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Nullità dell'atto e della notifica (conseguenze)
La nullità è la conseguenza che scaturisce dalla violazione di norme processuali, tali da rendere l'atto non idoneo al raggiungimento dello scopo assegnatogli dalla legge. La relativa disciplina è contenuta negli artt. 156-161 c.p.c.
Si tratta di una disciplina differente da quella riservata alla nullità in ambito civilistico, dal momento che la nullità degli atti è di regola sanabile, salve espresse previsioni di legge in cui il Legislatore prescrive l'insanabilità della nullità stessa.
La nullità della notifica è una forma di invalidità che si produce ogniqualvolta la notificazione non abbia portato a conoscenza del destinatario il documento o l'atto processuale. La funzione della notifica è quella di garantire alla parte la conoscenza degli atti, in modo tale da esercitare il proprio diritto di difesa, così come sancito dalla
Costituzione all'art. 24. Pertanto, eventuali vizi della stessa non possono esser che giustificativi di un rimedio severo quale la nullità. Laddove, infatti, siano compromessi diritti fondamentali della persona, il legislatore ha previsto un regime sanzionatorio caratterizzato da una peculiare forza repressiva.
Nullità (sanatoria) La sanatoria è quella possibilità di consentire che, a determinate condizioni, all'atto compiuto male conseguono gli stessi effetti dell'atto compiuto bene. Sono previste numerose sanatorie delle nullità, che si realizzano allorquando l'atto viziato si combini con un atto o fatto giuridico successivo, sostitutivo del requisito mancante o viziato che ha dato luogo alla nullità, in modo da integrare una nuova fattispecie alla quale sono ricollegati gli stessi effetti giuridici che avrebbe prodotto l'atto nullo se la nullità non si fosse verificata. Le sanatorie possono essere generali o speciali.
Le prime sono quelle sanatorie che riguardano tutti gli atti viziati indipendentemente dal fatto che la sanatoria sia espressamente prevista. Valgono per tutte le nullità tranne che per quelle assolute.
Nullità intermedie
Il regime delle nullità generali, diverse da quelle assolute, è dettato dall'art. 180 che non detta etichettature di sorta nella sua rubrica. L'espressione nullità intermedie appare la più opportuna per raggrupparle empiricamente, perché il relativo trattamento si situa in posizione mediana tra le nullità assolute e quelle relative. Come le prime infatti sono rilevabili anche ex officio, mentre, al pari delle seconde, risultano sanabili in un momento anteriore all'irrevocabilità della sentenza. Le nullità a regime intermedio non possono essere rilevate (dal giudice), né dedotte (dalle parti), se verificatesi prima del giudizio, dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo.
I tempi di rilevazione risultano più ampi rispetto a quelli di deduzione: in camera di consiglio infatti il giudice può rilevare una nullità la cui deduzione, invece, non è più consentita alle parti, per le quali vale il termine della chiusura delle dibattimento o della discussione.
Se tempestivamente dedotta, ma non dichiarata dal giudice, la nullità è in via automatica devoluta al giudice dell'impugnazione.
L'area delle nullità intermedie si ricava sottraendo all'area delle nullità generali quelle assolute. Non ci sono nullità speciali sottoposte al regime delle nullità intermedie.
Costituiscono nullità intermedie l'inosservanza delle disposizioni circa la partecipazione del pm al procedimento e l'inosservanza di disposizioni circa l'intervento, la rappresentanza e l'assistenza dell'imputato.
Nullità ed inutilizzabilità (differenza)
La distinzione tra
l'istituto della nullità e quello dell'inutilizzabilità è fondamentale, in quanto un atto nullo, laddove sia sanato, è produttivo di effetti; mentre per gli atti inutilizzabili si esclude valore probatorio in ambito processuale. A tal proposito è importante sottolineare che l'inutilizzabilità va a colpire non solo le prove oggettivamente vietate, come per esempio quelle acquisite "fuori dai casi previsti dalla legge" così come statuito dall'articolo 271 del codice di procedura penale, ma l'inutilizzabilità si riferisce anche ad un vizio grave che riguarda il procedimento di formazione della stessa prova; mentre per quanto riguarda la nullità, secondo quanto è stato sancito dalle Sezioni Unite, la nullità è idonea a colpire, in virtù del principio di tassatività, quegli atti che siano il risultato dell'inosservanza delle formalità di assunzione della prova.
senza però che il procedimento di formazione della prova stessa, sia fuori dal processo.Parte civile:
In relazione alla parte civile, l'articolo 76 del codice di procedura penale è estremamente chiaro nel definirla l'azione civile nel processo penale è esercitata con la costituzione di parte civile.
Riassumendo, le differenze tra persona offesa, danneggiato e parte civile sono le seguenti:
La persona offesa è il soggetto al quale è stato leso il bene giuridico tutelato dallo Stato.
Il danneggiato è il soggetto che ha subito il danno patrimoniale.
La Parte Civile è una parte processuale eventuale del processo penale ed esercita i diritti previsti dalle parti di quel procedimento.
Quasi sempre Persona Offesa e danneggiato sono la stessa persona e, sia l'uno sia l'altro, possono partecipare attivamente al processo penale costituendosi Parte Civile.
Patteggiamento art. 444cp
L'applicazione di pena concordata tra le parti, il cd.
Il patteggiamento è stato concepito nell'intento di snellire il corso del processo, del quale permette una chiusura anticipata in forza dell'accordo tra P.M. e imputato, il quale volontariamente si sottomette alla sanzione penale, evitando così l'approdo dibattimentale.
Tramite tale istituto, l'imputato accetta volontariamente una determinata quantificazione della pena, rinunciando in tutto o in parte alla fase dibattimentale vera e propria.
Il patteggiamento è esperibile per una serie di reati, da identificarsi tramite il riferimento alla sanzione in concreto applicabile, con esclusione di determinati reati indicati nel comma 1bis. Inoltre, quando si procede per taluni reati contro la pubblica amministrazione, la concessione del patteggiamento è subordinata all'integrale restituzione del prezzo o del profitto del reato.
Rientrano invece nella cerchia di applicabilità dell'istituto i delitti e le contravvenzioni punibili con la pena
Pecuniaria oppure con una delle sanzioni sostitutive previste dalla L.689/1981, oppure con una pena detentiva non superiore ai cinque anni quando, tenuto conto delle circostanze e della diminuzione fino ad un terzo.
Non possono usufruire del patteggiamento coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, plurirecidivi, ma solo quando la pena superi due anni, anche congiuntamente a pena pecuniaria.
Ulteriore vaglio del giudice viene esercitato in merito alla richiesta condizionata dell'imputato. La parte può infatti chiedere che l'ammissibilità del patteggiamento sia condizionata alla concessione della sospensione condizionale della pena di cui all'art.163 c.p..
Querela
La querela è l'atto con il quale la persona offesa da un reato non procedibile d'ufficio manifesta la volontà di perseguire penalmente il colpevole.
Secondo l'art. 120 c.p., il diritto di querela sorge in capo ad "ogni persona offesa".
da un reato per cui non debba procedersi d'ufficio o dietro richiesta o istanza".
L'esercizio del diritto coincide, quindi, di regola con la stessa vittima del reato (soggetto passivo), che può esercitarlo personalmente o tramite procuratore speciale (art. 336 c.p.p.).
Quando la persona offesa, invece, ha meno di 14 anni o è interdetta a causa di infermità di mente, il diritto è esercitato dal genitore o dal tutore.
La dichiarazione di querela deve contenere due elementi essenziali: la notizia di reato e la volontà che si proceda penalmente in ordine allo stesso.
La querela può essere presentata di fronte a un pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria, sia in forma orale che in forma scritta.
La differenza sostanziale tra la denuncia e la querela è che mentre quest'ultima può essere proposta solo dalla persona offesa, la prima può essere presentata da chiunque e non deve contenere una
manifestazione di volontà, essendo sufficiente soltanto la notizia del fatto direato.Rapporti tra azione civile e azione penale art.75cpp
L'esercizio dell'azione civile e dei suoi rapporti con il processo penale è vincolato al rispetto di alcune regole. In primo luogo rileva il momento in cui si decide di esercitare l'azione civile:
a) si può decidere esercitarla per la prima volta nel processo penale purché il dibattimento non sia ancora stato aperto, altrimenti scaduti i termini, o se si decide di non trasferirla nel processo penale, prosegue in sede civile;
b) l'azione civile, già esercitata in sede civile, può essere anche trasferita nel procedimento penale purché, oltre al requisito relativo all'apertura del dibattimento nel processo penale, nel processo civile non sia ancora stata emessa sentenza di merito; il processo civile rimarrà sospeso fino all'emissione della sentenza penale e in caso di
Assoluzione dell'imputato, la sentenza produrrà effetti anche nei confronti di colui costituitosi parte civile (art. 652 c.p.p.).
Se l'azione civile in sede civile viene esercitata dopo la costituzione di parte civile nel processo penale, o dopo la sentenza penale di primo grado, il procedimento civile rimane sospeso sino all'irrevocabilità della sentenza penale.
Reati commessi in udienza art. 476 cpp
La norma in commento prevede innanzitutto che non è consentito l'arresto del testimone in udienza per i reati concernenti il contenuto della deposizione. Il principio in esame trova il suo fondamento sia nella salvaguardia dell'economia processuale e della celerità del procedimento, sia e soprattutto nel fatto che è ritenuto prevalente l'interesse ad una testimonianza completa ed incentrata maggiormente sui fatti di causa, piuttosto che sulla eventuale responsabilità penale del testimone per falsa testimonianza.
La testimonianza deve quindi innanzitutto svolgersi nella sua interezza, senza interruzioni di sorta. Sarà