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"GROTOWSKI PROJECT" E IL CONVEGNO DI MIRANO

Grotowski racconta la sua storia, o meglio la storia del suo "teatro povero" che via via fa a meno di ogni stimolo proveniente da altre arti, il balletto, la pantomima, il cinema, il teatro, la scenografia, per ritrovarsi al contatto il più possibile diretto con il corpo dell'attore, cancellazione del teatro come edificio, come testo: restano solo due travi.

  portanti:

  gli

  attori

  e

  gli

  spettatori,

  destinati

  a

  incontrarsi,

  attraverso

  una

  scena

 reciproca.

  Per

  due

  mesi

  è stato

  al

  centro

  della

  scena

  veneziana

  col

  suo

  teatro-­‐laboratorio.

  Seminari,

  gruppi

 di

 ricerca

 per

 giovani

 volontari.

 A

 Grotowski

 il

 Comune

 di

 Milano

 dedica

 due

 giornate

 di

 studio,

 presenti

 tra

 gli

 altri

 Ronconi,

 Brook

 e

 lo

 stesso

 Grotowski.

 È

 del

 tutto

 evidente

 che

 l’incontro

 così

 emblematico

 di

 due

 personalità

 come

 Grotowski

 e

 Brook,

 legate

 da

 una

 lunga

 amicizia

 e

 da

 una

 comunanza

 di

 ricerche,

 ma

 anche

 avviate

 su

 due

 strade

 abbastanza

 diverse,

 debba

 suscitare

 un

 dibattito

 vivo.

 Credo

 a

 questo

 punto

 sia

 lecito

 domandarsi

 se

 Grotowski,

 rotto

 lo

 schema

 teatrale,

 faccia

 o

 no

 deliberatamente

 “politica”

 come

 si

 è

 chiesto

 Ferdinando

 Taviani,

 quando,

 concludendo

 il

 suo

 intervento

 al

 convegno

 miranese,

 svolge

 questa

 lucida

Considerazione:

 “Esiste un teatro buono che “parla” politica, il teatro che “parla” società, ed esiste un teatro che non accettiamo, in cui non ci riconosciamo ed è un teatro che non parla di queste cose. Però dobbiamo riconoscere che esiste tutto un altro tipo di teatro che non si giudica in base a ciò che fa o di cui parla, ma che fa. È un teatro

di cui non dobbiamo cercare qual è il discorso politico, ma qual è l'azione politica. Non è un teatro che parla politica, è un teatro che fa politica". La questione posta da Taviani apparve allora come una delle questioni cruciali di quella Biennale e di larga parte della scena di quegli anni: teatro politico e/o uso politico del teatro. E nel teatro che "parla" politica vi

 è

 anche

 il

 Living

 Theater

 che

 si

 è

 dispiegato

 non

 tra

 ‘400

 ma

 tra

 migliaia

 di

 spettatori

 a

 Marghera

 come

 a

 San

 Marco.

 Il

 significato

 primo

 di

 questa

 Biennale

 teatro

 è

 stato

 appunto

 quello

 di

 aver

 posto

 a

 confronto

 e

 in

 parallelo

 esperienze

 diverse

 e

 talora

 contrapposte

 che

 ci

 consentono

 di

 dire

 che

 le

 linee

 di

 tendenza

 di

 quel

 complesso

 e

 articolato

 laboratorio

 che

 è

 stato

 il

 settore

 teatro

di Ronconi registrano una vasta rispondenza nel contesto del teatro europeo (e non solo).

PLURIDISCIPLINARITÀ O INTERDISCIPLINARITÀ È nel 1976 che l’offerta teatrale si esprime in parte e per la prima volta in un’ottica interdisciplinare: la rassegna “Teatro, musica e ambiente” è costituita da un cartellone di cinque opere dichiaratamente teatrali, alcune con una netta prevalenza del gesto e della parola sulla

 musica.

 È

 il

 lavoro

 della

 Monk

 che

 più

 di

 altri

 colpisce

 in

 questo

 contesto,

 per

 la

 presenza

 della

 parola

 e

 di

 elementi

 sonori,

 gestuali,

 mimici

 e

 coreografici:

 come

 esempio

 dell’intrecciarsi

 e

 del

 ricomporsi

 unitario

 di

 più

 linguaggi

 espressivi-­‐

 La

 Monk

 è

 una

 dei

 protagonisti

 della

 Biennale

 teatro

 per

 la

 quale

 presenta

 “Education

 of

 the

 Girlchild”,

 un

 percorso

 onirico

 nella

 psiche

 di

 una

 donna.

  “Quarry”

  è

  un’opera

  interdisciplinare,

  musicata,

  diretta

  e

  interpretata

 dalla

  stessa

  Monk:

  personaggio

  di

  punta

  della

  nuova

  danza.

  “Quarry”

  che

  vuol

  dire

  cava

  di

  pietra,

  rivive

 mediante

 immagini

 e

 parole

 presentate

 contemporaneamente

 il

 dramma

 del

 secondo

 conflitto

 mondiale,

 nelle

  allucinazioni

  di

  una

  bambina

  ebrea

  americana.

  La

  musica

  riempie

  l’intera

  durata

  della

 rappresentazione

 che

 si

 protrae

 per

 cinque

 ore

 senza

 alcuna

 interruzione.

 In

 che

 direzione

 va

 il

 lavoro

 della

 Monk?

 Danza?

 Canto?

 Teatro

 Musicale?

 Qualcosa

 che

 comprende

 tutto

 questo,

 un

 insieme

 di

 linguaggi

 diversi

 che

 compongono

 un’opera

 teatrale.

 Una

 delle

 opere

 più

 attese

 del

 teatro

 contemporaneo

 viene

 presentata

 nel

 ’76:

 “Einstein

 on

 the

 beach”

 di

 Wilson

 e

 Glass.

 Wilson

 è

 un

 giovane

 regista

 americano

 già

 molto

 affermato

 in

 virtù

 di

 alcuni

 spettacoli

 presentati

 negli

 U.S.A.

 “Einstein

 on

 the

 beach”

 si

 articola

 in

 4

 atti

 con

 cinque

 pause,

 senza

 intervalli.

 Tre

 immagini

 emblematiche,

 ciascuna

 delle

 quali

 ritorna

 tre

 volte:

 il

 treno

  assunto

  come

  momento

  portante;

  il

  tribunale

  e

  il

  campo

  con

  un

  astronave;

  assistiamo

  così

  ad

  una

 molteplicità

 di

 segni:

 il

 treno

 fa

 pensare

 ad

 una

 società

 preindustriale,

 l’astronave

 rimanda

 al

 futuro:

 temi

 della

  morte

  atomica,

dell’alienazione

 dell’uomo

 sono

 allegoricamente

 rappresentati

 da

 Einstein

 e

 la

 spiaggia

 in

 luminosi

 quadri

 viventi

 di

 Wilson

 e

 nella

 prorompente

 musica

 di

 Glass.

 L’America

 rivisitata

 nei

 suoi

 essenziali

 elementi

 figurativi

 dalla

 pop

 art,

 all’iperrealismo,

 all’arte

 minimalista,

 concettuale

 e

 via

 dicendo.

 L’America

 rappresentata

 come

 ingenua

 rivitalizzazione

 di

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Publisher
A.A. 2009-2010
21 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/08 Economia e gestione delle imprese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher luca d. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia e gestione delle imprese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Non --.