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Le domande di naturalizzazione francese e l'identità nazionale

Tutti questi personaggi non sono di origine francese, sono personaggi le cui famiglie hanno domandato, in un certo momento, la nazionalità francese. Le due giornaliste si domandano cosa questo possa significare, che cosa sia l'identità di una nazione e cosa significhi essere francesi. Conducono quindi questa inchiesta negli archivi, leggendo tutte le domande di naturalizzazione francese di queste persone. Mentre faceva questa ricerca, ha trovato anche la domanda di naturalizzazione francese di suo padre e questo ha avuto una serie di conseguenze. Al tempo, una persona che chiedeva la nazionalità francese doveva scrivere una lettera, mettersi per iscritto, spiegando il motivo di questa richiesta; in questo modo si ristabilisce anche la propria storia. Durante questo periodo succedono una serie di episodi che sono raccontati all'interno di questa opera, Le silence de mon père (opera all'interno della quale sarà evocato questo).

articolo).Isabelle Monnin, che ha lavorato durante gli anni spesso con Doan Bui, si segnala in particolare "Les Gens dans l'enveloppe" (Le Livre de poche, 2016). Ella ha comprato una busta con delle foto a un mercatino delle pulci, foto di gente sconosciuta, senza nessuna descrizione. Allora ha cominciato questa opera, divisa in due: la prima parte è quella della finzione, inventa la storia di queste persone a partire da differenti punti di vista, a volte utilizza la prima persona a volte la terza, inventa dei nomi e da loro una parola, una storia frutto della finzione. Solo dopo aver scritto la parte fittizia, ha cominciato le ricerche vere e proprie, giornalistiche, dunque nella seconda parte racconta di queste storie reali. È un tentativo molto originale che ci dimostra ancora una volta che la finzione e la realtà possono incrociarsi, possono collaborare. È lei stessa infatti a suggerire, come suggeriva Gide, che nella finzione ci puòessere un avvicinamento più veritiero alla realtà.
Le silence de mon père è un testo pubblicato nel 2016, quindi il più recente. È un testo veramente contemporaneo che integra differenti tipi di linguaggio, abbiamo per esempio spesso delle conversazioni su WhatsApp con tutte le emoji e i segni di una conversazione attuale. È il primo testo "lungo" di una giornalista. Si tratta di un'opera che ha richiesto molto tempo, è un'opera complessa che rientra perfettamente nella categoria dei récits de filiation. Si fonda quindi su un errore di trasmissione, che è riconoscibile nel silenzio del padre, come sottolinea fin da subito il titolo.
Paratesto
Anche qui abbiamo un'epigrafe, sono infatti tanti gli autori che tramite queste epigrafi si situano in rapporto a una tradizione letteraria e ci dicono qualcosa, ci danno come una chiave di lettura. Come viene detto nell'opera di Dominic Viart, questi

I racconti di filiazione comportano sempre una filiazione biologica, familiare, ma anche una filiazione letteraria, perché spesso gli autori, tracciando il rapporto che li lega alla famiglia, evocano allo stesso tempo un legame che li lega a una famiglia, un passato letterario, che si scelgono. L'abbiamo visto nel caso di Perec che evoca Queneau, nel caso di Annie Ernaux che evoca Jean Genet, qui è evocato Patrick Modiano. Si tratta di un passaggio di Rue de Boutiques Obscures che viene citato. Abbiamo tantissime parole chiave che abbiamo già richiamato in altre opere: le tracce, il filo, ripreso da Doubrovsky, fili che mettono insieme la trama della scrittura. Bisogna ritrovare le proprie tracce per collegarsi, legarsi al proprio passato. Questo fa sì che il testo si iscriva in una tradizione precisa, è un tentativo di situazione fin dall'inizio di posizionamento. Doan Bui ci dice che posto ha questo testo in una data tradizione, che noi conosciamo.

Non solo, la domanda fondamentale è "chi sono io?" e quindi in questo caso il titolo non deve ingannare, perché questa indagine sul padre condotta in seguito a un ictus al quale segue un'afasia, comporta un'interrogazione su di sé. Nei récits de filiation ci sono sempre questi due poli, non c'è solo la dualità tra enunciatore e destinatario, ma anche la dualità a livello di ricerca: si cerca sia sé stessi sia il padre, attraverso la relazione dei due, non può essere spiegato uno né l'altro al di fuori di questo contatto.

Pag.9 > rêve

Si tratta di un sogno della narratrice dice di aver fatto, aveva sognato la voce di suo padre. Si rende conto di aver sognato poiché sa che è impossibile, sa che la voce del padre è andata perduta. Dice di conoscerla bene la voce del padre. È un padre bilingue, che parla francese e vietnamita, quando parla in francese ha

però una voce un po' strana, come se si sforzasse, come un baritono che cerca di cantare la parte di un basso. Racconta poi le tracce che sono rimaste di questa voce, sono rimasti i dettati di laboratorio d'analisi, suo padre, infatti, analizzava al microscopio le forme tumorali e quindi ci sono queste registrazioni. Si sveglia piangendo e sente questa stretta, questo dolore al petto e capisce che non avrebbe mai più sentito la voce del padre. Pag.12 > AOAAOA sono gli unici suoni che il padre ancora emette, che fanno eco alle tre lettere che indicano un acronimo, che indicano la malattia: AVC (incidente vascolare celebrale). Parla dell'annuncio di questa malattia. Settembre 2005, le sorelle cercano di contattare la madre, la quale risponde in maniera laconica: "Papà. Ospedale. Problema". Si tratta di un'abitudine della madre quando non vuole parlare, una forma di silenzio. All'ospedale la madre rivela questa sigla, ancora una

volta laconica. Così come Perec riportava i dati ufficiali degli archivi, qua Doan Bui riporta la definizione di questa forma di ictus, che sono andate a cercare di fronte a questa forma di silenzio della madre. Questa malattia causa un'afasia nel padre. In ospedale il padre, che all'inizio è in una sorta di limbo, una forma comatosa. Ai figli e alla moglie vengono nominati dei termini che lì per lì non comprendono, cercano su internet. Quando il padre si sveglia è paralizzato dal lato destro del corpo ed è afasico. Lì per lì si confortano leggendo nei forum che il cervello è molto plastico e che l'organo avrebbe la capacità di ricostruirsi; il padre avrebbe ri-imparato a parlare. C'è poi questo parallelo con la propria figlia, di sei mesi. Non appena la bimba si agitava, all'interno dell'ospedale, utilizzava il pretesto per andare via. Davanti all'afasia del padre, la

La famiglia si rapporta alla piccola, che non parla ancora. Si spera che il padre segua lo stesso processo di ri-apprendimento della lingua. Abbiamo anche un parallelo tra quello che abbiamo dietro di noi, il passato, la vita dei genitori, e quello che abbiamo davanti, i propri figli; c'è una sorta di legame, di continuità. Nella camera del padre, la narratrice si scontra con il muro invisibile del silenzio, quando sono in tanti è più facile. Il confronto è ancora con la figlia, con un'altra stanza d'ospedale: il tempo era pieno, come tutte le mamme osserva la figlia, i suoi sospiri, indovina e inventa i futuri dialoghi. Il silenzio aveva una trama particolare, il sapore forte della felicità; il silenzio del padre, viceversa, è un silenzio triste. Per riempire il vuoto accendono la televisione, come facevano a casa. Fa riferimento allora alla sua infanzia, quando spesso non parlavano a tavola ma guardavano insieme la televisione.

in silenzio. C'è questo silenzio che domina le prime pagine, come a giustificare la scelta del titolo; questo silenzio che costituisce l'ostacolo iniziale, le défaut de transmission. Il fatto che consacri il libro alla storia di un padre, che non può più parlare, costituisce una difficoltà, aggiunto al fatto che questo padre non aveva mai parlato molto della sua esistenza. Non è un silenzio felice, come quello della figlia, che lascia immaginare un avvenimento ricco, ma un silenzio improvviso, che segna una distanza, che separa. Questo silenzio che può essere considerato all'inizio come un incidente, una condizione eccezionale, scopriremo che non è così strano nella famiglia di Doan Bui.

La narratrice racconta che la madre si è avvolta nel silenzio, che era il suo scudo per la tristezza. Ella appartiene a una generazione in cui non si parla, in cui parlare è perdere la faccia, è la vergogna.

piagnucolare e compiacersi, una cosa da ricchi, una cosa "da francesi". A casa si taceva tutto, dalle cose più banali a quelle più gravi. Mantenere la faccia era molto più di una regola, ma una disciplina, una filosofia. Nessun parente si lamenta o si vanta, non ci si complimenta, non si parla del dolore. Il silenzio non è solo un incidente, ma è una condizione che già caratterizza la famiglia. È interessante che il fatto di parlare sia considerato qualcosa "da francesi", perché la comunità vietnamita cerca a distinguersi, a guardare la sua dignità. Parlare di sé, raccontarsi, parlare del proprio passato è un trucco dei francesi, nel quale la comunità vietnamita non si riconosce. Questa cosa di tacere riguardo a sé stessi riguarda anche la storia, il passato di noi stessi: venire da una cultura in cui non si parla, rende difficile la scrittura di sé, che<p>Parteviceversa da un gesto azzardato, impudico, che è volto a mettere in pubblico la propria vita intima, privata. Qui si vedegià la difficoltà iniziale, parlare di un padre che ha avuto tendenza a tacere il proprio passato e che diventa poi afasico,e il fatto che debba giustificare in qualche modo alla sua famiglia questo gesto, questo parlare di sé, che non èscontato. Tacere era un modo di essere, in particolare qualcosa di particolarmente felice o doloroso. La storia deigenitori di Doan Bui è caratterizzata da una serie di episodi infelici. I genitori di Doan Bui avevano perso tutto,abbandonando il Vietnam erano stati scaraventati in fondo alla scala sociale, nella categoria vituperata degli immigrati.Soffrivano del fatto che la Francia li avesse accolti e facesse loro la carità. La madre ripeteva continuamente che ifrancesi li disprezzavano, nel suo orgoglio ferito di immigrata. C’era un’assurda competizione per altro</p>Nella comunità vietnamita della diaspora: bisognava mostrare che riuscivano meglio degli altri, che avevano congiurato la disgrazia. Ecco perché la madre non ha detto a nessuno della malattia del padre, come se dissimulando la realtà potesse farla sparire. È un silenzio che avvolge tutte le persone intorno alla famiglia. Pag.34 > lost in translation.
Dettagli
A.A. 2020-2021
9 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/03 Letteratura francese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher renataschiro00 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura Francese 1 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Gnocchi Maria Chiara.