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CSM.
In base all’art. 65 dell’ordinamento giudiziario, la Corte Suprema di Cassazione, quale organo
supremo di giustizia, assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge; l’unità del
diritto oggettivo nazionale; il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni.
L’ordinamento Grandi attribuiva molto potere ai magistrati di Cassazione, tale da garantire che quelli
di merito si conformassero al suo orientamento. La Cassazione esercitava una forte influenza. Anche
perché nell’istituzione giudiziaria, c’erano dei fattori di omogeneizzazione. I magistrati di Cassazione
avevano le leve del potere, perché erano loro a stabilire se il singolo magistrato avesse avuto la
possibilità di avanzare in carriera.
Con la Circolare n°285/1944, Il Guardasigilli Ruiz dichiara lecita l’appartenenza dei magistrati alle
associazioni e ai partiti politici. Il terreno non è, però, fertile poiché abbiamo dei magistrati la cui carriera si
è sviluppata durante il fascismo, in un contesto in cui domina l’idea del tecnicismo e dell’apoliticità della
funzione giurisdizionale.
La magistratura, seppur caduto il regime fascista, ha ancora una mentalità in esso radicata. Ne è esempio
l’episodio di Pilotti, magistrato di Cassazione. Nel 1947, si tiene la cerimonia di inaugurazione dell’anno
giudiziario e Pilotti si dimentica di ricordare il referendum istituzionale del 2 Giugno 1946. Così non rivolge
il saluto al Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola.
L’orientamento della magistratura è fondamentalmente conservatore.
Nel 1946 viene approvata la cosiddetta “Legge sulle guarentigie della magistratura”, si tratta del
D.Lgs.n°511/1946. Questa legge introduce qualche cambiamento, in particolare stabilisce il principio di
inamovibilità per tutti i magistrati. E’ una garanzia molto importante per i magistrati, serve ad
assicurare la loro indipendenza (il Governo non può spostare un magistrato). Inoltre, si riducono i
poteri del Ministro della Giustizia, in particolare nei confronti del Pubblico ministero: si passa da un
potere di direzione ad uno di vigilanza. Introduce, poi, il controllo del giudice sull’archiviazione delle
notizie di reato, richieste dal Pubblico ministero. Sono i primi segnali di cambiamento di una
magistratura indipendente.
Dopo la caduta del fascismo, ci sono alcuni segnali di cambiamento in particolare con la Legge delle
guarentigie del 1946 (tuttavia il vero cambiamento normativo si avrà solo nel 1948).
La Costituzione delinea la magistratura con caratteristiche diverse dal passato, ma l’autonomia ed
indipendenza si realizzeranno progressivamente nel tempo. Vi sono alcune tappe fondamentali di questo
percorso indipendentistico. La prima è senz’altro rappresentata dall’istituzione della Corte costituzione,
la quale non iniziò ad operare subito dall’entrata in vigore della Costituzione (bisognerà aspettare il
1956) Dal ’51 verranno aboliti i gradi gerarchici in Cassazione.
Dunque, non si tratta di un’innovazione della semplice magistratura ordinaria.
Occorre dire che prima dell’entrata in vigore della Corte costituzionale, il controllo delle leggi spettava ai
giudici comuni. Questi avrebbero dovuto accertare l’abrogazione implicita delle leggi preesistenti alla
Costituzione, e disapplicare le norme di legge ordinaria successive alla Costituzione, ritenute in contrasto
con essa. Tuttavia, i giudici esercitavano tale controllo con molta “timidezza” per tre motivi:
• La difficoltà per un corpo dello Stato , formatosi professionalmente in un diverso ambiente
politico-culturale, di adattarsi alla novità rappresentata dalla Costituzione (prima fondamentale
fonte dell’ordinamento che cambia radicalmente la forma di Stato) problema di mentalità della
magistratura (problema di adattarsi al nuovo).
• La distinzione tra norme costituzionali programmatiche e precettive. All’entrata in vigore della
Costituzione, la Corte di Cassazione distingue tra norme programmatiche e precettive. Le prime, a
differenza delle seconde, non sono ritenute direttamente applicabili perché si ritiene la necessità di
una legge attuativa e dell’intervento del legislatore. Molte norme furono considerate
programmatiche e, così, la parte più innovativa della Costituzione venne congelata. I giudici
comuni non potevano effettuare il controllo di costituzionalità basandosi sulle norme
programmatiche, per questo si affidavano solo a quelle precettive.
• La struttura piramidale del potere giudiziario. Come ha scritto Giuseppe Maranini: “La struttura
piramidale aveva favorito l’affermazione di un indirizzo politico, autoritario e monolitico del
vertice che, attraverso il controllo delle carriere e l’esame delle sentenze, tendeva ad ottenere da
tutta la magistratura preciso conformismo”. L’ordinamento Grandi prevedeva i gradi gerarchici
all’interno della magistratura. Il grado più basso, l’ottavo, era quello di uditore giudiziario. Seguiva,
poi, al settimo grado, l’annunciatore giudiziario fino ad arrivare al primo grado di Presidente della
Corte di Cassazione. I gradi gerarchici vennero aboliti con la L.n°392/1951 (Legge Piccioni),
ripartendo i magistrati tra le funzioni di: magistrato di tribunale, d’appello e di Cassazione. I
magistrati di grado inferiore dovevano conformarsi agli indirizzi di quelli di grado superiore, i quali
detenevano le leve del potere per stabilire le carriere dei magistrati. La Cassazione deteneva il
monopolio dell’interpretazione. La loro giurisprudenza è timorosa, appiattita sugli orientamenti dei
magistrati di grado superiore. I magistrati inferiori tendevano ad essere conformisti ai fini della
progressione.
Nel 1956, la Corte costituzionale comincia ad operare e fa “tabula rasa” della distinzione tra norme
programmatiche e precettive: tutte fungono da parametro. Il singolo giudice ha il potere-dovere di
sollevare la questione di legittimità ogni qualvolta se ne presenti l’occasione. Il singolo giudice, che
prima si appiattiva sugli orientamenti dei superiori, diventa ora protagonista dell’interpretazione. Il
giudice deve, però, misurarsi con dei problemi interpretativi. L’interpretazione si collega a sensibilità
ed indirizzi politico-culturali. Tali diversità ideali stanno alla base della formazione delle correnti della
magistratura. I magistrati hanno un’associazione, quella sorta nel 1909 con la finalità di difesa degli
interessi della categoria. L’Associazione nazionale dei magistrati riprende la sua attività dopo il periodo
fascista, nel 1945. Tuttavia, nel 1961 si rompe l’unità associativa: i magistrati di grado più elevato
escono dall’ANM e fondano una nuova associazione, l’UMI (Unione dei magistrati italiani). In questo
periodo, si distinguono quindi queste due associazioni. A distanza di qualche anno si formano, all’interno
dell’ANM, tre associazioni (correnti) con riconoscimento nell’ANM ma con propria organizzazione:
Magistratura democratica (sinistra); Terzo potere (centro); Magistratura indipendente (destra). Il confronto
tra le correnti si concentra, soprattutto, sul problema del trattamento economico e della carriera dei
magistrati. In un primo momento il trattamento retributivo dei magistrati è modesto, ma successivamente
diventa molto privilegiato (tanto da collocare i magistrati tra i ricchi). Dal punto di vista della carriera, i
magistrati inferiori vorrebbero introdurre dei cambiamenti per la modifica dell’assetto del potere giudiziario
(comandano solo i magistrati superiori di Cassazione, per questo si vuole un assetto più democratico e
pluralista).
Nel corso del tempo, però, la connotazione politico-ideale delle correnti diventa più marcata. Il dibattito sulle
funzioni giudiziarie e il ruolo della magistratura emerge con il cambiamento della società italiana (1968). In
questo periodo, si verificano dei cambiamenti a livello economico e di costume: è una società che si sta
modernizzando. Lo sviluppo industriale, poi, crea nuovi problemi ad esempio in materia ambientale.
Insomma, nascono nuove esigenze e, di conseguenza, nuove domande di giustizia: il cittadino ha nuovi
e diversi bisogni di tutela. Se l’ordinamento è adeguato al tempo, il giudice potrà trovare facilmente la base
normativa del suo operato. Nel caso in cui, invece, l’ordinamento sia arretrato, la posizione del giudice
diventerà più problematica. In questo contesto, le correnti diventano una sorta di laboratorio culturale:
organizzano convegni, creano riviste giuridiche, aprono un serie di discussioni.
Il dogma dell’apoliticità della magistratura viene superato. Giuseppe Borre, magistrato esponente dei
democratici, ha sostenuto l’esistenza di un rovesciamento della magistratura: “è politica proprio perché
indipendente dagli altri poteri dello Stato. Il suo essere indipendente non la colloca in un altro
universo, pretesamente apolitico, ma la fa essere un autonomo e rilevante momento del sistema
politico. L’apoliticità discende dall’art.101 che stabilisce la soggezione dei magistrati soltanto alla
legge. Questo non vuol dire il ritorno all’onnipotenza delle legge e del giudice “bocca della legge”
(Montesquieu); perché, secondo il comma 2 del 101, l’accento cade sull’avverbio “soltanto”. Dunque,
prima ancora della fedeltà alla legge, impone la disobbedienza a ciò che la legge non è. Quindi
disobbedienza al pasoliniano palazzo, ai potenti economici e alla stessa interpretazione degli altri
giudici. E questo in virtù della libertà interpretativa, del pluralismo, della legittima presenza di diverse
posizioni culturali ed ideali all’interno della magistratura”.
Il pensiero, alla base di tale descrizione, è che l’attività giudiziaria sia puramente esecutiva e di azione
meccanica.
Nel 1966 avviene un cambiamento importante a livello legislativo: viene approvata la L.n°570/1966
(Legge Breganze, dal nome del deputato democratico – Sottosegretario alla Giustizia) intitolata
“Disposizioni sulla nomina a magistrato di Corte d’Appello”. Prima di questo atto, il passaggio da Corte
di Tribunale a quella di Appello avveniva attraverso un concorso (su indirizzo dei magistrati superiori)
interno alla magistratura. Tuttavia, a seguito di tale legge, si stabilisce che la promozione d’Appello si
ottiene con 11 anni di anzianità nel ruolo di magistrato di Tribunale. Si può diventare magistrati di Corte
d’Appello a condizione che vi sia una valutazione positiva del Consiglio giudiziario, sulla base dei seguenti
parametri: laboriosità,