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INCENTIVO MIGLIORE RISPETTO ALL’AMPIEZZA.

Introduciamo adesso un argomento nuovo: le innovazioni cumulative. A parte

qualche eccezione, tutte le invenzioni sono da considerare cumulative (es.

tutti i computer dal primo fino ad oggi sono invenzioni cumulative). Altri

esempi possono riguardare la macchina e le successive modifiche che hanno

interessato il settore automobilistico. In particolare le innovazioni cumulative

sono:

1. Quelle che migliorano la qualità di un prodotto.

2. Quelle che riducono il costo di produzione.

3. Quelle che riguardano nuove applicazioni di un’invenzione.

4. Quelle che permettono nuovi strumenti di ricerca.

Come ci comportiamo nel caso di innovazioni cumulative in termini di

divisione dei profitti tra i diversi attori:

1. Soluzione numero 1: brevetto ampio al primo innovatore con copertura

estesa anche alle innovazioni connesse.

2. Soluzione numero 2: tanti brevetti ristretti per quanti attori esistono

3. Soluzione numero 3: non considerarle dentro la proprietà intellettuale.

Il problema a cui andiamo incontro è quello della “rapina”. Nel caso si

conceda un brevetto ampio al primo innovatore, quest’ultimo applicherà un

prezzo alla licenza tale da appropriarsi dei profitti anche dei successivi

inventori. Ovviamente il discorso vale se il primo inventore non è un soggetto

razionale ma opportunista. In questi casi gli inventori successivi non ha

alcun incentivo a produrre. Per esempio: se la medicina non viene

prodotta, il principio attivo preso da solo è inutile.

Vediamo un modello: abbiamo 2 invenzioni cumulative. L’invenzione 1 ha un

valore pari a v1 e può essere prodotta solo dall’impresa A ad un costo pari a

c1. L’innovazione a valle, può essere prodotta solo da B e solo se la prima

invenzione è stata prodotta. La seconda innovazione ha un valore pari a v2 e

un costo di produzione pari a c2.

Le due innovazioni sono socialmente utili se la somma del loro valore,

tolti i costi di produzione risulta maggiore di zero. In questo caso,

quindi, come deve regolarsi il brevetto.

Partiamo dalla soluzione numero 2: DUE BREVETTI RISTRETTI PER A E

B; la soluzione vale solo se v1-c1>0 e quindi la prima innovazione viene

prodotta e di seguito anche la seconda. Viceversa non sarebbero prodotte

nessuna delle due.

Vediamo la soluzione numero 1: BREVETTO AMPIO AL PRIMO

INNOVATORE. In questo caso A potrebbe appropriarsi di tutti i profitti, anche

quelli di B (problema della rapina). Inoltre se il valore sociale netto è <0, B

non riuscirebbe a produrre la sua invenzione. Problema della rapina a

parte, un brevetto ampio è una soluzione meno efficiente rispetto alla

soluzione numero 2.

La soluzione numero 3 riguardava la non rientranza delle innovazioni

cumulative, sotto la tutela intellettuale. Stiamo parlando dell’open source.

Tale disciplina ultimamente sta prendendo piede, nei settori informatici,

chimici etc. Si parla di vere e proprie comunità di soggetti. La disciplina

presenta vantaggi e svantaggi:

1. Gli innovatori possono liberamente attingere alle invenzioni esistenti,

per svilupparne di altre.

2. La perdita del reddito nel breve è controbilanciata dai vantaggi derivanti

dalla condivisione nel lungo periodo.

3. Di controparte, gli innovatori sono in diretta concorrenza senza alcun

tipo di protezione: ciò crea bassi incentivi e bassi profitti.

Ricordiamoci che se parliamo di elettronica, parliamo di brevetti, se invece

parliamo di informatica (software) parliamo di copyright. Il movimento

dell’open source ha influenzato anche l’informatica: vengono messi a

disposizione libera sia la tecnologia che i codici sorgente, a condizione

che le riproduzioni e gli adattamenti siano disponibili alle medesime

condizioni con cui è nato. Per questo abbiamo diverse licenze open

source:

1. GPL

2. LGPL

3. BSD

4. MIT

Di tutte le licenze, se ne distinguono due particolari:

1. Strong copyleft: i termini e le condizioni si estendono a tutte le opere

derivate, quindi esse dovranno essere distribuite alle medesime

condizioni. È tuttavia possibile trarre profitti dalle opere derivate.

2. Weak copyleft: i termini e le condizioni non si estendono a tutti le

opere derivate. Ciò permette che le nuove applicazioni possono essere

commercializzate con codici sorgente segreti, ma il software e i suoi

codici sorgente devono rimanere disponibili gratuitamente.

Caratteristiche della community (es. Linus):

1. Organizzazione basata su leader carismatici

2. Sostituzione dell’altruismo e della reputazione al profitto.

3. Spesso è composta da consumatori che innovano più rapidamente e

sono più attenti alla qualità del prodotto

4. Molte funzioni tecniche, tuttavia, sono meno sviluppate che in imprese

con brevetti, questo spiega il copyleft.

UNITA’ 5 – DIRITTO D’AUTORE (COPYRIGHT)

Siamo sempre nel campo della proprietà intellettuale, ma con caratteristiche

diverse rispetto ai brevetti. Esso è regolato dalla convenzione di Berna e si

riferisce sempre alle opere creative: concede all’autore un diritto esclusivo

e trasferibile sulla riproduzione, performance, adattamenti e traduzione

in lingua straniera dei suoi lavori.

A DIFFERENZA DEL BREVETTO COPRE L’ESPRESSIONE DI UN’IDEA,

NON L’IDEA STESSA.

Altra differenza con i brevetti: la durata. Dal momento della concessione

fino a 70 anni dopo la morte dell’autore con benefici verso gli eredi o verso

chi aveva acquistato il diritto d’utilizzo dell’opera.

E’ economicamente giustificata questa durata? Bisogna vedere come si

risolve il trade-off tra incentivi ed accesso. Noi sappiamo che il copyright

tutela la copia letterale, totale o parziale che sia (pirateria o plagio).

Questi due fenomeni possono essere effettuati sia su larga scala che su

piccola scala (imprese o consumatori). Quello che ci chiediamo è se tali

fenomeni minano il rispetto dell’incentivo e dell’accesso che la proprietà

intellettuale si pone.

Le riproduzioni possono essere:

1. Verticale: ogni consumatore fa una copia da un'altra copia.

Capiamo che nel caso di fotocopie analogiche la qualità diminuisce

man mano che si effettuano le copie (numero copie limitato); nel caso

di fotocopie digitali non avremo nessuna degradazione della qualità

(numero copie illimitato).

2. Orizzontale: tutte le copie sono prodotte dall’originale.

3. Mista: mescolanza tra le due precedenti.

Le informazioni, anche nell’era digitale, hanno un costo per la riproduzione.

Questi costi tuttavia sono bassi e tendenti a calare al crescere del numero di

copie (costo medio decrescente), perciò la riproduzione non è impedita.

Quindi è così vero che il copyright è un incentivo essenziale per la

produzione di un’opera da parte di un soggetto? Questo discorso ci porta ad

analizzarne un altro.

Non proteggendo l’idea stessa, ma solo la riproduzione, il copyright fornisce

un mini-monopolio sulla singola opera in quanto prodotto unico e

differenziato ma il potere di mercato è basso perché si sono molti sostituti.

Il copyright può persino raggiungere l’efficienza allocativa, quando la

riproduzione originale è meno costosa della riproduzione grazie alle

economie di scala, anche se il prezzo imposto provoca perdita secca. Quindi

dal punto di vista sociale è comunque preferibile evitare le fotocopie.

Ma la superiorità tecnologica del detentore del copyright può essere anche

artificiale, quando le opere sono prodotte in formati difficili da copiare e

crakkare. In questo caso non ha senso combattere la pirateria.

Un altro modo per difendersi dalla pirateria riguarda l’appropriazione indiretta.

Si applica quando l’inventore può appropriarsi anche del valore sociale netto

creato dalle copie, che altrimenti andrebbe perso. L’unica condizione è che

il produttore riesca a praticare una discriminazione dei prezzi. Vediamo

un esempio:

A decide di comprare il libro, perché lo vuole originale ed è disposto a pagare

20 euro. Ma per quanto riguarda B? Dobbiamo fare un ragionamento a

ritroso: il consumatore D paga a C la sua fotocopia 5 euro; C invece è

disposto a pagare 10 euro per la sua fotocopia, più 5 per la fotocopia venduta

a D, per un totale di 15 euro. B infine è disposto a pagare 20 euro per la sua

fotocopia, più 15 euro che ottiene da C, per un totale di 35 euro. Il produttore

originale otterrà 20 euro da A e 35 euro da B; quindi se è possibile praticare

una discriminazione dei prezzi potrà ricevere fino a 55 euro. Caso semplice

di appropriazione indiretta. Nel caso di una riproduzione digitale, tutte le

copie sono identiche, perciò la disponibilità a pagare del soggetto singolo

sarà sempre 20 non di più. Dall’altro lato dovrà basarsi su analisi statistiche

calcolando quante copie saranno fatte e pagate da chi acquista una copia

dell’originale, vendendole ad altri. (se effettuo la vendita a 100 persone,

ognuna disposta a pagare 20 dovrai far pagare al noleggiatore 2000).

L’unico inconveniente di questi abbonamenti è che i prezzi di abbonamenti di

riviste “top” (come l’economist per la nostra facoltà) gravano troppo sul

bilancio delle biblioteche; i prezzi alti ovviamente incoraggiano la

pirateria.

Un altro problema che riguarda il compromesso tra incentivo e accesso,

riguarda le opere derivate (film da un libro). Esse sono sempre coperte da

copyright. L’estensione alle opere derivate è un incentivo addizionale per

gli autori, ma contemporaneamente anche un limite all’accesso dato

che accresce l’ampiezza del copyright.

Oltre a limitare l’accesso, l’estensione del copyright alle opere derivate

comporta una limitazione anche alla creatività. Al trade-off tra incentivo e

accesso viene aggiunto il trade-off incentivo/creatività. Questo

suggerisce di limitare questo tipo di copertura, fissando il livello di protezione

sotto al livello massimo di profitto per l’autore, non oltre.

L’ampiezza del copyright è molto ristretta perché limitata alla copia letterale

dell’originale; la durata del copyright è giustificata come:

1. Compensazione della ristretta ampiezza.

2. Misura prudenziale dovuta al successo tardivo di alcune opere.

In realtà dietro a questa durata così ampia ci sono stati nel corso del

tempo, un forte movimento delle lobbies più potenti, soprattutto quelle

cinematografiche.

Un’altra ragione che viene invocata a favore del copyright è che questo

consente un’efficiente divisione del lavoro. Questo lo permette la na

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A.A. 2014-2015
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/07 Economia aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MonaUnipi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia dell'informazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Guidi Marco.