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Scelte di produzione
Abbiamo fatto due casi: quello a sinistra è l'impianto che produce maglioni: possiamo fare crescere una fase in parallelo (il quadrato con la freccia rossa) e quindi rafforziamo questa cosa, ne facciamo il doppio di quanti ne facevamo prima. Oppure possiamo crescere per addizione con 3 impiantini in linea (figura a destra): un impiantino che fa tutti i maglioni con collo da ciclista e nero, un impiantino che fa maglioni con collo francese e giallo, e un impiantino che fa maglioni con collo svasato e rossi. Teniamo dunque una certa differenziazione seguendo un po' qualche economia di scala, ma non siamo per moltiplicazione; qui (schema a sinistra) abbiamo ancora più flessibilità, però qui (schema a destra) abbiamo dei volumi un po' più ampi. Le cose vanno dunque fatte gradualmente. La freccia rossa ci mostra che siamo stati fortunati: in mezzo a tanti altri nostri colleghi e competitori che hanno fallito, il nostro prodotto inizia ad
incontra sul mercato, inizia a crescere; a noi interessa quando arriva nel punto nel quale il prodotto inizia a decollare sulla produzione di massa, il punto A. III fase Maturità Quantità IV fase Declino Crescita I fase Avvio A Tempo Questo punto è importante, perché mentre fino ad A riuscivamo a fare una crescita graduale, dopo il punto A entriamo in una fase di crescita talmente ampia che dobbiamo cambiare radicalmente la nostra produzione. C'è un problema: fino al punto A non davamo fastidio ai nostri incumbent, eravamo dei produttori di nicchia che faceva una produzione di nicchia, non andavamo a sfidare. Esempio: quando Fiat era grande incumbent in Italia per le auto, avevamo tante piccole imprese che facevano macchine più belle, un po' più costose, però stavano sulla nicchia di mercato, non andavano a sfidare Fiat sulla grande produzione di massa. Qui il punto A è un punto strategico, dove l'imprenditoreDeve effettuare delle scelte, che nella realtà sono molto diverse; non esiste un'unica scelta del modello ottimale.
Qui sono sintetizzate in due tipologie: una chiamata ENTRANT AGGRESSIVO, cioè che va a sfidare l'incumbent: si posiziona nel punto A (freccia rossa) e va a tentare di entrare nella seconda fase, e quindi va a fare la guerra con l'incumbent; e l'ENTRANT ACCOMODANTE, che arrivata al punto A dice che non ha voglia di cambiare completamente l'impresa, di non avere più il controllo dell'impresa (perché diventa un'organizzazione enorme), di andare a rischiare, quindi ad esempio vendo 20 mila scarpe, sono arrivato ad un buon livello, e rimango su quella produzione, non vado a rischiare di farne 200 mila, 2 milioni e diventare un grande nome delle scarpe. Quindi l'accomodante si mantiene su quella nicchia (vedi figura com'è la sua crescita a partire dal punto A:
non è più crescita, lui resta stabile così). La stragrande maggioranza delle imprese italiane fa questa scelta, sono pochissime quelle che fanno la scelta di entrant aggressivo. Fanno questa scelta perché sono imprese artigiane. Gli entrant, pur avendo un mercato potenziale importante, decidono di fermare la loro produzione su quel livello, o addirittura di farsi comprare dai leader di mercato. Le motivazioni sono tantissime. La prima è che In Italia vi è il cosiddetto CAPITALISMO FAMILIARE, cioè le grandi imprese sono sempre state grandi imprese legate alle famiglie (Fiat era famiglia Agnelli, Olivetti, Berlusconi, famiglia Ferruzzi e Gardini, ecc.); dentro ad ogni impresa c'era una grandissima famiglia dietro (come Spagna e Francia, in parte; vedi Michelin, Pirelli). In USA moltissime imprese nascono da singoli imprenditori, ma poi quasi tutti diventano società a capitale diffuso, con moltissimi azionisti; la famiglia scompare.ma anche nella gestione e nella struttura stessa dell'azienda. Spesso, infatti, l'imprenditore è il proprietario unico dell'impresa e prende tutte le decisioni importanti in prima persona. Questo può essere un vantaggio in termini di flessibilità e rapidità decisionale, ma può anche limitare la crescita e lo sviluppo dell'azienda. Inoltre, il fatto che la maggior parte delle imprese italiane siano di piccole dimensioni comporta una serie di sfide. Ad esempio, le PMI spesso hanno difficoltà ad accedere al credito e alle risorse finanziarie necessarie per investire e crescere. Inoltre, la mancanza di economie di scala può rendere difficile competere con le grandi imprese internazionali. Tuttavia, nonostante queste sfide, le imprese italiane sono spesso apprezzate per la loro qualità e artigianalità. Molti prodotti italiani sono rinomati in tutto il mondo per la loro eccellenza e autenticità. Inoltre, l'approccio familiare all'imprenditoria può favorire un forte senso di responsabilità e dedizione al lavoro. In conclusione, il nanismo industriale italiano è un fenomeno complesso che presenta sia vantaggi che sfide. Le imprese italiane, spesso di piccole dimensioni e legate alle famiglie, rappresentano una parte importante dell'economia del paese e contribuiscono alla sua identità e reputazione nel mondo.ma si vede anche passeggiando per le nostre campagne: tutte queste decine di migliaia di imprese hanno la casa attaccata. Questo fa sì che nel momento in cui raggiungiamo il punto A, quello in cui la domanda decolla e ci fa entrare nella seconda fase, noi dobbiamo crescere talmente tanto come impresa che per forza di cose dobbiamo decentrare interi pezzi dell'impresa (quello della logistica, dei trasporti, di produzione, di acquisto dei materiali, di R&S, di assemblaggio primario, secondario,..); ma questi imprenditori (anche chiamati imprenditori con la tuta blu) che sono venuti dalla linea di produzione, e che quindi conoscono tutti, vogliono mettere il naso su tutto, difficilmente faranno questo. Questo è un grande freno nel nostro paese. Questo sistema familiare è stato anche una leva importantissima di sviluppo del nostro paese, ma da un po' di tempo necessitano determinate dimensioni, determinate logiche organizzative, e quel modello diventa un freno.al cambiamento.
Esempio: con il coronavirus, con il crollo del petrolio, la liquidità è diventato il bene più importante; un modo per ottenere finanziamenti è il private equity, cioè dei fondi, o una banca, entra nella nostra impresa, prende delle quote, con l'idea di prendere queste quote, rilanciare l'impresa, questa impresa inizia a fare utili molto importanti e dopo 6-7 anni rivendo le quote, e ho fatto un grande vantaggio.
Questo è un modello molto diffuso.
Se non siamo s.p.a., che quote compro? Se siamo società di persone, o società in nome collettivo; se siamo s.p.a., o s.r.l., cosa dicono gli imprenditori? Chi compra parte delle azioni vuole decidere; questo blocca lo sviluppo.
Secondo elemento che può bloccare il passaggio è anche un timore. La prima dunque è una forma mentis: perdo il controllo, perdo potere nella mia impresa; l'altro può essere timore, cioè un grande rischio:
Devo mettere su un impianto molto grande, se poi la guerra potrebbe non andare bene ci rimetto tutto; quindi timore per la trasformazione radicale.
Infine, un elemento molto importante: spirito imprenditoriale, cioè essere imprenditore. Essere imprenditore non vuol dire avere un'impresa: noi possiamo fare un'impresa, poi la gestiamo per 40 anni, diventiamo il manager di quell'impresa; un vero imprenditore crea un'impresa, e dopo 3 anni la fa gestire da un altro e ne crea un'altra, e via dicendo.
Quando parliamo di spirito imprenditoriale dobbiamo fare attenzione: non si misura con il numero delle imprese diviso gli abitanti.
Riassunto: abbiamo iniziato a vedere una correlazione tra le varie fasi di sviluppo di un prodotto da parte di un'impresa, e i suoi assetti organizzativi, anche la considerazione che questa impresa deve entrare in un mercato, nel quale non è vero che c'è perfetta libertà di uscita/entrata nel mercato.
Perciò deve competere con chi è già dentro. Abbiamo chiamato "incumbent" quelli che sono già dentro un determinato mercato/settore/comparto, e "entrant" coloro che vogliono entrare.
Abbiamo poi visto il ciclo del prodotto dell'entrant, e quindi che realizza il suo prodotto per entrare in un dato mercato/comparto settore.
Abbiamo iniziato a vedere la prima fase, ovvero quella dell'avvio, nella quale per entrare in un mercato consolidato, dove le economie di specializzazione sono già al massimo, non possiamo assolutamente entrare con prezzi più bassi.
Quindi, la nostra chiave d'entrata, la nostra scommessa è di fare un prodotto parzialmente differenziato, prodotto del quale però non conosciamo gli esiti di successo, non sappiamo se piacerà al consumatore, se sarà disposto a pagare quel sovrapprezzo (perché il prodotto differenziato che facciamo costerà per forza di
più del prodotto di massa; ricordiamo che lo spillo con la capocchia in parallelo è più costoso, ha un costo unitario maggiore dello spillo fatto con una produzione in linea).
Dunque: prima fase, avvio; ci organizziamo in parallelo; poi, se vediamo che il prodotto inizia a crescere, via via aggiungiamo delle fasi in parallelo: possiamo aggiungere delle fasi nella produzione, oppure possiamo fare tre impianti in linea piccoli, collegati tra di loro, e quindi per addizione, che ci permettono di fare ad esempio colori diversi, piccole variazioni; ci danno anche il vantaggio che se poi la domanda non riesce a decollare o torna un po’ indietro non ci rimettiamo più di tanto. Ovvero, anche qualora il prodotto inizia a crescere, non partiamo subito a mettere un impianto in linea, per moltiplicazione, fordista.
Abbiamo visto che molte imprese non riescono in questa avventura, e falliscono, il loro prodotto non funziona; entra un po’ nel mercato e crolla. Questo
avviene per la maggior parte delle imprese.Se invece il nostro prodotto non solo cresce, ma inizia ad avere le potenzialità per essere un prodotto di massa, o un prodotto leader di un determinato comparto, arriviamo al punto A, dove da lì in poi la domanda potenziale, quindi la domanda che si verifica, cresce in maniera rapidissima; è il punto in cui la curva sinusoidale cresce in maniera esponenziale. Entrare in quella fase comporta almeno 3 variazioni: la prima è che l'incumbent che ci aveva tollerato fintanto che eravamo piccoli, di nicchia, aprirà un conflitto a suon di ribasso di prezzi, o di pubblicità, o di presidio geografico dei mercati, fortissimo. Secondo: in quel caso, per soddisfare quei volumi di domanda e quei prezzi, dovremo organizzarci in maniera differente, in linea e per moltiplicazione. Terzo: cambia il nostro rapporto con l'impresa: dobbiamo organizzare la nostra impresa in maniera molto differente, decentrando delle
mansioni; non possiamo essere più quello che sa tutto, che segue tutto, la fusione fra la nostra persona e l'impresa; questo ha rallentato moltissime imprese del nostro paese, straordinariamente innovative ma che si sono adagiate, non hanno voluto