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A CURA DI SIMONE VENTRIGLIA
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votarono al “no nucleare” in caso contrario, vi sarebbe stato un comportamento lesivo della correttezza se
non di frode.
La prassi costituzionale è data dai comportamenti degli organi costituzionali. Per esempio, dopo le
elezioni del 2013, non si è formata una maggioranza ma tre minoranze, restie a stipulare un’alleanze di
Governo. Considerando tali circostanze, il Presidente della Repubblica Napolitano si è attivato e si è
documentato per trarre qualcosa di utile ai fini del suo comportamento. Sul Foglio del 17 Dicembre 2010,
Giuliano Ferrara scrisse che la prassi costituzionale fosse contro il Presidente della Camera Fini. In poche
parole, Fini non si era comportato come i suoi predecessori: i Presidenti delle Camere non intervengono
quotidianamente nei dibattiti politici, ma dovrebbero essere dei soggetti “super partes”.
Il precedente è costituito da un atto o fatto singolo al quale si uniforma, in presenza delle medesime
circostanze, l’attività dell’organo che lo ha posto in essere o l’attività di un diverso organo. Il
precedente costituisce un modello di comportamento non vincolante, nel senso che ha comunque un suo peso
e significato (ha rilievo politico).
Per esempio, ricerca del precedente nel caso di scioglimento di una sola delle Camere (a seguito della
separazione delle minoranza di Fini da Berlusconi nel Popolo della libertà).
Le leggi di amnistia e indulto, atti di clemenza collettiva, sono leggi ordinarie ma hanno caratteristiche
particolari. Viene, innanzitutto, definita “propria” l’amnistia che avviene prima della condanna definitiva:
ha efficacia estintiva completa. Quella “impropria”, invece, interviene dopo condanna definitiva: fa cessare
l’esecuzione della condanna e le pene accessorie ma non gli effetti penali.
L’indulto opera esclusivamente sulla pena principale che viene condonata in tutto o in parte, o
commutata in un’altra specie di pena. La differenza, quindi, è che l’amnistia estingue il reato, mentre
l’indulto la pena.
L’art.79 della Costituzione prevede la disciplina delle leggi di amnistia e indulto. A seguito della revisione
costituzionale della L.Cost.n°1/1992, vi sono state delle modifiche al citato articolo. In passato, questo
prevedeva che amnistia e indulto venissero concessi con decreto del Presidente della Repubblica su legge di
delegazione delle Camere. La legge di delegazione è una legge statale ordinaria e per la sua approvazione era
richiesta la maggioranza normalmente richiesta per le leggi ordinarie (maggioranza semplice o relativa)
favorito così ricorso ad amnistia e indulto.
Quando si parla di amnistia, spesso ci si riferisce a quella del 1946 quando il Ministro della Giustizia era
Palmiro Togliatti, leader del Pc italiano. Si trattò di un’amnistia per i reati politici, di tipo pacificatrice.
L’Italia usciva dalla guerra civile e l’amnistia era opportuna.
Dal 1948 in poi, invece, le leggi di amnistia e indulto sono state approvate per ridurre il carico di lavoro dei
magistrati e per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario. Periodicamente si individuava nella
legge di amnistia e indulto, lo strumento per eliminare qualche fascicolo di detenuti.
Il ricorso a tali leggi, in quindici casi, ha anche suscitato critiche: dovrebbero essere leggi di uso
eccezionale e non ordinario (per scopo deflattivo). Considerando tali vicende, si decise così di ricorrere ad
una modifica dell’art.79. Il testo attualmente vigente, difatti, è ispirato all’esigenza di conferire
maggiore serietà e ponderatezza all’esercizio della clemenza collettiva. Questo perché per
l’approvazione dell’attuale legge di amnistia e indulto è richiesta la maggioranza dei 2/3 dei
componenti di ciascuna Camera. Tale maggioranza, secondo l’art.79, è richiesta non solo nella
votazione finale ma anche in quella di ciascun articolo. In questo modo, non si può approvare la legge di
amnistia e indulto se non interviene un accordo tra maggioranza di Governo e minoranza rilevante di
opposizione. Proprio per il fatto di richiedere la maggioranza qualificata dei 2/3, tale legge si dice
“rinforzata”: rinforzo dato dalla necessità di quota maggiore, rispetto a quella richiesta per approvazione
delle leggi ordinarie.
Il Presidente Napolitano, negli ultimi anni, si è rivolto alle Camere per la risoluzione del problema del
sovraffollamento carcerario (sollevato più volte dalla CEDU per le disumane condizioni dei detenuti),
chiedendo ricordo alla legge di amnistia e indulto tale dibattito non è ancora giunto a conclusione.
L’effetto della legge di amnistia e indulto è la sospensione temporanea dell’efficacia delle norme penali
sostanziali. L’art.75.c.2 dispone che non è ammesso il referendum abrogativo per tale legge. Tuttavia, la
legge costituzionale n°1/1992 ha introdotto un motivo autonomo di inammissibilità del referendum in
materia di amnistia e indulto. La legge di amnistia e indulto ha un’efficacia passiva superiore al tipo
normativo, pertanto è sottratta alla concorrenza del referendum abrogativo (il quale può avere ad oggetto
leggi ordinarie ed atti equiparati). Siamo di fronte, dunque, ad una legge rinforzata ed atipica. In conclusione,
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si può osservare che la previsione di una maggioranza elevata per la sua approvazione, rende difficile
trattenerla nella categoria delle leggi statali ordinarie. Normalmente si parla di tale legge collocandola tra le
fonti primarie e, quindi, come legge ordinaria. Tuttavia, le sue caratteristiche portano a pensare che
costituisca un tipo a sé.
Le fonti primarie.
Nell’ambito delle fonti primarie, l’importanza della legge si è via via ridotta per lasciar spazio alle fonti di
produzione governativa (le quali hanno finito per acquisire un ruolo preponderante). Il costituente aveva
immaginato un sistema di produzione delle fonti primarie imperniato sulla legge del Parlamento. L’art.70
dispone che la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.
Il Parlamento è visto come il centro motore della produzione legislativa, dovrebbe avere il monopolio della
produzione normativa a livello primario (con le eccezioni rappresentate dagli atti normativi del Governo, con
efficacia delle legge formale). Nell’architettura costituzionale, gli atti del Governo (decreto-legge e decreto
legislativo) sono considerati un’eccezione: bisognerebbe ricorrere al decreto-legge di fronte a casi
straordinari di necessità ed urgenza (incompatibili con i tempi del procedimento del Parlamento);
bisognerebbe ricorrere ai decreti legislativi per materie particolarmente complesse.
La legge ha perso il suo monopolio per due tipi di cause individuabili:
• L’evoluzione dei sistemi politici contemporanei. La società odierna ha un grado di complessità
superiore a quello delle società ottocentesche. I Parlamenti sono probabilmente inadeguati a tale
situazione. In una società più complessa che cambia velocemente, sembra che l’organo più adeguato
sia il Governo (dispone di un apparato tecnico-considerevole). Il Governo può agire con maggiore
tempestività e il potere esecutivo non è più quello di un tempo. Il termine “esecutivo”, difatti,
resta un omaggio alla tradizione più che un indice della reale situazione delle cose. Si è perso il
significato delle origini, quello che si chiama “potere esecutivo” è un “potere governante”. Il potere
tende a spostarsi dai Parlamenti ai Governi. Quello che, invece, viene chiamato “legislativo” non è
più affidato al monopolio del Parlamento: i Governi guidano l’azione legislativa. L’azione che,
oggi, ha il potere legislativo è quella di solenne convalidazione e di eventuale reiezione
dell’indirizzo politico, stabilito da potere governante dello Stato. Il Parlamento tende a diventare
un controllore e non più centro propulsore.
• Il nostro sistema istituzionale. Il meccanismo decisionale in Italia è piuttosto farraginoso: un
bicameralismo paritario in cui tutte e due le Camere hanno gli stessi poteri per l’approvazione di una
legge, che necessita di entrambi i consensi. I regolamenti interni, poi, delle Camere non sono ritenuti
pienamente adeguati alla situazione: non consentono di approvare speditamente le leggi.
Ultimamente si parla di cambiare la natura del Senato, in modo tale da creare una sola Camera
politica (quella dei Deputati). Tuttavia, sembra esserci un orientamento diffuso per escludere il
Senato dal rapporto fiduciario e lo stesso tipo di potere legislativo di cui detiene oggi. In taluni casi,
la presenza di una seconda Camera ha permesso di non approvare leggi sbagliate.
Problema del dirottamento dei capitali italiani in Svizzera: molti italiani, per salvaguardare il loro
patrimonio, hanno portato i loro capitali nelle banche svizzere. La crisi italiana richiede, però, necessità di
capitali e, quindi, potrebbe essere d’aiuto il rientro di quelli affidati alla Svizzera dai risparmiatori italiani.
Il Governo Amato del 1992 approvò un decreto-legge che consentì di mettere le mani nelle tasche degli
italiani (Il sei per mille sul conto corrente dei cittadini).
I decreti-legge in materia fiscale, come quello del 1992, sono detti “catenaccio” perché servono per
prendere di sorpresa il contribuente (in modo che non allochi le sue risorse al sicuro).
Il costituente aveva certamente pensato all’utilizzo di tale atto per esigenze di tempestività in materia
tributaria, ma anche per fronteggiare le calamità naturali (per esempio, terremoto in Emilia Romagna o
esondazione del fiume Secchia in Provincia di Modena).
E’ accaduto, però, che nella prassi si è andati al di là di queste ipotesi: il decreto legge a partire dal
1980, ha iniziato ad essere utilizzato in maniera massicia (al di là dei due casi previsti dai padri
costituenti).
Da qualche mese, Giuliano Amato è stato nominato giudice costituzionale. Si è ipotizzato che Napolitano lo
abbia inserito nella Corte perché, in futuro, possa eventualmente diventare Presidente della Repubblica.
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Il decreto-legge è stato concepito come strumento di carattere eccezionale: i soli due casi di ipotesi di
calamità naturali, e di materia tributaria (decreti catenaccio). Nella prassi, però, si è fatto un uso molto
più ampio. Per esempio, il decreto-legge è stato utilizzato per prorogare gli effetti di determinate leggi. E’
stata, infatti, individuata la categoria dei decreti di proroga: emanati per dilazionare la scadenza di
discipline o di ra