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DOMANDE CON PROBABILITA’ MEDIO/BASSA
Presentare le principali tappe e caratteristiche dell’integrazione economica
-
europea, nel contesto globale
La spinta propulsiva volta a creare una integrazione economica europea avvenne subito dopo la II
Guerra Mondiale. Un primo sbocco concreto si ebbe a Parigi nel 1951, dove fu firmato il Trattato
istitutivo della Ceca (Comunità europea del carbone e dell’acciaio); i paesi aderenti erano Germania,
trattava di un’integrazione in un settore limitato
Francia, Italia, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo. Si
ma strategico: ma soprattutto consisteva un primo esempio di un processo che si sarebbe esteso ad
altri ambiti. Infatti, il 25 marzo 1957 furono firmati a Roma, dagli stessi sei paesi sopra menzionati,
i Trattati istitutivi della Comunità Economica Europea (Cee), entrati in vigore nel 1958. Gli obiettivi
di questa integrazione economica erano promuovere un progresso economico e sociale e un elevato
livello di occupazione e pervenire a uno sviluppo equilibrato e sostenibile, in particolare mediante la
creazione di uno spazio senza frontiere interne, il rafforzamento della coesione economica e sociale,
e l’instaurazione di una unione economica e monetaria, che comporti a termine una moneta unica. Gli
strumenti iniziali, previsti già nel Trattato di Roma, per conseguire lo sviluppo equilibrato e
sostenibile, erano: (i) unione doganale, (ii) unione agricola comune (Pac), (iii) altre politiche
comprendenti: una politica di concorrenza; libera circolazione delle persone e dei servizi; una politica
sociale; politiche comuni di settore; una politica di congiuntura (che riguardava la politica monetaria,
ma prevedeva allora solo una concertazione tra le BC). La politica economica e sociale dell’UE si
pone tre grandi obiettivi: crescita, stabilità, coesione. La stabilità macroeconomica (stabilità dei prezzi
e finanze pubbliche sane), rafforzata con i criteri di Maastricht, era vista come una condizione per la
crescita. Per sostenere la crescita è però necessario un ambiente concorrenziale e competitivo, la
crescita deve salvaguardare l’ambiente ed accompagnarsi ad un buon livello di coesione sociale. Un
alto livello di coesione richiede basse disuguaglianze nella distribuzione de reddito, sia tra paesi che
all’interno di essi. Il libero esplicarsi delle forze di mercato è invece garantito dalla rimozione degli
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ostacoli agli scambi commerciali e della politica della concorrenza. Sempre nel Trattato di Roma,
c’era un insieme di articoli importanti a favore della concorrenza che vietavano: accordi collusivi tra
imprese, abuso di posizioni dominanti, aiuti pubblici alle imprese e regolamentazione delle
concentrazioni di imprese, fusioni ed incorporazioni. L’obiettivo principale era quello di realizzare
un vero Mercato Unico (Single Market) entro il 31 Dicembre 1992, attraverso le quattro
liberalizzazioni, ossia dei flussi di: merci, servizi, persone e capitali. Le misure di liberalizzazione
sono state introdotte gradualmente, con direttive e non con regolamenti.
ALTRA POSSIBILE RISPOSTA:
Il primo tentativo di collaborazione fra paesi europei per avviare un processo di crescita e integrazione
economica risale al 1951, anno in cui, a Parigi, fu istituita la Comunità europea del carbone e
dell’acciaio (Ceca). A questa aderirono sei paesi, fra i quali l’Italia. Successivamente, nel 1957
vengono firmati i “Trattati di Roma” che sanciscono la nascita della Comunità Economica Europea
(CEE) e della Comunità europea per l’energia atomica (Eurotam). L’obiettivo perseguito dagli Stati
membri è la rimozione delle barriere commerciali e doganali che li separano e la costituzione di un
mercato comune. In particolare, gli obiettivi della CEE saranno poi esplicati più chiaramente con il
trattato di Maastricht del 1992. Tuttavia, già nei primi anni dalla sua nascita, erano previsti degli
strumenti atti a favorire l’integrazione economica europea: unione doganale, politica agricola comune
(pac), una politica di concorrenza, libera circolazione delle persone e dei servizi, una politica sociale,
politiche comuni nei settori di trasporti ed energia e una politica monetaria che prevedeva una prima
forma di collaborazione fra banche centrali. Inoltre, nel trattato di Roma erano già presenti degli
articoli a favore della concorrenza, i quali vietavano l’abuso di posizioni dominanti, gli aiuti politici
alle imprese e accordi collusivi fra queste ultime. Nonostante ciò, nei primi anni ’80 ci si rese conto
che l’abolizione dei dazi doganali non era sufficiente, poiché sussistevano barriere non tariffarie.
Così, la Commissione europea predispose nel 1985 un insieme di misure legislative atte a rimuovere
tali ostacoli, sia fisici (controlli alle frontiere) sia tecnici (ad esempio norme sanitarie) sia fiscali (per
Quindi, con l’Atto Unico europeo adottato nello
esempio relativamente alle diverse aliquote IVA).
stesso anno, ma in vigore dal luglio 1987, si andò a modificare i precedenti trattati con l’obiettivo di
creare un vero e proprio Mercato Unico entro il 1992, attraverso le quattro grandi liberalizzazioni nei
flussi di merci, servizi, persone e capitali. Questo atto introdusse anche alcuni dei principi che tuttora
caratterizzano la governance europea quali: principio di sussidiarietà verticale, principio di
partnership (collaborazione fra i diversi livelli di governo) e principio del mutuo riconoscimento.
Inoltre, al suo interno fu inserito l’accordo fra banche centrali stipulato nel 1978 ed entrato in vigore
nel ’79 che sancì la costituzione del Sistema Monetario Europeo (Sme). Questo accordo
tentativo più concreto di far fronte all’instabilità valutaria degli anni ’70 a seguito
rappresentava il
del crollo del regime di cambi di Bretton Woods. Da quel momento in poi si passò al regime dei
all’interno della Cee
cambi flessibili, il quale però portò ad una situazione di instabilità monetaria
anche a causa dell’elevato grado di apertura delle economie dei paesi europei. In ogni caso, i punti
salienti dello Sme erano i seguenti: accordo di cambio, regolamentazione degli interventi delle banche
al finanziamento degli interventi. Con esso nacque anche l’unità monetaria
centrali e norme relative
europea o ecu, una valuta virtuale non utilizzabile come mezzo di pagamento. Tuttavia, il Sme
presentava delle criticità, fra le quali un problema di asimmetria per cui la politica monetaria era
fortemente influenzata dal paese leader (Germania) ed eventuali conflitti sulle politiche da adottare
potevano portare ad una crisi del sistema, la quale si verificò nel biennio 1992-93. In tal modo, si
estrema importanza giungere all’unione monetaria, la quale fu
giunse alla conclusione che era di
sancita con il trattato di Maastricht del 1992, ma fu portata a termine nel 1999 con l’entrata in vigore
in
dei tassi di cambio fra euro e vecchie monete nazionali (la vera e propria circolazione dell’euro
banconote e monete iniziò il 1° gennaio 2002). Per entrare nell’Unione monetaria europea (Ume)
dovevano essere rispettati dei criteri molto rigidi, definiti di convergenza, fra i quali, per esempio, vi
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era l’obbligo di avere un debito pubblico non superiore al 60% del PIL. Infine, occorre ricordare che,
nel 1997, fu approvato un nuovo meccanismo chiamato Sme-2 per quei paesi che non avrebbero
ancora adottato l’Euro.
L’Eurozona è un’area valutaria ottimale?
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In economia internazionale un'area valutaria ottimale è un gruppo di paesi per i quali, vista la
stretta integrazione per quel che riguarda gli scambi internazionali e la facilità nel movimento dei
fattori produttivi, conviene creare un'area di cambi fissi o un'unione monetaria. Il concetto di area
valutaria ottimale fu inizialmente proposto dal premio nobel Robert Mundell nel 1961.
Il problema principale che viene preso in considerazione quando si tratta di capire i vantaggi insiti
nel dar vita a un'area di cambi fissi o a un'unione monetaria è la possibilità che si verifichino shock
asimmetrici nelle variabili esogene dei paesi coinvolti. Un esempio è dato da una variazione
asimmetrica (che si verifica in uno o più paesi, ma non in tutti; nel caso in analisi si considerano
solo due paesi come facenti parte di un'ipotetica area valutaria) della domanda: la domanda di
determinati beni prodotti in un paese (paese A) potrebbe aumentare, mentre potrebbe diminuire la
domanda di beni prodotti in un altro paese (paese B). In assenza di un regime di cambi fissi, la
aumentata domanda dei beni del paese A dovrebbe far cambiare il tasso di cambio, portando al
deprezzamento della moneta del paese B e all'apprezzamento della moneta del paese A, evitando
l'aumento della disoccupazione nel paese B (o il deterioramento della bilancia commerciale), che
sarebbe altrimenti danneggiato dalla diminuita domanda dei beni prodotti sul suo territorio.
Chiaramente, questo aggiustamento non può avere luogo in presenza di cambi fissi o, addirittura, di
un regime di unione monetaria. L'aggiustamento potrebbe essere quindi ottenuto tramite una
variazione dei salari e dei prezzi, qualora questi fossero flessibili. In assenza di questa flessibilità,
l'unica soluzione per evitare le conseguenze dello shock sarebbe lo spostamento dei fattori
produttivi. Per quel che riguarda le variazioni di prezzo, poi, assumerle come possibili (flessibilità
di prezzi e salari) non è sufficiente per considerarle un rimedio. Infatti, sarebbe necessario che le
economie dei due paesi fossero strettamente integrate dal punto di vista commerciale: in questo
modo, una piccola diminuzione dei prezzi dei beni prodotti nel paese B porterebbe ad un forte
aumento della loro domanda .
la politica monetaria attuata dalla BCE nell’ultimo decennio, con un
- Discutere
breve confronto con quella della FED. (da riguardare)
L’attività della banca centrale europea è stata fortemente messa sotto accusa nell’ultimo decennio
questa è stato definito come “troppo poco e troppo tardi” dato che le
poiché il modus operandi di
risposte al verificarsi della crisi del mercato statunitense e della crisi dei debiti sovrani non sono state
sufficientemente tempestive ed adeguate per quello che si ritenne successivamente necessario.
La crisi del 2007/08 non ha comportato dei cambiamenti sostanziali nelle politiche della BCE tranne
che per operazioni di immissione di moneta per l’abbassamento dei tassi d’interesse avvenuta
comunque in ritardo rispetto a quella intrapresa dalla FED, infatti vediamo che solo da metà 2008 la
BCE ha abbassato i tassi all’1%.
La crisi dei debiti sovrani che ha scosso il vecchio continente ha comportato un aggravam