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STAKEHOLDERS APPROACH
L’approccio della Stakeholders Theory mette in evidenza che gli obiettivi sono il
risultato di un processo di navigazione tra tutte le categorie di stakeholders.
Questa situazione si afferma quando l’ambiente è complesso e prevedibile negli anni
’60 e ’70 e nel momento in cui il sistema interno all’impresa diventa ad alta
complessità. Per il soggetto di comando diventa difficile controllare i managers a tutti
i livelli dell’organizzazione, riescono solamente a limitarli in parte ma non ce la
fanno ad imporre fini soggettivi.
I vantaggi sono lo spazio dato alle componenti interne grazie alla crescita inerziale, si
ha un maggiore controllo sull’ambiente riducendo l’incertezza esterna e crescono le
remunerazioni così come la possibilità di ottenere maggiori prestiti finanziari e
l’aumento del potere politico.
Il potere dei managers sta nella capacità di governo delle complessità anche se alcune
teorie ( Marris ’72) attribuiscono ai managers fini personalistici:
- Aumento della propria remunerazione, immagine e prestigio piuttosto che alo
profitto dell’impresa.
- Imporre all’impresa il fine della crescita dato che prestigio, potere e
remunerazione sono legati alla dimensione.
- Sicurezza del potere manageriale dalle scalate.
- Crescita e minimizzazione del conflitto fra stakeholders.
Obiettivo del managment: massimizzare la crescita dimensionale aziendale,
riconoscendo un profitto soddisfacente ai proprietari in
modo da indurli a rinnovare il contratto al managment,
quindi ricevendo garanzie per il posto di lavoro.
Inoltre i managers cercano di comprimere al minimo i
dividendi al fine di privilegiare l’autofinanziamento.
Gli insiders (managers) conoscono meglio degli outsiders (proprietari) lo stato
presente e prospettico dell’impresa e quindi possono usare l’informazione per
assecondare i propri obiettivi.
SHAREHOLDERS VALUE
Dagl’anni ‘70 aumenta la complessità non governabile traducibile in instabilità e non
prevedibilità. Si ha una conflittualità crescente fra Stakeholders, soprattutto tra
proprietà e managment e prevale l’obiettivo della creazione del valore per gli
azionisti.
Quanto più le grandi imprese vengono quotate in borsa, tanto maggiore diventa
l’importanza di disciplinare il comportamento dei managers e massimizzare la
ricchezza per gli azionisti.
Questo perché se un’impresa cresce dimensionalmente aumenta i profitti ma chiede
agli azionisti continue immissioni di capitale che crea svantaggio alla proprietà
costretta a preferire un impiego più efficiente dei fondi già resi disponibili anche a
costo di una crescita minore.
Le imprese creano valore agli azionisti, li mettono al primo posto, anche nei confronti
dei dipendenti. Dall’altra parte gli azionisti valutano il costo/opportunità
dell’investimento sulle imprese e prediligono quelle nei settori ad alta attrattività.
Rischi del Shareholders value:
- Hanno un orizzonte di breve e valutano profitti e dividendi più ravvicinati e il
mercato azionario non esprime il valore dell’impresa ma ne ignora le sue
potenzialità.
- L’impresa ha un orizzonte di medio - lungo temine con una focalizzazione agli
investimenti di lungo ritorno ( ricerca e sviluppo, innovazione ), con un
orizzonte di breve perderebbe competitività con il rischio di scalate.
- L’impresa si allontana dagli obiettivi del managment, si sacrifica la Customer
Satisfaction e si spostano gli investimenti verso i paesi a basso costo causando
un rischio sociale, l’impoverimento e disoccupazione.
Pregi del Shareholders Value:
- Ha un obiettivo unico a differenza della Stakeholders View che ne ha
molteplici e in un periodo di instabilità e conflitto porta a scelte dettate da
circostanze occasionali o pressioni più o meno forti.
- La teoria dei stakeholders priva l’impresa di un obiettivo preciso, gli
stakeholders sono privilegiati rispetto agli azionisti, per esempio sono i primi
ad essere pagati.
- Gli azionisti attuano la Corporate Governance, esercitano i propri diritti
nell’assemblea, possono influire nella remunerazione dei managers e possono
minacciare di vendere le azioni.
Customer Based View: il valore dell’impresa dipende dal valore delle relazioni che
ha con i suoi clienti, ampiezza e qualità della relazione
dipendono dalla Customer Satisfaction, il rapporto tra
valore offerto e desiderato. Il valore offerto dall’impresa,
comprende capacità e risorse ( anche finanziarie ) date dalla
crescita di valore garantita dai finanziatori. I clienti
soddisfatti sono fonte di profitto e fedeltà ma anche di
affidabilità per i ricavi futuri.
SCHEMA DELLE CINQUE FORZE DI PORTER
Fornitori e il
loro potere
contrattuale
Concorrenti Minaccia di
Minaccia del settore, prodotti o
portata da rivalità fra servizi
potenziali imprese sostitutivi
entranti esistenti
Acquirenti e
il loro potere
contrattuale
Con la presenza nel mercato dei prodotti sostitutivi, l’elasticità della domanda
aumenta e nel tempo quasi tutti i beni o servizi hanno dei sostituti che possono
provenire anche da altri settori come la lavatrice che fa concorrenza ai detersivi per
esempio.
Se dei prodotti sono standard, il consumatore passa da un bene all’altro tenendo in
considerazione il prezzo relativo.
La minaccia si riduce con il confronto qualità/prezzo da parte del consumatore e con
la presenza di switching costs dovuti dal passaggio da un bene all’altro.
Il profitto è influenzato da concorrenti esistenti e potenziali e la minaccia è alta o
bassa a seconda delle barriere all’entrata.
Le barriere che limitano la concorrenza possono costituire investimenti irreversibili (
impianti, conoscenze) o fare riferimento alle economie di scala, al brand, a prodotti
differenziati, alla reputazione per la qualità dei prodotti, all’accesso alla distribuzione
o alle materie prime, al capitale, al lavoro a prezzi bassi o vantaggiosi e all’intervento
dello stato.
A causa della notevole differenziazione dei prodotti sul mercato, le imprese che
hanno un vantaggio competitivo sono quelle che mettono in risalto la riconoscibilità
del marchio, che trasferisce valore e reputazione all’azienda.
Altri vantaggi assoluti per le imprese riguardano l’accesso alla distribuzione
commerciale che si basa sulla cosiddetta “economia dello scaffale” e all’economia di
apprendimento “learning by doing”.
Nonostante l’efficacia delle barriere, bisogna tenere conto che cambiano nel tempo
per effetto dell’innovazione tecnologica.
Il grado di rivalità influenza la misura in cui il valore creato viene assorbito dalla
competizione. Se il numero di concorrenti è concentrato con dimensioni relative, si
ha una limitata rivalità. Nel caso in cui ci siano tanti piccoli players sul mercato, si ha
invece una vivace concorrenza sui prezzi con l’impresa dominante.
La domanda crescente genera concorrenza sulla quota di mercato nel caso in cui il
livello di concorrenzialità registra una crescita lenta.
Nei settori ad alta intensità di capitale si ha capacità in eccesso ed elevata
concorrenza.
Il potere contrattuale degli acquirenti, dipende dal loro numero, dimensione e
concentrazione. Questo potere consiste nell’influenza della capacità di
appropriazione del valore creato nel settore da parte delle imprese. Tutto dipende
dalla sensibilità al prezzo che permette di effettuare l’acquisto se il possesso del bene
è più importante rispetto al costo totale e al suo grado di sostituibilità.
Maggiore è la concorrenza tra i consumatori tanto più i prezzi si possono abbassare.
I fornitori hanno potere se sono concentrati o unici, oppure se sviluppano strategie di
differenziazione acquistando potere contrattuale sulla base della qualità. Il potere dei
fornitori è maggiore con l’integrazione a valle.
Secondo Porter, la strategia può modificare l’attrattività e la struttura del settore e
bisogna ridurre la pressione competitiva per aumentare la redditività. Questo è
realizzabile attraverso le fusioni che riducono il numero dei concorrenti, la
differenziazione con programmi di fidelizzazione e la ricerca continua di
posizionamenti.
CRITICHE AL MODELLO DELLE CINQUE FORZE
- Il modello è considerato troppo strutturalista, non tiene conto della disciplina
antitrust, del dinamismo e dell’evoluzione tecnologica che tendono ad agire
sulle barriere.
- Non si tiene conto delle risorse di cui un’impresa dispone, negli anni ’80 la
strategia teneva conto delle risorse interne all’impresa, il saper fare.
- La competizione è vista come una battaglia per la conquista del mercato,
mentre oggi concorrenza e cooperazione sono spesso assieme.
- La barriera è visto come un confine statico di settore, un riparo oggi
provvisorio per le convergenze settoriali ( banche, assicurazioni, innovazioni
tecnologiche ) , le imprese che entrano nel mercato non sono sole ma
partecipano d un network.
- I segmenti sono dati e si costruiscono su bisogni innati, se l’impresa oggi vuole
diventare leader lo fa con l’innovazione, suggerendo nuovi bisogni, trovando
un oceano blu (mercato senza rivali) per sottrarsi dall’oceano rosso (mercato
con tanti concorrenti), creando nuove attitudini di consumo, misurando
l’attrattività di un mercato non ancora esistente.
- Gli acquirenti sono visti come minaccia, ma sono la soggettività più
importante, non possono essere trattati come le altre forze.
- I fornitori, visti come minaccia, oggi fanno parte della Supply Chain.
CICLO DI VITA DEL SETTORE
Il settore si evolve sotto la spinta della tecnologia, della domanda, della crescita
economica, e delle strategie delle imprese.
PRIMA FASE: la configurazione del prodotto ha una tecnologia dominante e gli
utilizzatori sono pochi. Il ritmo delle vendite è elevato a prezzi
elevati (mancano economie di scala) e il livello di redditività è basso.
SECONDA FASE: nella seconda fase, quella dello sviluppo, crescono gli utilizzatori,
entrano nuovi concorrenti e aumenta la lotta per la conquista del
mercato. La differenziazione dei prodotti è scarsa, c’è la
mancanza di marche conosciute a cui affidarsi, il ritmo delle
vendite è rapido e aumenta la redditività.
TERZA FASE: si acquista in modo selettivo, con tanti concorrenti che facendo una
guerra di prezzi tra di loro costringono i più deboli ad uscire dal
mercato. La domanda in termini ass