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PAGAMENTO

Pagamento vero e proprio, abbiamo la fase mediante il quale il tesoriere riduce le disponibilità dell'ente e le versa in quelle del creditore. Tutto va bene quando tutte le fasi delle entrate e delle spese si concludono entro l'anno: le entrate e le uscite diventano monetariamente realizzate. Il problema si ha quando al 31/12 le fasi non sono giunte al loro completo compimento, ossia ci siamo fermati ad un punto intermedio.

RESIDUI ATTIVI

Caso del mancato versamento dell'entrata. Ipotizziamo che nel bilancio di previsione abbiamo uno stanziamento su una certa Risorsa per 200. Durante tutto l'esercizio vengono fatti gli accertamenti e si ha che alla fine dell'anno non siamo riusciti ad accertarli tutti 200, ma solo 180 (quindi ho pensato di ottenere 200, ma accertato 180). A questo punto, sui 180 che ho accertato e messi di competenza dell'anno, devo vedere quanti ne ho riscossi: ne ho riscossi 150. Successivamente devo vedere se tutti questi

sono stati effettivamente versati 140. Vuol dire che dei 200 che avevo ordinariamente previsto come entrata, ne ho accertati 180 e materialmente (e monetariamente) sono riuscito a ottenere 140. Tendenzialmente se la riscossione è diretta, riscossione e versamento avvengono contestualmente anche se giuridicamente in due fasi distinte. Se è affidata al terzo allora possono esserci ritardi. Si viene a creare una situazione particolare, in cui non tutto ciò che è stato imposto di competenza (180) ha avuto la sua realizzazione monetaria (140). Nella pubblica amministrazione, la differenza tra il versamento e l’accertamento si chiama residuo attivo (40). In particolare, nel caso sopra esposto, questo si chiama residuo attivo di competenza perché è il residuo che non sono riuscito a riscuotere e viene riportato nell’esercizio successivo. Dal punto di vista dell’entrata questa situazione

può essere astrattamente equiparata ad un credito, infatti tale residuo si pensa che possa essere riscosso il prossimo anno.

RESIDUI PASSIVI

Ipotizziamo di avere una previsione di spesa nel bilancio di previsione pari a 200. A fronte di una previsione di 200 però ho impegnato 180. In questo momento con l'atto interno di impegno ho imputato di competenza 180 di spese. Accade però che dei 180 di competenza ne riesco a liquidare solo 170 perché alcuni impegni sono rimasti in sospeso. Quindi devo procedere all'ordinazione, e invio mandato di pagamento solo per 150, di questi 150 il tesoriere ne paga 130.

Dei 200 previsti, 180 sono di competenza ma pagati solo 130. Abbiamo come residuo passivo 50 ottenuto come differenza tra impegno e pagamento (180-130).

Possiamo notare che il residuo passivo non rappresenta un vero e proprio debito, infatti non si fa la differenza tra liquidazione (momento dell'iscrizione del debito e della sua opponibilità) e pagamento.

matra impegno (competenza) e pagamento. Il residuo passivo quindi non ha il connotato di un vero e proprio debito, è un'entità finanziaria che trasferiamo all'esercizio successivo: ci dice quanto dobbiamo pagare se tutti gli impegni ancora in essere andranno a compimento. La differenza tra quanto ho previsto e quanto ho impegnato si chiama "economia": sono riuscito ad impegnare meno (180) di quanto previsto (200), quindi ho un'economia (20). Posso concepire di fare un impegno più alto della previsione? Il vincolo autorizzatorio alla spesa è rappresentato dalla previsione, se dobbiamo impegnare più risorse è necessario fare una variazione distanziamento. Una variazione dello stanziamento delle spese necessita di una variazione dello stanziamento delle entrate per far sì che venga mantenuto il pareggio e la copertura delle spese. All'epoca tutte le variazioni dovevano essere riportate in consiglio comunale per.

essere autorizzate.Teoricamente seguendo questo ragionamento non dovrebbe mai accadere che un ente locale sia inperdita (in casi normali tutte le spese sono coperte dalle entrate, se devo impegnare di più mi devoassicurare maggiori entrate ed essere autorizzato). Molti enti locali sono andati in perdita a causa delleentrate: infatti nella fase di previsione avevano tutto l’interesse a tenere più alte le entrate previste cosìalmeno avevano più risorse per la spesa. Molte entrate erano più elevate di quelle che poi si sarebberorealizzate monetariamente, ad esempio i crediti non riscossi da tempo non venivano stralciati (accumulodi residui attivi). Inoltre molte volte, in caso di mancanza di entrate a preventivo, veniva aumentata laprevisione di multe.L’armonizzazione ha avuto effetti quindi sul meccanismo delle entrate, introducendo la competenzafinanziaria potenziata, che ha lo scopo di rendere chiara l’esigibilità delle

entrate e di tenere separata la competenza dell'anno rispetto ai residui degli anni precedenti.

29.4 Anselmi

PROCESSO DI PRIVATIZZAZIONE

Prima il Ministero delle partecipazioni statali gestiva le azioni, poi c'erano gli enti pubblici di partecipazione statale (IRI, ENI, EFIM). Poi si ha questo processo che va dal 1992 ai primi anni del 2000.

Dall'amministrazione statale in generale, si hanno poi gli enti pubblici economici. Si stabilisce norme che allargano la platea di soggetti deputati alla gestione dei servizi pubblici. Si dà là possibilità di gestire servizi pubblici a privati mediante accordi.

Si vengono a creare spa nelle pubbliche amministrazioni, le cui azioni inizialmente erano detenute totalmente dallo stato poi progressivamente cedute. Si vengono a creare amministrazioni pubbliche fuori dalla P.A.

Il problema è quello di nascondere la dimensione del debito il più possibile, e di ridurlo. Le società dentro la P.A. confluiscono nel

patrimonio dello stato, debiti compresi. Le società ormai fuori dalla P.A., quindipossedute a meno del 50%, non entrano nel consolidato dello stato quindi i debiti che sono stati creati in precedenza quando erano possedute dallo stato non vengono più conteggiati.

Quali sono i significati del concetto di privatizzazione?

  1. Privatizzazione fredda. Ovvero trasformazione di forma giuridica da ente pubblico a spa
  2. Vendita parziale. Ovvero mantenimento di controllo con maggioranza relativa: non è necessario possedere oltre il 50% delle azioni per averlo, basta che ci sia una partecipazione tale da garantire il potere di nomina del CdA e dell'approvazione del bilancio. Per mantenere il controllo quindi basta una maggioranza relativa, la cui quota è superiore alle possibili alleanze delle minoranze.
  3. Perdita del controllo. Lo stato detiene una percentuale di quote non sufficienti a garantire controllo. Lo stato può comunque detenere una percentuale piccola
senza avere il controllo ad esempio in aziende che eseguono servizi particolarmente rilevanti, quindi intende comunque presidiarle. Con queste 3 condizioni ci si trova davanti ad alcune aziende che sono appena state trasformate in spanel 1992, come l'ENI. Questa viene venduta tutta insieme, il gruppo ENI rimane unico e viene ripulito delle attività che non sono affini con il settore dell'energia. Per ciò che rimane viene venduta come un unico gruppo quotato in borsa, in questo modo il Ministero del tesoro inizia man mano a venderne le quote fino ad arrivare a detenerne il 20%. Ad oggi infatti il Ministero delle economie e finanze insieme alla Cassa depositi e prestiti detiene il 20% delle quote. L'EFIM non fu mai trasformata in spa: fu nominato un commissario liquidatore che si occupò della vendita delle società. IRI invece è troppo vasta e diversificata rispetto ad ENI, infatti contiene società di settori diversi tra loro. Si decide di

Vendere azienda per azienda, gruppo per gruppo nella modalità più coerente con l'oggetto della società in questione. IRI riceve delle offerte di acquisto, alcuni competitor si propongono di acquisire le aziende possedute da IRI che sono appetibili, ovvero quelle appartenenti al settore agroalimentare che facevano capo alla finanziaria Italgel. Le vendite all'inizio avvengono per trattative private, successivamente questa modalità diventa un'eccezione e viene utilizzata una logica simile alle gare. Questo accade perché alla trattativa privata erano interessati i competitor, i quali già possedevano le loro aziende in tale settore. Di queste aziende del settore agroalimentare si perde il controllo perché IRI riesce a vendere il 60% delle azioni. Il restante 40% decide di non venderlo e mantenerlo per sé almeno per qualche anno per assicurarsi che non si venga a creare un monopolio, visto che sono i competitor ad acquisire.

Aziende simili. IRI possiede anche banche, le quali sono palesemente l'oggetto più rilevante posseduto e quindi capaci di portare risorse al Ministero del tesoro. Delle 4 banche possedute, iniziano per primi i processi di privatizzazione della seconda più importante, il credito italiano: si stabiliscono dei prezzi particolarmente attrattivi e bassi, si tiene conto di uno sconto da applicare sugli acquisti dei dipendenti e correntisti, si definisce un tetto massimo di azioni acquistabili da ogni soggetto, si procede poi alla vendita delle quote in borsa, ovvero attraverso offerta pubblica di vendita: IRI dichiara di vendere la sua proprietà di azioni della banca. La sottoscrizione ebbe molto successo e si riuscì a cedere circa il 58%, infatti la stessa modalità di privatizzazione viene riproposta con la banca più grande posseduta, la banca commerciale. Il successo è ancora grosso e anche in questo caso è stato ceduto il 54%. Queste

privatizzazioni, si è cercato di ottenere sia benefici finanziari che politico-economici. L'offerta pubblica di vendita e il limite agli acquirenti hanno permesso di raggiungere l'obiettivo di evitare che le due principali banche fossero di proprietà o controllate da un singolo gruppo. Questo è stato fatto anche per creare due poli bancari, supervisionati dalla Banca d'Italia, in grado di competere sul mercato europeo e mondiale. Una volta raggiunto il primo obiettivo di privatizzazione, si è passati al secondo obiettivo, ovvero la creazione di aggregazioni. Queste aggregazioni si sono formate intorno ai due poli costituiti dalle banche italiane e dalle principali banche europee. L'obiettivo di questa politica economica era quello di creare gruppi competitivi. Nel prendere queste decisioni per le privatizzazioni, si è cercato di bilanciare sia gli interessi finanziari che quelli politici ed economici.sto da un gruppo di amministratori che rappresentano gli azionisti. La Public Company è caratterizzata dalla possibilità di quotazione in borsa, il che significa che le sue azioni possono essere comprate e vendute liberamente sul mercato finanziario. Inoltre, la Public Company è tenuta a rendere pubbliche le sue informazioni finanziarie e operative, come ad esempio i bilanci, i rapporti trimestrali e le relazioni degli amministratori. Questo permette agli investitori e al pubblico di valutare la salute finanziaria e le performance dell'azienda. La quotazione in borsa e la trasparenza delle informazioni sono due elementi chiave che distinguono le Public Company dalle altre forme di organizzazione aziendale, come le società a responsabilità limitata o le società di persone. In conclusione, la Public Company è un tipo di azienda che offre la possibilità di investire nel suo capitale attraverso l'acquisto di azioni e che è tenuta a rendere pubbliche le sue informazioni finanziarie. Questo la rende un'opzione interessante per gli investitori che desiderano partecipare al mercato azionario.
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
72 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/08 Economia e gestione delle imprese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher martinadeluca di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Lazzini Simone.