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QUAL È L’ITER DI APPROVAZIONE DEI PIANI DI RECUPERO?

I Piani di Recupero vengono approvati con delibera consiliare con la quale vengono decise le opposizioni presentate,

tale delibera deve intervenire entro tre anni dall’individuazione delle zone da recuperare, pena la decadenza

dell’individuazione stessa. Il tipo di procedimento è simile a quello dei Piani Particolareggiati, infatti i Comuni possono

attribuire il valore del Piano ai Piani Particolareggiati ed ai Piani delle zone per l’Edilizia Economica e Popolare.

COME SI ATTUANO I PIANI DI RECUPERO?

L’attuazione dei Piani di Recupero è demandata ai proprietari ed ai Comuni sia direttamente che mediante apposite

convenzioni con i proprietari medesimi. I proprietari di immobili e di aree comprese nelle zone di recupero possono

presentare una proposta di piano al comune, il quale può adottarla insieme ad una convenzione analoga a quella

prevista nel caso di Piani di Lottizzazione.

QUAL È IL CONTENUTO TECNICO DEL PIANO DI RECUPERO?

Prevede una metodologia accurata, una serie di indagini e di analisi dei tessuti urbanistico-edilizi da sottoporre al

recupero basata sulla ricognizione puntuale di tipologie, caratteri costruttivi, stato di conservazione, epoca di

costruzione, destinazioni d’uso. 3

COSA SONO I PIANI ATTUATIVI DI NUOVA GENERAZIONE E QUANDO VENGONO INTRODOTTI?

A partire dai primi anni Novanta vengono introdotti una serie di strumenti per la riqualificazione urbana, i piani attuativi

ed i relativi finanziamenti. Sono strumenti a carattere programmatorio decisivi per lo sviluppo del territorio perchè

attivano il coinvolgimento dei privati sul piano economico costituendo quella materia che è stata definita urbanistica

contrattata o negoziata. Il tutto finalizzato a rendere flessibili e rapide le procedure amministrative e l’intesa quindi tra

Stato e Regioni.

QUALI SONO I PIANI ATTUATIVI DI NUOVA GENERAZIONE?

• Il PROGRAMMA INTEGRATO DI INTERVENTO, introdotto dalla L. 179/92, detta norme sull’edilizia residenziale

pubblica che tende a riqualificare il tessuto urbano edilizio ed ambientale. Importante per la presenza di diverse

funzioni e diverse tipologie di intervento organizzando degli accordi programmati tra operatori e finanziatori

pubblici e privati attraverso consorzi e associazioni;

• Il PROGRAMMA DI RECUPERO URBANO, introdotto dalla L. 493/93, finalizzato alla realizzazione di opere di

urbanizzazione primaria ed alla loro manutenzione, in particolare agli impianti e servizi a rete ed alle opere di

urbanizzazione secondaria, ai progetti di completamento di quelli esistenti ed all’inserimento degli elementi di arredo

urbano, nonché alla conservazione ed alla ristrutturazione degli edifici esistenti;

• Il PROGRAMMA DI RIQUALIFICAZIONE URBANA, introdotto con DM LLPP 21 dicembre 1994, i contenuti tecnici e

le sue finalità sono analoghi a quelli del Programma di Recupero Urbano, quindi nel coinvolgimento dei soggetti privati

attraverso la stipula di una convenzione ed atti d’obbligo.

COSA SI INTENDE PER STRUMENTI SETTORIALI E COMPLEMENTARI?

Sono una serie di strumenti che regolamentano la mobilità urbana sia a livello pedonale che veicolare attraverso la

sensibilizzazione di programmi e piani finalizzati allo scambio di trasporto collettivo, alle aree riservate a reti ciclo-

pedonali e servizi afferenti.

QUALI SONO I PIANI SETTORIALI?

• Il PUP Programma Urbano Parcheggi, introdotto dalla L. 122/89 (Legge Tognoli), prevede la localizzazione ed il

dimensionamento dei parcheggi pubblici attraverso la creazione di aree di sosta finalizzate all’interscambio con

sistemi di trasporto. Adottato e approvato dai Comuni e dalle Regioni è corredato da previsioni economico-finanziarie

mediante opportune concessioni e gestioni a società, imprese di costruzione, cooperative e consorzi;

• il PUT Piano Urbano Traffico, previsto dal Nuovo Codice della Strada DLgs 285/92, che lo rende obbligatorio per i

Comuni con più di 30.000 abitanti, cioè quelli che periodicamente rilevano fenomeni di afflusso turistico e di

pendolarismo;

• il PUM Piano Urbano Mobilità, introdotto dalla L. 24 novembre 2000 n. 340, analogo in sostanza alle funzioni del

PUT, comprende interventi sulle infrastrutture di trasporto pubblico e stradale, su parcheggi e nodi di interscambio;

• il PROGRAMMA DELLA RETE CICLO-PEDONALE, redatto da tutti i Comuni capoluogo di provincia con lo scopo di

ridurre il traffico veicolare ed il conseguente inquinamento atmosferico attraverso la realizzazione di una rete di

percorsi ciclabili integrati realizzabili anche con altri soggetti pubblici o privati;

• Il PIANO DI RISANAMENTO ACUSTICO, introdotto dalla L. 29 ottobre 1995 n. 447 Legge Quadro sull’inquinamento

acustico, contiene l’analisi delle fonti sonore e dei fotometrici riportati anche sulle tavole del PRG e dal Piano di

Azzonamento Acustico attraverso le norme tecniche di risanamento acustico. Non può essere considerato un vero e

proprio strumento urbanistico, utilizza delle misure precauzionali di misure di protezione per la messa in opera di

barriere di antirumore. Adegua e separa le diverse zone funzionali come residenze ed attività produttive utilizzando

una corretta dislocazione degli insediamenti legando le caratteristiche plano altimetriche e microclimatiche del

3

territorio;

• il PIANO INTEGRATO DEI SERVIZI; solo alcune normative regionali lo prevedono come allegato obbligatorio del

PRG. Rivisita a livello quantitativo la dotazione di servizi applicati a degli standard urbanistici DM 1444/68 attraverso

l’organizzazione spaziale dei servizi garantendo efficienza agli spazi pubblici;

• il PIANO DEL COLORE; non essendo ancora previsto come strumento dalla legislazione nazionale è ancora in fase

di sperimentazione metodologica da parte di varie amministrazioni comunali; il suo fine è quello di coordinare

interventi di manutenzione e coloritura delle facciate dei centri storici.

CHE DIFFERENZA C’È TRA STRUMENTI DI DISCIPLINA EDILIZIA E STRUMENTI URBANISTICI?

Gli strumenti di disciplina edilizia costituiscono un fondamentale complemento attuativo agli strumenti urbanistici, in

quanto questi ultimi non operano scelte di utilizzazione del territorio.

ESISTONO SOLO QUESTE SEI ZONE OMOGENEE?

Alcuni comuni hanno provveduto ad individuare ulteriori ripartizioni in sottozone, esempio A1, in modo da organizzare

più specificatamente la disciplina del territorio ed incrementare il numero complessivo delle zone omogenee.

COSA DICONO GLI art. 3 E 5 DEL DECRETO DM 1444/68?

Prevedono la dimensione minima e la tipologia dei servizi ed infrastrutture stabilita per ognuna delle zone omogenee

da rispettare obbligatoriamente negli strumenti urbanistici. Nello specifico l’art. 3 fissa i rapporti massimi tra gli spazi

destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a

parcheggi.

QUAL È LA DOTAZIONE MINIMA PER OGNI ABITANTE?

Questi rapporti sono stabiliti in misura tale da assicurare per ogni abitante insediato o da insediare la dotazione

per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi con

minima inderogabile di 18 m 2

esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie.

QUALI SONO LE AREE PRINCIPALI E LA LORO DOTAZIONE MINIMA?

• Aree per l’istruzione: asili nido, scuole materne e scuole dell’obbligo; 4,50 m 2

• Aree per l’attrezzature ad interesse comune: religioso, culturale, sociale, assistenziale, sanitario, amministrativo,

uffici P.T., protezione civile; 2,0 m 2

• Aree per spazi pubblici attrezzate a parco, per il gioco e lo sport, effettivamente utilizzabili per tali impianti con

esclusione di fasce verdi lungo le strade; 9,0 m 2

• Aree per parcheggi (in aggiunta alla superficie prevista dalla L. 1150/42, 1 m per ogni 10 m di costruito), tali aree

2 3

.

possono anche essere distribuite su diversi livelli; 2,5 m 2

IN BASE ALLA FORMAZIONE DI QUESTI STRUMENTI URBANISTICI AD OGNI ABITANTE QUANTO

SPETTA DI SUPERFICIE LORDA ABITABILE?

Ad ogni abitante insediato o da insediare corrispondono mediamente 25 m di superficie lorda abitabile, pari a circa 80

2

vuoto per pieno. Eventualmente maggiorati di una quota non superiore a 5 m , pari a circa 20 m vuoto per pieno,

m 3 2 3

per destinazioni non specificamente residenziali ma strettamente connesse (negozi di prima necessità).

QUALI SONO LE ZONE TERRITORIALI OMOGENEE ED I RISPETTIVI RAPPORTI DEGLI

INSEDIAMENTI RESIDENZIALI E DEGLI SPAZI PUBBLICI?

• Zone A: l’amministrazione comunale qualora dimostri l’impossibilità di raggiungere le quantità minime stabilite

dall’art. 3 DM 1444/68 deve precisare come siano altrimenti soddisfatti i fabbisogni dei relativi servizi ed attrezzature;

• Zone B: qualora sia dimostrata l’impossibilità di raggiungere la predetta quantità di spazi su aree idonee, gli spazi

stessi vanno reperiti entro i limiti delle disponibilità esistenti, ovvero su aree accessibili tenendo conto dei raggi

d’influenza delle singole attrezzature. Le aree che vanno destinate agli spazi indicati dall’art. 3, nell’ambito di zone A e

B, saranno computate in misura doppia di quella effettiva ai fini della determinazione delle quantità minime prescritte

dallo stesso articolo.

• Zone C: deve essere assicurata integralmente la quantità minima di spazi indicati dall’art. 3. Tali quantità nei comuni

, dei quali 4 m riservati alle

per i quali la popolazione prevista non superi i 10.000 abitanti è fissata in 12 m 2 2

attrezzature scolastiche (nido, materna e scuola dell’obbligo). La stessa disposizione si applica agli insediamenti

residenziali in comuni superiori ai 10.000 abitanti per nuovi complessi insediativi nei quali la densità fondiaria non

/1 m . Quando le zone C siano in diretto rapporto con il territorio (coste, laghi, lagune), preesistente storico,

superi 1 m 3 2 (gioco);

artistiche ed archeologiche, la quantità minima di spazio per spazi pubblici attrezzati resta fissata a 15 m 2

• Zone D: se ne occupa specificamente l’art. 5 del DM 1444/68:

- nei nuovi insediamenti di carattere industriale o ad essi assimilabili compresi nelle zone D la superficie da destinare

a spazi pubblici o destinata ad attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi non può essere inferiore al 10%

dell’intera superficie destinata a tale insediamenti; di superficie lorda di pavimento di edifici

- nei nuovi insediamenti di carattere commerciale e direzionale a 100 m 2

di spazio escluse le sedi viarie, di cui almeno la metà destinate

previsti deve corrispondere la quantità minima di 80 m 2

a parcheggi; da riservare complessivamente per le attrezzature ed i servizi;

• Zone E: la quantità è stabilita in 6 m 2

ad abitante per le attrezzature dell’

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A.A. 2017-2018
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SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/21 Urbanistica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gtulli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Esame di stato per l'abilitazione alla professione di architetto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Ingegneria e Architettura Prof.