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LATO DELLA OFFERTA AGGREGATA - PHILLIPS CURVE

Questo lato prende le mosse da una famosa relazione tra inflazione e disoccupazione che va sotto il nome di curva di Phillips: in realtà qua noi prendiamo in considerazione una versione più moderna della curva di Phillips ovvero quella che va sotto il nome di curva di Phillips aumentata per le aspettative (che ne tiene conto). Infatti questa equazione esprime la curva nel seguente modo:

Abbiamo che:

  • π è il tasso di inflazione corrente al tempo t;
  • π il tasso di inflazione atteso, ovvero quello che oggi al tempo t, gli operatori economici, le famiglie, le imprese, gli intermediari finanziari si attendono essere il tasso di inflazione futuro nei periodi successivi;
  • u che sta per unemployment, indichiamo il tasso di disoccupazione corrente;
  • u indichiamo il tasso di disoccupazione strutturale, a lungo termine, quello che prevale comunque per le condizioni del mercato del lavoro.

Sappiamo che il mercato del lavoro

non è perfetto, l'incontro tra domanda e offerta di lavoro non è perfetta e quindi, anche in assenza di particolari shock di domanda e di offerta, la disoccupazione si trova normalmente a quel livello (la disoccupazione strutturale non è zero, vi è dovuta a imperfezioni del mercato del lavoro).

La relazione vista sopra dice che il tasso di inflazione corrente è uguale a quello atteso più un certo parametro dell'economia positivo α che moltiplica la differenza tra il tasso strutturale di lungo termine della disoccupazione e il tasso corrente.

La motivazione di questo è che vi possono essere un paio di spiegazioni:

  1. intuizione (1) è che si può dire che se il tasso di disoccupazione va al di sotto di quello strutturale u < u questo produce surriscaldamento dell'economia quindi una pressione sui prezzi e sui salari, quindi il tasso di inflazione può andare momentaneamente al disopra di quello atteso π

> π .et- intuizione (2) se si crea un’inflazione maggiore di quella attesa - surprise inflation, questovuol dire che i salari reali diminuiranno, poichè i salari sono contrattati normalmente in termininominali sulla base di una certa inflazione attesa. Se durante un certo periodo quando i salarisono già stati contrattati l’inflazione diventa maggiore di quella che ci si aspettava quando i salarisono stati contrattati, allora i salari vanno al di sotto di quello che ci si aspettava. Questoproduce una riduzione di salari reali e induce le imprese a assumere più persone: aquesto punto la domanda di lavoro può aumentare e le imprese potranno assumerepiù persone perchè i salari reali sono scesi al di sotto di quello che si pensava all’iniziodel periodo quando erano stati stipulati i contratti salariali.Teniamo conto se si volesse ridurre i salari reali perchè non si riducono semplicemente quellinominali per dati prezzi?

Tipicamente vi sono forti resistenze da parte dei lavoratori e dei sindacati a ridurre i salari nominali; nessuno vede volentieri il proprio salario nominale scendere, quindi il modo per far scendere i salari reali è quello di generare una surprise inflation (una maggiore inflazione di quella attesa). Relazione che è rappresentabile nel seguente modo (tasso di inflazione in ascissa, tasso di disoccupazione in ordinata): Grafico tasso di inflazione vs tasso di disoccupazione È una relazione negativa: se il tasso di disoccupazione va al di sotto del tasso di disoccupazione di lungo periodo questo corrisponde a un tasso di inflazione maggiore di quella attesa, a una surprise inflation. Una cosa importante da specificare è il comportamento delle aspettative: dobbiamo distinguere tra il breve periodo e il lungo periodo. Nel breve periodo possiamo supporre che le aspettative si formino in un modo adattivo cioè che il tasso di inflazione oggi atteso per il futuro sia uguale semplicemente al tasso di inflazione cheÈ stato osservato nel periodo precedente in t-1: le attese si formano semplicemente sulla base dell'esperienza. È chiaro che nel lungo periodo eventuali errori di previsione dovuti al meccanismo di aspettative adattive (se mi baso solo sull'esperienza passata è chiaro che mi posso sbagliare) nel prevedere l'inflazione futura: nel lungo periodo in equilibrio questi errori scompariranno, le persone non faranno sistematicamente errori sempre nella stessa direzione, di sopravvalutare o sottovalutare l'inflazione. Quindi come condizione di equilibrio nel lungo periodo assumiamo che le aspettative siano razionali quindi sostanzialmente il tasso di inflazione atteso sia uguale a quello effettivo (non ci sono errori sistematici nella previsione dell'inflazione). Questo cosa vuol dire? Poniamo che la banca centrale provi a sfruttare questo trade off, questo rapporto negativo di sostituzione che c'è tra disoccupazione e inflazione, spingendo

peresempio il tasso di inflazione nel periodo corrente al di sopra di quello atteso quindi avremo che l'inflazione corrente è maggiore dell'aspettativa:

In base alla relazione precedente vista, il tasso di disoccupazione andrà al di sotto di quello strutturale: si produce qualcosa come quello in figura sotto:

Il tasso di inflazione si porta al di sopra di quello atteso, cioè la banca centrale genera una surprise inflation, e in questo modo riesce a spingere il tasso di disoccupazione al di sotto di quello di lungo periodo. Questo vuol dire sfruttare il trade off e la curva di Phillips, con il rapporto di sostituzione tra inflazione e disoccupazione, generando surprise inflation, facendo scendere i salari reali e quindi spingendo la disoccupazione al di sotto del livello naturale.

Questo è quello che una banca centrale potrebbe cercare di fare, però il meccanismo delle aspettative razionali ci dice che nel periodo successivo le aspettative si

aggiusteranno e siadegueranno alla nuova situazione, e quindi naturalmente nel periodo 2 successivo il tasso diinflazione atteso diventerà uguale a quello del livello π. Questo comporta che la relazione si sposta verso l'alto quindi il beneficio di questa surprise inflation si perde, perché nel momento in cui il tasso attesa di inflazione diventa uguale al nuovo tasso π di nuovo il tasso di disoccupazione tornerà ad essere uguale a quello strutturale.

Se la Banca Centrale volesse ostinarsi a tenere il tasso di disoccupazione al di sotto di quello strutturale dovrebbe, nel periodo 2, generare una nuova sorpresa inflazionistica, quindi generare un tasso di inflazione π > π atteso nel periodo 2, quindi sfruttare di nuovo (la linea tratteggiata) 2 1 62 portandosi su un punto dove il tasso di inflazione è maggiore di quello atteso e il tasso di disoccupazione è minore rispetto a quello strutturale. Naturalmente questo vuol dire che se

BC volesse in maniera permanente tenere il tasso di disoccupazione al di sotto di quello strutturale bisognerebbe generare un continuo aumento dell'inflazione, quindi un'accelerazione inflazionistica.

La bottom line è il fatto che se la BC vuole tenere la disoccupazione permanentemente al di sotto del tasso naturale di lungo periodo di disoccupazione, deve accettare un'inflazione che continua ad accelerare.

Quindi questo vuol dire che il trade off inflazione-disoccupazione può essere sfruttato solo nel breve periodo, nel lungo periodo non è possibile poiché le aspettative sono razionali (il tasso di inflazione atteso deve essere uguale a quello effettivo), quindi ciò comporta il tasso di disoccupazione deve essere uguale a quello di lungo periodo. In altre parole, la curva di Phillips deve essere verticale nel lungo periodo (vd. figura sopra).

Proprio per questo motivo il tasso di disoccupazione strutturale di lungo periodo u è

chiamato non-accelerating inflation rate of unemployment (NAIRU), cioè il tasso di disoccupazione tale per cui l'inflazione non accelera. È quel tasso di disoccupazione compatibile con un'inflazione stabile e uguale a quella attesa. In figura, la curva verde verticale è la curva di lungo periodo, è la relazione di lungo periodo che ci dice che nel lungo periodo, poiché il tasso di inflazione atteso deve essere uguale a quello effettivo, sotto ipotesi di aspettative razionali, il tasso di disoccupazione sarà sempre uguale a quello strutturale. Il passo successivo è quello di passare da un inflation-unemployment trade off a un inflation-output trade off, dove l'output è il reddito nazionale, quello che viene prodotto in un periodo in un'economia, il PIL. L'espressione di prima viene espressa come funzione di offerta aggregata come che il tasso di inflazione corrente sarà uguale a quello.attesa più un parametro β che moltiplica la differenza tra il livello corrente del reddito y meno il suo livello di lungo periodo: - y è il real output cioè il livello di produzione reale, di reddito nazionale reale in un certo periodo; - y è quello strutturale, di lungo periodo, compatibile con una inflazione stabile LNAIRU. 63 L'intuizione è che c'è proprio una corrispondenza, se y = y allora abbiamo u = u, se il reddito L L dovrebbe andare al di sopra di quello di lungo periodo cioè avessimo un positive output gap, allora vuol dire che lavorano più persone di quelle previste dal tasso di disoccupazione u e quindi L quello effettivo sarà minore rispetto a quello di lungo periodo. Viceversa, con un negative output gap, abbiamo un livello di produzione inferiore a quello strutturale e quindi significa che avrò un tasso di disoccupazione maggiore rispetto a quello u cioè meno gente sta lavorando. La
Grafico relazione inflazione e livello di produzione
La figura sotto rappresenta la relazione tra inflazione e livello di produzione. La differenza qui rispetto alla curva di Phillips tradizionale è che anziché avere il tasso di disoccupazione nell'asse orizzontale abbiamo il livello di produzione. Otteniamo quindi una curva di aggregate supply che imposta una relazione tra tasso di inflazione e livello di produzione (linea blu che rappresenta il trade off di breve periodo) e poi la relazione di lungo periodo (linea verde), che è verticale e rappresenta la situazione di lungo periodo in cui le aspettative sono razionali e realizzate: ciò significa che il tasso di inflazione atteso è uguale a quello effettivo e il livello di produzione è uguale a quello strutturale di lungo periodo. Nel breve periodo quindi si può avere un positive output gap, cioè un livello di produzione strutturale maggiore rispetto a quello di lungo periodo in presenza di un positive inflation gap, cioè di un aumento dell'inflazione rispetto a quella attesa.
Il tasso di inflazione è un indicatore che misura la variazione dei prezzi di beni e servizi nel tempo. Esso rappresenta l'aumento percentuale medio dei prezzi di un paniere di beni e servizi nel corso di un determinato periodo. L'inflazione può essere misurata utilizzando diversi indici, come l'indice dei prezzi al consumo (IPC) o l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (HICP). Questi indici tengono conto dei prezzi di una vasta gamma di beni e servizi, come cibo, abbigliamento, alloggio, trasporti, istruzione, salute, ecc. L'inflazione può avere un impatto significativo sull'economia di un paese. Un tasso di inflazione moderato può essere considerato positivo, in quanto stimola la domanda e favorisce la crescita economica. Tuttavia, un tasso di inflazione troppo elevato può portare a un aumento dei costi per le imprese e una diminuzione del potere d'acquisto dei consumatori. Per monitorare l'inflazione, i governi e le banche centrali utilizzano politiche monetarie e fiscali per controllare la crescita dei prezzi. L'obiettivo è mantenere un tasso di inflazione stabile e basso nel lungo periodo, al fine di favorire la stabilità economica e il benessere della popolazione.
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
92 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/02 Politica economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher hot.queen di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia monetaria e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Baglioni Angelo.