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SEZIONE SECONDA

Il Capo VI della Carta dei diritti fondamentali nell'applicazione giurisprudenziale

Capitolo IV: Il diritto ad un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale ex art. 47

della Carta dei diritti fondamentali

1. L'art. 47 della carta dei diritti fondamentali dell'UE sancisce che ogni individui i cui

diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto ad un

ricorso effettivo dinanzi ad un giudice. Rispetto alla corrispondente disposizione della

convenzione europea, tuttavia, l'art. 47 della Carta presenta alcune rilevanti differenze,

tra le quali la più evidente costituisce la discrasia dalla quale derivano conseguenze

meno importanti dal punto di vista sostanziale. Nella Carta, difformemente rispetto

alla Convenzione, l'individuo può vantare il diritto ad un ricorso effettivo dinanzi ad

un giudice e non ad un'istanza nazionale; ne discende che la tutela prevista nel sistema

prefigurato dal Trattato di Lisbona risulta quantomeno dal punto vista teorico

particolarmente garantista. Occorre però considerare che 'ambito di protezione offerto

dall'art. 47 è senz'altro più esteso rispetto a quello dell'art. 13 della CEDU. La norma

de qua estende l'oggetto della propria tutela a tutti i diritti ed a tutte le libertà garantiti

dall'ordinamento dell'UE. Posto che si tratta in entrambi i casi di norme intese a

garantire una forma di accesso alla giustizia, vi sono delle differenze. La principale è

prevista dall'art. 6 , norma che è stata interpretata dalla Corte di Strasburgo nel senso

di ricomprendere il diritto di adire un giudice, pena la compromissione del principio

prééminence du droit e l'inutilità del riconoscimento delle garanzie processuali. Il

diritto di cui all'art. 6 si distingue nettamente dal diritto ad un ricorso effettivo di cui

all'art. 13: in primo luogo per la natura del giudizio al quale le due norme in potenza

consentono l'accesso, l'art. 13 non garantisce un processo né il diritto di rivolgersi ad

un giudice, bensì ad un'istanza nazionale, la quale pur dovendo offrire alcuni requisiti

di indipendenza e imparzialità e rendere la propria decisione in un tempo ragionevole,

non è tenuta necessariamente a rispettare le garanzie processuali previste dall'art. 6

CEDU; il secondo motivo di differenziazione tra le due norme consiste nel fatto che

l'art. 13 risulta strumentale esclusivamente alla salvaguardia ei diritti e delle libertà

previste dalla Convenzione, mentre la tutela offerta dall'art. 6 si estende sotto

quest'aspetto a tutti i diritti di carattere civile. La verità è che le due norme apprestano

differenti forme di tutela in quanto perseguono obbiettivi differenti: l'art. 13 enuncia

un diritto di natura complementare rispetto ai diritti e le libertà convenzionali e risulta

9

strumentale al corretto funzionamento del sistema predisposto dalla CEDU; l'art. 6, al

contrario, nel sancire l'accesso al giudice, enuncia un diritto a sé stante, in ossequio ad

un principio comune alle Costituzioni degli Stati. Del resto, il diritto ex art. 47, par. 1,

secondo quanto affermava la Corte già nella sentenza Johnston, espressamente

richiamata nelle Spiegazioni alla disposizione, costituisce espressione di un principio

giuridico generale su cui sono basate le tradizioni costituzionali comuni agli Stati

membri e che è stato sancito negli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti

dell'uomo.

2. Se è vero che alla summenzionata sentenza Johnston si deve l'affermazione del

principio, occorre considerare tuttavia che essa è stata resa dalla corte con riferimento

ad una fattispecie nella quale un mezzo giudiziale era espressamente richiesto da una

norma di diritto derivato. Trattasi di invenzione della Corte, analogamente a quanto

precedentemente prodotto dai giudici di Lussemburgo con i più celebrati arresti Van

Gend en Loos e Simmenthal. attraverso la quale, unitamente ai principi delineati nelle

sentenze appena evocate è stata possibile l'effettiva edificazione di un ordinamento

giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale e la contestuale

attribuzione ai singoli delle vesti di attori, a pieno titolo, del sistema. Il Trattato di

Lisbona ha avuto cura di ribadire e specificare tale principio anche nel novellato art.

19, a mente del quale gli stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari

per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto

dell'Unione.

3. La corte ha chiarito che, in mancanza di una disciplina comunitaria, non avendo i

Trattati inteso creare i mezzi d'impugnazione esperibili dinanzi ai giudici nazionali,

onde salvaguardare il diritto comunitario, diversi da quelli contemplati dal diritto

nazionale, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno stato membro designare

i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la

tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto comunitario; tanto, però, a

condizione che esista effettivamente un qualche rimedio giurisdizionale idoneo allo

scopo, in mancanza del quale il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva risulterebbe

violato. La Corte ha dettato altresì i criteri cui ispirare la valutazione relativa alla

sostanziale efficacia del rimedio, criteri riassumibili nei principi di equivalenza ed

effettività: il primo postula che le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire ai

singoli la tutela dei diritti di fonte unionistica non siano meno favorevoli di quelle che

riguardano ricorsi analoghi di natura interna; il secondo, invece, che tali modalità non

rendano praticamente impossibile od eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti

conferiti dall'ordinamento giuridico europeo. Spetta al giudice nazionale il compito di

verificare le somiglianze tra i ricorsi di cui trattasi quanto ad oggetto, motivo di

elementi essenziali. Nella giurisprudenza resa dalla Corte post Trattato di Lisbona, la

valutazione sul rispetto dei principi di equivalenza ed effettività è rimasta in auge e

tende a precedere quella relativa all'osservanza della norma di cui all'art. 47, la quale

sembra pertanto operare alla stregua di un criterio finale di controllo. In sostanza la

Corte continua ad assicurarsi che lo stato abbia garantito possibilità di tutela

equivalenti a quelle apprestate per i diritti di origine puramente interna e che non

abbia reso eccessivamente difficile o praticamente impossibile l'esercizio, per poi

valutare se sia stato rispettato il diritto fondamentale di cui all'art. 47.

4. Occorre chiarire che l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE,

similarmente agli artt. 13 e 6 della CEDU, non garantisce alla vittima di un reato il

diritto di provocare l'esercizio di azioni penali contro un terzo al fine di ottenerne la

10 condanna. La norma in questione non contempla un diritto assoluto: secondo

giurisprudenza costante i diritti fondamentali non si configurano come prerogative

assolute, ma possono soggiacere a restrizioni. Le limitazioni di cui si discute, tuttavia,

non possono avere l'effetto di restringere l'accesso al giudice di cui dispone un singolo

in maniera od in misura tali che il suo diritto ad un tribunale ne risulti pregiudicato

nella sua stessa essenza. Per espressa affermazione della Corte, esse devono tendere

ad una finalità legittima e deve sussistere un ragionevole rapporto di proporzionalità

tra i mezzi impiegati e la finalità perseguita.

5. La garanzia di un effettivo sindacato giurisdizionale è strettamente correlato

all'obbligo, incombente sulle istituzioni nazionali ed europee di motivazione dei propri

atti e provvedimenti. L'efficacia del controllo giurisdizionale garantito dall'art. 47

della Carta presuppone che l'interessato possa conoscere la motivazione della

decisione adottata nei suoi confronti. Tanto allo scopo di consentire al destinatario

dell'atto di difendere i propri diritti nelle migliori condizioni possibili. La linearità di

queste argomentazioni si scontra con le problematicità poste dalla necessaria

segretezza degli atti adottati per ragioni di pubblica sicurezza. Proprio di recente, nel

caso ZZ, la corte di Lussemburgo ha attribuito in limine ai giudici nazionali il compito

di assicurarsi che la mancata comunicazione al ricorrente della motivazione e degli

elementi di prova sia limitata allo stretto necessario ed ha prescritto che, in ogni caso,

compatibilmente con le esigenze di segretezza richieste dalla fattispecie, gli sia

comunicata quantomeno la sostanza delle ragioni che abbiano giustificato la

decisione. Pertanto, qualora il giudice nazionale concluda che rivelazione

all'interessato della motivazione circostanziata e completa sulla quale sia fondata la

decisione di diniego non pregiudichi la sicurezza dello stato, dovrà offrire all'autorità

la possibilità di rivelare all'interessato la motivazione e gli elementi probatori

mancanti; solo laddove tale autorità non dovesse autorizzare la relativa divulgazione,

il giudice dovrebbe procedere all'esame della legittimità della decisione controversa

sulla base dei soli motivi ed elementi di prova che siano stati comunicati. Di recente,

nel pieno vigore dell'art. 47 e sulla scia della summenzionata decisione ZZ, la Corte

ha precisato che, in casi del genere, la motivazione possa essere sì celata o successiva,

ma tanto solo in occasione dell'adozione del primo provvedimento di iscrizione; al

contrario, in occasione di una decisione che ne disponga la proroga, la comunicazione

delle motivazioni deve necessariamente precedere, per espressa affermazione della

Corte, l'adozione di tale decisione.

6. Costituisce affermazione costante quella per la quale la Comunità costituisca

un'Unione di diritto, nel senso che le sue istituzioni sono soggette al controllo della

conformità dei loro atti, segnatamente, ai Trattati, ai principi generali del diritto

nonché ai diritti fondamentali e che in questo sistema i singoli debbano poter

beneficiare di una tutela giurisdizionale effettiva. Com'è noto, ai singoli è stata

concessa, sin dai Trattati originari, la possibilità di ricorrere in via diretta

esclusivamente contro le decisioni adottate nei propri confronti. Il Trattato ha istituito

un sistema completo di rimedi giuridici e procedimenti inteso ad affidare alla Corte di

giustizia il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni. Le persone fisiche e

giuridiche sono in tal modo tutelate contro l'applicazione, nei loro confronti, di atti a

portata generale che esse non possono impugnare direttamente davanti alla Corte a<

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
21 pagine
32 download
SSD Scienze giuridiche IUS/14 Diritto dell'unione europea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Trouble7 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dell'Unione Europea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Salerno o del prof Di Stasi Angela.