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ECONOMIA E GESTIONE AZIENDALE (SECONDA PARTE)

Capitolo 13 – Reti e relazione tra imprese

Si realizza una rete/network tra imprese quando c’è un processo di crescita, cerco nuove risorse/competenze -> creo

una rete di relazioni tra imprese:

1) Reti interne: è una configurazione in cui un’impresa si scompone in una serie di unità tra loro collegate e

collegate tutte ad un’unità centrale. Il gruppo di imprese (la multinazionale) costituisce la tipologia più chiara di

rete interna: al centro c’è una Holding (capo gruppo) e ci sono tutte le imprese collegate tra loro e con il

centro. Questo tipo di rete si crea perché la Holding (azienda originaria) vuole crescere, magari per integrarsi

a monte o a valle con un processo di acquisizione, acquisto A perché buon fornitore, B perché è uno store, C

perché è un competitore, D perché conosce il mercato… Queste relazioni sono di tipo proprietario, la Holding

possiede parte del capitale delle aziende che fanno parte del gruppo

a. Creazioni di gruppi di imprese

b. Spin off di singoli business consolidati e di nuovi business (si scorpora alcune attività da un’azienda

già esistente), liquidare asset non strategici

c. Acquisizione imprese

d. Crazie di reti di distribuzione ricorrendo a store di proprietà

2) Reti esterne: Le relazioni sono governate da contratti, reti di azienda caratterizzati da accordi non di tipo

proprietario, più aziende si uniscono non per acquisizione di capitale ma con un accordo tra le parti per

raggiungere l’obiettivo aziendale. Esiste comunque una azienda capogruppo (può anche non esistere), reti

inter organizzative. Ex: la sub-fornitura. A ricorre a B per uno specifico componente perché B fa solo quel

prodotto, A ricorre a C per le buste paga, per la vendita. A non possiede B,C,D ma c’è un contratto tra loro ->

queste reti vengono istituite per ragioni di efficienza. Anche out-sourcing è una rete esterna.

Out-sourcing: esternalizzazione di un’attività (ex: contabilità delle paghe), qualcosa che non è un core business, out-

sourcing è più complesso del make or buy

Licensing: un’impresa licenziante concede ad un’impresa licenziataria lo sfruttamento economico di una proprietà

intellettuale brevettata, di marchi e brevetti industriali e non, oppure Know-How, mantenendone la proprietà. Il

licenziatario si impegna a versare delle royalties rapportate ai risultati economici (ex: Calvin-Klein)

Franchising: rapporto di collaborazione in cui un’impresa affiliata concede ad altre imprese affiliate giuridicamente ed

economicamente indipendenti, l’utilizzo della propria formula commerciale consolidata, secondo gli standard e le

modalità gestionali fissate dalla stesura del contratto. Corrispettivo per il franchising è il pagamento di royalties:

- Distribuzione (ex: Calzedonia) - Servizi (ex: Tecnocasa)

Venture capital/Private equity: forma di partecipazione al capitale di rischio di un’impresa emergente (Venture

capital) o già avviata (Private equity), si lucra nel processo di partecipazione. La sottoscrizione al capitale può essere

di maggioranza o di minoranza.

Joint-Venture: indica un ampio spettro di relazioni cooperative tra imprese. è una forma di società che nasce da

accordi contrattuali per realizzare un’opera complessa, finita l’opera la joint si scoglie:

- Societario: ciascuna azienda separatamente partecipa con un capitale di rischio

- Contrattuale: si stipula un contratto nel quale viene specificato un obiettivo da raggiungete congiuntamente,

entità organizzative separata

Il processo di crescita si basa su accordi di tipo contrattuale (reti esterne), questo dimostra la volontà delle

 imprese di sperimentare nuove modalità di collaborazione.

I motivi principali che porta ad accordi tra imprese:

1) Rafforzamento del potere relativo all’impresa

2) Miglioramento dell’efficienza (agendo su costi o ricavi)

3) Ricerca di sinergia ed apprendimento (completamento tra le risorse dei partner)

4) Riduzione dell’incertezza e i rischi del settore (si moltiplicano le probabilità di successo)

5) Sviluppi di sistemi di “interlocking directory” (condivisione di uno o più membri del consiglio di amministrazione)

6) Coercizione: vincoli legislativi imposti dai governi, l’obbligo delle imprese straniere a concludere alleanze con imprese

locali è imposto in genere dai governi dei paesi in via di sviluppo

Capitolo 12 – Controllo direzionale

Processo attraverso il quale si orienta il comportamento dei membri dell’organizzazione allo scopo di implementare

efficientemente ed efficacemente le strategie aziendali. Comunicazione degli obiettivi, pianificazione, individuazione

dei valore e monitoraggio. Le informazioni utilizzare possono essere del tipo economico finanziario e non, interne

esterne, di breve o di medio lungo termine, ex-ante o ex-post.

Il controllo direzionale non è obbligatorio:

Vantaggi del controllo direzionale

- La qualità delle decisioni dovrebbe migliorare a seguito della maggiore vicinanza al business

- Rapidità del processo decisionale senza passare per amministratore delegato che sta lontano fisicamente

- La direzione generale può concentrarsi su temi e obiettivi strategici 21

- È una buona “palestra” per i manager (motiva)

Svantaggi del controllo direzionale

- La direzione generale è informata solo con dei reporting e non su una conoscenza personale dei problemi

- I manager dei CrP non hanno autorità adeguate o maggiori info specifiche sul business rispetto all’alata

direzione

- Promuove un forte spirito competitivo che può produrre contrasti eccessivi tra CdP caratterizzati da

interdipendenza

- Può orientare verso prestazioni di breve periodo, il profitto è un dato di breve termine, rischio di inibire

proposte a lungo termine interessanti

- Richiede un surplus di costi rispetto ad altri CdR

1) Scopi (goal)-> strategie, formulazione di strategie di medio-lungo termine.

2) Pianificazione strategica (L/P e budget), scegliere quali piani porre in atto per implementare le strategie, paini

annuali

3) Risultati (feed-back)

Il budget non è una previsione, è una presa di impegno, per l’anno successivo mi impegno a raggiungere e miei

obiettivi

Il controllo direzionale si divide in:

1) Contesto del controllo (organizzazione, management, centri di responsabilità, prezzi di trasferimento

2) Processo del controllo (Pianificazione strategica, budgeting, reporting, valutazione)

Contesto del controllo

Organizzazioni: gruppi di persone che decidono di lavorare insieme per raggiungere obiettivi comuni attraverso la

suddivisione dei compiti

Management: obiettivi di coordinare le persone che fanno parte delle organizzazioni, comunicare gli obiettivi e definire

le strategie, fare i piani per raggiungere gli obiettivi, assicurare un’integrazione tra le attività, motivare i membri, fare

delle correzioni se non si raggiunge gli obiettivi, rivedere gli obiettivi in corso.

Centro di responsabilità: ad ogni CdR assegno un budget e degli obiettivi di medio lungo termine. Unità di staff=

lavorano in collaborazione con il direttore generale, forniscono servizi di varia natura alle unità di line e alla direzione.

Un CdR è un’unità organizzativa guidata da un manager (capo) che è responsabile di questa unità riguardo la sua

prestazione. Ogni CdR utilizza materiali, mod e servizi che vengono dall’input e produce output:

- Bisogna misurare l’input (monetario, non monetario)

- Misurare l’output (monetario e non)

Il manager è responsabile della gestione tra input ed output perché questo è il problema della performance. Per

valutare la performance di un CdR il manager ha bisogno di reports che contengono info di input ed output delle

diverse unità organizzative. La focaliazzazione del sistema delle rilevazioni concordate con il budget è comunque sui

CdR non sui prodotti o su “altri oggetti”

Ci sono diversi tipi di CdR:

1) Centri di ricavo: la sua performance si esprime nei soli ricavi (ex: ufficio vendita)

2) Centro di costo: la sua performance si misura in termini di costo e gli output non sono valorizzati in termini di

ricavo (ex: produzione)

3) Centri di profitto: quando l’unità organizzativa ha una responsabilità sia di costo che di ricavo (ex: aziende

multinazionali con distaccamenti esteri che producono e vendono), il profitto è una misurazione congiunta di

efficienza ed efficacia.

4) Centri di investimento: quando il manager ha responsabilità non solo di ricavo e costo (breve termine) ma

deve decidere se ampliare la capacità produttiva, investire risorse a lungo termine, potere decisionale su

investimenti a lungo termine.

Transfert Price: misurare il valore dei profitti forniti da un centro di profitto a un altro CdR dell’impresa. Il prezzo di

mercato misura il valore degli scambi tra l’impresa e l’esterno. Senza il tranfert price non riesco a valorizzare il lavoro

svolto da una divisione che “vende” il suo prodotto ad una divisione interna all’azienda. Il transfert price lo stabilisco

con due tecniche:

- Se il prodotto è gia esistente, faccio un’analisi di mercato ed eguaglio il prezzo. Però la divisione ha molti costi

in meno che non deve subire a differenza del prezzo di mercato (ex: pubblicità, promozione, distribuzione).

Faccio riferimento al prezzo di mercato però molto inferiore perché ho molti costi in meno

- Se non esiste un prezzo di mercato, faccio la somma dei costi di produzione più un minimo mark up. I costi

son standard (quelli definiti a budget) perché così riesco a valutare la qualità del lavoro del manager.

Processo del controllo direzionale

Per il controllo manageriali ci son 4 fasi da distinguere:

1) Pianificazione strategica: Pianificazione nel medio-lungo termine, nuova linea di prodotto, nuova filiale,

addestramento professionale (decisioni che richiedono tempo e soldi)

2) Budgeting: processo di pianificazione sul breve termine (1 anno), deve agire sulla pianificazione strategica

anno per anno, piano quantitativo, organizzato per CdR, obiettivi fissati dai manager

3) Misurazione e reporting: avviene il controllo, il reporting sono i documenti che riportano le attività svolte dai

CdR e permettono il suo controllo, documenti numerici 22

4) Valutazione strategica: giudizio che i manager danno su ciascun CdR in base ai rapporti

Costi controllabili vs costi non controllabili

Distinzione di costi in base alla relazione ad un CdR

a) Costi controllabili: il manager del cdr può intervenire sulla misura di questi costi, tutti i costi diretti al cdr sono

con

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
30 pagine
5 download
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/08 Economia e gestione delle imprese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Tonino1995 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia e gestione aziendale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Longo Mariolina.