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6) COME DIMINUIRE LA CARICA BATTERICA NEL LATTE
Ottenere un latte con una buona qualità igienica è un requisito essenziale perché la
produzione sia competitiva e sicura. Un prodotto che presenta elevata carica batterica
porta maggiori problemi in fase di conservazione e di trasformazione. La presenza di
batteri, produttori di enzimi lipolitici o proteolitici, può infatti alterare le caratteristiche
proprie del latte, portando difetti al latte e al formaggio. Inoltre un’elevata carica
batterica nel latte può, in alcuni casi, essere indice di presenza di batteri patogeni. Per
questi motivi sono stati fissati dei livelli limite per il contenuto di batteri nel latte:
100˙000 ufc/ml per il latte destinato alla pastorizzazione (REG. CE n. 853/2004) e
25˙000 ufc/ml per il latte destinato alla vendita diretta come latte crudo (Circ. Regione
Lombardia19/SAN/07). La produzione del latte è un meccanismo complesso, molte
sono le fasi che, presso l’azienda, possono influenzare la qualità igienica del latte: la
pulizia della stalla, la pulizia degli animali, le modalità di mungitura, la metodica di
sanificazione dell'impianto di mungitura, il tipo e la durata dello stoccaggio. E’ molto
importante l’igiene della stalla infatti se gli animali arrivano in sala di mungitura con
mammelle, arti e fianchi sporchi, spesso a causa di una scarsa cura della lettiera, le
operazioni successive, come la pulizia della mammella o il raffreddamento rapido del
latte, non bastano per ottenere un latte altrettanto pulito. La modalità di mungitura,
soprattutto in relazione alla serie di operazioni che vengono effettuate prima e dopo
l’attacco del gruppo può comunque influenzare la qualità igienica del latte. Il pre-
dipping consiste nell’utilizzo di un prodotto detergente, in spray o in schiuma,
applicato sul capezzolo al fine di ridurre la carica dei batteri (coliformi, termodurici e
psicrotrofi) normalmente presenti in quella zona. I più pericolosi sono gli psicrofili e gli
psicrotrofi, che sono distrutti in genere dalla pastorizzazione, ma producono proteasi
(che attaccano la caseina) diminuendo la resa casearia. Le spore sono forme
vegetative di batteri sporigeni anaerobi, derivano dalla terra che contamina fieni, sili,
magazzini, o negli insilati. Per prevenirne la formazione bisogna fare attenzione nelle
operazioni di raccolta degli insilati e migliorare la pulizia della stalla e degli animali,
utilizzo di antibatteri nel latte es: lisozoma (grana Padano. In ogni caso non c’è una
relazione tra CBS e spore. Il post-dipping è l’applicazione dopo lo stacco del gruppo di
mungitura di prodotti barriera che proteggono il capezzolo e riducono l’ingresso dei
microrganismi al ritorno in stalla, quando lo sfintere capezzolare è ancora dilatato dallo
stress della mungitura. Normalmente le principali cause di un aumento della CBT sono
da ricercare nella non corretta sanificazione (pulizia e disinfezione) delle attrezzature
deputate all’estrazione, trasporto e stoccaggio del latte e/o in anomalie funzionali del
sistema di refrigerazione. I batteri presenti sulla cute della mammella, di origine
naturale hanno una bassa influenza sulla CBT del latte, mentre quelli provenienti
dall’ambiente di stabulazione e presenti su bovine con capezzoli e mammelle molto
sporche influiranno significativamente sulla conta batterica del latte, soprattutto se si
pratica una tecnica di mungitura inadeguata (es. mancata asciugatura, uso eccessivo
di acqua, uso di tovagliette non disinfettate) ed un utilizzo non corretto dei filtri del
latte. Rispetto alle suddette cause di contaminazione i batteri presenti sulla superficie
dell’impianto di mungitura e sulle attrezzature di stoccaggio del latte hanno una forte
influenza sulla CBT del latte refrigerato. I residui di latte che rimangono sui materiali
(gomma, plastica, vetro e acciaio) dell’impianto di mungitura costituiscono il substrato
ideale per la crescita esponenziale di svariati tipi di batteri, in special modo quelli di
natura ambientale. Si deve porre attenzione alla carica microbica presente sulla cute
delle mammelle, procedere ad una valutazione delle condizioni igieniche di vacche e
lettiera e modificare la loro gestione con interventi mirati. Una routine di mungitura
che preveda: una eliminazione dei primi getti di latte, la disinfezione pre-mungitura ed
una asciugatura completa dei capezzoli, ridurrà tuttavia la carica microbica sui
capezzoli e del latte di ben oltre il 50%. Sarà opportuno verificare le procedure di
pulizia e disinfezione dell’impianto di mungitura, così come delle altre attrezzature, al
fine di eliminare completamente residui organici (latte, letame, mosche, peli, paglia,
etc.), inorganici (pietra del latte, minerali, calcare, etc.) e chimici sia in presenza di
lavaggio manuale che automatico, entro un’ora dalla fine della mungitura. La
mungitura meccanica migliora la qualità del latte, la sanità della mammella, il
benessere del lavoratore, diminuisce i costi di mungitura, è adattabile a condizioni di
allevamento diverse ed è standardizzabile. Inoltre al latte che deve essere
commercializzato vengono applicati dei trattamenti termici: pastorizzazione (75-85°C
per 15-20 sec.) in modo da rimuovere i batteri patogeni, o la sterilizzazione (140°C per
pochi secondi) vengono rimosse anche le spore, ma il sapore del latte e i principi
nutritivi ne risentono.
7) COME RIDURRE LE CELLULE SOMATICHE NEL LATTE
Il termine «cellule somatiche» venne elaborato nel 1910, quando si pensava ancora
che il rialzo di cellule che si osserva nel latte di un animale con mastite fosse causato
da un superiore sfaldamento delle cellule epiteliali che si staccavano dagli alveoli
mammari. Oggi le cellule somatiche si chiamano ancora così per indicare le
componenti cellulari del latte, che subiscono un notevole aumento in caso di mastite,
nonostante si sia dimostrato che si tratta prevalentemente di neutrofili provenienti dal
sangue. L’infezione mammaria provoca dunque un afflusso di leucociti dal sangue, a
cui si affianca l’alterazione della funzionalità secretoria delle cellule mammarie e il
conseguente cambiamento nel volume e nella composizione del latte, di cui le cellule
somatiche sono un fedele indice. Per questo motivo le cellule somatiche sono
accettate dal mondo scientifico internazionale come standard di qualità del latte
prodotto. Il maggior fattore che influenza il numero di cellule somatiche (Scc) nel latte
è l’insorgenza di infezioni mammarie: un animale sano, infatti, ha un numero di cellule
somatiche sicuramente inferiore alle 200.000/mL, anzi secondo gli ultimi studi il 95%
degli animali sani presenta un numero di cellule somatiche al di sotto delle
100.000/mL. Quindi, qualora la conta si alzi al di sopra delle 200.000/mL signifi ca che
è in atto nella mammella un processo infiammatorio. La misurazione regolare delle
cellule somatiche si può effettuare a livello di animale, oppure dalla cisterna aziendale
(tank). Misurare le cellule somatiche dell’animale (prelievo quarto per quarto o dei
quattro quarti) significa monitorare il singolo capo e valutare l’eventuale insorgenza di
infezione intramammaria. Misurare le cellule somatiche nel latte del tank, invece, può
servire per stimare la qualità della produzione aziendale e valutare la necessità di un
intervento qualora siano superati i limiti prestabiliti. L’andamento delle cellule nel tank
appare dunque correlato con l’applicazione di fondamentali norme di management,
come ha dimostrato già nel 1999 Barkema, che ha diviso un gruppo di allevatori in due
categorie («veloci e sporchi» e «puliti e accurati») e valutando come le diverse misure
di management influivano sulle cellule del tank. Gli allevatori «puliti e accurati»
riuscivano a mantenere una carica di cellule somatiche inferiore alle 150.000/mL e
caratterizzavano il loro management con misure adeguate (come il trattamento di tutti
gli animali in asciutta, la precisione nei prelievi di latte da inviare in laboratorio per le
analisi microbiologiche, una maggiore pulizia degli ambienti, ecc.), mentre gli
allevatori «veloci e sporchi» avevano una conta di cellule somatiche tra le 250.000/mL
e le 400.000/mL. In conclusione, per mantenere il livello di cellule somatiche nella
norma è fondamentale: effettuare controlli funzionali e sfruttare i dati sulle mastiti
cliniche per prendere decisioni sulle proprie vacche in futuro come ad esempio, sapere
che nella lattazione attuale una vacca ha già sofferto quattro casi di mastite clinica
permette di decidere se trattare anche la mastite successiva, se asciugare il quarto o
addirittura se vendere la vacca; effettuare l’esame batteriologico del latte, che
fornisce informazioni importanti per conoscere i batteri che causano le mastiti cliniche
o l’innalzamento delle cellule somatiche nella propria mandria. Se necessario è anche
possibile approfondire la diagnosi eziologica con la tipizzazione dei ceppi batterici in
modo da comprendere meglio la modalità di diffusione dei batteri nella mandria;
mantenere la stalla pulita e asciutta giornalmente, considerando anche che tutti i capi
dovrebbero essere puliti. Inoltre è importante avere buone pratiche di mungitura:
l’igiene della mammella in mungitura, la pulizia del capezzolo prima dell’attacco del
gruppo di mungitura, con impianto di mungitura ben funzionante e correttamente
disinfettato, e la corretta disinfezione dei capezzoli dopo la mungitura. Vi sono anche
altre pratiche associate a basse cellule somatiche nel latte come l’utilizzo dei guanti in
mungitura, l’utilizzo di stacchi automatici, mungere per ultime le vacche con cellule
alte o con mastiti cliniche, l’utilizzo di cuccette con sabbia, il trattamento antibiotico di
tutte le vacche alla messa in asciutta e la tosatura della mammella.
8) CONCENTRATI ENERGETICI
Sono caratterizzati da un alto valore nutritivo e da una buona digeribilità ed a seconda
della loro composizione vengono suddivisi in: concentrati energetici, costituiti in
prevalenza da cariossidi di cereali (mais, orzo, avena, sorgo, segale, frumento, riso)
ricchi di amidi, nonché da grassi vegetali (olio di palma, di cocco, di soia) utilizzati
per grassare i mangimi, concentrati proteici, rappresentati dalle leguminose da
granella (soia, pisello, lupino) e da farine a panelli di estrazione (soia, arachide, lino,
cotone). I semi dei cereali sono apportatori di carboidrati non strutturali, per cui
facilmente degradabili a livello ruminale ed in genere hanno un basso contenuto in
proteine. Sono quindi da considerare come materie prime ad alto valore energetico.
La granella secca di mais ha un contenuto in amidi e zuccheri del 75%-80% s.s.
mentre le proteine grezze sono circa l'8%-9% s.s. ed a basso va