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CAPITOLO 7.6: AREA STRATEGICA D’AFFARI (ASA)
Secondo il modello tridimensionale di Abell, una ASA, può descrivere il proprio particolare ambito
competitivo, cioè il “posto” nel quale l’impresa ha deciso deliberatamente di operare (scelta
soggettiva quindi).
Le tre dimensioni di questo modello, usate per rappresentare l’ASA, sono:
Gruppi di clienti serviti, cioè a chi l’azienda vende il prodotto, clienti pubblici o privati
Funzioni svolte, cioè perché il cliente acquista il prodotto che l’azienda realizza, per quale
utilizzo/motivo/funzione
Tecnologie, cioè come l’azienda realizza il prodotto finale che vende
Come detto, un ASA rappresenta l’area materiale nella quale l’azienda opera. Le ASA sono dei
sottoinsiemi dei settori individuati dalla combinazione delle tre dimensioni.
Se due ASA differiscono anche solo per la tecnologia usata, queste vengono considerate come ASA
diverse. In realtà però, oltre a differire per una dimensione (quasi sempre la tecnologia), per
considerarsi due ASA distinte, bisogna che ognuna abbia una contabilità separata (esempio: una
compagnia di navigazione marittimo che ha sia trasporto con traghetti che trasporto con aliscafo,
visto che i due servizi hanno contabilità separata, si parla di due ASA distinte, nonostante abbiano
due dimensioni uguali e siano ovviamente parte della stessa azienda).
CAPITOLO 7.6.1: ESEMPIO DI ASA E ANALISI DELL’AMBIENTE COMPETITIVO CON
IL MODELLO DI PORTER
Nell’esempio che segue, si considera l’ASA di un’impresa di torrefazione (che produce caffè),
evidenziando le proprie tecnologie, i clienti serviti e la funzione del prodotto realizzato. 38
Analizzando questa situazione con il grafico di Porter:
I prodotti sostituitivi rappresentano una minaccia molto bassa in quanto il caffè è
difficilmente sostituibile con prodotti equivalenti (tipo tè o tisane sono sostitutivi ma
nessuno o quasi li prenderebbe di mattina al posto del caffè ad esempio)
La pressione competitiva dei clienti è elevata in quanto i clienti sono la chiave di tutto, cioè
se l’azienda non vende ai clienti non ha profitti
La minaccia di potenziali nuovi entranti è medio-alta in quanto il settore della produzione
del caffè è aperto e, soprattutto con nuove idee, si può entrare tranquillamente e avere
successo
La pressione competitiva dei fornitori è bassa in quanto raramente il fornitore aumenterà
il prezzo dei suoi prodotti in quanto l’azienda potrebbe tranquillamente cambiare fornitore
in caso di aumento di prezzo visto che il settore è aperto e ci sono tanti fornitori alternativi
CAPITOLO 7.7: BARRIERE ALL’ENTRATA
Queste barriere all’entrata riguardano le aziende che vogliono entrare in un mercato nuovo.
Consistono infatti nei costi addizionali che i potenziali nuovi entranti devono sostenere rispetto ai
costi delle imprese già operanti nel settore. In pratica, sono degli oneri che le altre aziende devono
sostenere per entrare sul mercato.
Esistono settori aperti (che permettono a nuove aziende di entrare liberamente sul mercato) e
settori bloccati (che presentano queste alte barriere e non fanno entrare altre aziende su un
determinato mercato).
I tipi di barriere all’entrata sono tre: 39
Barriere di tipo regolamentare, cioè barriere di natura legislativa e quindi legate a leggi e
burocrazia
Barriere di tipo finanziario
Barriere di tipo tecnologico, cioè barriere dovute alla limitata tecnologia
CAPITOLO 8: AMBIENTE COMPETITIVO
Gli ambienti competitivi, per dirla in poche parole, sono macro-ambiente e micro-ambiente.
L’ambiente può essere definito rispetto a due dimensioni:
Varietà, cioè il numero di situazioni differenti con le quali l’azienda si rapporta in un
determinato periodo di tempo. Può essere alta o bassa a seconda di quante situazioni
affronta l’azienda (per situazioni si intende quanti “mercati” affronta, tipo uno studio di
avvocati associati che si occupano quindi di diritto civile, penale, del lavoro ecc. ha una alta
varietà in quanto i tipi di diritto trattati sono diversi). E’ una dimensione sincronica in quanto
prende in considerazione un intervallo preciso di tempo.
Variabilità, dovuta ai mutamenti che interessano le condizioni di acquisizione e di vendita
dei fattori e dei prodotti, la situazione congiunturale della domanda, gli atteggiamenti dei
consumatori e degli acquirenti. In pratica, questa dimensione definisce la variabilità del
settore, cioè i cambi di situazione (come per esempio la variazione di prezzo, la richiesta del
mercato ecc., cioè variano le forze competitive) che un’azienda deve affrontare. Se questi
cambi sono tanti allora si parla di alta variabilità, se sono pochi e le situazioni sono più o
meno stabili si parla di bassa variabilità. E’ una dimensione diacronica in quanto non
considera un determinato intervallo di tempo ma i cambiamenti delle situazioni in divenire 40
CAPITOLO 8.1: MATRICE DI COMPLESSITA’ AMBIENTALE
Questa matrice, classifica gli ambienti.
Analizziamo nel dettaglio i quattro riquadri:
Bassa varietà e bassa variabilità
(riquadro rosso); ambiente semplice
che presenta poche situazioni che
cambiano lentamente nel tempo
Alta varietà e bassa variabilità
(riquadro giallo); ambiente
disomogeneo stabile che presenta
tante situazioni ma stabili nel tempo
e quindi con pochi cambi delle forze
competitive
Bassa varietà e alta variabilità
(riquadro verde); ambiente
omogeneo instabile che presenta
poche situazioni da affrontare ma
che mutano spesso (tipo cambia il
prezzo, la richiesta del mercato, il
prezzo del fornitore ecc.)
Alta varietà e alta variabilità (riquadro blu); ambiente complesso che presenta tante
situazioni diverse e tanti cambi delle forze competitive di esse. E’ tipico delle grandi
multinazionali e prevede una dinamicità maggiore del lavoratore che deve adattarsi a
situazioni diverse tra loro
Questa matrice fa capire che a seconda delle caratteristiche dell’ambiente, l’azienda sceglie le
proprie strategie da adottare, cosi come l’organizzazione aziendale da fare (cioè tutto varia in
funzione dell’ambiente nel quale si opera). 41
CAPITOLO 9: CLASSIFICAZIONE DEI PROCESSI PRODUTTIVI
I processi produttivi si possono
classificare attraverso le due
variabili rappresentate nel grafico
qui accanto:
Varietà, nota bene, in
questo caso per varietà si
intende il numero di
famiglie di prodotti
realizzati dall’azienda, cioè
quanti prodotti diversi fa
l’azienda
Produttività, che come
detto nei capitoli
precedenti, rappresenta la
quantità di prodotti
realizzati in un determinato
intervallo di tempo.
La curva rappresentata nel grafico indica una netta contrapposizione tra le due variabili: una bassa
varietà infatti, corrisponde ad un’alta produttività, se invece la varietà è alta la produttività è bassa
(cioè se produco pochi tipi di prodotti riesco a produrne di più, se ne produco una grande varietà ne
riesco a produrre di meno in un dato intervallo di tempo). Questo avviene anche perché, se ho una
grande varietà di prodotti, a un certo punto devo interrompere il processo e settare di nuovo i
macchinari per produrre un prodotto diverso: questo tempo “perso” viene definito come tempo di
setup/riassettaggio della macchina.
Le produzioni si distinguono, in base alle caratteristiche dei prodotti realizzati, in:
Continue, cioè sono produzioni che si misurano nel continuo, il prodotto fatto in questo
modo ha sempre le stesse caratteristiche a prescindere dalla quantità presa in analisi (un
chiaro esempio è la produzione della benzina o di una bibita, anche se prendo in
considerazione un solo litro questo avrà le stesse caratteristiche di due litri e così via, cioè
non cambia la sostanza del prodotto). I prodotti di questo tipo di produzione non si misurano
obbligatoriamente con numeri interi (in quanto sono principalmente liquidi quindi può
essere anche “mezzo litro” ecc.)
Discontinue/discrete, sono produzioni che si misurano nel discreto, cioè posso
tranquillamente contare con numeri interi (quindi non mezzo, un quarto ecc.) il totale dei
prodotti fatti alla fine di un ciclo produttivo o in un intervallo di tempo (riguarda quindi la
produzione di prodotti “reali”, tipo bottiglie, libri ecc., cioè cose che posso contare
materialmente) 42
Esistono comunque anche delle produzioni miste, cioè sia continue che discontinue (tipo quella di
una fabbrica di birra che fa sia il liquido [produzione continua] che la bottiglia che lo contiene
[produzione discontinua]).
A seconda della grandezza della serie (rappresentate sul grafico in alto [le serie continue possono
anche essere chiamate di grandissime serie]) cambia il modo di lavorare dell’azienda.
Quando si lavora in piccole serie o su commessa infatti, nella produzione del prodotto è impiegata
tutta l’azienda o quasi. Le aziende che lavorano in questo modo ovviamente, avranno anche un
approccio sul mercato e una politica marketing completamente diversa (tipo puntano a vendere
solo in una determinata porzione di mercato o evitano di fare pubblicità di massa [esempio: la
Ferrari non farà mai spot TV in quanto opera solamente su piccole serie o su commessa per un certo
range di clienti]). Si può quindi dedurre che i prodotti fatti in piccola serie o su commessa sono quasi
sempre dei prodotti di lusso o di mercati ben precisi.
Anche questo quindi, influenza non poco il comportamento (inteso come scelta strategica) e
l’organizzazione dell’azienda.
CAPITOLO 10: ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
L’organizzazione aziendale riguarda il come si organizzano tra loro i fattori produttivi a disposizione
di un’azienda (lavoratori compresi) per arrivare al risultato prefissato.
I primi a occuparsi di questo argomento sono stati degli ingegneri. Successivamente si sono
interessati dell’organizzazione aziendale gli studiosi in economia, i sociologi (per quanto riguarda
l’aspetto delle relazioni tra i dipendenti), gli psicologi (per quanto riguarda il comportamento del
singolo operaio e l’alienazione sul posto di lavoro) e persino dei matematici.
L’organizzazione aziendale si basa su due concetti fondamentali:
1. Divisione del lavoro tra più persone, cioè l’attribuzione di specifiche fasi dell’attività di
trasformazione a specifiche unit