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A B
Il problema, in questo caso sta nel fatto che solo un investimento minimo di 500 è
pariteticamente verificabile. Oltre questa soglia l’investimento della controparte non è più
controllabile dall’altra. 7
Economia per la Finanza Laurea Specialistica in Banca e Finanza
Vediamo ora due casi: il primo secondo clausole contrattuali, il secondo in cui l’impresa B
sfrutta in suo favore il Moral Hazard investendo meno rispetto a quanto pattuito.
Ricavo Ricavo Netto Ricavo Netto
Caso Congiunto Impresa A Impresa B
V = V = 1000 Contratto 2400 200 200
A B
V = 1000; V = 900 Moral Hazard 2250 125 225
A B
V = V = 500 Inv. Minimo 900 -50 -50
A B
Nella seconda ipotesi, l’impresa B realizza il Moral Hazard: investendo meno, ai danni
dell’impresa A, riesce a realizzare un profitto maggiore. Il terzo caso contempla
l’investimento minimo osservabile. Se entrambe le aziende sono a conoscenza della
possibilità di realizzare MR possiamo ritrovarci nella situazione in cui entrambe non andranno
oltre l’investimento minimo verificabile, comportando, così un investimento improduttivo.
Esempio 2. Investimenti Congiunti
Consideriamo due imprese A e B le quali condividono un progetto. Pattuiscono di mantenere
separati i costi di investimento e di dividere il ricavo generato da tale investimento. Entrambe
punteranno alla massimizzazione del ricavo netto. Per giungere alla definizione di tale ricavo
dobbiamo derivare ed equiparare la derivata a 0. √
RICAVO CONGIUNTO NETTO = 200 ( V + V ) – ( V + V )
A B A B
+ V
x = V A B
√
MAX / x 200 ( x ) – ( x )
I -1/2
D = 200 ( ½ ) x – 1 = 0
x = 10000
Questo dato individua il valore complessivo degli investimenti che le imprese dovranno
sostenere al fine di massimizzare il risultato netto. Lo studio della derivata seconda mi
identifica un punto di massimo. II -3/2
D = 100 ( -½ ) x < 0
La disuguaglianza è verificata per ogni valore di x maggiore di 0. Si ricorda che x rappresenta
dei costi per investimenti e quindi risulterà senz’altro maggiore di 0. Quindi in virtù di questa
dimostrazione, possiamo affermare che 10000 è un valore di massimo.
Esericizio 3. Benefici e Reddito. Caso di Moral Hazard
Un imprenditore detiene il 100% delle azioni della propria azienda. Quindi ne è proprietario e
ne esercita il controllo a pieno titolo. Dall’azienda, l’imprenditore estrae un certo reddito ( x )
ed una serie di benefici ( c ). L’imprenditore ha quindi una funzione di utilità che dipende da
reddito e benefici: 1/2
U ( x, c ) = E ( x ) * ½ VAR ( x ) + 100 c
In questa situazione il reddito dell’imprenditore corrisponderà a quello dell’azienda in quanto
unico proprietario. 8
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A questo punto, dobbiamo definire quale livello di benefici sceglierà l’imprenditore. Sotto la
condizione che più benefici estrae e più si ridurrà il suo reddito personale.
σ 2
Ricordiamo che E ( x ) = y – c e che = VAR ( x ) quindi:
σ 2 1/2
MAX / c U ( x, c ) = ( y – c ) * ½ + 100 c
c = 2500
L’imprenditore – unico proprietario dell’azienda sceglie 2500 come livello ottimale di
α
benefici. Supponiamo ora che l’imprenditore ceda una quota del pacchetto azionario. Egli,
manterrà tuttavia il controllo dell’azienda. Quando vengono cedute delle azioni parte del
reddito prodotto dall’azienda dovrà essere distribuito. Quindi il reddito dell’imprenditore e
quello dell’azienda tenderanno a divergere per la quota di utile distribuita. L’imprenditore
tuttavia continua ad amministrare l’azienda in via esclusiva e gli altri azionisti non possono
controllarne l’operato. Ecco configurata una situazione ideale per realizzare un Moral Hazard
da parte dell’imprenditore, infatti, in questa situazione, l’imprenditore tenderà ad estrarre più
ciò che l’imprenditore ricava dalla vendita
benefici possibili dall’azienda. Indichiamo con Mα
delle azioni. Vediamo come muta la sua funzione di utilità:
α α α σ 2 1/2
MAX / c U ( x, c ) = M + ( 1 – ) ( y – c ) - ½ ( 1 – ) + 100 c
α 2
c = 2500 / ( 1 – ) c > 2500
Come si può notare dopo la cessione di parte delle azioni, l’imprenditore tenderà ad estrarre
più benefici rispetto a quando era unico proprietario. L’imprenditore diminuisce il profitto
distribuibile dell’impresa aumentando i propri benefici derivanti dal controllo della medesima.
Tutti i costi sono ripartiti tra gli azionisti ma l’unico che può godere dei benefici è
l’imprenditore. Più aumenta la quota di azioni ceduta a terzi e più l’imprenditore può estrarre
benefici personali dall’azienda.
CONTRATTI AD INCENTIVAZIONE
Abbiamo già chiarito come i contratti di incentivazione rappresentino una parziale soluzione
al problema del Moral Hazard nei rapporti principale – agente. Tuttavia l’applicazione di tali
incentivi non è semplice. Osserviamone alcune particolarità.
Traslazione del Rischio e Agente
Riprendiamo il caso del principale e dell’agente. Il primo è un soggetto tipicamente neutrale
al rischio il secondo è un soggetto tipicamente avverso. Quando il principale decide di
avvalersi della collaborazione di un agente attraverso un contratto di pura incentivazione
( senza componenti fisse ) questo ultimo si trova nella situazione di dover sostenere tutto il
rischio della propria attività. Una situazione simile non è accettabile per un soggetto avverso
al rischio. Il principale, tuttavia, è sempre intenzionato a responsabilizzare il proprio agente
trasferendogli parte dei rischi. Il principale cerca questa soluzione perché non gli è possibile
giudicare ne i risultati ne lo sforzo dell’agente. Sia i risultati che lo sforzo dell’agente sono
due aspetti del lavoro difficilmente misurabili per il datore. 9
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Il rischio in capo all’agente si può scomporre in due parti: la prima dipende
dall’intraprendenza dell’agente, dal suo sforzo, la seconda è una componente puramente
casuale. Ovvero una componente che dipende da variabili circostanziali come la domanda di
mercato o di settore. Componente
Componente Casuale
Performance dello Sforzo dipende da
Agente = + Mercato o
dell’Agente altri fattori
↑ ↑
Risultato Positivo + ↑ ↓
Risultato Positivo + +
↓ ↑
Situazione da Evitare + +
Dalla schematizzazione appare evidente come il principale abbia dei problemi di valutazione
della performance dell’agente. Perché? Spostiamo l’attenzione sullo sforzo. Il principale non è
in grado di controllare lo sforzo dell’agente, alternativa al controllo sarebbe il monitoraggio
ma a questo punto in capo al principale andrebbero a ricadere costi aggiuntivi. Altro problema
è capire quale parte della performance è dovuta allo sforzo dell’agente e quale riconducibile a
fattori esterni. Si capisce come la terza situazione non sia accettabile per il principale: pagare
l’agente per risultati riconducibili a fattori esterni, e non a meriti propri, è inefficiente per il
principale. Quindi, concludendo, ne evinciamo come la misurazione della performance ( o
almeno il contenimento della sua variabilità ) rappresenti un fondamentale passaggio al fine di
rendere efficiente il contratto lineare. Nei prossimi paragrafi più che di misurazione della
performance, dovremo parlare di stima della performance. Infatti verranno adottate tecniche
di stima volte a contenere gli errori di valutazione piuttosto che la misurazione vera e propria
della performance dell’agente.
L’ agente non è disposto ad accollarsi il rischio derivante dalla seconda componente, quella,
casuale. Il principale, tuttavia, vuole responsabilizzare l’agente. Il compromesso tra le due
esigenze sta nell’individuazione di una componente di rimunerazione fissa che copra la
componente casuale del rischio. Se rapportassimo questa situazione in termini assicurativi,
potremmo dire che si paga un premio all’agente affinché si accolli parte dei rischi.
Lo sforzo dell’agente, invece, è premiato in funzione dei risultati che consegue. A questo
punto si apre una discussione del dimensionamento di questo minimo pattuito. Questo
minimo non deve indurre l’agente a giocare sul Moral Hazard. Non solo, gli stessi incentivi
devono risultare interessanti agli occhi dell’agente.
Entrambe le voci, fisso e incentivi, rappresentano costi per il principale, mentre rappresentano
ricavi per l’agente. In questa situazione ancora una volta si deve ricercare un livello di
equilibrio che soddisfi le esigenze di minimizzazione dei costi per il principale e di
massimizzazione dei ricavi per l’agente.
Equivalente Certo ( EC )
Nel precedente paragrafo abbiamo evidenziato come l’incongruenza tra la neutralità al rischio
del principale e l’avversione al rischio dell’agente comporti una situazione difficilmente
gestibile per il principale. L’equivalente certo rappresenta una semplificazione matematica del
concetto di avversione al rischio dell’agente. 10
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Abbiamo già visto come l’avversione al rischio presenti graficamente una forma concava.
Utilizzare un EC come misura dell’avversione al rischio implica una linearizzazione della
funzione di utilità dell’agente. Vediamo graficamente cosa accade.
U ( x )
U ( RC )
U ( E ( x ) ) = U ( x^ ) x x^ RC x
1 2
E ( x )
PREMIO PER IL
RISCHIO
Il grafico appena riportato contempla la situazione in cui un soggetto avverso al rischio si
trovi a decidere se intraprendere un’attività rischiosa ( U ( E ( x ))) oppure una non rischiosa
che garantisca un risultato ( RC ). Come si può notare inizialmente l’attività non rischiosa è
quella preferita dal soggetto avverso al rischio. Traslandola verso il basso ovvero verso un
punto di indifferenza in cui l’utilità del rischio coincide con quella dell’evento certo andremo
a definire un premio per il rischio. Il premio per il rischio è quindi dato dalla differenza tra il
valore atteso dell’investimento rischioso ( E ( x )) e la soglia di indifferenza ( x^ ). Come si
può notare i due dati mantengono pari utilità, quindi indifferenza per il soggetto. Esprimendo
quanto detto con u