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- L'INTEGRAZIONE VERTICALE E LA VARIETÀ DEL NUMERO DEI RIVENDITORI IN GENERE ENDOGENO
→ senza l'integrazione verticale ci sono più rivenditori e può verificarsi un eccesso di varietà
(duplicazione dei costi fissi), ovvero di distributori. La varietà porta a ALZARE ↑CS (costi fissi) e
ABBASSARE ↓PV (prezzo di vendita). Con l'integrazione verticale le esternalità tra rivenditori
vengono internalizzate, con il risultato che il produttore non aprirà nuovi punti vendita se questi
gli sottraggono di entrate ai punti vendita già esistenti; dunque, ci saranno meno punti vendita e
riducendo la duplicazione di negozi il benessere sociale aumenterebbe.
28) ART 102 TFUE (ex art.82)
• La base giuridica è l’ART. 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea che stabilisce il
DIVIETO DI ABUSO DI POSIZIONE DOMINATE. La norma è ripresa dalla legge italiana 287/90 art. 3.
• La norma afferma che è incompatibile con il mercato comune ed è vietato nella misura in cui possa
essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri lo sfruttamento abusivo da parte di una o più
imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di esso.
➔ Non è vietata la posizione dominante in sé, bensì lo sfruttamento abusivo di posizione dominate.
• Le pratiche abusive possono consistere:
- nell’imporre direttamente o indirettamente PREZZI DI ACQUISTO O DI VENDITA O ALTRE
CONDIZIONI di trattazione NON EQUE;
- nel LIMITARE la PRODUZIONE, gli SBOCCHI, lo SVILUPPO TECNICO a danno dei consumatori;
- nell’applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti CONDIZIONI DISSIMILI PER
PRESTAZIONI EQUIVALENTI determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;
- nel subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di
prestazione supplementari che per la loro natura non hanno alcun nesso con l’oggetto dei
contraenti. 36
• Dal punto di vista dell’analisi economica, la cornice teorica di riferimento per lo studio delle condotte
abusive è il modello leader-follower, quindi quel modello dove un’impresa dominante compete con
una frangia di imprese minori. Come nel caso delle intese, il modello di oligopolio di riferimento, leader-
follower, è il modello statico.
Se la cornice teorica è il modello leader-follower, modello sequenziale che però si ripete una volta sola
dove prima muove il leader, poi c’è la scelta del follower e al terzo stadio c’è la competizione, questo
fatto consente di distinguere due classi di abusi: ABUSI DA SFRUTTAMENTO e ABUSI DA ESCLUSIONE.
La finalità di entrambi è quella di esercitare il potere di mercato. Sebbene la finalità sia la stessa:
- con l’ABUSO DA ESCLUSIONE questa finalità è realizzata attraverso una sorta di passaggio intermedio
che consiste nella modifica della struttura del mercato; in particolare consiste nell’esclusione dei
concorrenti attuali o potenziali;
- l’ABUSO DA SFRUTTAMENTO, invece, consiste nell’esercizio del potere di mercato stante la
struttura del mercato.
• Qui emerge la differenza, perché la base giuridica dell’abuso da sfruttamento nella norma italiana,
articolo 3 della legge 287, la lettera a, qualifica come abusivo un comportamento consistente
nell’imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni
contrattuali ingiustificatamente gravose.
La storia dell’abuso da sfruttamento è controversa o meglio, esiste sempre la possibilità di far ricadere un abuso da
sfruttamento in un abuso da esclusione. Questo perché il discrimine tra un incremento di prezzo virtuoso, non
nocivo nei confronti del benessere sociale perché magari deriva da un miglioramento della qualità, e un incremento
di prezzo che è frutto dell’esercizio abusivo del potere di mercato è molto difficile da individuare. Non c’è un
benchmark rispetto al quale fare la misurazione.
• Quindi un ABUSO DA SFRUTTAMENTO lo si fa ricadere in un ABUSO DA ESCLUSIONE perché è sempre
possibile far passare un aumento di prezzo o l’imposizione di altre condizioni gravose non come mero
esercizio del potere di mercato ma come uno strumento idoneo a pregiudicare il mantenimento delle
condizioni concorrenziali, che è lo stesso risultato che si verifica con l’esclusione.
• Le strategie abusive escludenti che le imprese dominanti possono mettere in atto sono un insieme
aperto, dove, anche grazie all’evoluzione dei mercati, si aggiungono nuove fattispecie.
• Se si vuole tentare, all’interno degli abusi da esclusione, una categorizzazione si possono distinguere
gli abusi:
- che si sostanziano in strategie di prezzo,
- tutti gli altri abusi, ossia effettuati attraverso altre variabili che non siano prezzo.
→
29) PEDAZIONE PREZZI PREDATORI E TRATTO GIURIDICO (+ Milgrom e Roberts)
• La PREDAZIONE è una riduzione del prezzo da parte dell’impresa dominante, allo scopo di escludere i
→
concorrenti tuttavia, la semplice riduzione di prezzo non è sanzionabile perché porta un aumento
del benessere sociale.
➔ Una strategia che si sostanzia nella riduzione del prezzo, per essere qualificata come abusiva, deve
→
comportare un danno al benessere sociale. Affinché questo si realizzi, si deve realizzare
l’esclusione di altri soggetti e quindi l’attenuazione del vincolo concorrenziale. L’abuso in sé non è
dato dalla riduzione del prezzo. La tutela è della concorrenza e non dei concorrenti!
Nel caso specifico della predazione, anzitutto SI PARLA DI PREDAZIONE SOLTANTO SE IL PREZZO È AL DI
SOTTO DEL COSTO: se l’impresa in posizione dominante decide di vendere a un prezzo inferiore al costo.
➔ Quindi la strategia consiste nel ridurre il prezzo al di sotto dei costi, in modo tale che l’impresa si
autoinfligga una perdita, allo scopo di provocare l’uscita dal mercato dei rivali e quindi di scoraggiare
l’ingresso dei concorrenti potenziali. 37
• La SCUOLA DI CHICAGO ha sempre negato che potesse esserci predazione perché, secondo loro,
→
nessuna impresa abbassa il prezzo al di sotto dei propri costi ovvero, la predazione è una strategia
che non è vincente perché produce immediatamente delle perdite.
• La cornice teorica è il gioco leader-follower. Per comprendere gli effetti della strategia di predazione
dobbiamo modificare questo gioco leader-follower perché ridurre il prezzo al di sotto del costo non
dovrebbe essere una strategia razionale proprio perché infligge una perdita all’impresa che l’attua.
↓
• I MODELLI che cercano di dimostrare la razionalità della predazione, sulla base delle imperfezioni
informative, sono molti tra cui:
o i modelli di Bolton che considera una IMPERFEZIONE INFORMATIVA NEL MERCATO DEL CREDITO.
→
modelli della tasca profonda) il leader ha un vantaggio rispetto al follower perché, avendo una
quota di mercato più ampia, ha maggiore facilità di accedere al credito e quindi ha una situazione
asimmetrica rispetto al follower che comunque, essendo più piccola, beneficia di condizioni di
credito peggiori.
Dunque, se il leader mette in atto la strategia predatoria, ha comunque delle riserve mentre il
follower, che razionalmente dovrebbe capire che quella minaccia non è credibile, per resistere deve
quantomeno fare un prezzo uguale a quello del leader, quindi, deve infliggersi delle perdite; se
però non ha accesso al credito non ha questa possibilità e quindi ciò spiega perché la strategia
predatoria ha successo.
o I modelli di segnalazione e di reputazione che considera una IMPERFEZIONE INFORMATIVA
RIGUARDO I PAY-OFF DEL LEADER: a Milgrom e Roberts (1982) si devono i primi modelli di
segnalazione in cui, a differenza di quelli di reputazione, l'incumbent sceglie la propria strategia prima
dell’entrante; dunque, è in grado di modificarne le scelte.
L’informazione è incompleta perché i follower non conoscono la funzione di payoff del leader.
→ Dunque, quando i followers osservano che nel primo stadio l’impresa dominante ha ridotto il
prezzo, non sono in grado di capire se effettivamente l’impresa leader presenti dei costi di
→
produzione più bassi oppure se sta attuando una strategia di predazione. Quindi questa
asimmetria informativa fa sì che il follower non possa capire se la minaccia sia credibile o meno.
Invece, se l’informazione fosse perfetta in modo tale che il follower sa quali sono i costi dell’impresa leader,
(sa qual è la sua funzione di pay-off)… se vede che l’impresa leader nel primo stadio sceglie un prezzo al di sotto
del costo lui sa che l’impresa si sta infliggendo una perdita e sapendo questo anticiperà che questo
comportamento è irrazionale e non può durare e che quindi certamente nel terzo stadio del gioco, quando i
due competeranno, l’impresa leader aumenterà il prezzo, quindi questo equivale a dire che la mossa del leader
al primo stadio non è una minaccia credibile per il follower e dunque non causa l’esclusione del follower.
Dunque, la strategia di predazione in questa cornice teorica diventa una strategia irrazionale che non ha senso.
• L’intervento delle Corti di Giustizia ha cercato di dare dei criteri per stabilire l’abusività o meno del
→
comportamento che si sostanzia nella riduzione di prezzo se si riduce, ma resta al di sopra dei costi,
non c’è alcun problema; il prezzo, dunque, per essere un indizio di predazione, deve essere al di sotto
del costo.
• Il costo a cui si fa riferimento, per determinare se c’è predazione o meno, dovrebbe essere il costo
→
marginale tuttavia, tale costo non esiste nella contabilità delle imprese e per questo, una buona
approssimazione sono i COSTI MEDI VARIABILI.
• La Corte di Giustizia Europea, nel caso AKZO, ha sostenuto che un prezzo al di sotto del costo medio
variabile è un prezzo predatorio. Se il prezzo praticato da un’impresa dominante è maggiore dei costi
medi variabili è un prezzo lecito.
➔ La sentenza Akzo dice se il prezzo è compreso tra due estremi, ossia maggiore del COSTO VARIABILE
MEDIO ma inferiore al COSTO MEDIO TOTALE, allora c’è predazione soltanto se è provato l’intento
escludente. Il ricorso “all’intento” desta perplessità! 38
➔ Ciò ha portato a cambiare la nozione di costo: anziché il costo medio variabile, il COSTO
INCREMENTALE DI BREVE PERIODO. Tali costi sono i costi recupera