Riassunto esame Diritto dell'Unione Europea, prof. Di Stasi, libro consigliato Diritti Umani e Sicurezza Regionale: Il Sistema Europeo
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Il rapporto svolge una fondamentale funzione d’accertamento riguardo alle obbligazioni SOFT
ovvero quelle sottratte ad immediata applicabilità.
Al contrario riveste una funzione residuale per le obbligazioni di tipo HARD ossia assistite da
sistemi di garanzia di tipo giudiziario. E’ bene precisare che funzione residuale non è sinonimo di
funzione inutile poiché se il rapporto risulta completo e veritiero, mostrerà notevoli potenzialità
nella garanzia della sicurezza umana e tali potenzialità saranno complementari e non alternative a
quelle svolte attraverso i sistemi di garanzia di tipo giudiziario.
La creazione di meccanismi di controllo del rispetto degli obblighi o impegni assunti dagli Stati
rimane una forma di tutela ancora minoritaria poiché la garanzia dei diritti della sicurezza umana è
orientata il più delle volte verso forme soft di protezione dei diritti umani. Ci si riferisce a quelle
forme di tutela costituite da risoluzioni,dichiarazioni o atti convenzionali conclusi dagli Stati che
seppur caratterizzati da effetti obbligatori, risultano sprovvisti di caratteri sanzionatori.
Tuttavia esistono tre sistemi di protezione (europeo, interamericano e africano) dei diritti umani,
basati su forme di tutela hard. Accanto al si sono sviluppati dei
SISTEMA DI PROTEZIONE EUROPEO
sistemi paralleli: quello e che, secondo parte della dottrina
INTERAMERICANO AFRICANO
provocherebbero il rischio di frammentare troppo l’intero sistema di tutela dei diritti dell’uomo.
trova nella l’organo che ha una competenza di natura
IL SISTEMA INTERAMERICANO CORTE
consultiva e una di carattere giurisdizionale mentre la ha
NEL SISTEMA AFRICANO COMMISSIONE
una duplice funzione di garanzia: quella legata al ricevimento dei (resoconti biennali
RAPPORTI
degli Stati delle misure di attuazione della carta) e quella legata all’esperimento di RICORSI
statuali o individuali. Non c’è nel sistema africano un organo e questo fa la
GIURISDIZIONALE
differenza con gli altri due sistemi paralleli. Quindi neo sistema africano si registra una prevalenza
delle garanzie politico – diplomatiche su quelle giurisdizionali.
Senza assumere un approccio eurocentrico, oggi si può affermare che quello europeo costituisce
l’espressione regionale più perfezionata in materia di Questa è garantita
SICUREZZA UMANA.
attraverso uno specifico gruppo d’organizzazioni:
1) : deputato alla salvaguardia del rispetto dei diritti dell’uomo e delle
CONSIGLIO D’EUROPA
libertà fondamentali;
2) impegnata,
ORGANIZZAZIONE PER LA SICUREZZA E LA COOPERAZIONE IN EUROPA (OSCE):
in particolare, sul piano politico ad omologare valori giuridici e standards di tutela dei
diritti dell’uomo;
3) protezione dei diritti dell’uomo.
UNIONE EUROPEA: PARTE SECONDA:
I DIRITTI UMANI COME CARATTERE DELL’IDENTITA’ REGIONALE DELLE
ORGANIZZAZIONI EUROPEE E DELL’UNIONE EUROPEA.
CAPITOLO I.
LA DIMENSIONE UMANA E LA SICUREZZA GLOBALE NELL’ORGANIZZAZIONE
PER LA SICUREZZA E LA COOPERAZIONE IN EUROPA (OSCE).
Il discorso sul sistema regionale di sicurezza in Europa non può essere effettuato trascurando
l’importante ruolo dell’ ovvero l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in
OSCE
Europa.
Ad un primo impatto, ci troviamo di fronte ad un’organizzazione avente natura giuridico
istituzionale debole ma un’operatività ed un’effettività molto forti. Attraverso l’ si è oggi
OSCE
avuto uno spazio di sicurezza comune ed indivisibile privo di linee e zone di demarcazione. In tale
spazio di sicurezza il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertò fondamentali e la democrazia,
rappresentano il nucleo centrale. La difficile sintesi tra le volontà dei 35 Stati, si è realizzata
ricorrendo ad un modello debole di organizzazione internazionale ossia privo di un accordo
istitutivo e di strutture fisse, manchevole di personalità giuridica internazionale e fondato su due
regole principali: il consenso e la
UNANIME ROTAZIONE DELLA PRESIDENZA.
Fondamentale per l’ è stato il richiamo al principio VII della Dichiarazione di Helsinki
OSCE
fondato sul rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (inclusa la libertà di pensiero,
di coscienza,religione e credo).
Il principio VII costituiva la base normativa dell’intero sistema dei diritti umani. Esso inoltre
prevedeva che “gli Stati partecipanti, nel cui territorio esistono minoranze nazionali, rispettano il
diritto delle persone appartenenti a tali minoranze e offrono loro la piena possibilità di godere dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali proteggendo così i loro legittimi interessi.
La tutela delle minoranze costituisce in questo modo uno strumento di rafforzamento non solo del
concetto di ma anche Inoltre nell’atto di Helsinki
DEMOCRAZIA DELL’INTEGRITÀ’ TERRITORIALE.
il terzo è dedicato alla ed in particolare, questo
CESTO COOPERAZIONE IN CAMPO UMANITARIO
avveniva nel capitolo dedicato ai In particolare il III cesto conteneva la difficile
CONTATTI UMANI.
sintesi tra la concezione occidentale dei diritti umani (concepiti come strumento idoneo a
scardinare i regimi socialisti)e quella orientale (che evidenziava il mancato rispetto dei diritti
economici sociali).
Da questo contenuti emergeva il rapporto tra sicurezza internazionale e diritti umani e ne nasceva
un concetto di intesa come contemperamento di sicurezza, giustizia e
SICUREZZA GLOBALE
collaborazione fondate sul fattore essenziale del rispetto dei diritti dell’uomo. Solo in questo modo
sarà possibile conseguire un certo livello di e tra i
PACE, GIUSTIZIA RELAZIONI AMICHEVOLI
popoli.
Ancora, per sicurezza vuole intendersi la sintesi degli aspetti politici, militari, economici,sociali e
culturali. Si parla in questo caso di nel senso che la sicurezza di ciascuno
SICUREZZA INVISIBILE
dei partecipanti è indissolubilmente connessa a quella degli altri. Il fatto che l’ assuma
OSCE
impegni, diritti ed obblighi attraverso modalità atipiche ( e quindi senza specifici accordi e senza
una vis giuridica), non significa assenza di vincolatività o necessaria debolezza del processo.
Spesso anche altri enti (ad es. il ) sono connotati da una natura giuridico - istituzionale debole
G8
eppure godono di una effettività ed operatività piena sul piano internazionale.
Come ente garante della sicurezza globale, l’ ha sviluppato una polifunzionalità della sua
OSCE
azione, anche grazie all’assenza di rigide previsioni normative statutarie, al sua operatività oggi
cammina di pari passo con le altre organizzazioni ed istituzioni già operanti in quei settori. Anzi,
l’ esercitando rilevanti funzioni di e va ad arricchire la
OSCE, PEACEKEEPING PEACEBUILDING ,
prassi su scala regionale relativa alla prevenzione della crisi ed al mantenimento della pace.
Che l’ sia una comunità garante della sicurezza è ribadito in una molteplicità di atti, a partire
OSCE
da quello di Helsinki fino ad arrivare alla Carta di Parigi e alla Dichiarazione di Budapest.
La sicurezza garantita dall’ ci serve ad individuare una delle caratteristiche peculiari
OSCE
dell’Europa soprattutto nel contesto delle relazioni internazionali. Sicurezza che assume una forte
connotazione economica (in veste di sostegno al processo di riforme economiche) ma anche
sicurezza contrassegnata dal principio della nel senso che nessuno stato può
INDIVISIBILITA’
perseguire interessi di sicurezza nazionale a discapito della sicurezza di altri Stati.
Il ruolo dell’OSCE tende ad aprirsi anche a teatri diversi da quello europeo. Tende, infatti, ad
aprirsi alla collaborazione con i Paesi del Mediterraneo (Israele, Tunisia, Marocco, Egitto,
Algeria) o con Paesi lontani come il Giappone.
Con la Dichiarazione di Budapest, è stato approvato un in seno all’ nel
CODICE DI CONDOTTA OSCE
quale viene sancito il diritto di ciascuno stato partecipante di determinare i suoi interessi di
sicurezza conformemente al diritto internazionale e agli obiettivi dell’ . Di fronte alla
OSCE
difficoltà di esplicare un’azione autonoma di alla sembrava spettare, in via
PEACEKEAPING, OSCE
residuale, solo un ruolo di co-azione con le altre organizzazioni internazionali europee ma oggi
questa prospettiva sembra essere cambiata grazie all’importanza dell’azione dell’ durante le
OSCE
crisi in Albania e Kossovo. E’ infatti a questi interventi che si deve la riconsiderazione del ruolo
dell’ nella prevenzione ed eventuale gestione delle crisi. Gestione che viene effettuata sia dal
OSCE
punto di vista militare (controllo delle armi) che non militare(garanzia della libertà di stampa e di
informazione). Importante,ai fini della definizione delle punizioni dell’ è la Dichiarazione di
OSCE
Lisbona la quale contiene una riconferma di quei principi in materia di sicurezza già contenuti nei
documenti precedenti, in particolare quelli ancorati a valori quali libertà,democrazia e
cooperazione tra le nazioni sia in senso militare che non militare (es. economia). Relativamente al
rapporto con le Nazioni Unite, è stata l’azione di e esplicata
PEACEKEAPING PEACEBUILDING
dall’ a dettare la risoluzione delle N.U. intitolata
OSCE
“ ” attraverso la quale viene riconfermato l’importante ruolo
COOPERAZIONE TRA LE N.U. E L’OSCE
di quest’ultimo in molte zone di crisi. Pertanto, tra N.U. e OSCE esiste un rapporto sempre più
forte di cooperazione, scambio di informazioni e coordinamento. Quando si parla dell’intervento
dell’ in zone di crisi si fa uno specifico riferimento alle crisi in Albania e in Kossovo. Nel
OSCE
primo caso, l’intervento è avvenuto a favore di un paese impegnato in un difficile sforzo di
definizione della propria economia e dei propri fondamenti democratici. Infatti, significativi sono
stati i contributi di carattere finanziario. Riguardo invece agli altri settori ed in particolare gli aiuti
e l’assistenza nel processo di democratizzazione e d’istituzione ai mezzi di comunicazione,tali
operazioni sono avvenute in collaborazione con il Consiglio d’Europa. Anche nella crisi del
Kossovo gli interventi sono stati significativi. In particolare questi sono stati caratterizzati da una
MISSIONE DI VERIFICA DISARMATA
ad opera di soggetti provenienti dagli Stati partecipanti. Essi hanno svolto un ruolo molto
importante più attivo di semplici osservatori, un ruolo che si è andato amplificando col tempo e
difatti si è esteso all’ e alla
ASSISTENZA AI RIFUGIATI PROVENIENTI DAL KOSSOVO IN ALBANIA
. Oggi quindi
DOCUMENTAZIONE DELLE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI CONTRO I KOSSOVARI
non è più posto in discussione, anzi,è confermato il ruolo di coordinamento dell’ tanto che
OSCE
ormai essa viene riconosciuta come UNICA ORGANIZZAZIONE DI SICUREZZA EUROPEA.
Accanto alla sicurezza, l’ garantisce anche la
OSCE GARANZIA DELLA DIMENSIONE UMANA,
espressione non limitata alla mera protezione dei diritti umani. L’espressione DIMENSIONE
UMANA era stata utilizzata già nella Conferenza di Vienna del 1989, nell’Atto finale di Helsinki
e negli atti successivi in materia di diritti umani e questioni umanitarie e sono proprio questi ultimi
a forme sempre ulteriori specificazioni del concetto. Nel concetto di dimensione umana, vengono
ricompresi dei diritti da garantire, il cui contenuto è piuttosto ampio. Non ci si riferisce solo a
diritti civili e politici, ma anche a quelli e proiettati, appunto,in
ECONOMICI, SOCIALI CULTURALI
una dimensione umana e questo comporta l’erosione della competenza interna dello Stato.
Il sistema della dimensione umana, istituito a Vienna e perfezionato nelle riunioni di Copenaghen
e Mosca comprendeva anche un sistema di cooperazione diplomatica definito MECCANISMO
Questo è stato rafforzato attraverso l’istituzione di un sistema di
SULLA DIMENSIONE UMANA.
missioni di esperti che possono essere richiesti da uno Stato, dal Comitato di atti funzionali oppure
possono intervenire per minacce particolarmente serie al rispetto delle disposizioni sulla
dimensione umana.
Alla Conferenza sulla dimensione umana, succedono regolarmente seminari dedicati a temi
specifici e meetings biennali ai quali si accompagnano una serie di misure per rafforzare il quadro
operativo dell’ Anche nella Carta di Parigi, accanto al diritto degli Stati di scegliere e
OSCE.
sviluppare liberamente il proprio sistema politico,sociale, economico e culturale,si proclamano
anche l’impegno a consolidare e rafforzare la democrazia quale unico sistema di governo delle
nostre nazioni.
Appare quindi centrale, nella Carta di Parigi, il rapporto tra democrazia e diritti umani. La stessa
Carta ha anche istituito un sistema di sorveglianza e riesame annuale sulla dimensione umana la
quale in questo modo viene rafforzata soprattutto in relazione a fenomeni quali il NAZIONALISMO
AGGRESSIVO, L’ANTISEMITISMO, LA XENOFOBIA.
Al Vertice di questo sistema vi sono alcune istituzioni che si propongono di assistere e monitorare
il fenomeno della dimensione umana.
Esistono due particolari organismi che hanno la funzione di l’attività del meccanismo
INTEGRARE
sulla dimensione umana svolgendo un’attività di e dei diritti della
PROMOZIONE PROTEZIONE
sicurezza umana. Essi sono: l’Alto Commissario per le minoranze nazionali e l’ufficio per le
istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo.
L’ è stato istituito nel 1992 dopo il Vertice di
ALTO COMMISSARIO PER LE MINORANZE NAZIONALI
Helsinki. La sua funzione non si sostanzia nella predisposizione di uno strumento diretto di
protezione dei diritti delle minoranze ma, in ragione di una lunga e notevole competenza, svolge
funzioni di rilevando le situazioni di potenziale conflitto ed esercitando una
SEGNALAZIONE
funzione di preallarme.
Pertanto il suo compito è di identificare quelle situazioni etniche che potrebbero sfociare in un
conflitto e, una volta rilevatele, portarle all’attenzione degli organi decisionali dell’ OSCE,
illustrando la gravità della situazione.
L’acquisizione delle informazioni relative alle minoranze può avere fonti varie quindi anche i
media o le organizzazioni non governative. L’Alto Commissario svolge anche una funzione
“normativa” adottando raccomandazioni da presentare sotto forma di lettera al Ministro degli
Esteri dello Stato interessato e dopo la risposta di questi, da presentare alla discussione del
Consiglio Permanente ed infine da pubblicizzare. fu istituito a Praga nel
L’UFFICIO PER LE ISTITUZIONI DEMOCRATICHE E I DIRITTI DELL’UOMO
1990 con lo scopo di facilitare i contatti e lo scambio delle informazioni relative alle elezioni da
tenere nell’area OSCE.
Poi questa sua competenza circoscritta, è andata via via amplificandosi. Oggi infatti, l’Ufficio ha
un duplice tipo di competenze: la prima si dedica a tutte le attività in materia di ,
ELEZIONI
svolgendo compiti di sorveglianza e assistenza; la seconda invece,svolge una funzione di
DEMOCRATIZZAZIONE
nel senso di essere affidataria dello sviluppo dei progetti in tema di promozione della democrazia,
Stato di diritto e società civile. Essa inoltre svolge una funzione di controllo sull’adempimento
degli impegni sulla DIMENSIONE UMANA.
I rappresentanti dei 54 Stati parte dell’ firmano un atto che determinano “
OSCE CARTA PER LA
In realtà essa è un ovvero un accordo
SICUREZZA EUROPEA”. NON BINDING AGREEMENT NON
che però tuttavia non è privo di effetti. La Carta contiene un doppio set di norme:
VINCOLANTE
1) DISPOSIZIONI CHE SI LIMITANO A RIFLETTERE PRINCIPI O CONSUETUDINI
INTERNAZIONALI (per le quali non si pone quindi il problema sulla loro rilevanza
giuridica);
2) NORME PRODUTTIVE DI OBBLIGHI O IMPEGNI OSCE che,non essendo riproduttive
di norme internazionali pongono la questione della loro rilevanza giuridica;
Dal punto di vista contenutistico,la Carta rappresenta l’insieme della “filosofia” dell’ OSCE
comprendente la consapevolezza che la violazione delle norme e degli impegni sono una
OSCE
causa comune di molti conflitti.
Proprio in considerazione di ciò, la Carta conferisce una maggiore rilevanza alla dimensione
umana negli sforzi per la prevenzione dei conflitti.
CAPITOLO II.
LA SICUREZZA INDIVIDUALE NELL’ORDINAMENTO EUROPEO DEI DIRITTI
UMANI NEL CONSIGLIO D’EUROPA.
L’ampliamento dei soggetti facente parte del Consiglio d’Europa, ne ha mutato la fisionomia
originaria sia sul piano strutturale che funzionale. In particolare, la considerazione del rispetto dei
diritti dell’uomo come strumento per raggiungere la pace e la giustizia nelle relazioni tra i popoli,
ha ridato una nuova linfa all’azione del Consiglio d’Europa. Oggi infatti quest’ultimo è diventato
principalmente (ma non esclusivamente) con riferimento ai Paesi
COSTRUTTORE DI DEMOCRAZIA
ex comunisti. Più volte sono stati riconfermati gli originari principi ispiratori dell’azione del
Consiglio d’Europa e sono stati inquadrati nella creazione di una società europea più libera, più
tollerante e più giusta. Quindi si può dire in generale che il primo obiettivo del Consiglio d’Europa
è quello di promuovere i diritti umani e rafforzare la democrazia. Sembra quasi scontato poi
precisare che la salvaguardia di questi diritti fondamentali debba avvenire in un contesto che sia
democratico perché solo in questo modo essi possano essere concretamente assicurati.
Si è detto che attualmente i membri del Consiglio d’Europa sono aumentati e questo ci fa riflettere
sulle condizioni di ammissione al Consiglio stesso.
In particolare bisogna essere in possesso di tre requisiti fondamentali:
1) ESSERE EUROPEI;
2) RICONOSCERE IL PRINCIPIO DELLA PREMINENZA DEL DIRITTO;
3) RISPETTARE I DIRITTI DELL’UOMO E LE LIBERTA’ FONDAMENTALI;
Tuttavia i requisiti per il conferimento della membership spesso richiedono un riesame da parte
degli organi statuali: il Comitato dei Ministri(organo decisionale)e l’Assemblea Parlamentare
(organo consultivo) nell’attuare la procedura di ammissione a volte si avvalgono di interpretazioni
estensive, altre volte meno, ai fini dell’accertamento dei requisiti per il conferimento. Alcune
volte, però, si è data la possibilità ad alcuni membri di far parte del Consiglio a titolo di special
guest(inviato speciale)oppure di osservatori. Lo Statuto del Consiglio d’Europa prevede per la
grave violazione dei principi della tutela dei diritti dell’uomo la sospensione dello stato della sua
qualifica di membri con l’invito, da parte del Consiglio dei ministri, a ritirarsi
dall’organizzazione. Qualora lo Stato in questione non dovesse adempiere all’invito verrà emanato
un decreto di estinzione della membership.
Altra condizione che la dottrina prevalente ritiene importante per la qualifica di membro del
Consiglio d’Europa, è la qualifica di nel senso “occidentale” del
DEMOCRAZIA PARLAMENTARE
termine.
Senso “occidentale” significa che ci si deve trovare in presenza di alcuni requisiti: l’esistenza di un
regime costituzionale sottoposto alla disciplina e al contratto dei poteri dello Stato (esecutivo,
legislativo e giudiziario) i quali, a loro volta, si controllano reciprocamente.
Questa esperienza si è manifestata concretamente quando si è sentita la necessità per la
Federazione Russa di adottare una Costituzione. All’inizio,infatti, tale Federazione non era
ammessa in seno al Consiglio ma poi, in seguito al progressivo adattamento agli standards
europei, si è proceduto alla sua inclusione nel Consiglio d’Europa come trentanovesimo
membro,sebbene sotto la condizione che procedesse nel processo di riforme giuridiche. La stessa
questione cecena ha costituito elemento di particolare attenzione da parte dell’Assemblea
parlamentare infatti essa ha fatto considerare lo Stato come pacifico e rispettoso dei diritti delle
minoranze. Stesso iter è Stato seguito con la richiesta di adesione della Croazia, la cui inclusione
nel Consiglio d’Europa si è fondata sulle potenzialità di questo Stato di raggiungere una situazione
di democrazia.
Ultimamente può dirsi che notevole è stato l’ampliamento del Consiglio d’Europa per effetto
dell’inclusione delle nuove democrazie centro – orientali.
Il Consiglio d’Europa ha ampiamente utilizzato lo strumento convenzionale, tuttavia, nel suo
ordinamento giuridico non è stato inserito l’accordo ovvero “La Convenzione europea di
CEDU*
salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali”.
* Questa convenzione è la risultante di una continua opera di aggiustamento attraverso l’adozione di
protocolli addizionali. Essa si propone come obiettivo quello di garantire, sul piano internazionale,
l’adempimento degli obblighi convenzionali, mentre, sul piano individuale, la piena protezione dei diritti
dell’uomo. In ragione del forte ampliamento del Consiglio d’Europa non esiste più l’originaria omogeneità
di livelli di civiltà giuridica. Infatti tale elemento appare ancora da perfezionare.
Di conseguenza sussiste una separazione tra i due sistemi di diritto internazionale.
Il catalogo dei diritti garantiti nel testo ne ha fatto una sorta di “Magna Charta” dell’Europa
CEDU
democratica. Nel prevedere un programma di difesa dell’uomo e dei suoi diritti essenziali, fa in
modo che nessuno Stato che si ritenga democratico, possa negarlo.
Facendo un discorso ratione materiae, pur essendo due organismi separati, è inevitabile il
collegamento della e dello Statuto del Consiglio d’Europa tanto che si è parlato di una sorta
CEDU
di reciproca immedesimazione produttiva di rilevanti effetti. Ma ciò che è più importante
sottolineare è che questo collegamento ha portato all’ampliamento delle condizioni di ammissione
al Consiglio d’Europa. Infatti l’adesione alla è diventata un ulteriore requisito per
CEDU
l’ammissione al Consiglio d’Europa. In particolare pur non essendoci una specifica ed esplicita
normativa a riguardo, si può dire che di fatto la Convenzione è aperta ai soli membri del Consiglio
d’Europa ed il venir meno dello status di membro del Consiglio d’Europa comporta la cessazione
dello status di parte della CEDU.
Tra tutti i sistemi regionali di protezione dei diritti umani, quello delineato nella si distingue
CEDU
per il suo livello di perfezione sostanziale e procedurale.
In questa Convenzione è previsto il diritto di ciascun Stato a presentare un’istanza contro un altro
Stato ( ) e questo è un principio importantissimo perché limita il potere
RICORSO STATUALE
assoluto di ciascuna nazione. In particolare tale ricorso viene effettuato quando si verifica la
violazione di un obbligo convenzionale. Tuttavia l’elemento di maggiore significatività del
sistema di protezione dei diritti dell’uomo e il diritto di azione individuale ( RICORSO
) attuato dalla , che trova un sempre crescente utilizzo tanto da permetterci di
INDIVIDUALE CEDU
parlare di una lettura individualistica della Convenzione che consente all’individuo di fare ricorso
ad un organo internazionale per difendere i propri diritti.
Il catalogo dei diritti garantiti nella è in realtà molto specifico e ristretto, tanto che si parla di
CEDU
una Tuttavia esso ha subito un progressivo ampliamento con l’aggiunta di altri
LEX SPECIALIS.
diritti ad opera di Protocolli aggiuntivi. La limitatezza di questa convenzione, però, risulta
compensata dalla sua concretezza contenutistica. Vengono adottati due criteri per classificare i
diritti e le libertà garantiti nella il grado di assistenza dato dalle possibilità di restrizione da
CEDU :
parte della stessa Convenzione e il criterio contenutistico.
Nel primo caso i diritti sono raggruppabili in assoluti e non assoluti a seconda che siano derogabili
nei casi previsti dalla Convenzione.
Dal punto di vista contenutistico, invece, i diritti vengono classificati a seconda che appartengano
al testo originario della Convenzione o vi siano stati aggiunti successivamente mediante protocolli
aggiuntivi.
Si è detto che la caratteristica principale della CEDU è data dall’attribuzione all’individuo di un
diritto di ricorso individuale che nel corso degli anni è stato sempre più “depurato” dai limiti che
ne circoscrivevano l’esercizio tanto che oggi si parla di un conferimento all’individuo di un locus
standi davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Prima questo diritto poteva essere
esercitato facoltativamente ora invece opera automaticamente ed in senso assoluto ossia gli Stati si
impegnano a non impedirne in alcun modo l’esercizio effettivo. Attraverso questo diritto,
l’individuo risulta sostanzialmente parificato allo Stato, divenendone un alter ego. E’ chiaro che
una simile situazione fa sorgere delle nuove basi sulla questione della personalità internazionale
dell’individuo.
Lo scontro tra le due tesi trovava il suo fondamento proprio nel problema della soggettività
internazionale dell’individuo o meglio nel suo ruolo nel contesto internazionale. All’inizio, la
concessione all’individuo del diritto di adire la Corte europea era sottoposto a forti limitazioni che
determinavano una condizione di disparità tra la posizione dell’individuo e quella dello Stato. Poi
si è verificata una riforma. Prima, la caratteristica del ricorso individuale era la facoltatività.
All’individuo al contrario dello Stato, era consentito esercitare il proprio diritto solo se la parte
contraente riconosceva la competenza della Commissione in quella materia e questo era un
presupposto necessario. E’ chiaro che questo criterio comportava una consistente limitazione e
forse la sua ratio stava nella originaria prudenza operativa. Altra caratteristica del ricorso
individuale era ed è la assolutezza nel senso che gli Stati si impegnano a non ostacolare l’esercizio
effettivo di questo diritto che pertanto dovrà essere garantito in ogni circostanza. Da ciò deriva
l’obbligo vincolante sugli Stati di garantire tale diritto un qualsiasi situazione. Altro carattere del
diritto di ricorso era ed è la sussidiarietà. Il sistema di protezione europeo è sussidiario rispetto alla
protezione fornita in via primaria dai singoli Stati e cioè dai loro sistemi nazionali quali primi
garanti dei diritti fondamentali dei cittadini. La funzione di supplenza del sistema europeo
comporta un duplice obbligo: allo Stato spetta l’obbligo di garantire alla persona il diritto di
ricorrere ad una istanza nazionale e all’individuo spetta l’obbligo del previo esaurimento delle vie
di ricorso interno(ratio: consentire il funzionamento delle autorità giudiziarie dello Stato).
Tale obbligo, tuttavia, è suscettibile di alcune deroghe:
1) la possibilità di adire la Commissione qualora nel corso del processo in sede nazionale si
siano verificati ritardi non qualificabili. In questo caso, però, la proposizione della
domanda davanti alla Commissione non esercita né un effetto sospensivo, né acceleratorio
nei confronti del procedimento in corso nello Stato nazionale;
2) quando il ricorso è inaccessibile (l’interessato non può azionare il ricorso poiché sussistono
degli ostacoli all’esercizio del diritto) oppure quando il ricorso è inadeguato (il ricorso non
è adeguato a conseguire il risultato sperato poiché non si può rimuovere la violazione o
non si possono riparare le conseguenze).
Il diritto di azione è riconosciuto ad ogni persona fisica, ogni organizzazione non governativa e
ogni gruppo di privati.
Riguardo le persone fisiche, la CEDU non pone limiti relativamente alla nazionalità, alla
residenza, allo stato civile o alla capacità dell’individuo quindi, ad esempio, così come possono
essere legittimati rifugiati e apolidi, così non vengono posti limiti neppure a minori e incapaci
perché rappresentati da tutore o curatore. Stessa cosa vale per i detenuti. Il ricorrente può
difendersi da sé, può farsi assistere da un avvocato, da un procuratore legale, da un professore di
diritto, purchè si tratti di un giurista accettato dalla Commissione.
Il rappresentante deve essere munito di una dichiarazione scritta del ricorrente che lo autorizza ad
agire nel suo nome e nel suo interesse. Non sono ricevibili ricorsi anonimi.
Lo Stato nei confronti del quale viene avanzata la pretesa non ha alcun diritto di controllo in
merito al fondamento di un ricorso individuale. Legittimati al ricorso sono anche le organizzazioni
non governative.
La qualifica di “non governative” sta a significare che queste organizzazioni non devono essere
persone giuridiche pubbliche partecipanti all’esercizio del potere statuale. Dopo un primo
orientamento piuttosto restrittivo, si sono quindi visti riconoscere il diritto di ricorso le società
commerciali, i sindacati, le organizzazioni religiose, i partiti politici, le associazioni a scopo
sociale o caritativo. Il diritto di ricorso spetta poi anche ai gruppi di persone ovvero associazioni
informali, generalmente temporanee, di due o più individui portatori di interessi identici. Tali
gruppi devono essere costituiti in maniera regolare. L’unico limite posto ai soggetti che intendono
fare ricorso è che l’azione espletata si svolga nel loro interesse personale. Legittimari saranno,
quindi, coloro che si pretendono vittime ovvero coloro che hanno subito la lesione di un proprio
diritto da parte di un’operazione interna. Questo ci induce a riflettere sulla nozione di vittima della
quale oggi viene data un’interpretazione estensiva.
Vittima è innanzitutto quella diretta ovvero la persona direttamente colpita dagli effetti dell’atto
oggetto della denuncia e la sua identificazione è del tutto agevole. Ma oggi vengono fatte rientrare
nel concetto di vittima anche quelle persone indirettamente coinvolte, suscettibili di subire un
pregiudizio. Si è delineata in questo modo una nozione di vittima indiretta perché sussistano due
presupposti:
1) l’esistenza di una vittima diretta(effettiva o potenziale);
2) la sussistenza di un legame stretto e personale tra la vittima diretta e quella indiretta.
Per questi due tipi di vittime, è facile accertare l’esistenza del nesso di causalità, più difficile è
invece farlo in riferimento alle vittime potenziali o eventuali.
E’ importante che la qualità di vittima sia sussistente durante tutto l’arco del processo poiché il
venir meno di una potrebbe comportare un difetto di legittimazione del ricorrente.
La morte del ricorrente, non estingue automaticamente l’azione infatti è ammissibile l’ipotesi di
sostituzione processuale sempre con riguardo alla natura della violazione addotta. L’entrata in
vigore per l’Italia del protocollo n. 9 ha rappresentato un significativo rafforzamento della sua
soggettività internazionale. Nonostante, però, venga accettata la giurisdizione della Corte in
materia di ricorsi individuali, restano per l’individuo alcune limitazioni rispetto alla posizione
dello Stato.
Il Protocollo n. 9, avendo carattere facoltativo, non ha richiesto e non ha avuto l’unanimità delle
ratifiche per la sua entrata in vigore. Tuttavia, gli Stati che hanno ratificato hanno ampliato il
sistema di tutela dell’individuo. Questo ha determinato l’effetto negativo di creare dei livelli di
tutela differenziati a causa della disparità di obblighi incombenti sugli Stati a seconda che abbiano
ratificato o meno il Protocollo.
Il suo ruolo ,in ogni caso, è stato significativo: esso ha posto una situazione di maggiore equilibrio
tra individuo e Stato, consentendo all’individuo stesso di accedere ad un tribunale internazionale
per difendere i propri diritti. Pur attribuendo importanti poteri al singolo, il Protocollo non
conferiva ancora a quest’ultimo una sostanziale identità con lo Stato. Ad esempio, il diritto di
iniziativa rispetto alla Corte subiva un consistente limite:la domanda doveva essere sottoposta al
vaglia di un comitato che doveva valutare se accoglierla o meno. I motivi che spingevano il
comitato a rifiutarla erano però spesso molto generici. Ad esempio, si sosteneva che quel caso
“non sollevava alcuna questione grave sull’interpretazione o applicazione della Convenzione” e
pertanto era inutile l’esame da parte della Corte. In definitiva, con il Protocollo n. 9, la posizione
processuale dell’individuo risultava migliorata ma non parificata a quella dello Stato nella fase
preliminare del giudizio. Infatti, la possibilità di accesso alla Corte, da parte dell’individuo,
incontra la barriera preclusiva costituita dal meccanismo del “controllo preliminare”. Il sistema
delineato dal Protocollo n. 9, significava anche depotenziamento del comitato dei ministri. Infatti,
aggiungere al diritto di ricorso individuale alla Commissione e alla Corte, anche quello al
Comitato dei ministri, sarebbe stata un’ulteriore disparità nei confronti dello Stato. Sulla stessa
linea di rafforzamento della posizione processuale dell’individuo, si pone ma con effetti molto più
rilevanti il Protocollo n. 11 il quale ha abrogato il Protocollo n. 9 subito dopo la sua entrata in
vigore. Il sistema di controllo e garanzia del rispetto dei diritti umani, poggia su un unico organo:
LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI che si sostituita alla Commissione ed al Comitato
dei ministri. Questo organismo si caratterizza per due caratteri: PERMANENZA (i giudici
esercitano il loro mandato a tempo pieno)ed INDIPENDENZA che a sua volta è organizzativa,
personale e funzionale. La Corte esercita giurisdizione per tutte le materie relative alla
Convenzione ed ai suoi Protocolli addizionali , indifferentemente che i ricorsi siano statuali o
individuali. La sua composizione è varia: esiste un’ (funzioni
ASSEMBLEA PLENARIA
amministrative), dei (di 3 giudici) che si occupano della verifica di ricevibilità dei
COMITATI
ricorsi individuali, da una ( di 7 giudici) che esercita una normale funzione di giudizio
SEZIONE
rispetto ai ricorsi(sia individuali che statuali) e infine c’è una (composta da
SEZIONE ALLARGATA
17 giudici) che non solo giudica le questioni più complesse ma svolge anche le funzioni di un
organo di appello.
Con la riforma del Protocollo n. 11, è stato ridefinito l’assetto istituzionale ed è stata rafforzata la
posizione dell’individuo che diventa così un vero e proprio dello Stato, infatti
ALTER EGO
l’individuo ha un diritto di azione davanti alla Corte che subisce il solo limite della preventiva
verifica di ammissibilità ad opera del Comitato. Eccetto questo limite, il ricorso individuale è
parificato a quello statale. Se la richiesta viene considerata ammissibile la Sezione procede
ascoltando i rappresentanti delle parti. Si potrebbe anche pervenire ad una composizione
amichevole della questione ma nell’ipotesi contraria l’esame del ricorso avviene in udienza
pubblica con il libero accesso ai documenti depositati in archivio. Le sentenze sono motivate e non
sono definite proprio perché si può fare ricorso in appello. Se le parti richiedono il deferimento
alla sezione allargata, la richiesta dovrà essere sottoposta ad un giudizio di di ammissibilità ad
opera di un collegio di cinque giudici che devono verificare se il caso solleva una questione grave
sull’applicazione della Convenzione o dei suoi Protocolli.
L’aspetto però più interessante riguarda il fatto che, al modificato equilibrio istituzionale
corrisponde l’assimilazione della posizione processuale del ricorrente individuale a quella del
ricorrente statuale seppur con i modesti limiti indicati.
CAPITOLO III.
LA SICUREZZA INDIVIDUALE COLLETTIVA NELL’ORDINAMENTO
DELL’UNIONE EUROPEA.
E’ evidente che anche nell’ambito dell’Unione Europea, i diritti umani sono posti al centro della
sua azione. Questo non significa però che prima della sua istituzione, queste non venissero
contemplati.
Si può dire ,infatti che prima della nascita dell’U.E. la tutela di tali diritti fosse ancora in fase
embrionale. Tuttavia questi valori avevano carattere prevalentemente funzionale al carattere
economico che restava l’obiettivo principale da raggiungere. Tuttavia questi valori avevano
carattere economico, si è andato via via arricchendo di un connotato sociale volto a garantire
un’unione sempre stretta tra i popoli europei, tesa ad eliminare le barriere economiche e sociali
che ostacolano il progresso. Tale unione sociale era finalizzata a migliorare le condizioni di vita e
di occupazione e a rafforzare la pace e la libertà. A partire degli anni ’60 si è poi cominciato ad
incorporare i diritti fondamentali nel sistema delle fonti del diritto comunitario ed il contenuto di
tali diritti è stato riscontrato da principi desumibili dalle tradizioni costituzionali comuni agli stati
membri. Ad essi poi si sono aggiunti quelli ricavabili dagli strumenti internazionali dedicati ai
diritti umani, primo fra tutti la . Con l’espressione “tradizioni costituzionali” non ci riferisce
CEDU
solo a quelle scritte ma vengono richiamati anche quei principi facenti capo a costituzioni non
scritte. In ogni caso, la avrebbe costituito un costante punto di riferimento. Tuttavia, la sua
CEDU
mancata incorporazione nel diritto comunitario le ha permesso di esercitare, per lungo tempo, solo
un modesto ruolo di fonte di ispirazione. Ma la sempre crescente consapevolezza, in ambito
comunitario, della corrispondenza dei valori e contenuti tra e Unione Europea, ha riproposto
CEDU
la lexata quaestio relativa all’adesione (dell’U. E. alla ). Il Parlamento europeo, la
CEDU
Commissione ed il Consiglio con una Dichiarazione interistituzionale del 1977 ed ancora di più il
Memorandum del 1979 della Commissione, contenevano una precisa opzione a favore
dell’adesione. Tale opzione era motivata dal fatto che l’adesione avrebbe contribuito in maniera
rilevante a considerare gli ideali di democrazia e libertà dando così all’Europa la possibilità di
definirsi terra di democrazia e libertà. Tale propositi inoltre, non costituivano semplici intenzioni
astratte ma erano suscettibili di applicazione concreta. Accettando di vincolarsi ad un catalogo
scritto di diritti fondamentali avrebbe ridotto il rischio che una giurisdizione nazionale approfitti
della mancanza di un catalogo scritto dei diritti fondamentali. Alla luce di questi presupposti in
particolare con l’adozione del Memorandum, nel 1990 la Commissione presentò la richiesta di
adesione della Comunità alla Altrettanto favorevole si dimostrò il Parlamento Europeo. Ma
CEDU.
questo atteggiamento di tali organi, fu contrastato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Tale
posizione della Corte è stata riconfermata di recente ed ha rafforzato la posizione di quegli Stati
che non avevano accolto positivamente l’iniziativa della Commissione di aderire alla per
CEDU
timore degli effetti negativi delle sue disposizioni negli ordinamenti interni. Ma a livello
contenutistico, il rapporto tra la Comunità Europea e la è inestricabile così come dimostra il
CEDU
caso Mattheus c. Gran Bretagna dove la Corte , pur riconoscendo la sua incompetenza a valutare i
ricorsi contro gli atti comunitari, ha poi fatto valere la sua competenza ratione materiae. Ma non si
può disconoscere la forte interdipendenza degli ideali e dei valori giuridici che accomunano gli
Stati membri dell’Unione Europea e quelli parte della Essa, in futuro, potrebbe diventare
CEDU.
comune denominatore di tutela dei diritti dell’uomo per tutti gli Stati, se non addirittura potrebbe
contenere il nucleo fondamentale dei valori di una futura “costituzione europea”. Anche il Trattato
di Maastricht sottolinea l’importanza dei valori e lo fa indirettamente(cioè stabilendo che
CEDU
qualora si voglia raggiungere una vera unione politica basata su differenze sempre minori tra
diritti civili, politici, sociali ed economici, bisogna richiamarsi all’esperienza comune degli Stati
membri dell’Unione che è rappresentata dalla loro adesione alla e direttamente ovvero con
CEDU)
l’art. F n. 2 del Trattato il quale dispone che l’Unione rispetta i diritti fondamentali garantiti dalla
e quelli che risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri quali principi
CEDU
generali del diritto comunitario. Seguendo l’interpretazione dottrinale dell’art. F n. 2, esisterebbe
un obbligo, in capo alla Comunità d’osservanza della Il Trattato di Amsterdam invece,
CEDU.
esclude qualsiasi ipotesi di adesione della Comunità alla Convenzione ma tuttavia si può notare, al
suo interno un impianto spiccatamente favorevole ad un rafforzamento della tutela dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali e questo lo si può riscontrare da diversi richiami normativi.
Lo stesso Trattato prevede inoltre una vera e propria procedura di sorveglianza finalizzata alla
constatazione di una violazione grave e preesistente da parte di uno Stato membro dei diritti
fondamentali(non necessariamente di tutte e quattro le macrocategorie, ma anche di solo due di
esse purchè sussistano i caratteri di gravità e persistenza).
Alla comminazione della sanzione, precede un’attività di accertamento che, qualora abbia esito
positivo può provocare la sospensione di alcuni diritti derivanti allo Stato dall’applicazione del
Trattato fino all’esclusione del suo rappresentante dal diritto di voto in seno al Consiglio.
Tuttavia mancano le specificazioni dei diritti sospendibili, è inesistente un criterio di
identificazione dei limiti temporali della sospensione e l’omissione di una clausola che consenta di
effettuare ricorso. Già da prima dell’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, il rispetto dei
diritti umani era una condizione formale d’ammissione all’Unione Europea ed infatti questo
requisito era già menzionato nella Dichiarazione di Copenhagen ed in quella di Stoccarla.
Si è venuto poi a considerare con Maastricht e successivamente con il Trattato di Amsterdam con
il quale l’obiettivo di garantire i diritti umani diventa più concreto ed efficace. Il rispetto dei
principi di democrazia, pace e stabilità sono condizioni per l’adesione da parte di nuovi Stati
all’Unione.
I principi democratici, i diritti dell’uomo e le sue libertà fondamentali vengono in rilievo anche nei
ovvero quei rapporti che l’Unione Europea stringe con il settore
RAPPORTI INTERREGIONALI
mediterraneo,asiatico o americano, quindi con culture anche differenti dalla propria. La
Dichiarazione di Barcellona testimonia le relazioni euro - mediterranee. Tali relazioni sono
politiche, economiche, finanziarie, sociali, culturali e umane. Lo scopo è quello di fare del Bacino
del Mediterraneo una zona di dialogo, di scambi e di cooperazione. La Dichiarazione di Madrid
invece, definisce le relazioni euro – americane. Anche in questo caso lo scopo è quello di
garantire una sicurezza politica, economica e culturale. Con ciò si vuole promuovere la pace, la
stabilità, la democrazia e lo sviluppo, si vuole contribuire all’espansione del commercio mondiale
e all’instaurazione di relazioni economiche più strette. Per questo vengono individuate le aree di
crisi che necessitano di intervento e cooperazione senza però porsi come concorrenti di o
ONU
altre organizzazioni. Ancora, ci si propone di creare azioni finalizzate a contrastare problematiche
non risolvibili su base nazionale (criminalità organizzata, terrorismo, traffico di stupefacenti,
ecc…).
La Dichiarazione di Bangkok definisce il codice delle relazioni euro – asiatiche cioè intercorre tra
l’Unione Europea e i Paesi membri dell’ (Associazione delle nazioni del sud est asiatico)
ASEAN
più Cina, Giappone e Corea. La relazione si svolge sul piano economico ma con possibilità di
estendersi ad altri settori quali scienza, tecnologia, cultura, lotta al terrorismo senza però porsi in
maniera concorrenziale nei confronti dell’ o di altre organizzazioni. Queste tre armi di
ONU
cooperazione hanno in comune scopi di carattere prevalentemente economico ma possono anche
trascendere da questo. In ogni caso lo scopo resta quello di garantire lo sviluppo della pace ed il
rispetto dei diritti umani. Oltre che condizione di ammissione all’Unione Europea e fondamento
dei rapporti interregionali (euro – asiatico, euro – atlantico, euro – mediterraneo), il rispetto dei
diritti umani è diventato la condicio sine qua non negli accordi (commerciali e di assistenza) con i
paesi terzi.
Il rispetto dei diritti umani viene specificato in apposite clausole le quali, quindi, fungono da
supporto al consolidamento della democrazia. Nasce in questo modo un rapporto di stretta
interdipendenza tra cooperazione e diritti umani in particolare con i paesi (Africa, Carabi,
ACP
Pacifico) dove è maggiore l’esigenza di cooperazione per lo sviluppo. Tale rapporto (di
cooperazione) si può rinvenire nei vari accordi di Lomè ma è in particolare nella terza
convenzione che si fa richiamo diretto e tale richiamo viene poi effettuato anche nella quarta.
Il processo di creazione di un sinallagma diritti umani - cooperazione allo sviluppo, lo si può
riscontrare in alcuni atti dell’ U.E. ed anche nel Trattato di Maastricht ed Amsterdam.
Tra gli atti dell’U.E. va ricordata in primo luogo una risoluzione del ’91 nella quale sono disposte
delle misure punitive ma anche preventive: rapporto di collaborazione, attraverso l’inserimento di
clausole relative ai diritti dell’uomo(definite appunto con le quali
CLAUSOLE DIRITTI DELL’UOMO
si pone come fondamento o elemento essenziale delle relazioni di cooperazione tra Comunità e
Stati membri il rispetto dei principi democratici e dei diritti dell’uomo. Tali clausole sono poi
potenziate da altre, di carattere punitivo che intervengono nei casi di grave violazione dell’accordo
e pertanto costituiscono un motivo per porre fine al Trattato o sospendere la sua applicazione in
tutto o in parte. Abbiamo detto, però che la disciplina sulla cooperazione allo sviluppo è
confermata anche dai Trattati di Maastricht ed Amsterdam.Nonostante ci siano numerosi atti a
testimoniare il collegamento sempre crescente tra diritti umani e cooperazione allo sviluppo, da un
punto di vista soggettivo, non sussistono ancora identità di vedute. Lo sviluppo, infatti, continua a
costituire per i Paesi in via di sviluppo, l’obiettivo primario mentre per l’Unione Europea
rappresenta la condicio sine qua non per lo sviluppo complessivo dell’Unione. Il Trattato di
Amsterdam, oltre a non risolvere la discussa questione dell’adesione della Comunità alla CEDU
non risolve nemmeno il problema di dotare la Comunità di un autonomo catalogo di diritti
fondamentali per i cittadini dell’Unione.
Tuttavia, nella fase di revisione è stata redatta una “ ” da parte
CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI
di una Commissione intergovernativa (Convention) dalla struttura molto complessa. Essa cioè si
caratterizzava di rappresentanti parlamentari nazionali ed europei, rappresentanti governativi dei
singoli Stati, commissari, osservatori della Corte di Giustizia e della Corte Europea dei diritti
dell’uomo.
Questo catalogo di diritti è in verità riassuntivo di altri preesistenti cataloghi, primo fra tutti quello
ed in più è influenzato dalle tradizioni costituzionali nazionali che rendono la Carta una
CEDU
sintesi adeguata ed armonica di un diritto costituzionale europeo in fieri (in particolare la sintesi è
agevolata dal forte connubio che si è riuscito a trovare tra le tradizioni di common law e civil law.
La Carta è strutturata in un Preambolo e 7 capi.
Nel Preambolo sono contenuti, a fondamento dell’Unione i principi di libertà e democrazia già
richiamati nei precedenti trattati dell’Unione ed in più sono aggiunti quelli di dignità, eguaglianza
e solidarietà. Vengono poi richiamati i diritti che risultano dalle tradizioni costituzionali comuni
agli Stati membri e da vari Trattati internazionali (Trattato UE, Convenzione europea di
salvaguardia dei diritti dell’uomo, giurisprudenza della Corte di giustizia, ecc…).
I capi da 1 a 6 ruotano intorno ad alcuni valori fondamentali che ci consentono di notare come
questa Carta ruoti intorno ai principi e non alla ripartizione dei diritti in civili, politici, economici e
sociali.
Il principio cardine è certamente la dignità.
Nel capo I si afferma infatti l’inviolabilità della dignità umana quale funge da limite per l’esercizio
degli altri diritti. Rientra nel concetto di dignità umana il divieto di tortura, pene o trattamenti
degradanti, il divieto di schiavitù, ecc…
Il capo II riconosce i diritti della libertà e di sicurezza fondati sul rispetto della vita privata e
personale e sul diritto di sposarsi e fondare una famiglia, sulla libertà di pensiero, coscienza e
religione, libertà d’espressione e informazione, di riunione e associazione, arti e scienze, diritto
all’educazione, di proprietà, all’asilo politico e protezione in caso d’allontanamento ed espulsione.
Molti di questi principi riprendono quelli già contenuti nella CEDU.
Il capo III ruota intorno al principio di uguaglianza e non discriminazione, fondato sul rispetto
delle diversità culturali,religiose linguistiche,sessuali.Vengono altresì riconosciuti i diritti dei
bambini, il diritto all’integrazione sociale, professionale e civile di persone con handicap o
anziani.
Il capo IV riconosce in particolare i diritti dei lavoratori, ad esempio quello contro il licenziamento
ingiustificato, il diritto ad un lavoro giusto ed equo, alla protezione dei giovani in campo
lavorativo e scolastico, all’assistenza sociale, sindacale ecc…
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