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PRODUZIONE LATTI FERMENTATI
Latti fermentati: sono prodotti derivati dal latte che contengono una o più colture di microrganismi. Un
latte può essere quindi essere addizionato di microrganismi desiderati.
Yogurt: è il prodotto della fermentazione di un latte, con all’interno Streptococcus thermophilus e
Lactobacillus Bulgaricus.
Questi prodotti sono divisi in base a: temperature di produzione, specie microbiche che intervengono e tipo
di fermentazione (acida termofila o acida mesofila).
La standardizzazione serve ad avere una materia prima che porta alla formazione di un prodotto con
sempre le stesse caratteristiche. Dopo la questa fase si passa alla fase fermentativa.
Latti fermentati termofili: il prodotto più rappresentativo è lo yogurt, i latti sono incubati a 40-45°C. I due
batteri lattici dello yogurt sono omofermentanti producono solo acido lattico, non CO2. I batteri devono
arrivare al consumo vivi e vitali, prima della data di scadenza del prodotto esso deve mantenere una carica
batterica elevata (30-40 giorni), passati questi giorni lo yogurt contiene una popolazione microbica meno
elevata. Questi due microrganismi lavorano in simbiosi: il Lattobacillus idrolizza le proteine e fornisce AA
utili per lo Streptococcus (è il primo che inizia la fermentazione lattica e abbassa il ph ad un livello tale da
permettere lo sviluppo di Lactobacillus).
Lo yogurt può essere prodotto in tre tipologie diverse:
o Compatto – il latte è inoculato e poi aliquotato nei vasetti, il vasetto è chiuso e incubato per 12h a
43-44°C. La fermentazione avviene nel vasetto, il prodotto è molto denso. Se devo aggiungere
puree, confetture devo stratificare, la parte che non è yogurt viene aggiunta prima sul fondo del
vasetto. Il problema di questo processo produttivo è lo scale up, richiede una grande quantità di
spazio.
o Cremoso – La fermentazione circa 10h avviene nei bioreattori con un sistema di agitazione che
rompe il coagulo che si viene a formare. Dopo incubazione è distribuito nei vasetti e confezionato.
o Da bere – Fermentazione nei fermentatori e poi di nuovo omogenizzato a 250 atm per rompere
quasi totalmente il coagulo. Alcuni possono anche subire un trattamento termico successivamente
in modo da poterli poi conservare fuori dal banco frigo.
Il latte che arriva in azienda viene controllato, omogenizzato, pastorizzato a temperatura elevata poi
raffreddato a 45°C qui avviene l’inoculo (posso inoculare con rapporto tra i due batteri diverse):
o Se ci sono più Lactobacillus avrò uno yogurt più acido.
o Maggiore quantità di Streptococcus conferiscono sapore più dolce.
Una parte dei fermentatori è dedicata alla propagazione dell’inoculo. Queste vengono inoculate in latte,
fatte crescere in volumi sempre più grandi (scale up) e poi saranno aggiunte al latte per fare yogurt. La
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concentrazione nel latte è circa 10 -10 per poi a fine incubazione crescere di anche 2 unità logaritmiche.
Nello yogurt ho una popolazione più ricca di bastoncini che di cocchi, perché dopo un po’ gli Streptococchi
fermano la loro crescita.
Latte acidofilo: consumato per le sue caratteristiche probiotiche. Ha un aroma molto più acido dello yogurt,
il Lactobacillus Acidofilus è un eterofermentante produce anche un po’ di acido acetico, manca l’aroma
tipico dello yogurt. Viene venduto in brick di Tetrapak, ha consistenza simile allo yogurt da bere.
Latti e yogurt probiotici: possono contenere Bifidobatteri, altri batteri lattici aggiunti in concentrazioni
diverse rispetto a quelli dello yogurt. I Bifidobatteri ‘odiano’ il latte non è il loro ambiente naturale una
volta inseriti nel latte muoiono o comunque non riescono a produrre una buona popolazione microbica.
Kefir: latte fermentato mesofilo, viene inoculato a circa 20°C. è prodotto impiegando colture starters, i
granuli di Kefir sono costituiti da diversi microrganismi supportati da una matrice costituita da proteine e
carboidrati.
PRODUZIONE ACETO
Una volta l’aceto era una bevanda, famoso per le sue proprietà curative e digestive. In Italia l’aceto viene
prodotto quasi esclusivamente da vino. I diversi ceppi di Acetobacter utilizzati per la produzione industriale
ossidano l’alcol ad acido acetico con diversa intensità, velocità e rese variabili. La reazione è una
ossidazione e non una fermentazione! Acetobacter è un ossidante completo in un primo stadio ossida
etanolo a a.acetico abbassando il pH poi ossida acido acetico a CO2 e H2O. Nonostante questo uso
Acetobacter perché è più veloce di Gluconobacter nonostante quest’ultimo si fermi ad acido acetico.
Processi fermentativi:
o Lento o superficiale – svolto in tini di legno che hanno superficie di 600-700 ettolitri riempiti con i
trucioli di legno di faggio. Sulla superficie dei trucioli ci sono i batteri acetici, sul fondo c’è una grata
che fa passare solo la parte liquida. Il vino che deve diventare aceto entra in questo tino dall’alto
con un sistema a pioggia, durante il percorso verso il basso l’etanolo è trasformato in acido acetico,
non basta un passaggio solo: il vino è raccolto e ripompato verso l’alto. Uno scambiatore di calore
raffredda il vino, la T non deve superare i 30°C. L’aria immessa in controcorrente risale (importante
per l’ossidazione) dura 7-10 giorni e fornisce aceto di qualità (vino e legno devono esser di qualità).
La resa di conversione è dell’85%.
o A immersione - in questo caso vengono utilizzati dei fermentatori in acciaio inox, adatti a resistere
alla forte acidità, dotati di sistemi di aerazione e agitazione. La temperatura di processo viene
mantenuta attraverso una serpentina di termostatazione, a 28-30°C. Nel fermentatore viene quindi
aggiunta la materia prima insieme ai batteri acetici, il processo dura circa 24 ore e una volta
terminato il processo i batteri vengono separati per filtrazione, poi avviene il confezionamento.
Alcune volte l’aceto viene pastorizzato per evitare alterazioni da parte di microrganismi presenti.
L’aceto ottenuto è di qualità nettamente inferiore rispetto a quello ottenuto per fermentazione in
superficie. Dal punto di vista casalingo si usava spostare la madre dell’aceto da una damigiana
all’altra di vino, per ottenere aceto. La madre dell’aceto è una matrice di polisaccaridi prodotti da
batteri acetici, in cui i batteri acetici stessi sono intrappolati; quindi spostando la madre si effettua
un inoculo. Gli aceti balsamici non vengono prodotti per ossidazione dei batteri acetici, ma il
processo è molto lungo e complesso.
PRODUZIONE LIEVITO
Il lievito utilizzato per la panificazione è detto lievito da pane o lievito di birra. Il microrganismo utilizzato è
S. Cerevisiae, lievito con metabolismo anaerobio facoltativo.
La glicolisi non dipende dalla disponibilità di ossigeno, il prodotto finale della glicolisi è sempre l’acido
piruvico.
Metabolismo ossidativo a. piruvico viene convertito in CO2 e ATP attraverso il ciclo di Krebs
Metabolismo fermentativo a. piruvico viene convertito in etanolo e CO2 tramite fermentazione alcolica,
non c’è bisogno di ossigeno
Per decidere che metabolismo attuare:
Effetto Pasteur: in assenza di ossigeno S. Cerevisiae fermenta.
Effetto Crabtree: in presenza di ossigeno in metabolismo dipende dalla concentrazione di substrato
disponibile alla sua crescita. Se la concentrazione di substrato è elevata, nello specifico se maggiore
di 50g/L di fonte di carbonio, avviene la fermentazione.
Per questi motivi la produzione industriale di biomassa di lievito avviene in aerobiosi (presenza di O2)
fornendo poco substrato alla volta (in feed batch). Lo scopo è ottenere tanta biomassa (dato anche il basso
costo di vendita del prodotto) ma allo stesso tempo voglio che gli enzimi fermentativi devono risultare
attivi, per cui devo istituire un processo multi-stadio: in un primo stadio opero con livelli di areazione
limitati, mentre negli ultimi stadi di produzione lavoro in condizioni di aerobiosi in questo modo le
cellule ‘ricordano’, mantengono attivi gli enzimi fermentativi.
Terreno colturale: la fonte di carbonio è melasso di barbabietola o di canna da zucchero, fonte di azoto è
fosfato o solfato di ammonio e come elementi inorganici si utilizza solfato di magnesio. Viene preparato
miscelando il melasso con acqua e acidifico con H2SO4, chiarificato, trattato termicamente.
Per la produzione di biomassa procedo con un processo di scale-up, inoculamento tank di dimensione
sempre maggiori, come mostrato nello schema.
L’ultimo inoculo consiste nell’inoculare il reattore da 500 000 - 450 000 L, con un 20/30% di inoculo, a pH 4-
4,5 selettivo per 12-15h, in questo caso ho una resa di conversione di 0,5 e di fermentazione di 60g/L il
melasso utilizzato sono 250g/L di cui 120g/L sono saccarosio e la biomassa di cellule di S. Cerevisiae
prodotte sono 60g/L cioè il 6%. Durante questa fase la fonte di carbonio è aggiunta in fed batch e interrotta
nelle ultime 2-3 h, Cerevisiae consuma a. organici da lui prodotti manteno il pH basso con H2SO4.
Dopo avviene l’operazione di centrifuga con la quale ottengo una crema madre con 18-20% di cellule,
questa è fatta passare in un filtro a tamburo che aspira la parte liquida, la ‘crosta’ è pressata in panetti da
25 o 500 g con il 30% di s.s. cioè cellule.
I panetti sostano 2 giorni in frigo per controlli routine e poi sono commercializzati.
Tipi lievito:
Compresso 30% s.s. 30 giorni a 4-5°C
Essiccato 90-95% s.s. fino a un anno a T ambiente
Liofilizzato per uso dietetico, integratore di vitamine B
TERRENI COLTURALI SINTETICI E COMPLESSI
Terreni colturali sintetici: sono costituiti da materie prime chimicamente pure (es. fonte di carbonio
glucosio), sono utilizzati su piccola scala specie nei laboratori, più facile la standardizzazione qualitativa e
quantitativa (non faccio altro che seguire una ricetta), in genere hanno scarse rese di crescita microbica,
produzione di metaboliti limitate, questi terreni hanno costi elevati.
Terreni colturali complessi: le materie prime sono grezze, vengono utilizzate su larga scala, la
standardizzazione è limitata, nei terreni possiamo trovare anche vitamine che sono un aiuto alla crescita del
microrganismo, hanno rese di produzione elevate e costi contenuti. Il problema può essere la formazione di
schiuma.
FONTI DI CARBONIO
Possono essere classificate in base alla loro origine in: fonti rinnovabili (es. CO2), e fonti non rinnovabili di
origine petrolchimica (es. alcoli).
Possono essere classificate anche in base alla natura chimica in: fonti carboidratiche pure (monosaccaridi,
disaccar