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Incompatibilità
La previsione legislativa di ipotesi di incompatibilità dell'organo giudicante, rispondendo all'esigenza di garantirne l'imparzialità e la terzietà, contempla presupposti di molteplice natura, in quanto la stessa può scaturire da diverse situazioni, quali: il compimento di altri atti nel procedimento, nelle ipotesi disciplinate dall'art. 34 c.p.p.; ragioni di parentela, affinità o coniugio, di cui al successivo art. 35 c.p.p.
L'art. 34 c.p.p., disciplinante i casi di incompatibilità determinati da atti già compiuti nel procedimento, mira a garantire l'imparzialità del giudice. Quando questi (inteso come persona fisica) si sia già pronunciato sul merito dell'accusa in altra fase del procedimento, non può più partecipare alle fasi successive del giudizio.
Astensione
L'astensione, riguardante il magistrato - persona, e, quindi, la persona fisica
delgiudice e del pubblico ministero, è un istituto volto, da un lato, ad assicurare allo stesso giudice la serenità e l'autorità necessarie per l'esercizio delle sue funzioni e, dall'altro, a garantire i cittadini in ordine alla posizione di assoluta estraneità e imparzialità del giudice rispetto alle parti in causa. L'art. 36 c.p.p. individua i casi in cui il giudice ha l'obbligo di astenersi. L'istituto dell'astensione appare quindi anch'esso preordinato a far fronte a situazioni nelle quali la garanzia di un'attività cognitiva condotta da un giudice terzo ed imparziale, secondo i precetti del giusto processo, è messa in pericolo da contingenze, personali o fattuali, in questi casi esterne e preesistenti al procedimento, non dipendenti. Laddove il giudice ritenga sussistenti i presupposti per astenersi dal trattare i fatti controversi, è tenuto ad emettere una dichiarazione, dalmedesimo non successivamente revocabile, diretta al presidente della corte d'appello o del tribunale oppure, se la richiesta di esonero dall'esercizio dei poteri giurisdizionali viene avanzata dal presidente del tribunale o da quello della corte d'appello, rispettivamente al presidente della corte d'appello o a quello della Corte di cassazione.
Ricusazione del giudice
L'istituto della ricusazione ha il fine di garantire l'imparzialità di colui che è chiamato a giudicare. Tale istituto interviene, innanzitutto, quando, nelle ipotesi previste di astensione obbligatoria del giudice (art. 36 c.p.p.), con esclusione delle gravi ragioni di convenienza di cui alla lett. h) dell'art. 36 c.p.p., questi non si attivi ai fini della propria sostituzione. Ulteriore ipotesi di ricusazione, ai sensi dell'art. 37 c. 1 lett. b) c.p.p., è data dal caso in cui, nell'esercizio delle proprie funzioni, il giudice abbia
“manifestatoindebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell’imputazione”. Rilevatauna di tali situazioni, sarà onere delle parti presentare istanza di ricusazione. Il giudicericusato (o astenuto), in caso di accoglimento della relativa istanza, non può piùcompiere alcun atto del procedimento e viene sostituito da altro magistrato dellostesso ufficio. Il procedimento per la dichiarazione di ricusazione, la cui disciplina ècontenuta negli artt. 38-44 c.p.p., risulta caratterizzato da una serie di garanziedovute al fatto che la ricusazione incide sulla stessa credibilità del giudice e, quindi,sull’efficacia degli atti compiuti e, conseguentemente, sulla speditezza del processo, esi articola secondo modalità e termini particolarmente rigorosi, allo scopo diaccentuare il carattere giurisdizionale della procedura, scoraggiandone, al contempo,gli usi dilatori.
Rimessione del processoL’art. 45 c.p.p.
Disciplina i casi di rimessione del processo, nella sua nuova formulazione risultante dalle modifiche apportate dalla L. n. 248/2002, che ha introdotto nel nostro ordinamento il c.d. legittimo sospetto. In sostanza, la rimessione ad altro giudice viene disposta dalla Corte di cassazione, su richiesta motivata del procuratore generale presso la corte d'appello o del pubblico ministero presso il giudice che procede o dell'imputato, quando rilevi l'esistenza gravi situazioni locali non altrimenti eliminabili, tali da turbare l'ordinato svolgimento del processo, la libera determinazione delle persone che vi partecipano o la sicurezza e l'incolumità pubblica, o che siano tali da determinare motivi di legittimo sospetto della non imparzialità del giudice.
Il pubblico ministero è quel magistrato al quale l'ordinamento attribuisce la titolarità esclusiva dell'azione penale, con la copertura costituzionale dell'art.
112 Cost. Il pubblico ministero, nell'adempimento dei suoi doveri istituzionali, agisce dunque per salvaguardare l'interesse pubblico al perseguimento del soggetto che si sia reso colpevole di un fatto astrattamente previsto dalla legge come reato. Egli, in quanto appartenente al potere giudiziario, gode dell'autonomia e dell'indipendenza dall'ingerenza di altri apparati istituzionali. La Costituzione, inoltre, attribuisce al medesimo la direzione della polizia giudiziaria che, salvo casi particolari, può agire in sede investigativa solo su ordine o delega del magistrato medesimo. Il pubblico ministero compie ogni attività necessaria ai fini delle determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale. L'ufficio del pubblico ministero è suddiviso in una pluralità di uffici, ciascuno dei quali svolge le proprie funzioni dinanzi all'organo giudiziario presso cui è costituito. Ciascun ufficio si compone del
titolare (procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario, procuratore generale presso la corte d'appello o presso la Corte di cassazione) e di uno o più magistrati addetti all'ufficio (sostituti procuratori). Tra i diversi uffici del pubblico ministero non esiste un rapporto gerarchico, ma di mera sovraordinazione del titolare dell'ufficio rispetto ai sostituti, quale corollario del potere di organizzazione e direzione, mentre la scelta legislativa è stata quella di valorizzare la posizione di autonomia funzionale del singolo magistrato. È tuttavia attribuito al procuratore generale presso la corte d'appello, deputato a esercitare la sorveglianza su tutti gli uffici appartenenti al proprio distretto, un particolare potere di avocazione. L'avocazione consiste, in sostanza, nel potere di un organo superiore di sostituirsi ad uno inferiore nello svolgimento di una data attività.
esercitato nei seguenti casi: se, inconseguenza dell'astensione e dell'incompatibilità del magistrato della procura della Repubblica designato per svolgere le indagini non sia stato possibile provvedere, o sia omesso di farlo, alla sua tempestiva sostituzione; se, nell'ipotesi di indagini collegate relative a gravi delitti condotte da più procure della Repubblica nell'ambito dello stesso distretto di corte d'appello, a causa del mancato coordinamento tra gli uffici si verifichi una stasi o un inadeguato sviluppo del procedimento; se il pubblico ministero non esercita l'azione penale o non richiede l'archiviazione nel termine previsto dall'art. 407 c. 3 bis c.p.p..
Infine, un particolare potere di avocazione delle indagini è riconosciuto anche al procuratore nazionale antimafia nelle ipotesi relative ai delitti di stampo mafioso. Gli istituti dell'astensione (art. 52 c.p.p.) e dei contrasti (artt. 54-54 quater c.p.p.)
Mirano a garantire l'obiettività della funzione svolta dal pubblico ministero, anche se, data la qualità di parte ricoperta dallo stesso, questi risulterà soggetto mai ricusabile dalla controparte-imputato, giacché questi non potrà mai "scegliersi" il proprio accusatore.
Garantiscono, inoltre, l'integrità del ruolo dell'accusa, ponendola al riparo da eventuali abusi dei dirigenti degli uffici.
Con specifico riguardo ai contrasti tra pubblici ministeri, ricevuta la richiesta di trasmissione degli atti da parte di altro pubblico ministero, si ha la possibilità di ufficializzare il contrasto, richiedendo l'intervento del procuratore generale presso la corte d'appello o presso la Corte di cassazione, oppure di procedere a un collegamento di indagini ex art. 371 c.p.p. La decisione della procura generale serve a designare l'ufficio legittimato alla prosecuzione delle indagini allo stato degli atti.
Particolare riguardo alle funzioni esercitate dal pubblico ministero, questi deve, a seguito della ricezione della notizia di reato, raccogliere, durante la fase delle indagini preliminari, tutti gli elementi probatori necessari per la ricostruzione dei fatti (c.d. funzione inquirente), così da avere, alla fine delle indagini, un quadro chiaro ed esauriente circa l'esercizio, o meno, dell'azione penale nei confronti dell'indagato. A tale fine, senza voler essere esaustivi:
- svolge accertamenti, rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici;
- procede personalmente all'esame delle persone informate sui fatti;
- procede all'esame delle persone imputate in un procedimento connesso ovvero delle persone imputate per un reato collegato a quello per cui si procede;
- previo invio dell'informazione di garanzia, pone in essere personalmente (o delega alla polizia giudiziaria) l'interrogatorio dell'indagato;
- previo invio dell'informazione di garanzia,
dispone con decreto motivato l'ispezione delle persone, delle cose o dei luoghi;
riceve le dichiarazioni spontanee dell'indagato;
invita l'indagato a rendere interrogatorio;
dispone con decreto motivato (potendone delegare l'esecuzione alla polizia giudiziaria) la perquisizione personale;
dispone con decreto motivato (potendone delegare l'esecuzione alla polizia giudiziaria) il sequestro probatorio del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato;
per alcune ipotesi di reato, tassativamente previste, compie personalmente (o delega alla polizia giudiziaria l'esecuzione) intercettazioni di conversazioni, comunicazioni telefoniche o altre forme di telecomunicazione, previa autorizzazione da richiedere al giudice per le indagini preliminari.
Tutti gli atti di indagine preliminare svolti dal pubblico ministero devono essere documentati ed inseriti nel fascicolo delle indagini, il quale diverrà conoscibile dall'indagato nella sua interezza alla
conclusione delle indagini preliminari.La polizia giudiziaria
Gli artt. 55-59 c.p.p. disciplinano i profili strutturali e funzionali del