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La nozione di Felicità secondo Aristotele:
Secondo Aristotele essere felici significa realizzare le proprie potenzialità più
tipicamente umane. Egli dedica tre opere diverse per rispondere a cosa sia la
felicità, perché la considera evidentemente una domanda centrale per l’essere
umano. Platone,
Egli fa un percorso diverso da ma arriva alla stessa conclusione. Sostiene
infatti che secondo molti la felicità consiste nel provare piaceri fisici e possedere
beni materiali; lo sostengono in tanti, compresi alcuni uomini molto saggi, dunque
deve esserci una parte di verità. Ma se si pone la felicità nei beni materiali, è
sufficiente un cambiamento di fortuna per essere subito infelici. Alcuni sostengono
invece che la felicità consista nell’essere famoso, nel ricevere gloria e onori, tuttavia
nel momento in cui non si è più famosi né si è riconosciuti dagli altri si è infelici,
Aristotele
dunque la felicità dipende dagli altri e non dall'individuo. sostiene che
esista una attività specifica solo dell’uomo: l’attività del pensiero. Quindi la
felicità dovrà consistere in qualcosa che riguarda il pensiero, in un’attività teorica,
di pensiero, perché questo è proprio dell’uomo, e non necessita di altro. Inoltre,
secondo Aristotele fare filosofia insieme agli amici è più piacevole che farlo da soli.
Per Aristotele inoltre l'attività di pensiero era un’attività piuttosto inclusiva, che
comprendeva qualunque attività facesse usare la mente, il pensiero in modo
teorico. Quindi se si vuole realizzare le proprie potenzialità come essere umano
ed essere felici per Aristotele bisogna fare attività di pensiero. La polis migliore
quindi dovrà creare le condizioni per l’attività di pensiero dell’uomo, per
consentirgli di essere felice.
Gli uomini non sono felici indistintamente in tutte le forme di governo. Per
Aristotele infatti gli uomini non possono essere felici in certe forme di organizzazione
del potere come il dispotismo orientale (è questa una forma di pregiudizio
culturale). Quindi gli esseri umani che vivono in queste forme di governo, ad esempio
Persiani,
i per Aristotele sono ”schiavi per natura”. È questa una forma di
propaganda politica che costruisce l’idea dell' “altro”, il diverso (in questo caso il
persiano), marcando la distinzione con la propria cultura. Ed è un’idea che attraversa
Russia
tutta la storia del pensiero politico (ad esempio: durante la guerra fredda la
sovietica venne vista come il “dispotismo orientale” descritto da Aristotele, e in
nativi americani
precedenza anche i scoperti da Colombo vennero identificati con gli
“schiavi per natura” di Aristotele).
La polis esiste per permettere agli uomini di vivere bene ed essere felici, che
rappresenta il bene più alto di tutti. Vivere in una città governata bene quindi è il
primo requisito per essere felici.
Il problema centrale del pensiero politico: qual è la migliore forma di
governo?
Il migliore regime politico crea i migliori cittadini e permette loro di essere il più
uomo così
felici possibile. Secondo Aristotele, se fossimo così fortunati da trovare un
straordinario per virtù da sembrare un Dio tra gli uomini, allora sarebbe chiaro che
bisognerebbe obbedirgli tutti e che la monarchia sarebbe la migliore forma di
governo. Vi sono due visioni contrastanti riguardo tale affermazione: alcuni, infatti,
ritengono che Aristotele alludesse a qualcosa di impossibile, quindi la monarchia per
lui non era davvero la migliore forma di governo; al contrario altri studiosi ritengono
che per il filosofo la monarchia fosse la migliore forma di governo. Secondo questi
ultimi bisogna leggere gli autori legandoli al contesto in cui vivono: nel caso di
Aristotele, egli sposò la figlia di un tiranno di una piccola città che era un eccellente
uomo politico, quindi aveva sotto gli occhi l’esempio di alcuni uomini politici
l’istitutore Alessandro Magno,
eccezionali. Egli fu anche di e chiaramente ne aveva
intuito la incredibile potenzialità. Quindi anche da punto di vista storico Aristotele
aveva vissuto esempi di monarchie eccezionali, quindi effettivamente pensava che
la monarchia fosse la migliore forma di governo, ma sicuramente bisognava essere
fortunati ed avere un monarca di grande virtù.
La seconda migliore forma di governo è per Aristotele l’aristocrazia, ovvero il
governo delle persone più virtuose nella citta (aristocrazia della virtù).
Terza come bontà per Aristotele è una forma di governo che noi chiameremmo
democrazia, ma che lui chiama politia, nella quale vi sia il governo della
maggioranza delle persone di classe media. È una democrazia caratterizzata dal
prevalere della classe media, dunque chi governa non è troppo dissimile da chi
viene governato; infatti se ci sono persone troppo ricche e troppo povere questa
distinzione genera conflitto.
Una teoria scientifica delle forme di governo:
Basandosi sulla teoria secondo cui una forma di governo deve mirare al bene comune
della città, Aristotele tenta di migliorare le idee di Platone e formula una teoria
scientifica delle forme di governo.
Tutti i regimi esistenti infatti possono essere classificati secondo due principi:
1. Principio Quantitativo: quanti sono quelli che governano? Pochi o molti?
2. Principio Qualitativo: come governano? Per il bene comune o per il loro interesse
particolare?
Attraverso questi principi Aristotele individua delle forme di governo rette (politia,
aristocrazia, monarchia), e della forme di governo corrotte (oligarchia,
democrazia, tirannide).
Se vi è un solo individuo che governa e governa bene, questa forma di governo si
chiama regno, mentre se governa male, si ha una tirannia. Se sono in pochi a
governare e lo fanno per il bene, è una aristocrazia, mentre se governano male si ha
una oligarchia. Se sono in molti a governare e lo fanno nell’interesse di tutta la
comunità politica si ha una politia, mentre se governano male, solo nell’interesse
della loro classe, si ha una democrazia. Poiché esistono tipi umani differenti, e gli
uomini sono adattabili, gli individui possono vivere sotto diverse forme di governo in
base alle circostanze, tuttavia nessun individuo è fatto per vivere sotto la tirannide.
Aristotele osserva poi che in tutte le forme di governo i ricchi sono pochi e i poveri
sono tanti. Quindi parlare di governo dei pochi o dei molti significa parlare di governo
dei ricchi o dei poveri. Aristotele quindi critica la democrazia perché è un governo dei
poveri a loro esclusivo vantaggio. Le migliori forme di governo sono quindi regno,
aristocrazia e politia. Aristotele pensa tuttavia che sia necessario guardare alle
circostanze per capire quale è la migliore forma di governo: la migliore è sicuramente
sovrano così virtuoso,
il regno, purché si trovi un la seconda l’aristocrazia, se si ha
persone superiori per virtù e intelligenza
nella città delle alla massa, per terza la
corpo politico di persone di qualità molto simili.
politia, purché si abbia un La politia
può funzionare bene solo se ci sono buoni cittadini, che partecipano, credono nel
bene comune, sono istruiti, conoscono i meccanismi della politica.
Platone Aristotele:
Proprio questo quindi differenzia da per quest’ultimo la risposta
corretta deve tenere conto della circostanze. La cosa che Aristotele teme più di tutte,
tuttavia, è l’anarchia: persino un tiranno è preferibile ad una situazione di anarchia,
poiché è meglio una cattiva forma di governo di nessuna forma di governo.
La democrazia per Aristotele
Aristotele è tuttavia consapevole che vi sono differenze enormi tra diverse
demagoghi,
democrazie: ad esempio, in una può avere maggiore rilevanza il ruolo dei
altre istituzioni
mentre in altre democrazie potrebbero essere rilevanti (come dei
consigli). Dunque le democrazie differiscono in base al modo in cui sono
organizzate. A questo proposito, il filosofo dimostra in una sua opera come la
democrazia ateniese nel corso del tempo sia cambiata in modo drastico. Sono
differenze visibili ancora oggi: nel mondo esistono forme di democrazia
completamente diverse, poiché la democrazia può realizzarsi in vari modi, in
base alle circostanze (vi sono infatti democrazie che sono anche monarchie, o
democrazie presidenziali ecc…).
Affinché possa funzionare, la democrazia ha inoltre bisogno di cittadini molto simili,
poiché se sono simili non tentano di instaurare rivoluzioni; inoltre in questo caso nella
democrazia gli individui risultano essere messi assieme come “un unico grande
uomo”. Al contrario di Platone, secondo cui non vi era nulla di buono nella
democrazia, Aristotele è molto più incline a vedere dei lati positivi nella democrazia:
se vi è un’ampia classe media infatti è una forma di governo stabile. Inoltre in
essa ciascuno dà un proprio piccolo contributo.
“Buon cittadino” vs. “Buon essere umano”
Aristotele è convinto che la forma di governo in cui vive l’individuo plasmi
anche il suo carattere (es: siamo nati in una democrazia, quindi siamo più portati ad
esprimere pubblicamente il nostro pensiero). In breve, per Aristotele la democrazia
funziona perché crea cittadini democratici, come l’aristocrazia funziona poiché plasma
cittadini aristocratici.
Il buon cittadino cambia in base alla forma di governo, quindi bisogna distinguere tra
“Buon cittadino” “buon essere umano”.
e Si tratta di una distinzione importante dal
punto di vista metodologico: il buon cittadino è colui che si comporta
conformemente all’ordinamento della sua comunità politica (quindi la bontà di
un cittadino dipende dal regime politico in cui egli si trova). Mentre il buon cittadino è
buono relativamente ad una comunità politica, il buon essere umano lo è sempre,
indipendentemente dalla comunità politica; quindi il buon cittadino è il buon essere
umano coincideranno solo nella migliore forma di governo, poiché in una forma di
governo negativa il buon cittadino sarà colui che obbedisce a leggi ingiuste,
nonostante queste siano immorali, quindi non sarà sicuramente un buon essere
umano. Quindi ci sono circostanze in cui per essere buoni esseri umani
bisogna essere dei cattivi cittadini.
Aristotele e le leggi
In generale, per Aristotele sono le leggi, che rappresentano la ragione