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Exposé
Ø Il microcredito: storia e caratteristiche
Il microcredito è uno strumento in grado di contrastare la povertà e l’esclusione finanziaria, garantendo
alle fasce deboli un mezzo utile al fine di porre le basi per una crescita sociale ed economica integrata.
La sua nascita è collocabile nell’Ottocento, ed in particolare negli anni della prima ondata di
industrializzazione che ha investito l’Europa.
Il 1976 è la data simbolica che dà inizio all’importante storia del microcredito moderno. Muhammed
Yunus dopo aver analizzato con cura il contrasto in Bangladesh, dove un grande numero di persone
povere erano continuamente sfruttate da una ristretta cerchia di ricchi, decide di fondare la Grameen
Bank, primo esempio assoluto di istituzione finanziaria di microcredito. Dopo aver individuato il circolo
vizioso che conduceva a questa spirale di povertà senza fine, egli trovò anche un modo semplice ed
efficace per combatterlo: mettere a disposizione delle piccole somme di denaro ai poveri per
permettergli di avviare una propria attività in maniera indipendente.
Le caratteristiche fondamentali della Grameen Bank, sono:
- chi beneficia del microcredito, diventa automaticamente azionista della banca,
- target di clientela rappresentato quasi esclusivamente da donne in povertà cui vengono concessi
prestiti all’investimento e non al consumo;
- assenza di qualunque tipo di garanzie collaterali e di strumenti giuridico-legali: patti fiduciari
tramite i quali il consumatore si impegna a restituire la somma prestata, pena la non ammissione alla
tranche successiva di finanziamento;
- intervallo relativamente breve dei periodi di pagamento;
- obbligo del debitore a formare un gruppo con altri debitori della banca ma assenza di responsabilità
congiunta tra i componenti del gruppo;
- forme di deposito forzoso che accompagnano la concessione del prestito dei clienti;
- decentramento di parte delle attività di monitoraggio dei prestiti a organizzazioni noprofit.
Quella del microcredito rientra tra le iniziative del settore privato e della società civile pensate per
lottare contro la povertà.
Ø Economia e sostenibilità
Il concetto (dialettico) di “sviluppo sostenibile” riflette e richiede un cambiamento nella visione di quale
sia il rapporto tra attività economiche degli esseri umani e il mondo naturale. Tali attività devono essere
mantenute a livelli ecologicamente sostenibili dall’ecosistema che le contiene. Questo cambiamento
implica necessariamente uno spostamento radicale da un modello economico di crescita quantitativa a
uno di crescita qualitativa, ovvero da un’economia di crescita a una di stato stazionario. Tuttavia,
potenti interessi politici ed economici sono allineati nell’opposizione a tale cambiamento.
I sostenitori dello sviluppo sostenibile, invece, partono da una visione preanalitica secondo la quale la
macroeconomia non è il tutto, ma è essa stessa un sottosistema di un ecosistema più grande, che agisce
sia come fonte delle sue materie prime sia come bacino ricettivo dei suoi rifiuti, ma è finito, di
dimensioni date. In quest’ottica, il sottosistema economico non potrà espandersi per sempre, ma avrà
come limite la scala che può essere sostenuta dall’ecosistema che lo contiene.
Ø Il WTO e i paesi in via di sviluppo
Il ruolo della WTO è di garantire il progresso della libertà degli scambi nel contesto di regole e
discipline che siano accettate da tutti; il protezionismo è indicato come la causa principale del contrasto
tra Paesi. L'obiettivo della WTO è di rendere governabile la globalizzazione, in modo che tutti abbiano
la possibilità di parteciparvi e alzare così il proprio livello di vita.
Le decisioni sono prese all'unanimità per poter garantire agli stati i propri interessi nazionali e allo
stesso tempo di associarsi con un consenso nell'interesse superiore del sistema commerciale
multilaterale. Se non si raggiunge l’unanimità la questione va ai voti e quindi si prende una decisione a
maggioranza dei votanti.