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UARTA ARTE
S TRATEGIA ANTICOMPETITIVA
26 Aprile – 2 Maggio 2016 - 15ª-16ª Lezione
CAPITOLO 12
Prezzo limite e deterrenza all’entrata
Nei primi capitoli è stato detto che l’obiettivo principale delle leggi Antritrust è quello di evitare che
grandi imprese presenti sul mercato possano eliminare o impedire l’entrata nel mercato ai loro
concorrenti, in altre parole evita che venga ridotta la concorrenza sul mercato. Perché sia possibile
applicare queste norme è necessario conoscere quali sono le strategie che potrebbe adottare un’impresa
per monopolizzare il mercato senza confondere queste con le azioni che un’impresa intraprende per
migliorare la propria efficienza in termini di costi o per promuovere i suoi prodotti; queste ultime
semplicemente migliorano la posizione dell’impresa ma non hanno alcuno scopo di monopolizzazione.
Affinché una condotta possa essere considerata come tentativo di monopolizzazione è necessario che
l’azione generi un extra profitto solo se provoca l’uscita dal mercato delle imprese rivali. Alla base di
queste preoccupazione c’è il timore che l’impresa dominante persegua delle pratiche monopolistiche
che riducono l’efficienza sul mercato.
Nel corso di questo capitolo e del prossimo studieremo due strategie perseguibili dalle autorità Antitrust:
la strategia di deterrenza e la strategia di predazione. La differenza fra queste due strategie consiste
nel fatto che la prima si basa sulla fissazione di un prezzo limite ossia un prezzo sufficientemente basso
praticato per disincentivare l’entrata sul mercato, la seconda ha la finalità di far uscire dal mercato le
rivali.
12.1 Potere monopolistico e struttura di mercato nel tempo: alcuni fatti fondamentali
L’evoluzione di una struttura di un’industria, che questa porti al monopolio o ad un oligopolio è
indifferente, si è visto dipendere da molti fattori un tra questi la relazione tra la dimensione dell’impresa
e il suo tasso di crescita. Numerosi studi riguardanti l’evoluzione sono stati svolti a partire dagli anni
’30 sino a raggiungere i più vicini anni ’80, quello che accumunava tutti questi modelli era il successivo
confronto con il mondo reale. Anche su questo fronte, però, sono stati fatti degli studi che hanno
evidenziato qual è il ciclo di vita di un’impresa in un settore e come quest’ultimo si evolve nel tempo.
I dati risultati da queste ricerche si basano su quattro pilastri fondamentali:
L’entrata frequente sul mercato, cioè nel breve periodo molte imprese entrano in un mercato;
• L’entrata è tendenzialmente su piccola scala nel senso che le nuove imprese hanno una quota di
• mercato relativamente bassa rispetto alle imprese già presenti sul mercato.
Il tasso di sopravvivenza delle imprese sui mercati è relativamente basso;
• Mentre i tassi di entrata e di uscita variano a seconda del settore analizzato, le industrie
• caratterizzate da elevati tassi di entrata mostrano anche elevati tassi di uscita, questo significa
che i due sono fra loro correlati. Questo dato non sembra, però, essere coerente: sappiamo che
l’entrata in un mercato è provocata dalla presenza di profitti in eccesso mentre l’uscita si verifica
quando i profitti sono inferiori a quelli considerati normali; se i profitti sono elevati c’è incentivo
all’entrata ma non ha alcun senso uscirne (ovviamente vale il viceversa). Una spiegazione
potrebbe essere la condotta predatoria di grandi imprese già affermate nei mercati e che portano
all’uscita delle piccole imprese nuove entranti.
Appunti di Francesca Barbato Economia industriale 88
Q P
UARTA ARTE
S TRATEGIA ANTICOMPETITIVA
12.2 Il comportamento predatorio e il prezzo limite
Quando abbiamo introdotto questo capitolo abbiamo definito i comportamenti predatori come quelle
azioni adottate dall’impresa che garantiscono un profitto solo se altre imprese rivali escono dal mercato.
Il comportamento predatorio ha quindi un costo che ha come unico obiettivo la riduzione della
concorrenza sul mercato: si tratta quindi di un comportamento sanzionabile dalle autorità Antitrust. Nel
caso in cui l’adozione di un comportamento non implica un costo, tale comportamento lo si può
considerare come una strategia di massimizzazione dei profitti e non “anticoncorrenziale”.
Come già anticipato, considereremo due strategie anticoncorrenziali che conducono ad uno stesso
risultato. Nonostante il risultato sia uguale si preferisce concentrarsi sui prezzi predatori in quanto per
questi esiste una vittima identificabile.
12.2.1 Un modello informale di deterrenza all’entrata
Consideriamo per primo il modello del prezzo limite. È possibile descrivere gli elementi essenziali di
questa strategia utilizzando una variante del modello di Stackelberg: la variabile strategia di questo
modello è la quantità.
Nella nostra trattazione, l’impresa dominante è l’impresa leader del modello che per prima sceglie qual
è la quantità da produrre in modo irrevocabile (non può modificare la sua scelta quindi questa è
credibile). Il costo medio del potenziale entrante diminuisce almeno nell’intervallo iniziale
corrispondente a bassi livelli di produzione. Rappresentiamo le curve di costo dell’impresa entrante e
la curva di domanda di mercato:
Date queste ipotesi, l’impresa leader può influenzare le aspettative di profitto della rivale determinando
in maniera appropriata il livello di output da produrre. Ciò significa che l’impresa leader per praticare
un prezzo limite dovrebbe determinare l’output da produrre in modo da assicurare profitti negativi
all’entrante.
Ipotizziamo che l’impresa leader si impegni a produrre la quantità Q , la curva di domanda residuale
1
per il potenziale entrante sarà R : l’entrante sarà attivo sul mercato e avrà profitti positivi (perché il
1
prezzo praticato è maggiore rispetto al costo medio). Per impedire l’entrata l’impresa leader dovrebbe
d
decidere di produrre una quantità maggiore di Q , ad esempio Q . In questo caso la curva di domanda
1
residuale dell’entrante si sposterà più in basso R , da questa è evidente che l’entrante non potrà
e
realizzare alcuna produzione tale per cui riesca a coprire i costi medi questo perché (come si evince dal
grafico) la curva dei costi medi giace sempre al di sopra della curva di domanda residuale. Il massimo
che l’entrante può fare è rendere i suoi profitti pari a 0 e produrre quella quantità per cui le due curve
d d
(di costo e di domanda) siano tangenti. Il prezzo praticato dalla leader producendo la quantità Q è p
che prende il nome di prezzo limite. Cosa ci assicura che la leader sia disposta a produrre la quantità
d d
Q ? É questa la quantità che massimizza i suoi profitti? La minaccia di produrre Q è credibile?
Gli studiosi che per primi analizzarono questo problema, fra i quali Sylos-Labini, non utilizzarono il
modello standard del prezzo limite appena descritto ma compresero che per scoraggiare l’entrata dei
potenziali entranti, l’impresa leader deve impegnarsi nel suo comportamento predatorio; modificare la
quantità per l’impresa leader significherebbe sostenere un alto costo (quindi è un comportamento
predatorio) quindi impegnandosi a modificarla la minaccia diventa credibile.
Appunti di Francesca Barbato Economia industriale 89
Q P
UARTA ARTE
S TRATEGIA ANTICOMPETITIVA
Questa teoria però non specifica in modo esauriente come sono generati i costi associati alla variazione
della quantità e quale è la loro incidenza nell’analisi dell’interazione strategica fra le imprese.
Quello che emerge da questa trattazione è che la credibilità dipende dalla facilità con la quale è possibile
modificare la capacità produttiva, se ciò non è vero allora si dovrebbe pensare che esistano dei costi
legati all’aumento dell’output per far sì che la credibilità sia rispettata.
12.2.2 L’espansione di capacità come impegno credibile per la deterrenza all’entrata
L’essenza del comportamento strategico deterrente risiede nella capacità dell’impresa leader di
convincere l’entrante che successivamente alla sua entrata il mercato non sarà più redditizio. Un
possibile meccanismo che consente al leader di far sembrare il mercato meno redditizio prima della
possibile entrata è l’aumento della capacità produttiva prima della produzione:
è necessario che questo investimento in capacità sia costoso ed irreversibile.
Consideriamo un gioco a due stadi (piccola modifica del modello di Stackelberg che prende il nome di
modello di Dixit): ipotizziamo che il leader installi un certo livello di capacità produttiva K avente un
1
costo unitario pari a r (quindi il costo totale è pari a rK ). Nel secondo periodo il leader può aumentare
1
la sua capacità produttiva ad un costo unitario addizionale pari a w in funzione dell’output che si intende
produrre, quindi la funzione di costo sarà data da:
1. rK +wq se q è minore di K questo perché l’impresa ha già sostenuto un costo pari a r quindi
1
dovrà sostenere solo il costo del lavoro, il costo marginale sarà pari a w.
2. (r+w)q nel caso in cui q sia maggiore di K, in questo caso l’impresa sosterrà un costo aggiuntivo
r. Il costo marginale sarà r+w.
Di conseguenza scegliendo il livello di K si determina il livello di output che porta alla discontinuità
1
nella funzione di costo marginale dell’impresa 1 e si determina quale delle due funzioni di costo
presentare alla propria rivale.
Per ipotesi l’impresa leader non ha la possibilità di ridurre la capacità produttiva nel secondo periodo.
Il potenziale entrante osserverà le scelte del leader (quindi K è osservabile) e sulla base di queste
sceglierà se entrare oppure no: nel caso in cui decidesse di entrare dovrà installare una capacità
produttiva che gli costerà r più un costo unitario di produzione pari a w. Per l’entrante, quindi, il costo
marginale sarà sempre w+r. Ipotizziamo che la domanda di mercato sia
Inoltre ipotizziamo che nel caso in cui l’impresa 2 entrasse, le due competeranno alla Cournot.
Abbiamo determinato le funzioni di reazione delle due imprese, in particolare quella dell’impresa 1
presenta una discontinuità nel punto il cui il costo marginale cambia: per livelli di output