Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
PT M V = PT
V =
essendo ; allora T
T M
Il valore T è determinato in un modello di equilibrio economico generale, dalle scelte degli enti
economici che determinano la produzione e i prezzi relativi, attraverso un processo di
ottimizzazione dell’allocazione delle risorse. Il valore M è fissato invece dall’autorità monetaria. Di
conseguenza il valore V è stabile, il livello dei prezzi P dipende da come la Banca Centrale regola
M relativamente a T.
In un’altra versione dell’equazione dello scambio, il valore T è sostituito da una misura della
produzione complessiva, ovvero il PIL reale, indicato con y. L’equazione dello scambio è riscritta:
M V = P y
y
.
Sulla base dell’equino dello scambio così rivista e delle stesse ipotesi fondamentali, graficamente
avremo quindi un’iperbole, questo perchè abbiamo ipotizzato che M è una variabile strumentale
fissata dalla BC, la velocità di circolazione V è stabile, il livello dei prezzi P è inversamente
correlato al livello del prodotto y secondo un’iperbole equilatera.
Pagina 41
Se il Pil reale cresce, perchè le condizioni di offerta migliorano, passando da y1 a y2, mentre V e
M rimangono costanti, i prezzi dovranno necessariamente scendere. Ciò equivale al momento a-b
lungo la curva. Però possiamo avere anche uno spostamento della curva, se la banca centrale
dovesse modificare M in M’, spostando la curva verso destra. A parità di prodotto y2, il livello dei
prezzi è cresciuto da P2 a P3 proporzionalmente allo stock di moneta. Questo è la base della
teorica quantitativa della moneta:
L’equazione dello scambio può essere espressa nei tassi di variazione:
∆M/M + ∆V/V = ∆P/P + ∆y/y
Ipotizzando che la Banca Centrale sia in grado di fissare strumentalmente il tasso di crescita di M
e che V è stabile, quindi uguale a 0, il tasso di variazione dei prezzi è spiegato dal differenziale di
crescita e stock di moneta e tasso di crescita reale:
∆P/P = ∆M/M - ∆y/y = Ṗ = Ṁ-ẏ
La teoria quantitativa della moneta è parte di una particolare impostazione economica che è quella
di ipotizzare che esista una dicotomia tra variabili reali, che sono solo determinate da variabili reali,
e variabile nominali determinate dallo stock di moneta. Secondo questa impostazione dicotomica
tra fattori reali e fattori nominali, si introdusse il concetto di tasso di interesse reale che è
determinato prima di quello nominale, dal equilibrio tra risparmio e investimenti. Allora il tasso
nominale sarà determinato dal tasso reale, determinato dal mercato dei fondi tra risparmiatori e
e
r = rr + P
investitori, e il tasso di inflazione atteso: Da questa dicotomia, sono poi nati dei
modelli che hanno spiegato che M non ha solo effetti sui prezzi, ma ha effetti anche reali tipo sul
Pil, pur mantenendo M strumentale.
MODELLO DEL MRCATO DELLA MONETA NELL’IPOTESI CHE M SIA STRUMENTALE
Equilibrio nel mercato della moneta:
M = M
d s
Consideriamo in primo luogo che M sia, come nella teoria quantitativa, una grandezza controllata
interamente dalla Banca Centrale. La funzione di offerta di moneta è quindi fissata allo stesso
modo che nell’equazione dello scambio, cioè Ms ha un valore fissato esogenamente, M*
Ms = M*
La domanda di moneta è influenzata dal volare del flusso delle transazioni PY e dalla scelta di
portafoglio tra moneta e titoli di stato:
Md = Md (Py, r) con r= rendimento dei titoli di stato, o anche costo opportunità di tenere moneta
rinviando al rendimento della migliore alternativa disponibile, Py è il reddito nominale.
Seguendo questo tipo di modello, l’equilibrio tra domanda e offerta di moneta è descritto da:
Md (PY, r) = M*
Pagina 42
Graficamente:
La posizione di M è fissata dalla BC. La posizione della Md dipende dal Pil nominale. L’inclinazione
di Md dipenderà dall’elasticità della domanda di M al rendimento dei titoli di stato.
L’equilibrio è soddisfatto quando r è al livello di indifferenza tra M e titoli, al punto c. Se M*
diminuisce, si crea un’eccesso di domanda di moneta, al rendimento r corrente. La percezione di
eccesso di domanda di moneta cessa quando r cresce fino al nuovo livello di indifferenza tra M e
titoli. Se M* cresce, si crea un’eccesso di offerta di moneta al rendimento corrente. La percezione
di eccesso di offerta di menta cessa quando r diminuisce fino al nuovo livello di indifferenza tra M e
titoli.
I due modelli descritti fin qui hanno in comune l’ipotesi che M sia una grandezza controllabile
dall’autorità monetaria e sia perciò una variabile strumentale. I due schemi analitici giungono però
a conclusioni differenti per quanto riguarda gli effetti delle variazioni di M: se nel modello
quantitativo, un’accelerazione della crescita di M fa salire il tasso d’inflazione, in quello keynesiano
fa scendere il tasso di interesse; anche se anche nel modello keynesiano un’accelerazione della
crescita di M può avere, nel lungo periodo effetti inflazionistici.
Un’altra caratteristica del modello keynesiano è che esso consente di studiare un modo di
condurre la politica monetaria diverso da quello in cui la Banca Centra fissa lo stock di moneta.
La politica monetaria nel modello keynesiano-monetarista, consiste in una variazione dello stock di
moneta ∆M che influenza il tasso d’interesse e attraverso un meccanismo di trasmissione, il livello
dei prezzi e del prodotto.
La variazione di M può essere calibrata allo scopo di ottenere una valore obiettivo di M, quindi la
Banca Centrale aggiusta M ad un livello desiderato, oppure stabilizza i a un valore obiettivo i*,
quindi andrà a regolare M per ottenere il tasso di interesse desiderato.
Se la Banca Centrale fissa M*, il tasso d’interesse è determinato dalla funzione di Md, se la Banca
Centrale modifica M*, il tasso di interesse si aggiusterà al nuovo equilibro.
Se invece la Banca Centrale fissa un valore obiettivo di r* e regola Ms in modo da ottenere il tasso
d’interesse desiderato, data la posizione stimata della funzione Md. In questo caso Ms, diventa
completamente elastica e subordinata al valore obiettivo r*, per questo diventa orizzontale:
Pagina 43
La Ms orizzontale è l’effetto di una Ms verticale che si sposta affinché il tasso di interesse r, sia
quello obiettivo r*, questo perché la BC vuole qualunque livello di Ms, basta però che non si
modifichi r*. Infatti se la Md si sposta, il tasso di interesse non cambia in equilibrio. Graficamente
ciò si traduce in una funzione infinitamente elastica all’offerta di moneta.
Esaminiamo ora una variante del modello keynesiano in cui lo stock di moneta non è più una
variabile interamente controllata dalla Banca Centrale. Il motivo per cui viene a cadere l’ipotesi che
la Banca Centrale controlli pienamente M è riconducibile alla varietà di mezzi di pagamento
comunemente utilizzati. Come detto in precedenza, M è definita come la somma di contante, (C), e
deposti bancari (D).
La grandezza D misura la moneta bancaria, che è un’attività finanziaria per le famiglie e le imprese
titolati dei saldi presso le banche. C indica una passività nel bilancio della Banca Centrale che lo
ha emesso ed è perciò componente della cosiddetta moneta della Banca Centrale. La moneta
della Banca Centrale oltre a C, comprende anche le riserve bancarie R, ovvero i depositi che le
banche detengono presso la Banca Centrale. La moneta della Banca Centrale comprende quindi
contante e riserve, ed è definita base monetaria (B).
B = C + R
Ma dato che:
M = C + D
Si definisce moltiplicatore monetario (m) il rapporto tra stock di moneta e base monetaria:Il termine
moltiplicatore è suggerito dalla nozione che le banche abbiano potere di creare moneta bancaria
moltiplicando la base monetaria. m = M/B = (C + D) / (C + R)
Se D > R, allora m >1
Se la BC fissa una volare obiettivo M*, e se m è fisso, la BC controlla M fissando un valore
obiettivo B* che mi consentirà di ottenere M*:
M* = m B*
Ipotizzando che C e R siano proporzionali a D:
C = cD
R = kD
Essendo:
m = C+D / C+R
Allora: m = cD +D/ cD+kD = 1+c / c+k
Se ipotizziamo che c e k non siano fissati dalla BC, ma siano inversamente correlati al tasso di
interesse, allora m invita funzione del tasso di interesse. La conseguenza è che, dato un valore
obiettivo di B*, per ottenere M*, l’offerta di Ms dipende dal tasso di interesse e diventa
parzialmente endogena.
Quindi Ms non sarà più una funzione verticale, ma sarà orientata in senso positivo al tasso di
interesse.
Pagina 44
Graficamente:
Se la Banca Centrale decidesse di modificare la Base monetaria, B*, la funzione di offerta cambia
posizione. Il fatto che però il moltiplicatore monetario reagisce, fa diminuire il tasso di interesse r di
meno, rispetto a se fosse fisso. In questa impostazione analitica, lo stock di moneta non è più
fissato fuori dal modello, ma è invece parzialmente endogeno in quanto è elastico al tasso
d’interesse.
Quindi il meccanismo di trasmissione può essere riassunto come segue:
La Politica monetaria dispone da una variazione di B, ∆B:
M* o r*
Quindi si insatura un meccanismo di trasmissione che porterà vari canali che potrà avere effetti sul
Pil reale y e sui prezzi P.
MECCANISMO DI TRASMISSIONE KEYNESIANO
Nel modello keynesiano, un’accelerazione della crescita di M fa diminuire il tasso d’interesse.
In condizioni di sottoccupazione, la Banca Centrale può ridurre il tasso di interesse r, per stimolare
la domanda aggregata. Se invece l’economia dovesse crescere in maniera robusta, portando in
una situazione di sovraoccupazione, la Banca Centrale andrà ad alzare i tassi di interesse per
frenare la domanda. In condizioni di piena occupazione la Banca Centrale dovrà tenere il tasso di
interesse ad un livello neutrale, perchè qualora sia troppo bassa creerà inflazione, un rialzo farà
diminuire il livello di Y. Quindi al di sotto della piena occupazione, una politica espansiva monetaria
può:
- non avere effetti reali, se la riduzione dei tassi d’interesse non riesce a influire sulla domanda
aggregata di beni e servizi
- avere effetti reali sul PIL e occupazione, a condizione che la crescita della domanda avvenga in
una condizione di risorse non pienamente utilizzate
- avere effetti inflazionistici, se il maggior tasso di crescita del Pil innescato dalla politica
monetaria, non è sostenuto da una crescita delle condizioni di offerta dell’economia.
Il secondo ca