Riassunto esame Economia Aziendale, prof. Bianchi, libro consigliato Corso di economia aziendale, Airoldi, Brunetti, Coda
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istituzionali sono gli associati, i donatori, lo Stato ed i lavoratori, mentre i portatori degli interessi economici non istituzionali sono i
fornitori, i conferenti di capitale di prestito, i clienti e lo Stato. Gran parte dell’attività di produzione non si svolge all’interno delle
famiglie, poiché non sarebbe conveniente se non impossibile quando si vogliano adottare tecnologie progredite. Le persone
specializzate sono più efficienti rispetto ad unità meno specializzate e la produzione ottenibile da unità produttive specializzate sono
superiori a quelli ottenibili da una famiglia. Per questo è conveniente produrre grandi volumi di uno stesso bene da cedere, piuttosto
che produrre piccoli volumi di beni destinati all’autoconsumo familiare. Esse possono operare come entità autonome scambiandosi gli
input e output del mercato, ma ciò comporta Costi di Transazione, ossia costi di negoziazione particolarmente elevati quando la
razionalità limitata delle persone deve confrontarsi con molta incertezza e complessità e quando comportamenti opportunistici rendono
difficile la ricerca di partner per realizzare scambi, conviene quindi aggregarsi in un’unica autorità in cui i costi d’integrazione sono più
bassi rispetto a quelli del mercato. Oltre all’istituto della famiglia, il formarsi d’imprese, Stato ed istituti no profit, deriva dall’opportunità
di sfruttare l’efficienza delle imprese che operano nei mercati stimolati dalla concorrenza, dalle competenze, dalle capacità
imprenditoriali finalizzate a massimizzare il benessere individuale, dalla necessità d’interventi statali quando l’azione privata
provocherebbe inefficienza o iniquità. All’interno di ogni istituto possono venirsi a creare delle realtà e situazioni molto diverse dovute al
dinamismo ambientale, del mercato e all’innovazione. I tipi di sistema economico sono: Il Modello dell’Autoconsumo formato da
famiglie che svolgono tutte le attività di produzione e consumo. In questo sistema non vi sono forme di specializzazione economica ma
è presente una ripartizione di compiti; Nel Modello Atomistico di Mercato esistono persone che svolgono in autonomia la propria attività
lavorativa specializzata senza raggrupparsi in imprese e le loro attività sono coordinate da meccanismi di mercato; Nel Modello della
Gerarchia Totale l’organizzazione statale pianifica l’intera attività economica; Nel Modello della Pluralità di istituti specializzati il sistema
economico e sociale è costituito da numerosi istituti. Una delle caratteristiche più importanti dei sistemi economici è la specializzazione
che comporta vantaggi, poiché le attività si svolgono rapidamente, efficacemente, con meno fatica e si hanno risultati di migliore
qualità. Tali vantaggi sono detti Economie di Specializzazione, determinate da: l’impiego ottimale delle competenze individuali limitate
e disomogenee, differenziazione degli orientamenti manageriali e tecnici, riduzione dei costi di apprestamento e di passaggio tra le
fasi, migliori performance degli impianti specializzati ed identificazione e motivazione al lavoro. Una forte specializzazione può
demotivare una mansione e può produrre svantaggi come: alti costi di coordinamento che aumentano quanto sono maggiori i rapporti
fra i soggetti che svolgono l’attività economica, i costi di rigidità e gli investimenti specifici, che frenano la flessibilità ed il cambiamento,
e la demotivazione che porta ad attribuire alle persone compiti isolati, semplici e ripetitivi che frenano i bisogni della socialità, stima e
realizzazione. La specializzazione cresce all’estendersi dei mercati, in modo tale che le imprese possono ingrandirsi e specializzarsi,
maggiori sono le dimensioni del mercato e maggiori sono gli incentivi per gli investimenti di ricerca e sviluppo.
Capitolo 4 – GLI ASSETTI ISTITUZIONALI
L’istituto è un insieme soggetti che offrono contributi, ricevono ricompense o traggono benefici. Per l’istituto è essenziale un governo
unitario poiché si muove in contesti dinamici, i contributi di tutti i soggetti devono essere combinati ed organizzati in modo che assicuri
il perseguimento del bene comune, ed un solo organo ha la responsabilità delle ultime decisioni, ossia l’Unità del comando. Per
realizzare un governo d’istituto efficace occorre delineare il Soggetto d’istituto, di soggetti ossia il soggetto al quale assegnare il diritto-
dovere di governare, ed il Fine d’Istituto, ossia esplicitare a quali finalità ed obiettivi debba ispirarsi l’azione del soggetto d’istituto ed
infine configurare la Struttura di Governo. L’assetto istituzionale consiste nell’individuazione dei portatori d’interesse nei confronti
dell’istituto, dei contributi che forniscono, dei benefici che ottengono, del soggetto d’istituto, dei fini istituzionali e delle strutture di
governo che combinano diversi fattori in un equilibrio dinamico e duraturo, in questo caso tendono a rimanere stabili sia il soggetto
d’istituto sia la struttura di governo, invece si modificano quando lo sviluppo dell’istituto richiede diversi portatori d’interessi, contributi e
ricompense. Attorno a ciascun istituto si originano interessi e rapporti di forza contrattuale di varia natura, che dipendono dalla
concentrazione della domanda e dell’offerta, dagli investimenti specifici e dall’asimmetria informativa fra le parti. Le principali classi di
soggetti che offrono contributi alle imprese e ne ottengono ricompense sono: i Prestatori di Lavoro che conferiscono il loro lavoro in
cambio di una remunerazione, condizioni di lavoro positive e stabilità del rapporto lavorativo, mentre l’azienda attende da essi: lealtà,
obbedienza, impegno, disponibilità al cambiamento e socializzazione tra i prestatori di lavoro. I conferenti di capitale di rischio
conferiscono mezzi monetari, sono soggetti al rischio d’impresa e si aspettano una remunerazione composta dalla liquidazione degli
utili ed un guadagno in conto capitale. L’attesa dell’impresa è di poter far conto su soggetti disposti ad investire capitale di rischio e che
gli eventuali azionisti non compromettano l’autonomia e la sopravvivenza dell’impresa. I fornitori apportano all’impresa varie condizioni
di produzione, le loro attese sono: standard di qualità chiari, rapporto stabile, condizioni economiche remunerative, idee e proposte utili
per lo sviluppo delle competenze tecniche e commerciali; mentre le attese dell’impresa sono: qualità costante, prezzi contenuti, tempi
di pagamento adeguati, consegne tempestive e garanzie. I conferenti di capitale di prestito apportano mezzi monetari messi all’impresa
per un dato periodo a fronte del rimborso del capitale ed il pagamento degli interessi. Sono interessati alla trasparenza dell’impresa
finanziata, alla solidità e redditività, al rimborso puntuale del capitale e degli interessi. Le attese dell’impresa sono: condizioni generali
favorevoli, varietà e flessibilità delle modalità del finanziamento, supporto tecnico per la scelta delle forme di finanziamento ed una
relazione duratura. I clienti acquistano i prodotti e gestiscono il loro rapporto secondo varie condizioni di scambio e richiedono
all’impresa standard di qualità chiari, prezzi adeguati, garanzie ed innovazione. Le imprese perseguono una stabile relazione e
cooperazione nello sviluppo del know-how tecnico e commerciale. Infine gli alleati istituzionali sono le imprese partner, come i
consorzi, le joint ventures e le reti di franchising. Essi hanno il compito di tutelare il marchio e l’immagine di un’impresa e si aspettano
quote associative, stabilità e cooperazione, mentre le attese delle imprese nei loro confronti sono: sviluppo di una politica comune ed
una collaborazione proficua. I concorrenti giocano un ruolo importante nel mondo economico, poiché stimolano la competizione.
Ciascun’impresa dovrebbe gestire attentamente le relazioni con le altre imprese, adottando una competizione leale, che si rispetti la
normativa, per creare anche a delle alleanze. Lo Stato è legato alle imprese da rapporti che originano contributi, ricompense e attese.
Esso è produttore ed erogatore di beni pubblici e si aspetta che le imprese non adottino pratiche di evasione ed elusione fiscale,
mentre le imprese si attendono beni pubblici di alta qualità, apparati statali efficienti, imposizione non elevata ed equità del sistema
fiscale. Le collettività locali istaurano particolari relazioni con le imprese che s’impegnano a fornire lavoro agli abitanti di una certa area
geografica. Si aspettano generali condizioni di benessere; invece l’impresa si aspetta di ricevere impegno e fedeltà da parte dei propri
lavoratori e contesti sociali e politici favorevoli. L’operatore famiglia occupa un ruolo primario nel sistema economico, in quanto la
produzione, il consumo, il risparmio e gli investimenti dipendono dalle scelte e dall’attività economica dei suoi membri. I soggetti che
offrono contributi alle famiglie e che ne ottengono ricompensa sono: i membri, i prestatori di lavoro presso la famiglia, i fornitori, lo
Stato, gli istituti presso cui i membri prestano lavoro, le altre famiglie legate da rapporti di parentela e gli istituti cui la famiglia ha
prestato capitale di rischio. I soggetti che offrono contributi e ottengono ricompense dello Stato sono: le famiglie, imprese, istituti no
profit, i conferenti di capitale di prestito, i fornitori di beni privati, le imprese pubbliche, i prestatori di lavoro, le amministrazioni pubbliche
locali e gli altri Stati. Gli interessi convergenti negli istituti no profit fanno capo ai soci, ai finanziatori, collettività locali, Stato, conferenti
di capitale di prestito, fornitori di beni privati, prestatori di lavoro e agli altri istituti no profit. Per una vita economica duratura di un
istituto è necessario istituire relazioni di cooperazione affinché i contributi dei soggetti si rendano disponibili. In un’impresa ideale dove
fra tutti i soggetti s’instaurano relazioni trasparenti, di fiducia e cooperazione si avrebbero dei vantaggi d’integrazione comune: minori
costi di transazione e di coordinamento, maggior valore degli input, maggiore soddisfacimento dei bisogni di socialità, estesi ed
efficienti processi di apprendimento collettivo. Per realizzare un buon livello d’integrazione occorre superare vari ostacoli che derivano
da: obiettivi differenti, competizione per la remunerazione date le risorse limitate, informazione incompleta e futuro incerto. Nei risultati
ottenuti attraverso un lavoro congiunto, è difficile definire il contributo del singolo e decidere a chi attribuire i risultati residuali. Per
realizzare l’integrazione si agisce su leve come: la definizione degli organismi massimi di governo e dei soggetti cui attribuire i risultati
reddituali, un’attenta progettazione dell’assetto organizzativo ed adottare meccanismi d’integrazione con soggetti esterni. La
partecipazione di tutti i portatori d’interessi al governo d’istituto, determinerebbe delle situazioni negative, come: elevati costi di governo
e complessità organizzativa, qualità e tempi delle decisioni inadeguati alla vita dell’istituto e mancato riconoscimento della criticità di
alcuni contributi. La nomina del Soggetto d’Istituto è importante per massimizzare la possibilità che l’istituto perduri nel tempo ed in
autonomia. Ad esso è affidato il diritto-dovere di governare, di godere dei risultati residuali e su di esso ricade il rischio d’istituto. In tutti
gli istituti, gli interessi istituzionali coincidono con le attese delle persone che compongono il soggetto d’istituto, mentre gli interessi
degli altri soggetti sono detti interessi non istituzionali, economici e non, ed economici istituzionali. L’insieme dei portatori degli interessi
istituzionali economici e non, costituisce il soggetto d’istituto, mentre gli interessi economici istituzionali costituiscono il Soggetto
Economico che esercita le prerogative di un governo economico, fissa gli obiettivi, le strategie, le politiche dell’istituto, sceglie i soggetti
che contribuiranno alla vita economica dell’istituto, progetta ed attua strutture di governo, di controllo e sorveglia il funzionamento
dell’istituto. Esso s’ispira ai principi di economicità, ossia la capacità dell’istituto di svolgersi in autonomia economica senza il ricorso a
coperture di perdite ed adottare strutture, processi, atteggiamenti e comportamenti ispirati alla logica della partecipazione e del
confronto. Il soggetto d’istituto ed il soggetto economico della famiglia sono composti da tutti i suoi membri. Rilevanti interessi possono
essere portati da persone di altre famiglie legate da rapporti di parentela e si considerano rapporti non istituzionali, a meno che non si
configuri un gruppo economico di aziende familiari. Il governo economico dell’azienda familiare è unico ed unitario e comporta
decisioni complesse ed articolate poiché implicano significati non solo economici. Le imprese possono richiedere differenti assetti di
governo che, in alcuni casi sarà centrato su una sola categoria di portatori d’interessi, mentre in altri sarà affidato a più categorie di
produttori d’interessi. Nel caso in cui in un’impresa il soggetto d’istituto ed economico siano formati dall’insieme dei conferenti di
capitale di rischio e dei prestatori di lavoro, l’assegnazione dei diritti di proprietà da luogo ad un efficace governo economico. La
maggior parte delle imprese è configurata secondo il metodo capitalistico, cioè si assegnano i diritti di proprietà soltanto ai conferenti di
capitale di rischio, poiché si presume che esercitino maggiore influenza sul governo delle imprese. Quando si adotta uno schema a 2
classi di portatori d’interessi, si manifesta il problema della formazione degli organi di governo, che si supera con la creazione di
assemblee che nominano i rappresentanti ed i membri dell’organo decisionale di governo ed il problema della determinazione e della
divisione del reddito residuale complessivo. Il fine immediato dell’impresa è rappresentato soprattutto dalla produzione di
remunerazione per i membri del soggetto economico. Le prerogative di un governo economico riguardano le scelte per l’assetto
istituzionale, di configurazione delle combinazioni produttive, di assetto tecnico, organizzativo e per l’organismo personale. Il
contemperamento degli interessi è un principio generale di conduzione degli Istituti, poiché chi governa, deve tener presente le attese
di tutti i portatori d’interessi e deve ricercare soluzioni che le soddisfano in modo equilibrato. Una strategia che agevola il
soddisfacimento di tutte le attese e quella di crescere l’impresa in termini dimensionali e di qualità delle combinazioni economiche.
Molto spesso l’insieme delle persone che dovrebbe esercitare il governo economico non coincide con quello che, di fatto, lo esercita,
poiché viene esercitato da persone che lo rappresentano solo in parte, oppure che sia esercitato da persone estranee al soggetto
economico. In questi casi si tratta di Soggetto Economico Improprio, una situazione molto pericolosa per l’impresa poiché è iniqua. Lo
Stato è costituito da istituti pubblici, come Regioni, Provincie e Comuni, sono istituti di tipo politico-sociale caratterizzati da fini e
processi di tipo economico e definite Azioni Composte Pubbliche. I loro fini economici istituzionali sono: il soddisfacimento dei bisogni
pubblici e la remunerazione dei prestatori di lavoro. Anche nello Stato possono crearsi soggetti economici impropri quando l’azienda
pubblica diventa strumento delle organizzazioni politiche o di particolari categorie di utenti anziché strumento di realizzazione del bene
comune. Le prerogative di governo economico negli istituti pubblici si esercitano attraverso organi collegiali. Negli istituti no profit il
soggetto d’istituto può far capo a: gli associati che si aggregano per soddisfare bisogni comuni coprendo i costi con quote e tariffe, ai
donatori pubblici e privati ed ai prestatori di lavoro. Sono interessi istituzionali economici: le attese di soddisfacimento dei bisogni
comuni degli associati e le attese di remunerazione dei prestatori di lavoro non volontario, mentre gli economici non istituzionali sono
quelli dei donatori.
Capitolo 17 – LE SCELTE DI ASSETTO ISTITUZIONALE
Le scelte di assetto istituzionale determinano la configurazione di un istituto, poiché portano a decidere: chi ha il diritto-dovere di
governarlo, fissare gli obiettivi, prendere le ultime decisioni, decidere dell’eventuale cessazione, chi deve ricevere e disporre dei
risultati reddituali dell’istituto, configurare gli organi di governo economico e di controllo e decidere con quali istituti instaurare delle
relazioni. I sistemi economici sono molto complessi, dinamici, incerti, ambigui e poco trasparenti ed in tali contesti è impossibile
decidere e valutare con rigore i contributi e le ricompense di ciascun soggetto. I vari soggetti si presentano con differenti competenze,
valori, energie, propensioni al rischio, patrimoni economici, relazionali e basi di potere, di conseguenza essi reagiscono in modi
differenti secondo l’incertezza e l’ambiguità. Gli assetti istituzionali devono essere progettati in modo da favorire la libertà e varietà di
espressione, si produca un senso di equità e che i costi delle soluzioni adottate siano il più possibile contenuti. Nelle economie
liberiste, la maggior parte delle imprese è configurata secondo il modello della società per azioni, ossia i diritti di proprietà fanno capo
ai conferenti di capitale di rischio (azionisti) e viene configurata come Impresa Capitalistica. Essa è la forma dominante, ma talvolta, vi
sono istituti con assetti proprietari differenti. La ripartizione dei diritti di proprietà nei vari istituti determina la configurazione dei sistemi
economici e sociali, e i differenti sistemi politici che consentono, incentivano ed impongono soluzioni scoraggiandone e vietandone
altre. La teoria di tipo Contingency di Hansmann afferma che non esiste un assetto proprietario ottimale per qualsiasi tipo d’impresa,
poiché deve essere scelto in funzione dei costi di market contracting e di ownership derivanti da alternativi assetti proprietari. I diritti di
proprietà fanno capo ad una categoria di persone che interagiscono con l’impresa, fornendole input e acquisendo gli output. Tali
soggetti sono definiti Patron dell’impresa e ciascuno deve sostenere dei costi che compongono i Costi di Transazione. I costi di market
contracting dipendono da: la forza contrattuale dell’impresa, gli investimenti specifici effettuati dai patrons e dall’asimmetria informativa.
Mentre, i costi di ownership si distinguono in: costi di monitoring, sostenuti dai proprietari per comunicare tra loro e per trasmettere gli
ordini ai manager, costo delle decisioni collettive che sono alti quanto maggiore è il numero dei patrons e più disomogenei sono i loro
interessi ed i costi di assunzione del rischio. La soluzione più efficiente è quella che minimizza i costi di transazione sostenuti da tutti i
patrons. Nell’ambito delle classi d’impresa distinte per assetto proprietario, troviamo: imprese ad assetto proprietario capitalistico, non
capitalistico, misto e limitati. Nell’ambito del modello capitalistico si distinguono importanti fattispecie riguardo al grado di
concentrazione del capitale di rischio, alla natura pubblica o privata dei titolari di capitale di rischio e alla distribuzione dei redditi di voto
e remunerazione. Nelle imprese ad assetto proprietario non capitalistico i diritti di proprietà non sono assegnati ai conferenti di capitale
di rischio, ma a cooperative e consorzi, nei quali si pongono dei limiti all’acquisizione dei risultati reddituali e per questo simili agli istituti
no-profit. Fra le imprese ad assetto proprietario misto, distinguiamo le imprese, dove i diritti di proprietà sono ripartiti fra i conferenti di
capitale di rischio e i prestatori di lavoro. Nelle imprese a diritti di proprietà limitati, i diritti di governo sono esercitati da soggetti esterni
all’impresa. La scelta di assetto proprietario è molto complessa perché si deve tener conto di molte esigenze che possono dar luogo a
situazioni differenti. Le prerogative degli organi di governo e di controllo delle imprese sono regolate da varie leggi e regolamenti. Nel
caso delle S.p.A. italiane quotate in borsa, le norme più rilevanti definiscono i compiti dei vari organi come: l’assemblea ordinaria degli
azionisti che approva il bilancio, nomina e revoca gli amministratori, i sindaci, il presidente del collegio sindacale; il Consiglio di
Amministrazione, costituito da persone cui è affidata l’amministrazione, che compiono le operazioni per l’attuazione del soggetto
sociale, valuta l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, esamina i piani strategici, individuali e finanziari, e
valuta l’andamento della gestione; il Collegio Sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello Statuto, su una corretta
amministrazione, sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo corretto
funzionamento. Il Controllo Contabile sulla società è esercitato da un revisore contabile o da una società di revisione che verifica la
regolare tenuta della contabilità, dei fatti di gestione nelle scritture contabili, verifica che il bilancio d’esercizio e quello consolidato
corrispondano alle scritture contabili. Nelle società quotate, il consiglio di amministrazione deve costituire un Comitato per il Controllo
Interno, che lo assiste nella scelta della società di revisione con cui verifica l’adeguatezza dei principi contabili per la stesura dei bilanci
e verifica il funzionamento del Sistema di Controllo Interno, e un Comitato per la Remunerazione e per gli eventuali piani di Stock
Options e di assegnazione delle azioni. Ha il compito di formulare proposte per la remunerazione degli amministratori delegati e
dell’alta direzione della società. Le imprese sono soggette a molti controlli provenienti da vari soggetti esterni i quali influenzano i
comportamenti aziendali, come le verifiche di organi d’ispettorato e di polizia, le associazioni di varie categorie di portatori d’interessi
ed aggregati interaziendali, nel caso in cui un’azienda ne faccia parte. Questi soggetti possono attivare strutture e meccanismi speciali
per curare i propri interessi. Nel caso in cui le imprese operano in più Paesi, devono rispettare le norme locali e integrarle a livello
complessivo. Le scelte in merito alle strutture di governo delle imprese sono fortemente vincolate dalla normativa vigente, ma esistono
spazi decisionali a disposizione di ciascun’impresa, come: la scelta di varie forme d’impresa in termini di assetto di base dei diritti
proprietari (società di capitali, Cooperativa e Partnership), all’interno di ciascuna macrocategoria si offrono varie opzioni (società di
capitali, S.r.l. e S.p.A.), per ciascuna forma giuridica la scelta degli organi da attivare è parzialmente libera, ciascun organo può essere
progettato con una certa libertà in termini di composizione e di funzionamento e nella realizzazione delle modalità d’interazione con le
rappresentanze dei diversi portatori d’interesse. Il processo decisionale comprende: la decisione della strategia da realizzare, capire
quali sono i contributi necessari, valutare il rapporto con i fornitori, stimare a quali condizioni i soggetti sono disposti a partecipare,
valutare fra le scelte realizzabili quelle più accettabili sul piano culturale ed in termini di legittimazione e compiere le scelte di assetto
proprietario di base alla forma giuridica, alla composizione e al funzionamento degli organi di governo e controllo. La configurazione
dell’assetto di governo, oltre per singoli istituti, si pone anche per aggregati interaziendali, dove occorre decidere quali organi e
meccanismi attivare per governare l’aggregato, adattare le attese di tutti i soggetti secondo equità combinando i loro contributi in un
disegno di sviluppo condiviso ed efficace. Gli strumenti di governo utilizzabili sono di varia natura, come impegni di cooperazione,
sistemi di pianificazione e programmazione, strutture comuni all’aggregato, condivisione dei diritti di proprietà e rapporti sociali di stima
e fiducia.
Capitolo 3 – LE COMBINAZIONI ECONOMICHE D’ISTITUTO
L’insieme delle operazioni economiche svolte dalle persone in un istituto forma le combinazioni economiche generali. L’economia
aziendale si occupa delle azioni e dei fenomeni che si manifestano nell’azienda e nel suo ambiente, che costituiscono il Sistema degli
Accadimenti, nell’ambito del quale una posizione dominante è costituita dalle combinazioni economiche generali. Esse sono costituite
dall’insieme delle operazioni economiche svolte delle persone all’interno di un istituto e si articolano in coordinazioni e combinazioni
economiche parziali e delle negoziazioni. Le coordinazioni economiche parziali sono insiemi di processi caratterizzati da una funzione,
e da un insieme di competenze specialistiche applicate al loro svolgimento. Le coordinazioni parziali delle imprese sono riconducibili
alla Configurazione dell’Assetto Istituzionale, alla Gestione suddivisa in caratteristica, finanziaria, patrimoniale, tributaria ed
assicurativa, all’Organizzazione e Rilevazione. Le operazioni di configurazioni dell’assetto istituzionale determinano la nascita, la
trasformazione e lo svolgimento dell’impresa, dove si decidono i fini, i campi di attività, le strutture di governo e le alleanze dell’azienda.
Per le imprese sono di primaria importanza le scelte di configurazione del capitale proprio, ossia le scelte in merito ai conferenti di
capitale di rischio e in quale misura rispetto al fabbisogno monetario dell’impresa. La Gestione è un complesso di operazioni attraverso
le quali l’impresa attua la produzione economica. La Gestione Caratteristica è l’insieme delle operazioni di gestioni che identificano la
“funzione economico-tecnica” di ciascun’impresa ed origina costi e ricavi e, per differenza, un risultato operativo della gestione
caratteristica. Nelle imprese manifatturiere la gestione caratteristica si articola nelle operazioni di: ricerca e sviluppo, acquisto di merci
e servizi destinati alla produzione, fabbricazione, commercializzazione e logistica. La Gestione Finanziaria è l’insieme delle operazioni
volte a coprire il fabbisogno finanziario, ossia dei mezzi monetari necessari per avviare l’impresa e per sostenerne lo sviluppo. Il
fabbisogno finanziario nasce perché nelle imprese gli incassi derivanti dalle vendite si manifestano dopo ai pagamenti derivanti dagli
acquisti. Esso può essere coperto ricorrendo al capitale proprio o di rischio e a quello di prestito. La gestione finanziaria è una gestione
passiva, poiché comporta interessi passivi sul capitale di terzi e remunerazione del capitale proprio. Può accadere che, per un certo
periodo, l’impresa abbia mezzi monetari eccedenti rispetto al fabbisogno della gestione caratteristica; in questi casi si attiva la Gestione
Patrimoniale che consiste nell’investimento di tali mezzi monetari al fine di trarne un reddito. L’investimento può consistere,
nell’acquisto di titoli di Stato o di azioni di altre imprese. La gestione patrimoniale è, in linea di principio, una gestione attiva. La
Gestione Assicurativa consiste nella copertura dei rischi d’impresa mediante la sottoscrizione di contratti di assicurazione. Questa è
una gestione tipicamente passiva, in quanto comporta il costo di premi assicurativi e indennizzi a fronte di danni equivalenti. La
Gestione Tributaria consiste nella liquidazione e nel pagamento di una vasta gamma di tributi che le imprese corrispondono allo Stato
a fronte dei beni pubblici ricevuti; per tanto è una gestione tipicamente passiva poiché comporta solo oneri. Tutte le gestioni, con i loro
costi e i ricavi concorrono a determinare il risultato dell’impresa. Analogamente, tutte le gestioni, con i loro pagamenti e riscossioni,
determinano i flussi monetari dell’impresa e la sua solvibilità. Analizzare la gestione secondo il profilo reddituale significa indagare i
costi ed i ricavi, mentre secondo il profilo monetario significa studiare i flussi delle entrate e delle uscite. Le operazioni di
organizzazione comprendono attività riconducibili alla progettazione dell’assetto organizzativo dell’impresa e alla gestione dei
prestatori di lavoro. La progettazione dell’assetto organizzativo consiste nella progettazione della struttura organizzativa dell’impresa,
mentre la gestione dei prestatori di lavoro consiste nell’attuazione dei sistemi operativi di gestione del personale. Tra le operazioni di
organizzazione, di particolare rilevanza sono le negoziazioni di lavoro, che si sostanziano in contratti che l’impresa stipula con i
prestatori di lavoro. Queste hanno un’evidente criticità al livello di assetto istituzionale e dei sistemi economici locali, nazionali e
sopranazionali. Le operazioni di Rilevazione sono svolte dalle imprese per predisporre dati e informazioni. Molte imprese attuano più
combinazioni economiche parziali, ossia operano in più aree d’affari. Una combinazione economica parziale è definita da una
combinazione prodotto-mercato, ossia una gamma di prodotti destinata ad un certo mercato. Le imprese che attuano più combinazioni
economiche parziali si dicono Imprese Diversificate. Le combinazioni economiche delle imprese possono riguardare: operazioni per
acquisire e trasformare gli input necessari per la produzione, per cedere i beni offerti dall’impresa, operazioni d’impostazione e di
governo dell’attività aziendale. Lo svolgimento delle combinazioni economiche si attua attraverso insiemi di operazioni interne ed
esterne. Tra le operazioni di gestione esterna rivestono primaria importanza le Negoziazioni, ossia le operazioni attraverso le quali
l’impresa acquisisce da terzi le condizioni di produzione e cede i propri prodotti o condizioni di produzione. Le grandi classi di
negoziazione svolte dall’impresa sono: la negoziazione di beni privati, pubblici, di lavoro, di capitale di rischio, di prestito e di rischi
particolari. Quando si svolge una negoziazione, i soggetti coinvolti sostengono dei costi di attivazione e di gestione della negoziazione,
denominati Costi di Transazione. Ciò significa che il compratore sostiene 2 costi, il costo d’acquisto della merce al quale si devono
sommare i costi di transazione, ma anche il venditore che ottiene un ricavo, deve decurtare i costi sostenuti per attivare e gestire la
transazione. Le negoziazioni reali non si svolgono mai in condizioni di perfetta trasparenza, conoscenza, lealtà ed equilibrio di potere
delle parti, ossia non si svolgono in condizioni di razionalità assoluta e di mercati perfetti. Lo Stato svolge un ruolo essenziale nei
sistemi economici, intervenendo attraverso la produzione diretta o indiretta di alcuni beni pubblici o privati, regolamentando la
produzione ed il consumo di altri beni, imponendo tributi e ridistribuendo le ricchezze. Alcuni Stati intervengono in molti settori, altri
restringono le proprie aree d’intervento lasciando spazio alle famiglie, alle imprese, agli istituti no profit alimentando dibattiti sempre
aperti. Lo Stato interviene nella produzione e nel consumo dei beni economici quando è considerato politicamente critico o quando
giudica che lasciando la produzione di un bene ad imprese private si otterrebbero esiti negativi dal punto di vista politico. Le ragioni di
possibile inefficacia del mercato sono: l’esistenza di beni pubblici puri, beni senza competitività e non escludibili, per questo le imprese
private non potrebbero farsi pagare ed interviene lo Stato imponendo tributi; il formarsi di mercati non concorrenziali e di monopoli
naturali, senza controlli le imprese private ne trarrebbero vantaggi indebiti, così interviene lo Stato come produttore o regolatore; il
fenomeno dell’esternalità positive/negative, l’esistenza di mercati incompleti, ossia spazi di mercato lasciati vuoti dalle imprese giudicati
interessanti, ma che invece, secondo lo Stato sono critici; le asimmetrie informative riguardano beni complessi e difficili da giudicare,
ed il consumatore potrebbe preferire un fornitore pubblico; la redistribuzione del reddito, lo Stato rende accessibili beni critici a prezzi
non di mercato; imporre il consumo di beni di merito, lo Stato incentiva il consumo di beni che i cittadini non percepiscono come tali, ed
infine garantire uno Stato di diritto, in modo tale che intervenga con leggi per far sì che l’attività economica si svolga correttamente. Le
aree tipiche d’intervento dello Stato sono: la difesa nazionale, giustizia, sicurezza pubblica, relazioni internazionali, istruzione e cultura,
assistenza e previdenza, sanità, trasporti, comunicazioni e sviluppo economico. La Gestione Caratteristica dello Stato si svolge
attraverso: l’emanazione di leggi e regolamenti, il trasferimento di mezzi monetari e la produzione di beni pubblici. La Gestione
Tributaria si compone dei processi di definizione delle caratteristiche dei tributi, di accertamento, prevenzione e repressione
dall’evasione fiscale e di riscossione. L’imposizione dei tributi può essere vista come il corrispettivo della produzione ed erogazione dei
servizi pubblici. La Gestione Patrimoniale dello Stato si compone di operazioni d’investimento e disinvestimento in beni da reddito e
rivalutazione finalizzate alla produzione di ricavi addizionali a quelli della gestione caratteristica. La Gestione Finanziaria è molto
rilevante, poiché spesso lo Stato e gli istituti pubblici non riescono a coprire i loro costi con le entrate tributarie e devono coprire i loro
deficit ricorrendo all’indebitamento. Il fabbisogno finanziario dello Stato può essere soddisfatto con varie forme di debiti di
finanziamento, che si configura con l’emissione di titoli. La Gestione Assicurativa si svolge secondo modalità analoghe a quelle
dell’impresa dovendo coprire numerosi rischi particolari. In alcuni casi lo Stato diviene anche l’assicuratore di famiglie, imprese, istituti
no profit, quando sorgono particolari eventi dannosi come le calamità naturali. La progettazione dell’assetto istituzionale dello Stato
evolve quando si decide: in quali aree intervenire, quali rapporti configurare con i prestatori di lavoro, con quali forme realizzare per la
produzione e l’erogazione di beni pubblici, quanto e come interagire con altre pubbliche amministrazioni, come impostare il sistema
fiscale e come strutturare le relazioni con i cittadini attraverso organi elettivi ed amministrativi. Le operazioni di organizzazione e di
gestione del personale dello Stato, riguardano l’impostazione della struttura organizzativa e dei sistemi operativi in modo da assicurare
buoni livelli di efficienza, motivazione e flessibilità organizzativa. Le operazioni di rilevazione e d’informazione sono più complesse
rispetto a quelle delle imprese poiché devono rappresentare anche le dimensioni politiche e sociali degli obiettivi e dei risultati dello
Stato. La Famiglia è l’istituto nel quale si compie gran parte dell’attività economica di consumo e dove si predispongono le condizioni
necessarie per soddisfare i bisogni delle persone. Nei sistemi economici evoluti, le famiglie esternalizzano molte attività di produzione,
al di fuori di quelle considerate critiche, come l’educazione, l’assistenza e quelle che comportano diseconomie di specializzazione e di
dimensione. La Gestione Caratteristica delle aziende familiari si compone dall’attività di produzione di redditi mediante il lavoro esterno
ed interno alla famiglia, e l’attività di consumo. La Gestione Patrimoniale, consiste nell’impiego del risparmio d’investimenti destinati a
produrre redditi addizionali rispetto a quelli derivanti dal lavoro esterno ed influisce sulle scelte di consumo/risparmio. La loro Gestione
Finanziaria è formata dalle operazioni di negoziazioni, di credito e di prestito che fanno sorgere debiti di finanziamento, pagamenti di
quote capitale ed interessi. La Gestione Tributaria delle famiglie consiste nella liquidazione e nel pagamento delle imposte, tasse e
contributi a fronte del diritto di accedere ai beni prodotti dallo Stato. La Gestione Assicurativa incide sulla vita dei membri e sulla
copertura di danni. La progettazione dell’assetto istituzionale della famiglia attiene al regime patrimoniale tra i coniugi, le relazioni
economiche con parenti, eventuali affidamenti ed adozioni, suddivisione del lavoro interno ed esterno e le relazioni con i prestatori di
lavoro domestico. Gli Istituti no profit nascono quando soggetti privati ritengono che sia utile e doveroso che certe persone dispongano
di beni che gli altri istituti non offrono nei modi opportuni, inoltre godono di alcuni vantaggi normativi e fiscali. La gestione caratteristica
degli istituti no profit è molto eterogenea poiché essi sono molto vari. Esistono Inp nei quali avvengono processi di acquisto,
trasformazione e cessione a clienti che pagano dei corrispettivi, altri nei quali i destinatari della produzione sono gli stessi membri
dell’istituto ed Inp di pura erogazione come enti di beneficenza. La Gestione Tributaria degli Inp è fortemente collegata con quella
caratteristica. La loro presenza riduce l’intervento da parte dello Stato e, per questo, le agevolazioni fiscali vanno a compensare i costi
che altrimenti lo Stato dovrebbe sostenere. La Gestione Patrimoniale degli Inp può essere del tutto trascurata in quanto difficilmente
generano risparmio. L’incertezza dei redditi costanti limita molto la loro capacità di assumere debiti di finanziamento che richiedono
rimborsi, per questo anche la Gestione Finanziaria risulta limitata. La Gestione Assicurativa assume varia rilevanza in relazione
all’attività da essi svolta. La progettazione del loro assetto istituzionale è un’attività molto critica, soprattutto nei casi in cui chi fornisce
contributi non usufruisce dei servizi erogati. La progettazione deve poter costruire e proteggere l’immagine dell’istituto e garantire una
buona autonomia, prevista anche per la realizzazione delle operazioni di organizzazione. Infine le operazioni di rilevazione e
d’informazione devono tener conto della dimensione sociale degli obiettivi e dei risultati raggiunti.
Capitolo 11 – LE SCELTE DI STANDARIDIZZAZIONE E DI DIMESIONE
I caratteri dell’impresa moderna sono: la meccanizzazione e standardizzazione dei processi, dei componenti e dei prodotti,
parcellizzazione del lavoro e la produzione in grandi volumi. La standardizzazione è uno dei pilastri dell’efficienza delle economie
moderne, che rende possibili e convenienti le produzioni di massa ed è la base per la realizzazione delle economie di scala, di
saturazione della capacità produttiva e di apprendimento. La standardizzazione riguarda prodotti, attraverso cui si producono molti beni
con caratteristiche identiche per lunghi periodi; processi, che permettono di ottenere riduzioni dei costi unitari di produzione; e
componenti, che consentono la riduzione dei costi di fabbricazione e di uniformazione dei componenti. Quando i componenti
assumono un elevato livello di complessità si definiscono Moduli. Modularizzare significa articolare un bene complesso in più
sottosistemi che possono essere prodotti e progettati indipendentemente, ma che devono poter funzionare insieme, formando un bene
complesso. Perché questo avvenga, occorre che un’entità stabilisca le regole che devono essere rispettate da coloro che progettano e
producono i singoli moduli. In molti casi i fenomeni di standardizzazione sono rilevanti non solo per la singola azienda che riduce i
propri costi, ma anche per la generalità degli utenti che traggono vantaggio dal fatto che sul mercato siano presenti prodotti
standardizzati e tra loro compatibili. Una manifestazione di questi vantaggi collettivi è rappresentata dell’esternalità di rete che derivano
dal fatto che numerosi utenti utilizzano gli stessi strumenti di comunicazione e l’utilità per ciascuna persona aumenta con il crescere del
numero di utenti collegati alla stessa rete. In presenza di forti esternalità, le imprese competono fra loro per l’affermazione per proprio
standard, che quando diventa dominante impone a tutti gli utenti di adeguarsi. Alcuni settori si caratterizzano dalla presenza d’imprese
di grandi dimensioni, mentre in altri convivono grandi e piccole imprese. Diventa importante capire quando e perché le grandi
dimensioni sono necessarie per essere efficienti e competitivi. Quando si parla di scelte di dimensionamento delle attività aziendali, si
fa riferimento alla Capacità Produttiva, che è il numero massimo dei prodotti producibili in un certo periodo. La Cp si applica a tutte le
attività che si svolgono nelle aziende. La Cp nominale è il valore massimo atteso dall’output, senza interruzioni o soste, mentre quella
torica è il valore massimo dell’output ottenibile. La produzione effettiva spesso risulta inferiore alla Cp teorica ed il mercato non è in
grado di assorbire tutta la produzione realizzabile da un’azienda. Le economie di scala sono le riduzioni dei costi unitari che si
ottengono installando ed utilizzando capacità produttive maggiori. Spesso più le dimensioni delle imprese sono maggiori, più sono in
grado di realizzare le produzioni con costi più bassi rispetto alle imprese più piccole. Le Economie di Scala si misurano confrontando i
costi medi unitari di due diverse capacità produttive e si calcola dividendo i costi totali di produzione per la produzione effettiva,
ipotizzando per entrambe uno stesso grado di utilizzo. Le condizioni che rendono possibile le Eds sono: indivisibilità di alcuni
componenti, maggior produttività degli input per effetto della specializzazione, proprietà geometriche dei contenitori, maggiore
efficienza degli impianti di maggiori dimensioni, minori costi unitari all’acquisto derivanti da una maggiore forza contrattuale. I costi delle
aziende si suddividono in costi fissi, che non variano al variare dei volumi di produzione per un dato periodo, e variabili, poiché variano
al variare dei volumi della produzione. I costi variabili sono i costi sostenuti per l’acquisto di materie prime, delle provvigioni e dei diritti
d’autore; mentre i costi fissi sono i costi di campagne pubblicitarie, di affitto, delle polizze assicurative, di manodopera, delle
manutenzioni, delle consulenze legali ed amministrative e le quote di ammortamento. Tipici di questa categoria sono i costi di ricerca e
sviluppo, di formazione del personale e una buona parte dei costi di marketing. Le economie di assorbimento della Cp determinano
minori costi unitari all’aumentare del grado di utilizzo di una Cp e sono maggiori quanto maggiori sono i Cf totali. Per realizzare grandi
economie di scala occorre istallare grandi capacità produttive, mentre le economie di saturazione comportano maggiori volumi in un
certo impianto. Un altro importante fenomeno è quello delle economie di apprendimento, che sono delle riduzioni di costo unitario
dovuto ad un accumulo di esperienza, che si realizzano ogni volta che si producono quantità addizionali di beni. Man mano che si
accumula esperienza sono possibili riduzioni di costo, a parità di qualità e miglioramenti qualitativi del prodotto a parità di costi. Le
economie di esperienza sono riduzioni regolari e prevedibili dei costi unitari del prodotto, che si realizzano al crescere del volume della
produzione. L’ottenimento di riduzione dei costi ed il mantenimento della velocità di apprendimento richiedono uno sforzo mirato ed un
impegno costante, altrimenti i costi potrebbero lievitare e la velocità di apprendimento ridursi. Pertanto se l’azienda vuole ottenere
nuove e sostanziali riduzioni sui costi, deve realizzare innovazioni di prodotto e di processo, che consentano di velocizzare la
produzione, ridurne la complessità e gli scarti ed aumentarne la qualità. Le economie sono dovute a: crescente abilità nello
svolgimento delle attività, poiché la capacità delle persone d’imparare ad adottare nuovi e migliori modi di lavorare e che consentano di
svolgere meglio e velocemente le attività, si acquisisce solo con l’esperienza; migliore selezione delle risorse produttive, poiché
l’esperienza consente di comprendere meglio quali siano le risorse produttive più opportune e convenienti per lo svolgimento di
un’attività; coordinamento più efficiente, poiché le persone nello svolgimento delle attività devono interagire ed utilizzare impianti ed
attrezzature varie; inoltre una più elevata programmabilità dell’attività, l’esperienza accresce la prevedibilità degli accadimenti e la
capacità di dare risposte rapide ed efficaci alle eccezioni, cosi è possibile programmare meglio l’attività attribuendo alle operazioni
tempi e risorse effettivamente necessari; le semplificazioni dei prodotti e dei processi, poiché, quando cresce l’esperienza si riesce a
comprendere se vi è la possibilità di semplificare i processi ed i prodotti per ottenere costi più bassi e prodotti migliori. Le economie di
esperienza sono legate all’apprendimento delle persone che lavorano in azienda, e possono dare luogo a: minori costi per riduzioni di
sprechi nell’uso delle risorse, miglioramenti qualitativi dei prodotti a parità di costi, e un migliore sfruttamento delle risorse a
disposizione. La conoscenza dei risparmi e dei costi ottenibili per effetto dell’esperienza, serve a: comprendere quale potrebbe essere
l’andamento dei costi nell’azienda per un lungo periodo, decidere le politiche di prezzo, comprendere i vantaggi di costo ottenibili
rispetto ai concorrenti ed assumere decisioni sulla divisione del lavoro aziendale. Le strategie di replicazione puntano a sfruttare
competenze presenti nel patrimonio aziendale, applicandole a più combinazioni parziali uniformi. Il risultato economico è influenzato da
molteplici fattori, tra cui la struttura dei costi, ossia il peso relativo dei costi fissi e dei variabili. I fattori che lo determinano sono: gli
elementi strutturali, come la Cp, l’esperienza, la specializzazione, la modularizzazione e l’estensione verticale ed orizzontale. Sono
costi strutturali poiché determinano la struttura e la modalità di funzionamento dell’azienda. L’analisi costi-volumi–risultati consente
d’illustrare e modellizzare le relazioni che esistono fra i volumi di beni prodotti e venduti da un’impresa ed i risultati conseguiti. Gli effetti
che si possono ottenere per migliorare il risultato dell’attività economica, possono essere: variazioni nei volumi, nei costi e nei prezzi di
vendita. Durante la costituzione dell’impresa è utile effettuare una serie di simulazioni, valutando i risultati connessi a diversi scenari ed
ipotesi e al vario combinarsi dei prezzi di vendita, dei costi e dei volumi. Analizzare costi-volumi-risultati, significa: analizzare il variare
del risultato economico al variare dei volumi di vendita, identificare il punto di pareggio, confrontare diverse ipotesi di configurazione
dei prezzi e dei costi per identificare le soluzioni migliori in termini di risultato economico atteso, confrontare diverse ipotesi
d’internalizzazione ed esternalizzazione al fine d’identificare la soluzione migliore. I costi variabili si definiscono così, poiché
strettamente e direttamente correlati alla produzione e alla vendita. Sommando i costi fissi ed i costi variabili si ottengono i costi totali di
gestione caratteristica. Dividendo i costi totali per il volume dei beni prodotti e venduti, si ha il costo totale unitario. Analizzando i costi
totali complessivi ed unitari si verifica: se all’aumentare dei volumi i costi variabili totali aumentano, mentre i costi fissi rimangono
invariati, e se all’aumentare dei volumi i costi variabili unitari restano invariati, mentre diminuisce la quota unitaria di costi fissi e, di
conseguenza, diminuisce il costo unitario. Il punto di pareggio, può essere inteso come l’ammontare delle vendite che consente di
coprire tutti i costi aziendali oppure come il numero dei pezzi da produrre e vendere par andare a pareggio o come fatturato da
conseguire per andare a pareggio. Il margine di contribuzione unitario è dato dalla differenza fra i ricavi e i costi variabili unitari. Esso
può essere definito come il contributo che la vendita di ogni bene porta alla copertura di costi fissi di gestione caratteristica e alla
formazione del reddito operativo. Il MDC può essere calcolato sottraendo ai ricavi totali i costi variabili totali, moltiplicando il margine di
contribuzione unitario per i volumi prodotti e venduti. Il MDC percentuale può essere ottenuto rapportando il MDC unitario ai ricavi
unitari, o rapportando il MDC totale ai ricavi totali. Il Rischio Operativo è espresso dalla probabilità di realizzare risultati reddituali
negativi o positivi in relazione al variare dei volumi di produzione e vendita. L’elasticità operativa è rappresentata dal rapporto fra costi
variabili totali e costi fissi al punto di pareggio. La formula del punto di pareggio è adatta per ottenere il volume delle vendite che
consente di coprire i costi di gestione caratteristica, finanziari e fiscali, in modo da ottenere un risultato residuale netto pari a 0.
Capitolo 12 – LE SCELTE DI ESTENSIONE VERTICALE ED ORIZZONTALE
L’estensione delle combinazioni economiche di un’impresa è determinata da scelte che riguardano: la dimensione, l’estensione
interfunzionale, ossia decidere quante e quali funzioni svolgere, l’estensione verticale, ossia il numero e la disomogeneità delle fasi
della produzione svolte e dall’estensione verticale, ossia il numero e la disomogeneità delle aree strategiche d’affari nelle quali si
decide di operare. Ogni impresa deve decidere quante risorse investire in ciascuna funzione, decidere in merito alla numerosità e alla
disomogeneità delle aree strategiche d’affari nelle quali operare, cioè scegliere il proprio grado di estensione orizzontale. Queste scelte
dipendono soprattutto dalle economie di raggio d’azione. Esse sono le economie ottenibili grazie all’ampliamento della varietà dei beni
prodotti, ossia sono i vantaggi economici che conseguono alla gestione congiunta di due o più aree strategiche d’affari. Le strategie di
ampliamento della gamma dei prodotti e servizi offerti si dicono strategie di diversificazione, che indicano le combinazioni economiche
che comprendono la realizzazione di prodotti diversi. Per ottenere tali vantaggi occorre che le diverse attività produttive utilizzino
risorse materiali o immateriali, condividendole ed utilizzandole unitariamente. Le risorse materiali presentano il vincolo della capacità
produttiva, affinché si realizzino dei vantaggi economici è necessario che esse abbiano sufficiente capacità produttiva. Le risorse
immateriali, come l’immagine dell’azienda, la creatività, le competenze del personale, il know-how tecnologico e la conoscenza dei
clienti, non presentano limiti di capacità produttiva, poiché possono essere utilizzati all’infinito. Le ragioni per cui può risultare più
conveniente realizzare prodotti diversi piuttosto che realizzarli in due combinazioni autonome risiede nella possibilità di un migliore
sfruttamento delle risorse. Le economie di scopo sono dovute a: condivisione di elementi materiali della struttura produttiva e di vendita
e alla condivisione delle risorse immateriali. Le economie di scopo possono essere raggiunte anche attraverso accordi ed alleanze fra
imprese differenti, ossia nell’ambito di aggregati interaziendali. Un’importante decisione economica è la scelta dell’integrazione
verticale dell’azienda, ovvero quali attività svolgere e quali far svolgere alle altre aziende. La fase d’internalizzazione è caratterizzata
da vantaggi come: la riduzione dei costi di transazione nei confronti dei clienti e fornitori, s’internalizzano le competenze strategiche e
si riduce l’accesso dei concorrenti alle risorse strategiche. Mentre gli svantaggi sono riconducibili al fatto che si devono investire ingenti
capitali per la fase internalizzata, sono probabili diseconomie di scala o di saturazione della capacità produttiva e la riduzione della
flessibilità strategica avendo investito tutto in una stessa area strategica. Per tali scelte è cruciale l’analisi dei costi di transazione che si
sommano ai costi d’acquisto e ai costi di produzione interna nel determinare i costi totali. La transazione si manifesta quando un bene
o un servizio viene trasferito attraverso un’interfaccia tecnologicamente separata. Per decidere cosa internalizzare ed esternalizzare
occorre valutare i costi di realizzazone, di acquisto, i prezzi di vendita ed i costi di coordinamento interno o esterno. I costi di
coordinamento interno sono rappresentati dal costo della funzione direttiva e ciò richiede l’impiego di consistenti risorse per tenere
sotto controllo costi ed efficienza. Invece esternalizzando le attività, diminuiscono i costi di coordinamento, ma occorre sostenere costi
delle transazioni esterne. Le esternalizzazioni comportano costi, poiché: occorre raccogliere informazioni necessarie sui fornitori, sugli
acquirenti, negoziare e predisporre un contratto per ogni transazione e premunirsi per prevenire comportamenti indesiderati da parte
dei contraenti. Gli elementi che incidono sui costi di transazione esterna sono: la complessità informativa, che quando aumenta fa sì
che il mercato diventi meno trasparente ed aumenta anche il grado d’incertezza sull’esito della transazione; la specificità delle risorse,
che si ha quando uno o più contraenti in una transazione devono sostenere dei costi rilevanti per cambiare interlocutore; la possibilità
di comportamenti opportunistici o inadeguati, molti dei costi verrebbero meno se le persone non tendessero a comportarsi in modo
opportunistico, ovvero non tendessero a conseguire i propri interessi a scapito di altri con astuzia ed inganno. Se non esistessero i
comportamenti opportunistici, non sarebbe necessario premunirsi con clausole contrattuali e non vi sarebbero rischi.
Capitolo 16 – LE SCELTE DI AGGREGAZIONE INTERAZIENDALE
Molti istituti includono combinazioni economiche che potrebbero essere svolte in altri istituti. Le relazioni tra gli istituti non sono solo
relazioni di scambio condotte secondo regole di mercato, ma anche delle relazioni nelle quali si condividono scelte di governo e
risultati economici. Le scelte di aggregazione interaziendale, influenzano la configurazione degli istituti coinvolti. Il fenomeno degli
aggregati caratterizza tutti i sistemi economici evoluti e nei tempi recenti si è manifestato con particolare intensità coinvolgendo tutti i
settori. Lo sviluppo dei grandi aggregati d’imprese private ha prodotto molti vantaggi per il processo tecnico, economico e civile, e reso
possibile e conveniente le forme di organizzazione economica differenti rispetto ai concorrenti. Il fenomeno degli aggregati aziendali è
condizionato dal progresso tecnologico, dallo sviluppo dei mercati finanziari, dai contesti culturali, giuridici e dalla sperimentazione di
nuovi modelli organizzativi in grado di ridurre i costi di transazione. Gli aggregati aziendali sono condizioni che facilitano od ostacolano
l’aggregazione o che spingano gli aggregati a disaggregarsi. Le circostanze che spingono l’aggregazione sono: le economie di scala,
di raggio d’azione, di transazione, l’integrazione delle competenze distintive, la condivisione dei rischi e le rendite monopolistiche. Le
economie di scala contribuiscono a determinare le aggregazioni di combinazioni economiche e di aziende simili alla ricerca di
dimensioni economicamente convenienti. Molte alleanze tra imprese si realizzano per conquistare nuovi mercati; l’impresa che dispone
di validi prodotti e che vuole aumentare i volumi di vendita si allea con le imprese che hanno clienti e canali commerciali ai quali i
prodotti potrebbero essere destinati. Molte si aggregano in reti franchising per realizzare grandi dimensioni e sfruttare le economie di
scala e di replicazione. Le economie di raggio d’azione spingono l’aggregazione di attività disomogenee. Le economie di transazione,
si manifestano quando si aggregano combinazioni economiche o aziende interdipendenti ed i costi di gestione siano minori rispetto a
quelli che si sosterrebbero nel caso contrario. Per realizzare una combinazione economica, occorre combinare le competenze
distintive di diverse imprese, ciò può avviene con forme di aggregazione molto differenti che originano la fusione d’imprese con varie
competenze e la formazione di joint ventures dove convergono solo le competenze che devono essere combinate. La condivisione dei
rischi tra più imprese può diventare un fattore di aggregazione quando si avviano progetti innovativi, ed un eventuale esito negativo
può avere gravi ripercussioni sull’economia. Le rendite monopolistiche, ossia accordi, contratti a lungo termine, acquisizioni e fusioni.
Altre forze aggreganti sono: le reti di relazioni sociali, l’orientamento al dominio e le relazioni di solidarietà e di affinità politica. Nei
sistemi economici agiscono anche forze contrarie all’aggregazione come: l’ultracomplessità organizzativa, il fabbisogno di
differenziazione degli orientamenti manageriali, il rischio di erosione delle conoscenze e delle competenze distintive e la separazione
dei rischi. Formando aggregati aziendali s’internalizzano le transazioni con vari strumenti di coordinamento e comportano un elevato
livello di complessità organizzativa dell’aggregato. Il fabbisogno di differenziazione degli ordinamenti manageriali consiste nell’esigenza
di gestire combinazioni economiche il cui successo è basato su leve competitive e differenti. Inoltre, gli aggregati producono relazioni di
congiunzione tra i rischi relativi alle differenti combinazioni. Altre forze disaggreganti sono: l’orientamento all’indipendenza e alla
competizione e le divergenze di valori e d’interessi. Esistono anche dei fattori ambientali che possono giocare a favore o a sfavore
degli aggregati aziendali, come: i sistemi di comunicazione e di trasporto, il mercato dei capitali, la normativa economica e la cultura
economica e politica prevalente. Il formarsi di ampi aggregati aziendali è agevolato da estesi ed efficienti sistemi di comunicazione e di
trasporto, poiché spesso gli aggregati operano su aree geografiche molto estese in termini di mercato di acquisto e di vendita e di
localizzazione delle unità operative di trasformazione tecnica e di commercializzazione. Il livello di efficienza del mercato dei capitali
può essere il fattore dominante in senso positivo o negativo, la trasparenza del mercato dei capitali agevolano od ostacolano alcune
forme di operazioni di aggregazione o disaggregazione. La normativa che regola i sistemi economici è la variabile determinante in
questo contesto, poiché talvolta certi aggregati sono costruiti esclusivamente per fruire dei vantaggi offerti e concessi dalla normativa
civile e fiscale. Gli aggregati che si configurano possono essere: gruppi economici, associazioni formali ed informali di aziende ed
aggregati intraziendali. I gruppi economici sono: gruppi privati e pubblici di aziende di produzione, joint ventures e gruppi di gestioni
patrimoniali familiari. Si ha un gruppo economico quando più combinazioni di produzione sono istituite e rette da un unico soggetto
economico che ha la potestà di governo economico. Possono venirsi a creare gruppi con strutture molto varie: con o senza società
capogruppo detta holding, e con funzioni differenti. Una forma particolare di gruppo economico si ha quando due o più aziende danno
vita ad una combinazione economica congiunta mantenendo, in maniera autonoma, anche le altre combinazioni economiche, ossia la
joint ventures. Anche attorno al nucleo di una famiglia possono generarsi gruppi economici, e ciò accade soprattutto nelle famiglie con
gestioni patrimoniali vaste ed articolate. Le associazioni formali di aziende sono composte da: consorzi, cartelli, associazioni
franchising, licenze, concessioni, le associazioni in accordi quadro, di categoria e di aziende di consumo. Un consorzio è un aggregato
costituito da più aziende che si aggregano per svolgere in comune una coordinazione parziale. Un cartello è un insieme di aziende che
si associano per l’elaborazione e l’attuazione di politiche e programmi comuni atti a ridurre la competizione. Sono composti da aziende
concorrenti o potenziali con prodotti scarsamente differenziati. Gli aggregati di franchising composti da un’azienda centrale detta
franchisor e da aziende ad essa collegate dette franchisee. L’azienda centrale trasferisce alle associate il diritto d’uso di un marchio
comune ed un insieme di conoscenze tecniche, organizzative e gestionali, mentre le aziende associate s’impegnano a rispettare le
modalità di svolgimento delle combinazioni economiche stabilite dall’azienda centrale in modo che i beni prodotti e venduti da
ciascun’associata presentino caratteri uniformi e costanti di elevata qualità. Tra le aziende in rapporti di fornitura si possono costruire
aggregati formali mediante la stipulazione di accordi quadro, dove si definiscono le modalità di svolgimento delle operazioni interne
delle aziende in relazione di scambio. Le aziende di produzione si aggregano in associazioni di categoria configurata per settore,
dimensioni, per natura del soggetto economico e per localizzazione, che manifestano i propri interessi e linee comuni in vari contesti.
Le associazioni di famiglie sono volte a tutelare gli interessi in merito alla qualità dei beni di consumo acquistati, alle loro modalità di
distribuzione commerciale, alle forme e ai contenuti delle campagne promozionali e pubblicitarie. Fra le associazioni informali di
aziende distinguiamo: le reti di subfornitura, le costellazioni di aziende, i distretti e le intense informali. Le reti di subfornitura sono
composte da un’azienda principale con combinazioni economiche esternalizzalizzate e da aziende fornitrici dove gran parte della loro
attività economica trova sbocco nel rapporto di fornitura che si svolge secondo le modalità determinate dall’azienda principale. Le
costellazioni di aziende si concretizzano quando l’aggregato è composto da un numero ridotto di aziende di dimensioni omogenee e
con combinazioni economiche complementari che risultano relativamente autonome ed integrate fra di loro. Il distretto è costituito da
imprese connesse da relazioni di mercato e settore e localizzate in una stessa area geografica. Le intense informali si attuano in varie
relazioni interaziendali. Gli aggregati intraziendali sono pluralità di combinazioni economiche aggregate in una stessa entità giuridica.
Le forme ricorrenti sono: aziende multiunità, con più stabilimenti, filiali ed uffici; aziende integrate verticalmente e diversificate. Gli
aggregati aziendali sono realtà dinamiche che attraversano fasi di preparazione, formazione, evoluzione, trasformazione ed eventuale
cessazione, ciò può accadere per ragioni economiche, tecniche e sociali.
Capitolo 14 – LE SCELTE DI FORMAZIONE E DI SVILUPPO DEL PATRIMONIO
Il patrimonio di un’azienda è l’insieme delle condizioni di produzione e di consumo in un dato momento. Possono essere positive come
cassa, crediti, immobili e rimanenze; negative come debiti e obbligazioni; materiali come impianti e macchinari; immateriali come le
competenze tecniche, l’immagine commerciale e le relazioni di fiducia; monetarie, come disponibilità di cassa, debiti e crediti; esogene,
tratte dall’ambiente ed endogene, prodotte internamente. Il patrimonio è una componente fondamentale della struttura di ogni azienda,
dove si riflette l’intera storia dell’impresa e delle circostanze ambientali nelle quali opera, ed è la base della sua vita futura. Nel
patrimonio si accumulano i punti di forza e debolezza dell’azienda ed è il risultato dei processi di acquisizione, trasformazione e
ricombinazione di vari elementi. Il capitale di funzionamento è un sistema di valori positivi e negativi delle condizioni patrimoniali di
un’azienda. Esso è una rappresentazione del patrimonio sottoforma di valori economici come: valori di cassa, crediti, debiti, impianti e
capitale netto. Le condizioni patrimoniali sono classificabili in: condizioni materiali, costituite dagli elementi patrimoniali che hanno una
manifestazione logica, e condizioni immateriali, come marchi e brevetti, conoscenze e know how, reti di relazioni esterne, reputazione
ed immagine e coesione interna, elementi patrimoniali che non hanno forma fisica, ma che hanno una certa rilevanza strategica. Le
condizioni monetarie sono elementi che si presentano sottoforma di cassa, debiti, crediti e capitale netto, che condizionano le
opportunità e i vincoli d’azione delle imprese consentendo di effettuare certi investimenti ed affrontare dei rischi. Le condizioni
d’ambiente non sono di pertinenza dell’ambiente, ma possono essere fonti di importanti economie di scala. Sono: infrastrutture di
comunicazione e trasporto, servizi della Pa, distretti e cultura sociale. Le condizioni patrimoniali distintive sono: specifiche dell’azienda,
hanno un alto impatto sul valore attribuito dal cliente ai prodotti dell'azienda, sono difficilmente replicabili e imitabili da altre imprese, in
quanto sono frutto di apprendimento collettivo e basate su conoscenze tacite e codificate in particolari linguaggi. Le condizioni
patrimoniali distintive possono essere caratteristiche di un solo prodotto, oppure comuni a tutti, in questo caso tali competenze si
dicono core competences. Queste sono alla base per l’attivazione e lo sviluppo di nuovi sistemi di prodotto e delle strategie di
estensione verticale e di diversificazione. Una ricca dotazione di competenze distintive e di competenze core è un ottimo presupposto
per la vita duratura dell’impresa. Ciascuna impresa è dotata di un patrimonio di risorse differenti rispetto ad altre, poiché caratterizzate
da differenti potenziali di redditività e sviluppo. Quest’ultimi dipendono dall’intensità delle competizioni derivanti da stessi settori e dalla
configurazione delle condizioni patrimoniali disponibili per ogni impresa. La configurazione del patrimonio è frutto di molte scelte
strategiche quali: integrazione verticale ed estensione orizzontale, dimensionamento della capacità produttiva, fusioni, acquisizioni ed
alleanze, localizzazione, struttura del capitale proprio e dei terzi, gestione del personale e progettazione dell’assetto organizzativo. Le
scelte di configurazione del patrimonio dell’impresa dovrebbero ispirarsi ad indirizzi strategici come: basare le scelte d’ingresso in nuovi
mercati sulle proprie competenze distintive e centrali, scegliere le modalità di sfruttamento delle competenze distintive, sfruttare le
economie di replicazione, attuare operazioni di fusione ed acquisizione per unire competenze complementari, internalizzare i processi
che producono competenze distintive, puntare su modelli organizzativi originali da cui possono scaturire processi di apprendimento
differenti, impostare strategie orientate allo sviluppo delle competenze distintive ed evitare i processi di cambiamento che mettano in
crisi i processi di apprendimento. Le competenze distintive possono diventare fattore di rigidità, poiché molte condizioni hanno cicli
economici e tecnici di lunga durata e le imprese potrebbero cercare di sfruttarle il più a lungo possibile anche quando le condizioni di
mercato ne consiglierebbero l’abbandono, le immobilizzazioni tecniche possono avere una destinazione specifica ed essere utilizzati
solo per lo svolgimento di determinati processi, le routine nelle quali s’incorpora il know-how aziendale tendono a permanere nel tempo
anche se obsolete. L’impresa deve dotarsi anche di competenze dinamiche che permettono di arricchire, rinnovare, ricombinare e
sostituire le competenze distintive esistenti. In particolare occorre sviluppare assetti organizzativi che massimizzino la capacità di
integrare gli elementi dell’impresa in competenze solide e distintive, stimolare l’apprendimento attraverso la ripetizione e la
sperimentazione e riconfigurare le strutture e le competenze aziendali in forma innovativa.
Capitolo 5 – L’ECONOMICITA’
L’equilibrio istituzionale si ha quando tutti i membri del soggetto d’istituto condividono i valori, gli obiettivi, le strutture, le modalità
dell’istituto e le logiche organizzative, e quando ricevono ricompense e benefici equi rispetto ai contributi forniti. L’equilibrio istituzionale
DESCRIZIONE APPUNTO
Riassunto per l'esame di Economia aziendale, basato su appunti personali e studio autonomo del testo consigliato dal docente Corso di economia aziendale, Airoldi, Brunetti, Coda. in cui gli argomenti analizzati sono: l'attività economica, le aziende e gli assetti istituzionali, combinazioni economiche d'istituto, scelte di standardizzazione e dimensione, scelte di aggregazione, il principio di economicità, scelte di organizzazione.
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