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C è controllata dalla holding B, la quale a sua volta è controllata dalla holding
A, la quale infine è sotto il controllo di un dato gruppo di azionisti (azionisti di
controllo). Nonostante gli azionisti di controllo non posseggano neppure
un’azione di X, attraverso questo sistema di partecipazioni, possono controllare
a cascata le assemblee di tutte le società sottostanti, compresa X. Il vantaggio
della piramide è che essa permette di esercitare il controllo assoluto di fatto
con un investimento proporzionalmente modesto. In ciascuna delle holding una
parte del capitale è fornita da
azionisti di minoranza. Se si rapporta l’investimento degli azionisti di controllo
della holding A con il capitale sociale di X si ottiene il rapporto di possesso
integrato, che misura la percentuale di X detenuta indirettamente dagli
azionisti di controllo, e quindi il reale impegno finanziari di questi ultimi. Il
possesso integrato è pari al prodotto delle percentuali di controllo ai vari livelli
della piramide.
La leva azionaria, invece, è data dal rapporto tra la quota detenuta di X e il
possesso integrato e misura quante volte di moltiplica il possesso integrato
grazie alla catena di controllo (la leva cresce se la catena si allunga o se a
qualche livello il controllo è detenuto con percentuali inferiori al 51%). Le
piramidi sono diffuse in Italia per la scarsa liquidità dei mercati, e hanno il
difetto di determinare una divaricazione fra il controllo e i flussi di cassa che ne
derivano.
Questa situazione è pericolosa perché tali azionisti avranno un modesto
incentivo a impegnarsi perché la performance delle società operative siano
buone, mentre sarà forte l’incentivo a usare il controllo per fini alternativi, o
comunque per spostare la ricchezza a livelli superiori della catena. Le società
sotto il controllo di piramidi vengono scambiate in Borsa a prezzi più bassi
rispetto a quelli di altre società perché:
• eventuali takeover sono realizzati non sulla società operativa ma su una
holding in alto nella catena
• le holding possono non essere quotate e sottrarsi agli obblighi informativi
propri del mercato.
Un ultimo effetto della concentrazione proprietaria è che essa tende a produrre
una scarsa liquidità dei titoli, in quanto i controllanti hanno interesse a
contenere le dimensioni del flottante, così da limitare rastrellamenti di azioni
da parte di investitori ostili.
L’incentivazione manageriale e le stock options
L’incentivazione manageriale mira a intervenire sulla struttura degli incentivi
del management, per fare in modo che i suoi interessi vengano ad essere
allineati a quelli degli azionisti. Si può tentare di conseguire questo scopo con
programmi di incentivazione in cui la remunerazione del management, invece
di essere fissa, varia con le performance dell’impresa (pay-per-performance).
Le applicazioni principali di questo principio sono:
• programmi di bonus: la remunerazione dei manager si compone di una
parte certa e di una incerta, che varia con il raggiungimento di un certo
obiettivo di performance. Un’alternativa sono le forme di profit sharing, in
cui il management riceve una percentuale fissa dell’utile netto o di
un’altra grandezza espressiva del profitto goduto dagli azionisti.
[remunerazione = quota fissa + bonus legato ai risultati]
• incentivi azionari: comportano l’assegnazione diretta al management di
azioni sociali o di altri titoli con un rendimento legato ai prezzi di Borsa
della società.
Da una parte essi creano un incentivo per il management a perseguire gli
interessi degli azionisti, ma dall’altra non è detto che bastino a compensare gli
incentivi già esistenti ad agire in modo opposto. Questa difficoltà non può
essere risolta aumentando i bonus o la partecipazione azionaria, perciò per
quanto il pay-per-performance possa avere un positivo significato simbolico e
contribuire a stimolare nei manager una maggiore cura ai risultati, esso non
risolve che in parte il problema dell’agenzia [se compra 100. 000 euro di
macchina di lusso e ne paga solo 10. 000, ovvero ome un’utilitaria, fa cmq
l’acquisto].
Le stock options sono una particolare forma di incentivazione azionaria che
apparentemente permette di dare al management incentivi molto potenti
senza intaccare la remunerazione degli azionisti. Esse sono opzioni che una
società concede e che danno il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare azioni
della società stessa a un dato prezzo, detto prezzo d’esercizio (strike price).
Normalmente le stock options sono assegnate gratis e at the money, ossia con
un prezzo di esercizio pari al prezzo di Borsa delle azioni il giorno
dell’emissione. La caratteristica delle stock options è che se il prezzo delle
azioni sale il titolare ottiene un profitto. Non appena il prezzo di Borsa supera lo
strike price, il titolare ottiene un provento pari alla variazione del prezzo di
Borsa dello stesso. Queste comportano due differenze:
• le stock options non provocano mai perdite.
• le stock options possono essere assegnate in quantità pressoché
illimitata, in quanto non comportano alcuna uscita di cassa per l’impresa.
Questo sembra quindi un sistema di remunerazione gratuito, in quanto il
manager ottiene proventi con operazioni di Borsa che non hanno alcun impatto
sui conti della società, in realtà, le stock options, incidono sulla ricchezza degli
azionisti, in quanto, quando il manager vende in Borsa, crea un eccesso di
offerta che fa scendere il prezzo delle azioni e il valore delle partecipazioni degli
azionisti (costo di diluizione). Affinché i sistemi i incentivazione risultino efficaci,
occorre che la struttura e le modalità di questi sistemi siano decisi al di fuori
dell’influenza diretta dei manager che ne devono beneficiare, ma da appositi
comitati formati da membri del CdA (compensation committee) e, inoltre, che i
sistemi contabili e l’informativa societaria siano retti da regole oggettive, e ci
siano terze parti incaricati a verificare l’operato dell’impresa.
Il controllo interno
Le attività di controllo interno hanno lo scopo di assicurare che le operazioni
aziendali avvengano nel rispetto delle norme e dei principi di buona gestione,
con riguardo non solo alle azioni del management, ma a quelle di ogni
dipendente. Queste devono evitare che i comportamenti illeciti o imprudenti
causino danni ingiusti ed evitabili al patrimonio di impresa, agli azionisti e agli
stakeholder. Si divide in tre parti:
• controllo di legittimità (o di compliance): serve a verificare in modo
costante che le attività d’impresa siano conformi alle norme di legge.
• controllo procedurale: serve a verificare che siano rispettate le procedure
specifiche che l’impresa stabilisce.
• controllo contabile: serve a verificare che conti e bilanci siano veritieri.
In tutte le imprese vi è una funzione di internal audit, mentre per le società
quotate questo deve essere svolto da società di revisione che al termine del
processo produce la relazione di certificazione che convalida la conformità del
bilancio dell’impresa. Il consiglio di amministrazione, nella sua funzione formale
di garantire che la gestione aziendale avvenga nel rispetto degli interessi degli
azionisti, è un organo di controllo interno; tale compito ricade sugli
amministratori, soprattutto quelli indipendenti. In Italia esiste il Collegio
Sindacale, un organo che assorbe il ruolo di sorveglianza del CdA, oltre a
svolgere funzioni di supplenza degli amministratori, nel caso in cui manchino ai
loro doveri legali. Le società quotate hanno adottato tra i sistemi di controllo
interno il Codice di Autodisciplina delle Società Quotate (Codice Preda) che
stabilisce che l’istituzione di un sistema che comprenda:
• un preposto al controllo interno: risponde solo al consiglio e può
coincidere con il responsabile della funzione di internal audit
• un comitato per il controllo interno: consiglieri non esecutivi o
indipendenti che controllano l’operato della società di revisione e del
controllo interno.
I sistemi di controllo interno sono molto vulnerabili: è dubbio che gli
amministratori indipendenti abbiano potere e autonomia per adempire al loro
ruolo, l’internal audit può subire l’influenza del management in quanto è
realizzato da dirigenti e dipendenti, infine le società di revisione possono
rivelarsi carenti sul piano etico e professionale. Le società di revisione sono
diventate uno dei tanti servizi offerti alle imprese, volti ad aiutarle a trovare
forme di contabilizzazione che rispettino la legge sul piano formale, ad eludere
l’imposizione fiscale, ad aggiustare la struttura finanziaria e ad abbellire i
risultati aziendali (contabilità creativa). Ciò è dovuto al fatto che:
• le società di revisione sono pagate dall’impresa e desiderano che
l’incarico sia rinnovato
• possono fornire anche servizi di consulenza.
Tali problemi richiedono un intervento a livello di regolamentazione pubblica
(obbligo di rotazione).
Capitolo 13
Anche in società con una proprietà frammentata e investitori istituzionali
passivi, il potere discrezionale del management trova un limite nel mercato
del controllo, ovvero nelle operazioni con cui è scambiata la proprietà delle
società, in forma amichevole o ostile. Il rischio di un takeover ostile potrebbe
essere sufficiente per spingere il management a perseguire l’interesse degli
azionisti, questo dovrebbe sentirsi impegnato all’efficienza, per soddisfare le
attese dei mercati e allontanare il rischio di un cambio di proprietà (azionisti
possono manifestare il loro giudizio negativo sul management vendendo le loro
quote). Un basso numero di takeover ostili potrebbe essere dovuto ad una
scarsa efficienza del mercato del controllo, ossia all’esistenza di barriere
strutturali alla realizzazione di acquisizioni totali. Alcune di queste barriere
sono:
• resistenza della target
• costo dell’operazione: il premo per l’acquisizione
• limiti finanziari: non prestano abbastanza credito
• ostacoli politici: per esempio dall’estero
Solo una parte delle società con cattive performance vengono, quindi,
acquistate effettivamente, ed in assenza di atri meccanismi di governance, il
mercato del controllo può essere insufficiente a disciplinare la discrezionalità
manag