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Aziende Aziende familiari di Aziende di Aziende composte Aziende non profit
consumo e di produzione pubbliche
gestione
patrimoniale
Finalità dominanti Sociali, etiche e Economiche Sociali e morali Sociali, morali,
religiose culturali
Fine economico Appagamento dei Produzione di Produzione e Appagamento dei
immediato bisogni dei membri rimunerazioni consumo di beni bisogni di
della famiglia monetarie e di altra pubblici e associati, fruitori
natura rimunerazione del escludibili,
lavoro collettività in
generale
Portatori degli Tutti i componenti I prestatori di Tutti i componenti Varie combinazioni
interessi della famiglia lavoro e i dell’entità politica di associati,
economici conferenti capitale donatori, Stato,
istituzionali di rischio prestatori di lavoro
Principali Altre famiglie Fornitori, clienti, Fornitori, Fornitori conferenti
portatori di legate da conferenti capitale conferenti capitale capitale di prestito,
interessi parentela, di prestito, altri
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economici non prestatori di lavori di prestito istituti pubblici Stato, terzi
istituzionali domestici
Processi Consumi, gestione Negoziazioni di Produzione e Produzione di beni
economici patrimoniale, beni, consumo di beni
caratteristici lavoro, studio trasformazioni pubblici, raccolta di
tecniche, tributi
negoziazioni di
credito e di rischi
L’assetto proprietario delle imprese
L’assetto proprietario delle imprese, ovvero la distribuzione dei diritti di proprietà, comprendenti
il diritto di governo e il diritto al risultato residuale, può essere ad assetto capitalistico, non-
capitalistico, misto e a diritti proprietari limitati. Nelle imprese ad assetto proprietario
capitalistico i diritti di proprietà fanno capo all’insieme dei conferenti capitale di rischio. In base al
grado di concentrazione del capitale di rischio, è possibile distinguere imprese con un solo
proprietario, spesso l’imprenditore fondatore che esercita personalmente le funzioni di governo e
di direzione dell’impresa, società per azioni quotate in borsa, con numerosissimi azionisti minori
e un azionista di controllo, che possiede una quota d’azioni sufficiente per nominare la
maggioranza o la totalità dei membri del consiglio di amministrazione (in questo caso, i diritti di
proprietà fanno capo a tutti gli azionisti, ma il soggetto economico improprio che di fatto li esercita
con più immediatezza è colui che possiede il 50% più una delle azioni partecipanti all’assemblea
degli azionisti), società quotata in borsa senza azionista di controllo o public company,
tipicamente anglosassone. Con riguardo alla natura pubblica o privata dei conferenti di capitale di
rischio, va considerato che lo Stato può essere conferente di capitale di rischio in imprese di
grandi dimensioni inserite in settori con rilevanza strategica per il Paese. I diritti di proprietà non
sono sempre distribuiti in maniera uniforme, ma alcuni azionisti possono godere azioni privilegiate
rispetto agli altri in occasioni particolari.
Le imprese ad assetto proprietario non capitalistico prevedono che l’assegnazione dei diritti di
proprietà sia effettuata ad altre categorie di soggetti, come prestatori di lavoro, clienti, fornitori di
merci e servizi (cooperative di lavoro, di consumo, consorzi d’acquisto, compagnie di mutua
assicurazione). In questi casi, esistono dei limiti sull’appropriamento dei risultati reddituali. Qualora
i diritti proprietari siano conferiti anche a conferenti capitale di rischio, si avrà un assetto
proprietario misto. Le imprese a diritti proprietari limitati sono imprese in cui i diritti di governo sono
in misura rilevante esercitati da soggetti esterni all’impresa, come gruppi di imprese o imprese
operanti in contesti fortemente regolamentati dallo Stato.
Secondo la teoria di Henry Hansmann, i diritti di proprietà all’interno delle imprese e degli istituti
non-profit vanno assegnati puntando alla minimizzazione di costi di transazione, quali quelli di
market-contracting, sostenuti dai portatori d’interesse nei confronti dell’impresa nell’attivare e nel
gestire relazioni con essa, e quelli di ownership, sostenuti dai proprietari per monitorare l’attività,
prendere decisioni e assumersi il rischio.
La break even analysis
La break even analysis è utilizzata nell’ambito dell’analisi costi-volumi-risultati e consente il
calcolo del punto di pareggio (break even point). Il break even point è l’ammontare di vendite
che consente di coprire tutti i costi aziendali. Il punto di pareggio può essere inteso in volumi,
come numero di pezzi da produrre e da vendere, o in fatturato, come fatturato da conseguire per
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andare in pareggio. Il punto di pareggio operativo consente di coprire i costi della gestione
caratteristica, mentre quello complessivo consente di coprire anche i costi fiscali e finanziari.
R = CT
R = CF + CV
CV = CVu x QP
R = Ru X QP
QP(Ru – CVu) = CF
QP = CF/Ru – CVu
MDCu = Ru – CVu
Il margine di contribuzione unitario è il contributo di vendita di ogni unità di bene prodotta e
venduta alla copertura dei costi fissi della gestione caratteristica e alla formazione del reddito
operativo, che consente a sua volta di coprire i costi finanziari e fiscali e di formare l’utile netto.
I limiti della break even analysis consistono nel non tener conto delle economie di scala, ovvero
le riduzioni del costo unitario all’incremento dei volumi e della capacità produttiva, nel partire dal
presupposto che la quantità prodotta sia uguale a quella venduta, non considerando il valore di
eventuali riserve di magazzino, nel condurre un’analisi semplicistica applicabile solo ad aziende
monoprodotto e nel non considerare eventuali sconti sui ricavi.
L’espansione internazionale
Secondo la definizione di Pellicelli, un’impresa multinazionale è un’impresa che svolge gran
parte della sua attività all’estero mediante unità che controlla direttamente e che guida
seguendo un strategia che considera più nazioni come facenti parte di un unico grande
mercato. L’espansione internazionale è avvenuta attraverso quattro fasi storico-culturali: l’impresa
multinazionale, risalente alla seconda guerra mondiale, è il primo stadio. Era organizzata
secondo una federazione decentralizzata, in cui le succursali estere (portafoglio di imprese)
godevano di autonomia manageriale e dovevano tener presente solo il mercato locale; nel
secondo dopoguerra si sviluppa l’impresa internazionale, organizzata secondo una federazione
coordinata, in cui le succursali estere avevano il compito di distribuire sui mercati esteri i prodotti
della casa madre, la quale assumeva una mentalità di stampo quasi coloniale. La fase successiva
fu quella delle imprese globali, imprese a fulcro centralizzato fondate sull’idea di un unico mercato
globale che non teneva più in considerazione le esigenze del singolo mercato locale. Le singole
unità avevano la sola funzione di coprire i mercati esteri con operazioni di vendita e di assistenza.
La più recente impresa transnazionale nasce dall’idea di coniugare il vantaggio dell’attenzione
alle singole realtà locali con una visione globale del mercato, creando una rete integrata che
centralizzi solo determinate competenze strategiche, collocando le altre in paesi differenti secondo
convenienza.
La gestione finanziaria
La gestione finanziaria di un’impresa consiste nelle attività di copertura del fabbisogno
finanziario netto di tutte le gestioni, ovvero i mezzi monetari necessari per avviare l’impresa
e sostenerne lo sviluppo, derivanti dalla capacità produttiva, dalla lunghezza dei cicli produttivi,
dai termini di pagamento dei fornitori e da quelli concessi ai clienti. Tale fabbisogno può essere
coperto ricorrendo al capitale proprio o, qualora questo non fosse sufficiente, al capitale di
prestito di banche e finanziatori.
La gestione finanziaria si compone delle seguenti attività: previsione e analisi del
4 fabbisogno finanziario, scelta della combinazione ottimale tra ricorso al capitale proprio
e al capitale di prestito, pianificazione e attuazione delle negoziazioni, gestione dei
contratti.
Le due principali classi di negoziazioni che caratterizzano la gestione finanziaria sono:
• Le negoziazioni di capitale proprio: consistono nell’acquisire la disponibilità di mezzi
monetari a titolo di capitale proprio, forniti da soggetti che li conferiscono in cambio di
una rimunerazione correlata ai risultati reddituali dell’impresa. Il rimborso avviene di
regola alla cessazione della vita dell’impresa, generando a seconda dei casi un
guadagno o una perdita in conto capitale. Il conferimento di capitale proprio dà diritto
al voto in assemblea, alla quale sono riservate le decisioni essenziali per la vita
dell’impresa. Oggetto di queste negoziazioni sono le modalità di rimunerazione
periodica, di partecipazione al governo economico e di trasferimento delle quote.
• Le negoziazioni di capitale di prestito: disponibilità di una certa quantità di mezzi
monetari per un certo periodo di tempo. Il soggetto si impegna a rimborsare l’importo
entro certi tempi (godimento) e si impegna a pagare degli interessi passivi,
proporzionali alla entità, alla durata e al livello di rischio della negoziazione. Il tasso di
interesse può essere fisso o variabile, collegato ad esempio al tasso d’inflazione. Il
prestito può avvenire tramite aziende di credito, altre imprese, famiglie, conferenti
capitale di rischio, mutui bancari, emissioni obbligazionarie o scoperti di conto corrente.
La struttura organizzativa di base
La struttura organizzativa di base di un’impresa rientra nella programmazione del suo assetto
organizzativo e consiste nel disegno secondo cui, in genere a seconda delle dimensioni e delle
combinazioni economiche generali dell’azienda, le attività dell’azienda sono organizzate in
modo integrato. Si tratta dunque della configurazione unitaria degli organi aziendali,
gerarchicamente organizzati, e dell’insieme di compiti e responsabilità ad essi associati. La
definizione di tale struttura consiste nell’individuazione delle combinazioni economiche,
nell’assegnazione di compiti ad un determinato numero di persone, nella suddivisione
dell’azienda in unità organizzative (reparti, uffici, divisioni), nella formazione di legami
gerarchici tra tali unità e nella produzione di output formali, quali organigrammi e
mansionari. Le principali tipologie sono la struttura elementare, funzionale, divisionale e
matriciale. La struttura funzionale, tipica delle aziende medio-grandi e con una gamma di
prodotti ridotta, pr