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Struttura delle imprese alimentari in Italia

In Italia secondo il censimento ISTAT del 2011 si hanno 55mila imprese alimentari e 3mila imprese per le bevande; nel caso dell'alimentare, l'87% è rappresentato da microimprese e l'11% da piccole imprese in quanto si ha una struttura molto frammentata e bipolare. Il 66% dell'occupazione è dato da micro e piccole imprese che sono in elevata numerosità e sono basate su processi labour intensinve. Il 18% degli occupati si ha nelle medie imprese e il 16% nelle grandi dove si ha un processo labour saving in quanto sono in minor numero ma con dimensioni notevoli. Nel caso delle bevande invece il 17% dell'occupazione è dato dalle microimprese, il 30% dalle piccole e il 31% dalle grandi, quindi si ha un diverso peso che è maggiore nelle grandi imprese. In queste 55mila imprese il 65% sono per prodotti da forno e farinacei con meno di 5 addetti per impresa in quanto la panificazione è un processo molto artigianale e porta al 45% dell'occupazione.

Le altre 20mila sono rappresentate da prodotti latteo-caseari, oli e grassi con una media di 7 addetti per impresa. Nel caso delle bevande, la produzione di vino porta al 64% degli occupati, poi si hanno la distillazione e la birra con una media di 12 addetti per impresa. Un'eccezione è rappresentata dalle acque alimentari dove si hanno 44,7 addetti, quindi si hanno dimensioni medio-grandi e si punta a economie di scala, quindi maggiori sono le dimensioni, maggiore è l'ottimizzazione.

Da questi dati si deduce che in Italia si ha un bipolarismo strutturale, ovvero un equilibrio tra piccole e grandi imprese che sono basate su processi capital intensive o labour intensive e che operano con strategie diverse.

Nel caso delle piccole imprese, si punta su prodotti di pregio, ovvero fatti con processi artigianali che portano a un'elevata qualità che giustifica un prezzo maggiore e quindi il consumatore ha una WTP; si producono pochi volumi.

Importanti sono anche i mercati locali, detti anche opportunità intersiziali, che sono i piccoli mercati locali dove si ha una possibilità di sviluppo per le piccole imprese. Poi si hanno le private label, ovvero degli accordi tra GDO e l'industria per una certa quantità di volume e con disciplinari precisi; una strategia opposta, sono i primi pezzi, ovvero prodotti sconosciuti con prezzi molto bassi e in questo modo l'impresa non ha costi di pubblicità, marketing, ricerca e sviluppo. Infine, si hanno i distretti industriali con un tipico prodotto locale che viene consumato. Nel caso di grandi imprese, importanti sono le economie di scala, la differenziazione sul branding in quanto si vogliono vendere grandi volumi offrendo sicurezza, fedeltà e prezzi medi; un ruolo fondamentale è svolto dalla pubblicità. Un'altra strategia è la concentrazione in un'unica impresa per aumentare la concorrenza, oppure la

diversificazione delle attività, il dual branding e le privatelabel.

13) SAA e pandemia

Il lockdown è un esempio di politica pubblica, ovvero una serie di interventi per gestire delle problematiche pubbliche e aumentare l'efficienza o l'equità. La pandemia ha portato a degli effetti sul SAA: in primo luogo, si è avuta un'immediata ed elevata percezione del rischio che ha portato a una riduzione delle importazioni dai paesi con maggiori contagi, all'approvvigionamento di cibo per prodotti conservabili in modo da creare delle scorte e a diversi pensieri errati. Vi era la convinzione che un alimento potesse essere veicolo del virus e per questo si è avuto un calo del consumo di prodotti crudi e un aumento di quelli confezionati/cotti. Il vero rischio è invece rappresentato dal packaging che può essere contagiato dalla manipolazione. Ci sono poi state conseguenze importanti sul SAA: si è avuto un calo enorme dei consumi

extra-domestici a favore di quelli domestici a causa della chiusura della ristorazione che è stata quella maggiormente colpita in quanto non ha avuto profitti, i debiti sono aumentati, come anche la disoccupazione e la cassa integrazione portando a un'incertezza sul futuro e alla chiusura. È stato anche un problema per i grossisti che fornivano l'approvvigionamento ai ristoranti. Nel caso invece dalla GDO si è avuto un periodo proficuo a causa dell'aumento dei consumi domestici; sono aumentati gli acquisti on-line e la spesa on-line portando anche a uno stress del sistema logistico. Nel caso dei dettaglianti tradizionali, il delivery è stato un vantaggio perché ha concesso una ripresa; inoltre, in questi negozi si avevano meno persone, quindi minor possibilità di contagio e maggiore WTP dal consumatore. In questo modo, sono rimasti sul mercato insieme alla GDO. Nel caso dell'agricoltura si è avuta una diminuzione dellamanodopera euna diminuzione della domanda ma si è introdotta la possibilità della filiera corta e quindi il deliverydi un prodotto fresco e genuino consegnato a casa. Infine, si è avuta una piccola riduzione dellaproduzione industriale a causa della necessità di un maggior distanziamento sociale dei lavoratori. 14) Competizione e competitività La competizione prevede diversi soggetti economici che operano sul mercato, quindi si parla diconcorrenza perfetta, monopolistica o oligopolio; la competitività invece è la capacità di affrontarela competizione in ambito nazionale o internazionale e fa quindi riferimento al vantaggiocompetitivo che è dato da particolari caratteristiche, surplus. Le imprese/settori hanno così lacapacità di raggiunge e mantenere un posizionamento migliore rispetto ai competitori; il vantaggiocompetitivo può essere valutato con le quote di mercato facendo un confronto. Se si

Analisi di impresa: teoria di Poter e Barney

Per ottenere vantaggio competitivo sul mercato internazionale, è necessario essere in condizioni di free trade senza barriere doganali. L'analisi del vantaggio competitivo può avvenire a livello internazionale o nazionale, ma è fondamentale determinare la strategia competitiva a livello di impresa. La competitività può essere raggiunta sia a livello nazionale che internazionale.

Nel caso del settore, è importante valutare le performance a livello nazionale o internazionale. Una filiera è considerata competitiva se è integrata, organizzata, efficiente ed ottimizzata, con un coordinamento verticale a livello nazionale o internazionale. Nel caso del sistema economico complessivo, si parla solo del livello internazionale rispetto agli altri paesi.

L'analisi di impresa del vantaggio competitivo si basa sulla valutazione della strategia competitiva, secondo le teorie di Poter e Barney.

di azioni. La teoria di Barney del 1991 detta resource based view è un approccio che parte dalle risorse interne all'azienda che consentono di portare al vantaggio competitivo; quando si hanno risorse in più rispetto agli altri si ottiene un vantaggio, come ad esempio la ricerca e sviluppo, la localizzazione, la denominazione protetta, il brand, le risorse umane. Queste risorse vengono valorizzate per ottimizzare il processo produttivo. Alla base di questa teoria si hanno due ipotesi: le imprese del settore sono eterogenee rispetto alle risorse strategiche; inoltre, le risorse non sono perfettamente trasferibili. Le risorse per essere fonte di un vantaggio competitivo devono avere quattro attributi fondamentali: il valore, ovvero deve consentire all'impresa di aumentare l'efficienza o l'efficacia, devono essere rare e non condivise con i concorrenti, devono essere caratterizzate da una non perfetta imitabilità e non sostituibilità, ovvero non.ci devono essere strategie equivalenti. Secondo la teoria di Porter del 1985 è necessaria una valutazione dei concorrenti e fare un confronto; nel confronto ci sono tre teorie: la leadership di costo prevede la vendita del prodotto a bassi prezzi, quindi si devono avere bassi costi; la quota di mercato è legata a un prezzo basso. Si punta al price competition che porta a un vantaggio competitivo. Un'altra teoria è la differenziazione dai concorrenti in base al pregio e alle caratteristiche qualitative del prodotto che portano a un prezzo maggiore e all'ottenimento del premium price; le vendite sono minori e si parla di non-price competition. Infine, si può avere la teoria focus che prevede una concentrazione a livello geografico o per una fascia di consumatori. 16) Differenziazione La differenziazione fa parte della teoria di Porter che prevede un confronto con i concorrenti; la differenziazione si ottiene con un prodotto di pregio e per le sue caratteristiche qualitative.caratteristiche qualitative che permettono di avere un prezzo più elevato e il raggiungimento del premium price. Le vendite sono minori e si parla di non-price competition. La differenziazione porta a un prodotto diverso che aumenta la WTP dei consumatori e il prezzo; essa è basata sulle caratteristiche intrinseche del prodotto, che sono attributi nutrizionali, salutistici, convenience, di processo (benessere animale), sostenibilità e sensoriali, quindi si fa riferimento agli aspetti chimico-fisici del prodotto. Si hanno poi anche le caratteristiche estrinseche, ovvero l'etichetta, le certificazioni, il prezzo. Importante è poi il marchio, ovvero il brand che consente di ottenere una fedeltà del consumatore ed è associato a una quota di mercato; il brand garantisce un prodotto costante e caratterizzato dalla sicurezza. Il marchio può essere individuale industriale dell'impresa di fabbricazione del prodotto o commerciale, come nel caso.

di private label della GDO; oppure si hanno anche marchi collettivi che appartengono a una pluralità di soggetti come i marchi DOP e IGP che si riferiscono a un consorzio. La pubblicità è fondamentale per diffondere le informazioni sul prodotto e condizionare la scelta del consumatore; infine, il profilo qualitativo è fondamentale in quanto è legato a una percezione soggettiva e il prodotto deve essere attrattivo.

17) Modello Porter generale

Il modello generale di Porter per l'analisi di impresa è basato su cinque variabili competitive: al centro si hanno i concorrenti, ovvero una serie di produttori che producono lo stesso prodotto in concorrenza e che quindi sono in rivalità; certe volte ci possono essere delle collaborazioni. Si hanno produttori di beni sostituti che devono usare strategie di differenziazione o leadership di costo per aumentare le quote di mercato. Un'altra variabile sono i fornitori, come nel caso

dell'agricoltura, dove si ha un conflitto di interesse negli scambi con l'industria alimentare oppure si possono avere rapporti contrattuali di integrazione. I clienti sono la distribuzione come la GDO, dove si ha
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A.A. 2020-2021
21 pagine
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SSD Scienze agrarie e veterinarie AGR/01 Economia ed estimo rurale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alessia.perego di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia e gestione dell’innovazione nell'industria alimentare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Banterle Alessandro.