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A C
Quote della popolazione
L’indice di concentrazione di Gini è una misura della disuguaglianza, che corrisponde al
rapporto tra:
- area tra la diagonale e la curva di Lorenz effettiva (area tratteggiata)
- intera area al di sotto della diagonale (triangolo ABC)
2
Il valore dell’indice di Gini è compreso tra 0 (perfetta uguaglianza) e 1 (perfetta
disuguaglianza), quindi:
- livelli elevati di disuguaglianza: valori elevati dell’indice di Gini
- aumento nel livello della disuguaglianza: aumento nel valore dell’indice di Gini
L’indice di Gini può essere utilizzato nelle analisi comparate per paesi, e per descrivere
l’evoluzione della distribuzione del reddito nel tempo. Non dice tuttavia nulla sulla
distribuzione della disuguaglianza all’interno della popolazione (a parità di indice, si possono
avere diverse distribuzioni). Data l’ambiguità dell’indice sintetico, vengono di norma
utilizzati anche altri indicatori. Tra quelli più utilizzati:
90-10 wage gap: indica il differenziale salariale tra il lavoratore del 90° percentile
nella distribuzione del reddito e il lavoratore del 10° percentile (in percentuale). E’ una
misura della disuguaglianza tra i lavoratori ad alto salario e quelli a basso salario.
50-10 wage gap: indica il differenziale salariale tra il lavoratore del 50° percentile
nella distribuzione del reddito e il lavoratore del 10° percentile (in percentuale). E’ una
misura della disuguaglianza tra i lavoratori della classe ‘media’ e quelli a basso
salario.
2.2 L’evidenza empirica
L’evidenza empirica sulla distribuzione dei salari, così come quella sulla distribuzione del
reddito individuale da lavoro e quella sui redditi familiari, presenta nella generalità dei casi un
andamento asimmetrico, con una frequenza relativamente ridotta dei salari (redditi) molto
bassi, un addensamento sui salari (redditi) medio-bassi e una frequenza progressivamente
meno elevata per i salari (redditi) più elevati. Il grado di asimmetria può variare in base alla
variabile osservata (salario mensile di una persona occupata a tempo pieno, reddito
individuale da lavoro, ecc.), tra diversi gruppi di popolazione (maschi e femmine, livelli di
istruzione, età, ecc.) e nel tempo, ma si osserva sempre la consueta forma asimmetrica. Si
veda a questo proposito la Figura 11 sulla distribuzione del reddito familiare e del reddito
equivalente [fotocopia distribuita a lezione, in: Banca d’Italia 2010, p. 9].
Banca d’Italia (2012a), “Le retribuzioni …”, “La distribuzione delle retribuzioni e del reddito
familiare” (pagine estratte dalla Relazione Annuale sul 2011, pp. 103-106)
Banca d’Italia (2012b, I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 2010 (pp. 13-18, tav. C1 e tav. C6)
La tabella 1 (qui riportata a p. 4) mette a confronto i valori dell’indice di Gini per un gruppo
di paesi industrializzati, più il Messico, a metà degli anni ’90. Tra i paesi con una elevata
ineguaglianza vi sono quelli anglosassoni (UK, Irlanda, USA, Australia), tra quelli con bassa
disuguaglianza vi sono i paesi del Nord Europa (Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svezia).
L’Italia (insieme alla Grecia) registra una elevata ineguaglianza (tra le più elevate in
assoluto).
Per lo stesso gruppo di paesi (per cui sono disponibili i dati) la tabella 2 riporta alcune
informazioni utili per capire meglio le differenze tra i paesi nella forma della distribuzione del
reddito (tra le famiglie). In particolare riporta la quota di reddito percepita dal decile più basso
della popolazione (le famiglie più povere) e la quota percepita dal decile più alto (le famiglie
più ricche). In Italia il 10% della popolazione con i redditi più bassi percepisce solo l’1,9%
del reddito totale, mentre il 10% della popolazione con i redditi più elevati percepisce il
27,4%. 3
Esistono quindi differenze significative nella forma della distribuzione dei redditi, molto più
disuguale in alcuni paesi rispetto ad altri. Tab. 2 – Le differenze tra i paesi nella
Tab. 1 – L’indice di Gini in un gruppo di
paesi Ocse, metà anni ‘90 distribuzione del reddito, 2000 (circa)
Bottom Top
Paese 10% 10%
Paese Coeff.
Australia 0.305 Australia 2.0 25.4
Austria 0.238 Austria 2.3 22.4
Belgio 0.272 Belgio 2.9 22.6
Canada 0.285 Canada 2.7 23.9
Danimarca 0.217 Danimarca : :
Finlandia 0.228 Finlandia : :
Francia 0.278 Francia 2.0 25.1
Germania 0.282 Germania 3.7 28.0
Giappone 0.265 Giappone : :
Grecia 0.336 Grecia : :
Irlanda 0.324 Irlanda : :
Italia 0.345 Italia 1.9 27.4
Norvegia 0.256 Norvegia 4.1 21.8
Olanda 0.255 Olanda : :
Svezia 0.230 Svezia 3.4 20.1
Svizzera 0.269 Svizzera : :
UK 0.312 UK 2.1 27.5
USA 0.344 USA 1.8 30.5
Messico 0.526 Messico 1.2 41.6
Fonte: OECD (1998), in Smith (2003, p. 82) Fonte: World Bank, World Development Indicators,
CD-ROM (2002), in Borjas (2007, p. 295)
L’evidenza empirica sull’andamento della disuguaglianza nella distribuzione del reddito nel
tempo mostra un tendenziale e significativo aumento dell’ineguaglianza salariale sia negli
USA sia in UK. A questo proposito vale la pena riportare le conclusioni riportate in due
recenti manuali di economia del lavoro. Questa è la sintesi di Borgias (americano):
“
The evidence summarized in this section leads to an unambiguous and striking conclusion. Between
1963 and 2003, the US labor market witnessed a sizeable increase in wage inequality both across and
within skill groups. This fact ranks among the most important economic event of the last half of the
twentieth century, and its social, economic and political consequences are sure to be felt for many
” (Borjas, 2007, p. 302)
decades
Questa è la sintesi di Smith (inglese):
“In a wider comparative study of income inequality in 21 OECD countries Forster (2000) finds no
general long-term trend in the distribution of disposable household income since the mid-1990s.
However, amongst his sample of countries the UK records the faster rate of growth in inequality of
more than 12 per cent from the mid-1970s to the mid-1990s.
From the mid-1980s to the mid-1990s there were significant increases in the Gini coefficient for 9
countries, Belgium, Finland, Italy, Japan, Netherland, Norway, Sweden, Turkey and the UK. There
were no unambiguous decrease in inequality in any of the countries. Generally it has been the
increased inequality in gross earnings that has been behind greater inequality. This appears to be
. Smith (2003, p. 81-83)
both increased wage inequality and employment polarisation”
L’espressione “employment polarisation” fa riferimento al contemporaneo aumento della
quota di famiglie senza occupazione (nessuna persona in età di lavoro risulta occupata) e della
quota di famiglie a piena occupazione (con due o più occupati).
4
3.3 Domande
i) cosa determina l’entità dei differenziali retributivi tra i lavoratori (per livello di istruzione,
per durata dell’esperienza sul lavoro, in base alle differenze individuali delle abilità innate)?
ii) i differenziali salariali in che misura riflettono le diverse caratteristiche dei lavori (livelli
di rischio associato alla probabilità di perdere il lavoro, disagio associato alle condizioni
lavorative, rischio di malattie, ecc.)?
iii) come possono essere spiegati i cambiamenti che si registrano nel tempo nel livello di
ineguaglianza salariale (e quindi l’ineguaglianza nella distribuzione del reddito da lavoro)? E
le differenze tra i paesi?
3. Lavoratori eterogenei, lavori con diversi livelli di rischio e differenziali salariali
3.1 Lavori eterogenei e i differenziali compensativi
Consideriamo, per semplicità, lavoratori omogenei (con le stesse caratteristiche individuali,
quindi la stessa capacità lavorativa) e lavori eterogenei in termini di caratteristiche delle
condizioni di lavoro. Tra queste caratteristiche possono avere un peso significativo:
- la distanza dal luogo di residenza (o più in generale del luogo dove si svolge la vita
sociale)
- il rischio associato alla possibilità di rimanere senza lavoro (lavori stagionali,
occasionali, ecc.)
- altri rischi associati alle condizioni di salute (grado di pericolosità di un lavoro,
probabilità di ammalarsi)
- condizioni di lavoro poco piacevoli
La teoria economica prevede l’esistenza di differenze nelle retribuzioni dovute a differenze
nella natura del lavoro. Lavori con le stesse caratteristiche avranno lo stesso salario, ma ci si
deve aspettare che lavori con caratteristiche diverse abbiano livelli salariali diversi che
tengono conto di queste caratteristiche.
Tali differenze sono note in letteratura come differenziali compensativi. Questo concetto
incorpora l’idea che la valutazione da parte del singolo lavoratore degli aspetti non monetari
del lavoro è incorporata nella sua funzione di offerta. L’aggregazione delle curve di offerta
individuali determina la funzione di offerta di lavoro nel mercato, ma per lavori con
caratteristiche diverse si avranno diverse curve di offerta aggregate. La figura 2 illustra l’idea
dei differenziali compensativi considerando il caso di due curve di offerta aggregate per due
lavori simili, ma che differiscono tra loro per il grado di rischio associato (basso rischio e alto
rischio).
Nel settore (inteso come settore produttivo oppure tipo di occupazione) con lavori a basso
rischio il gioco concorrenziale della domanda e dell’offerta di lavoro determina il salario di
equilibrio (W/P) . Questo livello salariale non può tuttavia essere quello prevalente su tutti i
0
mercati (tutti i settori, tutti le occupazioni). Se così fosse, infatti, nessuno lavorerebbe nel
settore (o occupazione) ad alto rischio. Su questo mercato il salario di equilibrio che si verrà a
determinare è necessariamente più elevato, pari a (W/P) .
1
Conclusione: la teoria economica assume che ci saranno tanti mercati del lavoro, uno per
ciascun tipo di lavoro; su ciascun mercato l’interazione tra Ld e Ls determina il salario di
equilibrio. La differenza nei livelli retributivi è spiegata, date le diverse condizioni non
monetarie dei lavori, dalle diversa disponibilità dei lavoratori a svolgere questi lavori
(valutazione economica degli aspetti non monetari).
5
Figura 2 - Il differenziale compensativo tra lavori con
caratteristiche diverse
A – Lavoro a basso rischio B – Lavoro ad alto rischio Ls
Ls (W/P)
1
(W/P)
0 Ld Ld
E E
0 1
Osservazione critica: quanto previsto dalla teoria economica non trova sempre conferma nel
funzionamento del mercato del lavoro nel mondo reale (v. teoria della segmentazione