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ADESIONE
L’imposizione concordata si ha quando la base imponibile e il debito
di imposta sono definiti dall’amministrazione finanziaria con
l’adesione del contribuente. L’atto di accertamento con adesione o
concordato è definitivo e vincolante anche per l’a.f., perciò non può
essere impugnato dal contribuente ma non può neppure essere
integrato o modificato dall’amministrazione finanziaria. Si tratta di
un atto unilaterale di accertamento cui si aggiunge l’adesione del
contribuente, preceduto dal contradditorio tra questo e l’ufficio
tributario.
L’imposizione con adesione è incentivata attraverso benefici sul
piano sanzionatorio. Infatti sul piano penale è prevista la riduzione
fino ad un terzo delle pene per i reati in materia di imposte sui
redditi ed iva, se prima dell’apertura del dibattimento sono stati
pagati i debiti tributari; mentre sul piano amministrativo le sanzioni
sono ridotte ad un terzo.
Tutti gli accertamenti possono essere definiti mediante adesione,
salvo le liquidazioni di cui all’articolo 36 bis e le rettifiche formali di
cui all’articolo 36 ter.
L’iniziativa può essere presa sia dall’ufficio che dal contribuente.
L’ufficio può proporre l’accertamento con adesione, prima della
formazione dell’atto di accertamento officioso. Il contribuente, se ha
subito ispezioni o verifiche, può chiedere all’ufficio di formulare una
proposta di accertamento, alla quale prestare eventualmente
adesione; se invece gli è stato notificato un atto di accertamento, il
contribuente può presentare un’istanza di accertamento con
adesione. Tale istanza sospende per 90 giorni il termine per
impugnare l’atto di accertamento (per converso l’impugnazione
preclude l’istanza di accertamento con adesione). In questo caso
l’ufficio non è obbligato a pervenire alla definizione con adesione,
potrebbe infatti non farlo se il contribuente non ha fornito elementi
idonei a ridurre la pretesa fiscale. Comunque se l’istanza del
contribuente è accolta, l’atto di accertamento con adesione è
redatto per iscritto e sottoscritto dal contribuente e dal capo
dell’ufficio, e si perfeziona soltanto se entro 20 giorni il contribuente
versa le somme dovute, altrimenti resta in piedi l’originario atto di
accertamento.
Potere di autotutela dell’amministrazione finanziaria:
l’amministrazione finanziaria, come la p.a. in generale, ha il potere
di annullare o revocare d’ufficio i propri atti che riconosce viziati,
anche se divenuti definitivi. In materia tributaria l’autotutela opera
anche a favore del contribuente e si ha che l’a.f. deve annullare
d’ufficio i propri atti viziati e restituire le somme percepite sulla
base di questi. Inoltre, quando l’accertamento è fatto dal soggetto
passivo con dichiarazione, l’a.f deve restituire quando percepito se
mancano i presupposti dell’auto accertamento. Infine il dovere di
restituzione permane nonostante sull’atto si sia formata la cosa
giudicata.
INVALIDITA’ DELL’ATTO DI IMPOSIZIONE
Vi sono tre classi di invalidità dell’atto di imposizione:
la nullità insanabile o inesistenza dell’atto, che si ha quando
• l’atto è privo dei requisiti essenziali, sicché è assolutamente
inidoneo a produrre effetti e ad assolvere la sua funziona
tipica. In particolare ciò accade quando l’atto è stato adottato
da un soggetto privo della qualità di organo pubblico o
funzionalmente incompetente; quando non è individuato il
destinatario; quando è omessa la notifica e quando il
dispositivo è incompleto;
la nullità sanabile o annullabilità, che si ha quando il vizio
• dell’atto è tale da non impedire all’atto di assolvere la sua
funzione. Generalmente le ipotesi di annullabilità sono previste
dalla legge;
l’irregolarità, che si ha quando l’atto si discosta dal modello
• prescritto, cioè quando vengono violate regole di
organizzazione dell’azione amministrativa. L’irregolarità non
inficia l’efficacia dell’atto.
Tipi di atti di accertamento
officioso
ATTO DI ACCERTAMENTO IN ASSENZA DI
1 DICHIARAZIONE: è emesso quando il contribuente omette la
dichiarazione, non adempie l’obbligo di denuncia; in tal caso
l’ufficio determina la base imponibile e l’imposta dovuta,
sostituendosi in toto all’obbligato inadempiente.
ATTO DI ACCERTAMENTO IN RETTIFICA: è emesso quando
2 il contribuente presenta una dichiarazione inesatta, nel senso
che la base imponibile dichiarata non corrisponde a quella
reale che risulta dai controlli effettuati dall’amministrazione
finanziaria. In base al principio di globalità, l’atto di rettifica,
come ogni atto di accertamento, deve fondarsi su tutti i dati in
possesso dell’ufficio al momento della sua emanazione e deve
riferirsi all’intera base imponibile. Di conseguenza l’ufficio non
può emanare un primo atto di accertamento e poi ulteriori atti,
basati su elementi già noti quando è stato emanato il primo
atto. L’atto di accertamento può essere seguito da un atto
integrativo soltanto in seguito alla sopravvenuta conoscenza di
nuovi elementi. Tuttavia questa regola è derogata nei casi
previsti dagli articoli 36 bis e 41 bis del DPR n.600/1973.
ATTO DI ACCERTAMENTO INTEGRATIVO: è emesso in
3 seguito ad un atto di accertamento quando sopravviene la
conoscenza di elementi nuovi, cioè elementi non noti al
momento in cui è stato emesso il primo atto. L’integrazione,
cioè l’aumento dell’imponibile, deve essere collegata ad
elementi non noti quando è stato emesso il primo atto. Il che
significa che allora è vietato un diverso apprezzamento del
materiale già disponibile al momento dell’emanazione del
primo atto di accertamento. Il primo atto di accertamento e il
successivo atto integrativo sono autonomi, in quanto fonti di
distinte obbligazioni tributarie; di conseguenza l’impugnazione
del secondo atto non rimette in discussione la determinazione
fatta con il primo. Tuttavia la regola per cui l’atto di
accertamento integrativo è legittimo soltanto in quanto basato
su elementi nuovi è stata messa in discussione dalla Corte di
Cassazione, la quale ha ritenuto legittimo un atto di
accertamento fondato sullo stesso materiale posto a base di
un precedente atto.
ATTO DI ACCERTAMENTO PARZIALE: è previsto dall’articolo
4 41 bis e rappresenta una deroga al principio di globalità per cui
l’atto di accertamento deve fondarsi su tutti i dati in possesso
dell’ufficio al momento della sua emanazione e deve riferirsi
all’intera base imponibile. In pratica l’atto di accertamento
parziale è caratterizzato dal fatto che l’attività di imposizione
si basa su elementi probatori forniti da soggetti esterni
all’ufficio, come ad esempio la guardia di finanza; si tratta di
elementi semplici e certi che consentono pertanto di pervenire
immediatamente ad una determinazione impositiva, senza che
siano necessarie ulteriori indagini.
ATTO DI LIQUIDAZIONE: è previsto dall’articolo 36 bis.
5 Questa norma disciplina la liquidazione delle imposte dovute
dal contribuente e dei rimborsi spettanti allo stesso in base
alla dichiarazione presentata. In pratica l’importo da versare al
fisco emerge dalla dichiarazione sottoposta a controllo
automatico. Il controllo automatico deve essere svolto entro
l’inizio del periodo di presentazione della dichiarazione relativa
all’anno successivo. Tale controllo consente di scoprire errori
materiali (ad es. è stata inclusa tra i elementi passivi una
deduzione non spettante) e di calcolo nella determinazione
della base imponibile e del debito di imposta; questi errori
vengono corretti immediatamente. Poi, se in seguito alla
correzione, risulta che il contribuente ha versato una somma
inferiore al dovuto, la differenza viene recuperata attraverso
l’atto di liquidazione ed è prevista una sanzione
amministrativa diversa da quella prevista in caso di
dichiarazione infedele, pari in questo caso al 30% dell’importo
versato in meno. In pratica l’atto di liquidazione non è un atto
impositivo, bensì un avviso bonario che da al soggetto la
possibilità di evitare l’iscrizione a ruolo versando
spontaneamente la somma risultante dalla liquidazione. Il
soggetto può anche dimostrare l’erroneità della pretesa
facendo presente all’a.f dati erroneamente valutati in fase di
liquidazione.
Se invece risulta che il contribuente ha versato una somma
superiore al dovuto, si procede al rimborso d’ufficio.
INTERPELLO
INTERPELLO PER LA DISAPPLICAZIONE DELLE NORME
ANTIELUSIVE: in base all’articolo 37 bis del DPR n.600/1973
l’amministrazione finanziaria ha la facoltà di disapplicare le norme
antielusive. Per ottenere la disapplicazione il contribuente deve
fornire all’a.f. la prova che le ragioni poste alla base della norma
antielusiva non sussistono; la pronuncia favorevole dell’a.f o il suo
silenzio (che vale come assenso) rende non applicabile la norma al
contribuente richiedente.
INTERPELLO SPECIALE: è stato introdotto dalla legge n.413/1991,
poi modificata dal decreto Bersani-Visco del 2006. L’interpello
speciale consente al contribuente di chiedere all’Agenzia delle
Entrate un parere circa l’applicazione delle disposizioni antielusive
ad un caso concreto. La procedura di interpello si attiva con un
istanza scritta con la quale il contribuente vuol sapere se una certa
operazione rientrante tra quelle considerate dalla legge come
potenzialmente elusive sia effettivamente tale. A fronte della
richiesta l’Agenzia delle Entrate emette un parere efficace soltanto
rispetto alla specifica operazione per la quale è stato richiesto. Il
parere non è vincolante per il contribuente, perciò questo può
anche disattenderlo, ma in tal caso, nella eventuale fase
contenziosa, l’onere della prova sarà a carico del contribuente. Il
parere è invece vincolante per l’a.f, perciò se l’Agenzia delle
Entrate dice che l’operazione che il contribuente vuol compiere non
è elusiva e il contribuente si conforma al parere, poi non l’a.f non
potrà tornare sui suoi passi e sanzionare il soggetto.
INTERPELLO ORDINARIO: è previsto dall’