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Vetro
Il vetro è un solido amorfo, inorganico prodotto per fusione e raffreddato senza cristallizzazione. Se volessimo dare una formula chimica al vetro potremmo dare quella del biossido di silicio. In realtà, il biossido di silicio che è la materia prima del vetro si trova in forma cristallina e non amorfa. In particolare, ogni atomo di silicio è legato a 4 atomi di ossigeno. In questa forma possiamo aprire di silice, se ho grossi cristalli posso parlare di quarzo, se ho piccoli cristalli abbiamo la sabbia. Per ottenere il vetro dalla silice, questa deve essere scaldata e successivamente deve seguire un raffreddamento veloce. Scaldando si perde la struttura cristallina, e raffreddando velocemente invece non do il tempo ai legami covalenti di riformarsi per questo otterrò una struttura amorfa. Prima di parlare della produzione vera e propria del vetro, è necessariovetro bisogna parlare dei componente principali di quest'ultimo. Infatti, se il componente principale come già detto è il biossido di silicio (68-73%). Possiamo trovare anche il carbonato di calcio e il carbonato di sodio, rispettivamente 12% circa e allumina per 1,5-2%. Questi componenti, come il carbonato di sodio, hanno il compito di dare caratteristiche particolari al vetro, come caratteristiche di resistenza. Detto ciò, possiamo dire che la principale lavorazione del vetro avviene attraverso i forni di fusione. In questi forni, tutti gli ingredienti vengono alimentati e subito incontrano una zona di fusione a 1500°C, dove la materia solida diviene liquida. In questo liquido, oltre agli ingredienti caratteristici del vetro, sono presenti anche molte impurezze che vanno eliminate. A tale scopo, tra la zona di fusione e quella di affinaggio, c'è una gola che, oltre allo scopo di ridurre lo spessore della massa fluida, ha quello di allontanare le sostanze.più leggere ( le impurezze appunto ). Nella zona di affinaggio attraverso temperature leggermente più basse 1200°-1300° vengono allontanati possibili gas non graditi neoformati come ad esempio anidride carbonica. Se c02 rimanesse nel bolo avrei poi nella formazione della bottiglia delle bolle di aria visibili anche ad occhio nudo. A questo punto il vetro che è ancora fuso in questa zona inizia a solidificare perché sta avvenendo un raffreddamento. Un pistone preme il vetro attraverso la bocca di estrazione andando a formare una goccia di vetro che viene chiamata bolo. All’uscita dalla bocca di estrazione è presente una trinciatrice che taglia il bolo in base alle dimensioni desiderate.
Elencare i principali ingredienti del vetro e spiegarne le funzioni:
I principali ingredienti del vetro sono:
- biossido di silicio per 68-73%
- carbonato di calcio 12%
- carbonato di sodio 12%
- allumina 1,5-2%
Oltre a questi ingredienti possono essere usati coloranti come ossido
Il vetro può essere colorato utilizzando diversi ingredienti, come ad esempio ossidi di cromo per dare il colore verde, ossidi di cobalto per dare il colore blu e ferro e zolfo per ottenere il vetro ambra, color marrone. Questi ingredienti hanno principalmente le seguenti funzioni:
- Vetrificante: tutti i componenti come ossido di silicio che aiutano alla costituzione del reticolo
- Fondenti: come il carbonato di sodio, potassio e alluminio che abbassano la temperatura di fusione
- Stabilizzanti: come carbonati di calcio e magnesio che riducono la tendenza alla devetrificazione
- Affinanti: quelli a base di nitrati che favoriscono l'eliminazione della CO2.
Spieghiamo ora in cosa consiste l'attacco acido e l'attacco alcalino del vetro.
Anche il vetro, andando a contatto diretto con gli alimenti, deve rispettare il concetto di idoneità alimentare, cioè non deve trasferire all'interno dell'alimento sostanze in quantità tale da inficiare sulla salute del consumatore e sulle caratteristiche del prodotto. In particolare, si riconoscono due situazioni:
attacco acido: cioè il vetro messo semplicemente a contatto con acqua. il sodio presente nella struttura amorfa del vetro non è legato covalentemente quindi in presenza di acqua e più precisamente dell'idrogeno dell'acqua, forma idrossido di sodio che viene estratto dagli strati superficiali. Questo in realtà non comporta un danno al consumatore.
attacco alcalino: è dovuto all'esposizione a soluzioni fortemente basiche che portano al distacco di silicati dal vetro. In questo caso ho anche un pericolo per il consumatore. C'è da dire che difficilmente il materiale viene a contatto con queste soluzioni se non ad esempio a causa di ripetuti lavaggi con detersivi molto aggressivi.
QUALI SONO LE TIPOLOGIE DI VETRO CHE POSSONO ESSERE USATE PER IL CONTATTO ALIMENTARE E QUALI LE CONDIZIONI IN CUI VENGONO ESEGUITE LE PROVE PER LA VALUTAZIONE DELLA MIGRAZIONE GLOBALE
Le tipologie di vetro che possono essere usate per il contatto alimentare sono:
tipo A: vetro idoneo anche a temperature per sterilizzazione. Stiamo parlando dei vetri sodico-calcici.
tipo B: vetro che riesce a sopportare temperature di pastorizzazione. È sempre vetro sodico-calcico e riesce a sopportare temperature minori.
tipo C: è un vetro particolare fatto in cristalli di piombo. È utilizzato per la produzione di bicchieri e vasellame e quindi idoneo a subire ripetuti lavaggi. Per il tipo A e B viene effettuato solo un controllo per la migrazione globale, mentre per il tipo C viene effettuato un controllo sia per la migrazione globale che per la migrazione specifica in quanto è presente il piombo da valutare.
Nello specifico:
tipo A: acqua a 120°C per 30 minuti
tipo B: acqua a 80°C per 2 ore
tipo C: acido acetico al 3% a 40°C per 24 ore. (Il limite di migrazione specifica per il piombo è di 0,3 ppm, mentre il limite di migrazione globale del vetro è di 50 ppm o 8 mg/dm2.)
DESCRIVERE (INDICANDO RANGE DI PRESSIONE E...
TEMPERATURA) LA TECNICA SOFFIO-SOFFIO PER LA PRODUZIONE DI CONTENITORI A BOCCA STRETTA (BOTTIGLIE) E LA TECNICA PRESSO SOFFIO PER OTTENIMENTO DEI CONTENITORI A BOCCA LARGA.
Una volta ottenuto il bolo grazie ai forni di fusione, per ottenere delle bottiglie a bocca stretta devi mettere in atto la tecnica del soffio soffio. Il bolo viene immesso in uno stampo formatore capovolto. In questa zona ho temperature molto elevate intorno a 900-1200°C, così che il bolo assuma caratteristiche fluide e si posizioni correttamente all'interno dello stampo formatore iniziando a formarsi. A questo punto si chiude lo stampo e si insuffla aria dal basso ad una pressione di 200 bar. L'aria permette di ottenere una bottiglia che ha una forma che inizia a ricordare quella del prodotto finale. L'imboccatura che è rimasta fuori dallo stampo è già pronta. A questo punto c'è un braccio meccanico che trasporta la bottiglia in un secondo stampo che
Viene detto stampo finitore. Ancora l'imboccatura resta fuori. Lo stampo viene chiuso e insufflata nuovamente aria per riuscire a raggiungere la forma finale ovviamente con il corretto spessore delle pareti. Anche in questa fase lavoravamo ad elevate temperatura seppur minori della zona di formatura (siamo intorno si 450-500°).
Per andare a produrre una bottiglia dal bolo posso utilizzare 2 tecniche differenti. La tecnica soffio soffio che permette di ottenere una bottiglia a collo stretto, la tecnica presso soffio che invece permette di ottenere contenitori a bocca larga.
Nella prima fase del trattamento vado a formare la preforma grazie all'azione di un pistone. Il bolo infatti cade su questo pistone; questo grazie alla forza da lui impressa e alle temperature anche in questo caso elevate, permette di ottenere una preforma dove ancora una volta come nel caso della tecnica soffio soffio la bocca del contenitore è già simile a quella che sarà la definitiva.
A questo punto un braccio meccanico trasferisce il contenitore nella zona di finitura dove è presente un altro stampo, lo stampo finitore, dove grazie ad un soffio e ancora alle alte temperature va a definirsi la forma finale del contenitore. In questa fase c'è anche la finitura definita della bocca che si era preformata nella fase precedente. Però che si tratti di tecnica soffio o che si tratti di presso soffio, il contenitore subisce delle altre operazioni. Avviene sempre una ricottura ad una temperatura di 565° per 20-30 minuti. Questo per garantire poi un raffreddamento costante e quindi evitare che si creino delle zone di tensione e fragilità che potrebbero portare il vetro a rompersi. Infine, dato che negli stampi il vetro è stato a contatto con il metallo, potrebbero essersi formati delle irregolarità che poi potrebbero creare degli attriti importanti nelle fasi di movimentazione. Vengono fatti 2 tipi di
DESCRIVI I TRATTAMENTI SUPERFICIALI, PERCHE' VENGONO FATTI E QUALI SONO.
Infine dato che negli stampi il vetro è stato a contatto con il metallo, potrebbero essersi formati delle irregolarità che poi potrebbero creare degli attriti importanti nelle fasi di movimentazione. Vengono fatti 2 tipi di trattamento, il trattamento a caldo che grazie ad uno spruzzo di una soluzione di tetracloruro di stagno, cloruro dimetil stagno, tetracloruro di titanio, si depositano dei sai che pirolizzando a 550° vanno a creare una sorta di pellicola di ossidi di metallo che irrobustiscono il contenitore. Ricordiamo che in questa fase si forma acido cloridrico che deve essere allontanato.
Segue poi un trattamento a freddo. Vado a lubrificare la superficie tramite uno spruzzo di cere, oleati.
Per diminuire gli attriti, è possibile utilizzare degli additivi chiamati stearati. Questi additivi sono solitamente composti da sali di acidi grassi, come ad esempio il sale di stearato di zinco.
Il meccanismo di addizione degli stearati avviene durante il processo di produzione della plastica. Gli stearati vengono aggiunti alla miscela di polimeri fusi, solitamente sotto forma di polvere o granuli. Durante il processo di fusione, gli stearati si distribuiscono uniformemente all'interno della massa plastica.
Una volta che gli stearati sono stati aggiunti, si verificano due meccanismi principali per diminuire gli attriti. Il primo meccanismo è quello di lubrificazione. Gli stearati agiscono come lubrificanti, riducendo l'attrito tra le catene polimeriche e facilitando lo scorrimento delle molecole di plastica. Questo riduce l'energia necessaria per il movimento delle catene polimeriche, diminuendo gli attriti interni della plastica.
Il secondo meccanismo è quello di riduzione dell'adesione. Gli stearati creano uno strato sottile sulla superficie della plastica, che riduce l'adesione tra la plastica e le superfici con cui entra in contatto. Questo riduce gli attriti esterni della plastica, ad esempio quando viene utilizzata in applicazioni come cuscinetti o parti mobili.
In conclusione, l'aggiunta di stearati durante il processo di produzione della plastica permette di diminuire gli attriti interni ed esterni, migliorando le proprietà di scorrimento e riducendo l'usura delle parti in plastica.