetto indotto quindi sui consumi).
Stimolando una variabile autonoma varia positivamente il reddito e anche le altre variabili
dipendenti da esso.
L’ACCELERATORE DI COLIN CLARK
Esso esprime la variazione degli investimenti al variare della produzione.
Se aumentano i beni di consumo si mette in moto un processo di produzione che abbisogna di
fattori produttivi: viene quindi fatto un investimento su un capitale già esistente.
Y è per lo più fisso in quanto l’impresa sa che
Da ciò nasce che il rapporto capitale K e prodotto
con una determinata quantità di dotazione riesce a produrre una determinata quantità di beni.
w = K/Y indica che aumentando la produzione bisogna accrescere anche il capitale.
Da ciò si può ricavare la quantità di capitale K necessaria alla produzione di una determinata
quantità di beni Y K=wY
La variazione del capitale K non è altro che l’investimento fatto dall’impresa rispetto al capitale
dell’anno precedente.
L’acceleratore indica perciò che gli investimenti sono legati alla variazione della produzione e
quindi alla domanda di beni:
+ beni domandati + produzioni + investimenti
Volendo inserire il tempo:
K = wY
2010 2010
K = wY Gli investimenti sono quindi legati
2011 2011
– –
wY wY = K K alla variazione della produzione
2011 2010 2011 2010
–
w (Y Y ) = I
2011 2010 2011 12
MODIGLIANI
Economista italiano keynesiano di origini ebree, si sposta negli USA durante la guerra: i suoi studi,
per i quali ha preso il premio Nobel, riguardano i consumi nel lungo periodo e si condensano
della teoria del ciclo vitale di consumo.
Gli individui hanno una prospettiva di vita di circa 80 anni e cercano di disporre di una quantità di
denaro in base alle esigenze delle varie età. nel corso dell’intera vita: dai 20 ai 65 anni si lavora e
Fanno quindi una pianificazione del consumo
si percepisce un reddito che deve bastare anche per gli ultimi 15 anni di pensione (risparmiano
quindi per assicurarsi un consumo nella vecchiaia).
Il consu