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LE 3 DIMENSIONI DELLA VALUTAZIONE
Esistono 3 dimensioni che entrano a far parte del processo valutativo degli apprendimenti scolastici:
soggettiva, oggettiva e intersoggettiva. Queste dimensioni, spesso compresenti, rimandano alle
modalità attraverso le quali si giunge all’attribuzione di punteggi, voti o giudizi, e sono legate al
soggetto in quanto individuo (dimensione soggettiva), a criteri predefiniti e uniformi di valutazione
(dimensione oggettiva) o a criteri discussi e condivisi da più persone (dimensione intersoggettiva).
La dimensione soggettiva è prevalente nelle valutazioni, a meno che non si utilizzino criteri di
uniformità nell’attribuire i voti o giudizi.
La dimensione oggettiva cerca di utilizzare criteri costanti ed uniformi nella rilevazione degli
apprendimenti. Le verifiche oggettive, come nel caso dei test, sono strumenti di natura strutturata.
Queste prove sono chiamate oggettive perché non c’è l’influenza dei giudizi personali di chi valuta
(soggettività). Le prove oggettive, se costruite per verificare gli apprendimenti scolastici, vengono
chiamate prove strutturate di conoscenze e test di profitto. Con queste prove l’insegnante fornisce
uno stimolo specifico e l’allievo risponde con una prestazione altrettanto specifica. Nei paesi
anglosassoni e negli Stati Uniti questo tipo di prove sono molto presenti, in Italia invece non sono
mai diventate parte costitutiva delle verifiche dei docenti.
La dimensione intersoggettiva interviene solo quando nell’attribuzione di voti o giudizi diversi
valutatori e/o correttori discutono e condividono i criteri o le modalità in base alle quali procedere.
L’intersoggettività nella valutazione consiste quindi in un accordo nell’uso di descrittori, criteri e
modalità di rilevazione e misurazione. Es. prove di scrittura, interrogazioni…
FUNZIONI; FORME E TEMPI DELLE VERIFICHE
Funzioni Molti autori hanno fornito una classificazione delle diverse funzioni della valutazione,
ma non risulta esserci un accordo generale. Scriven (1967) definisce la funzione formativa e quella
sommativa.
Formativa. Quando la rilevazione delle informazioni sul procedere degli apprendimenti è
compiuta allo scopo di rimodellare il processo dell’istruzione. Essa si definisce formativa in quanto
permette di dare “forma” all’azione successiva. Se la valutazione formativa serve a identificare le
modalità e/o difficoltà individuali dello studente, la definiamo diagnostica, se la valutazione
formativa ha lo scopo di interpretare se lo studente può o meno seguire un determinato modulo di
insegnamento, la definiamo prognostica.
Sommativa. Quando la rilevazione delle informazioni sul procedere degli apprendimenti è
compiuta allo scopo di controllare il raggiungimento degli obiettivi posti dall’azione didattica. Essa
si chiama sommativa in quanto avviene in fase terminale di un processo.
De Landsheere (1971) fornisce un’altra classificazione delle funzioni della valutazione.
Diagnostica. Quando si cerca di scandagliare le possibili lacune o difficoltà dello studente per
mettere a punto le migliori e più efficaci procedure didattiche.
Misurativa. Quando si prova a raggiungere alcune quantificazioni degli apprendimenti.
Predittiva e prognostica. Quando si vuole avanzare delle previsioni sulla base dei risultati presenti
rispetto a sviluppi successivi.
Forme Gli strumenti di verifica più utilizzati continuano a essere quelli più tradizionali. Due
sono i principi che orientano nella scelta degli strumenti di valutazione e relativamente alla loro
funzionalità docimologica: Non esiste lo strumento di verifica migliore, ma solo quello più adatto
allo scopo per il quale è pensato. E il compito del docente è allora quello di prendere decisioni sullo
strumento che meglio si adatta; L’affidabilità dei diversi strumenti di rilevazione si ottiene
controllando le diverse fasi di costruzione.
Le prove strutturate, offrendo sia uno stimolo chiuso sia modalità di risposta predefinite, offrono
maggiori garanzie di affidabilità nell’attribuzione di punteggi e voti, ma spesso sono di difficile
costruzione e o no permettono di indagare specifiche abilità (4 tipi: vero/falso; scelta multipla;
corrispondenza; completamento o cloze tests).
Le prove semistrutturate sono quelle che offrono uno stimolo o delle istruzioni di tipo chiuso e
autonoma elaborazione delle risposte.
Le prove libere o aperte, ancor più di quelle semistrutturate sono adatte per alcune fasi formative
della didattica, e per un approccio dialogico e interattivo nella valutazione, ma di difficile
utilizzazione in sede di misurazione collegiale.
Tempi Le valutazioni si possono svolgere in tempi differenti: valutazione iniziale (si valutano i
prerequisiti e le abilità indispensabili per attivare un’unità formativa); intermedia; finale (per
assegnare voti, mettere in graduatoria, certificare competenze).
REQUISITI STRUMENTI DI MISURA
La validità di una misura consiste nel grado di corrispondenza tra quella misura (rilevazione
quantitativa o qualitativa) e ciò (fenomeno, processo, dato) che si vuole misurare. Controllare la
validità non è per niente semplice. La validità di una misura e successivamente di una valutazione è
correlata al tipo di strumento che si adopera. La validità degli strumenti di misura può essere
verificata in relazione a contenuti, criteri, costrutti e alla modalità di presentazione.
L’affidabilità di una misura consiste nel grado di precisione con cui essa può essere compiuta.
L’affidabilità di uno strumento consiste nel permettere e garantire un basso livello di interpretabilità
e quindi di uso soggettivo da parte di più persone. L’affidabilità di una prova può essere considerata
un aspetto della sua validità, in quanto se la prova non offrisse precise rilevazioni non ci
permetterebbe di sostenere la sua validità complessiva. La precisione nelle misurazioni educative
dipende dai diversi fattori che isolatamente o in modo concomitante si presentano nelle verifiche.
Essi riguardano lo strumento di misura, il valutatore e il soggetto esaminato. La precisione dello
strumento dipenda da quanto riesce a offrire uno stimolo uguale per tutti e da quanto permette una
registrazione dei risultati non soggettiva. La precisione del valutatore dipende invece sia dalla
variabilità nell’uso che può fare di uno strumento di rilevazione, sia dal grado di soggettività che
può fare ricadere nell’attribuzione della misura. La costanza del soggetto esaminato/valutato
richiama invece tutta una serie di problemi ben conosciuti dai docenti. L’incostanza delle condizioni
del soggetto esaminato può essere controllata aumentando il numero di verifiche, nell’ipotesi di un
maggiore equilibrio di questi fattori nel tempo. Le verifiche empiriche dell’affidabilità sono
molteplici e rimandano ai diversi formati di prove e dello stimolo, alla variabilità delle
caratteristiche della variabile da indagare, dei valutatori o dei soggetti che si sottopongono a
verifica. ES. di controllo della validità e dell’affidabilità: definire validamente cosa intendere per
“saper scrivere”; mettere a punto una serie di stimoli adeguati alla misurazione di quel costrutto;
scegliere un metodo di valutazione affidabile; somministrare le prove ad un gruppo rappresentativo
di studenti a livello nazionale; elaborare statisticamente i risultati sia degli studenti, sia dei
valutatori.
SCALE DI MISURA
La gran parte delle problematiche docimologiche ruotano intorno alla definizione e controllo della
validità (validity) e dell’affidabilità (reliability). Per la costruzione di prove di accertamento o di
profitto, ci si interroga sul tipo di fenomeno che si sottopone a misura. E per facilitare questo
compito, si cerca di definire l’ampiezza della variabile da considerare attraverso l’uso di una scala
di misurazione. Si fa riferimento alla classica distinzione tra 4 tipi di scale di misura. Le prime due
scale, quella nominale e quella ordinale, sono state spesso presentate come scale qualitative, mentre
le ultime due, quella a intervalli e quella di rapporti, come scale quantitative. Ciò è legato al fatto
che vengono usate per leggere fenomeni e processi di diverso ordine di complessità.
Scala nominale. Permette di classificare in base all’appartenenza delle singole variabili a
determinate categorie qualitative, alle quali vengono assegnati dei nomi. Questa scala è utile quando
vogliamo registrare la presenza/assenza di un determinato comportamento. Questo tipo di scala per
alcuni autori non viene ritenuta di natura quantitativa in quanto non consente di registrare delle
gradazioni o livelli di intensità dei fenomeni. Ma se consideriamo scala come qualcosa che
discrimina e classifica, anche senza individuare di gradi interni, allora anche quella nominale lo è.
(promosso/bocciato, Si/No)
Scala ordinale o graduatorie. Consente di stabilire delle graduatorie, cioè di ordinare rispetto alla
maggiore o minore presenza di una determinata caratteristica. Le classi o ranghi permettono di
ordinare e costituiscono una scala di valutazione (rating scale) che stabilisce relazioni di
maggioranza (superiorità), minoranza (inferiorità) o uguaglianza tra le qualità delle variabili
misurate. Anche in questo caso, come nella scala nominale, continuiamo a parlare di qualità della
misura in quanto non è possibile quantificare la differenza o distanza precisa tra le singole classi,
ma semplicemente il loro rapporto. I voti scolastici sono un lampante esempio di scala ordinale. I
voti non sono dei semplici valori numerici, ma rimandano a concetti generali di sufficienza diversi
per i singoli docenti e a usi più o meno diversificati dell’intera gamma di punteggio. Nella misura
degli apprendimenti la scala ordinale o di classificazione è largamente usata e torna utile per la
misurazione di tratti specifici di una determinata abilità o competenza. (modalità numeriche, voti,
scale di aggettivi)
Scala a intervalli equivalenti. In questa scala la distanza tra tutti i punti/valori è uguale e costante.
In campo educativo, i fenomeni sono misurati al massimo con una scala di intervalli. Un esempio di
scala a intervalli equivalenti adoperata nella scuola ci è fornita dall’uso di prove oggettive
(attribuzione punteggi in base a strumenti di rilevazione più precisi).
Scala di rapporti: lo “zero” significa assenza di quella misura (età, statura, ecc. Con punti
percentili o simili).
Scale e voti: La distinzione tra le scale è proprio il primo passo per rendere trasparenti i livelli di
misura pratica