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SIMULAZIONE, INTERPRETAZIONE ANTIELUSIVA,
ABUSO DEL DIRITTO
La moltitudine di “forme” che la simulazione può assumere in diritto tributario e la sua maggiore
estensione rispetto all’omologo istituto di diritto civile: alcune esemplificazioni. Evasione tributaria
“semplice” ed evasione realizzata con espedienti di stampo simulatorio.
Le parole simulazione e dissimulazione sono due facce della stessa medaglia.
nel recto della medaglia sta la simulazione, ossia l’ingannevole apparenza, il falso, la maschera, che
serve per nascondere, per occultare ciò che si vuole celare;
nel verso sta la dissimulazione, la realtà effettuale che si vuole resti celata e segretata.
La simulazione può cadere su uno dei tanti elementi fattuali che concorrono a formare
l’obbligazione di imposta nella sua esistenza e nella sua quantità. Ma può cadere anche sulla natura del
diritto oggetto del contratto e si può fingere di creare un diritto reale di usufrutto non per fare dimagrire la
base imponibile di un tributo quale l’imposta sul reddito, ma per non perdere il credito di imposta.
Talvolta la simulazione può cadere sull’oggetto compravenduto indicato con titolo volutamente
mendace. Nel caso esaminato in Cassazione, n. 3571/2010, l’oggetto della cessione era il solo marchio
mentre le parti hanno finto che venisse ceduta l’intera azienda alla quale il marchio afferiva.
Dunque tipica simulazione relativa e oggettiva di un contratto bilaterale a titolo oneroso.
1. Il trattamento disposto dal diritto tributario italiano per la simulazione in ogni sua forma.
2. Trattamento tributario della elusione.
3. Cenni intorno al c.d. “abuso del diritto”.
La simulazione, in ogni sua forma, sia assoluta che relativa, inclusa la interposizione fittizia, è
regolata dal comma 3 dell’art. 37 del d.p.r. n. 600/1973.
La disposta regolamentazione impone al fisco di ignorare le ingannevoli apparenze e di badare non
alla finzione ma alla realtà effettuale dei fenomeni nella loro vera conformazione giuridica.
Riguardo all’interpretazione antielusiva, il legislatore italiano adotta limitazioni sostanziali e
garanzie procedimentali per proteggere il contribuente da possibili “abusi”. L’art. 37-bis racchiude una
clausola generale valevole per tutte le imposte del sistema tributario. È ragionevole sostenere la
inapplicabilità delle sanzioni pena la violazione del principio di tassatività.
L’abuso del diritto è formula di recente adozione della Corte di cassazione. Al riguardo valgono le
seguenti indicazioni:
a) l’abuso del diritto come contenitore racchiudente due realtà giuridiche distinte ed autonome,
non riconducibili ad unità.
1) L’abuso del diritto tributario è formula linguistica di matrice francese. La sua nascita
ufficiale avviene nel 1981 ma il suo inserimento nel sistema a livello di prassi e
interpretazione dell’Amministrazione finanziaria francese è più risalente e si colloca
nell’anno 1941;
2) dalla Francia, dove nasce, la clausola emigra nella giurisprudenza della Corte di giustizia
di Lussemburgo.
La disapplicazione di norme antielusive a valenza particolare.
L'ultimo comma del novellato Art. 37-bis del decreto 600/1973 costituisce una novità assoluta per il
diritto tributario italiano.
Esso consiste nella facoltà accordata all'Amministrazione, di disapplicare le specifiche norme
antielusive, di cui si è appena detto, in presenza di presupposti e con effetti quanto mai incerti.
I caratteri essenziali dell'istituto della disapplicazione sono:
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a) Il presupposto per l'ottenimento il contribuente deve offrire all'Amministrazione
Finanziaria una prova quanto mai ardua e precisamente
deve dimostrare che le ragioni empiriche che indussero
il legislatore ad ostacolare la fruizione di una delle su
elencate posizioni soggettive, non sussistono affatto
nella particolare fattispecie che lo concerne.
b) L'effetto La pronuncia favorevole dell'Amministrazione Finanziaria, o il silenzio assenso,
rende non applicabile la norma, che di volta in volta viene in rilievo, nei riguardi del
richiedente.
c) La procedura Non è chiaro quali rimedi spettino in caso di rifiuto. Probabilmente si deve fare
riferimento ai principi elaborati in tema di rifiuto all'esercizio dell’autotutela.
Capitolo Nono
IL PRESUPPOSTO
DELL'IMPOSTA E L'ALIQUOTA
Nomenclatura e definizione. La determinazione legislativa del presupposto. Questioni afferenti la
definizione del presupposto.
Secondo la tesi oggi più accreditata, poiché l'imposta si risolve nella nascita ed estinzione di una
obbligazione pecuniaria, il presupposto consiste nei fatti e situazioni previsti dalle singole leggi d'imposta,
riferibili ad un soggetto e verificatisi in un certo spazio e in un determinato lasso di tempo, che fungono da
fonte, immediata o mediata, dell'obbligazione.
Nella ricerca dei fatti da elevare a presupposti di imposta il legislatore gode di vasta libertà di scelta,
fermo il limite della capacità contributiva (Art. 53 Cost).
La più antica e diffusa distinzione delle imposte, è quella tra imposte dirette e indirette:
DIRETTE imposte che assumono a presupposto indici diretti di idoneità soggettiva alla
contribuzione (reddito o patrimonio);
INDIRETTE quelle che colpiscono fatti che tale idoneità palesano in via indiretta o indiziaria
(gli scambi).
L'obbligazione di corrispondere all'ente pubblico una somma a titolo di imposta può essere periodica o
unica, secondo che il presupposto del tributo consista in uno stato di fatto suscettibile di ripetersi nel tempo
o in un solo determinato avvenimento; da qui la distinzione delle imposte in periodiche ed istantanee.
PERIODICHE queste imposte presentano una duplice caratteristica:
▪ necessitano dell'intervento del legislatore per la delimitazione del tempo,
appunto del periodo di imposta (di regola coincide con l'anno solare);
▪ per ciascun periodo sorge una distinta obbligazione, cosicché una volta
determinato il periodo di imposta, l'obbligazione periodica non si distingue più
da quella istantanea.
ISTANTANEE sono imposte che per ogni singolo avvenimento, che ne forma il
presupposto, sorge una distinta e unica obbligazione cosicché la ripetizione
del medesimo fatto nel medesimo anno solare o esercizio sociale da origine ad
una nuova obbligazione.
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Altre distinzioni rilevanti.
Le accise (imposte di fabbricazione e di consumo) e i tributi doganali, sono tradizionalmente
inquadrati nella categoria delle imposte sui consumi, sulla base della considerazione che per effetto del
fenomeno della traslazione economica esse finiscono col colpire il consumatore finale.
Possono ricomprendersi tra i tributi sui consumi solo quelli che finiscono per gravare sul consumatore
finale a causa di meccanismi di rivalsa giuridicamente rilevanti, in quanto riconosciuti all'operatore dallo
stesso legislatore.
In mancanza di un diritto di rivalsa, le imposte che finiscono generalmente per gravare sui
consumatori finali possono classificarsi tra quelle sugli atti di immissione al consumo (vendite e/o
fabbricazione).
Un'altra distinzione rilevante è quella tra le imposte generali e speciali sul reddito o sul patrimonio:
Generali imposte che colpiscono l'indice considerato nel suo complesso, in tutte le sue
manifestazioni. Esempio, IRPEF in quanto con essa il legislatore ha inteso tassare
tutte le possibili componenti del reddito delle persone fisiche. Non sta al carattere
generale dell'imposta la circostanza che essa faccia riferimento ad una categoria
limitata di soggetti: rispetto ad essi, infatti, l'indice di capacità contributiva prescelto
dal legislatore (il patrimonio) è colpito nel suo complesso.
Speciali imposte che assoggettano al tributo una sola parte o componente del reddito o del
patrimonio. Esempio, ICI (imposta comunale sugli immobili) poiché colpisce
solamente quella parte del patrimonio posseduto rappresentata dai beni immobili.
Le imposte sul patrimonio, a loro volta, possono essere distinte a seconda che
l'indice sia tassato al lordo o al netto delle passività ad esso relative. È una imposta
sul patrimonio lordo l’ICI, la quale colpisce il valore degli immobili posseduti
prescindendo dalla considerazione degli eventuali mutui e oneri contratti dal
soggetto passivo per acquistare tali beni.
L'ampliamento del presupposto tipico: le equiparazioni (o assimilazioni).
Non poche leggi d'imposta, dopo avere definito con grande esattezza la fattispecie tipica della relativa
imposta, provvedono altresì ad operare una sorta di ampliamento della fattispecie stessa con la espressa e
puntuale previsione di una serie di ipotesi di equiparazione. Tratto comune a tutte le equiparazione è
l'applicazione della disciplina propria dei presupposti tipici di imposta a situazioni diverse, che, quanto a
rilevanza, vengono assimilate ai primi.
Le norme che dispongono la equiparazione sembrano ispirarsi ad una duplice ratio:
A) Vi sono ipotesi in cui il legislatore reputa che fatti tipici e fatti assimilati siano equivalenti in termini
di indizio di forza economica. Alla base dell'assimilazione c'è in tal caso un giudizio di
corrispondenza o identità, in termine di attitudine alla contribuzione degli effetti che fatti tipici e
datti assimilati sono idonei a produrre.
B) Altre volte la ratio dell'equiparazione è di sbarramento a possibili manovre evasive o elusive.
Non sempre la ratio antielusiva è presente. A questo riguardo è da notare che nella legislazione tributaria
più recente si assiste ad un continuo proliferare e ad un vero abuso delle equiparazioni antielusive. Questo
abuso può comportare una violazione degli Artt. 3 e 53 Cost.
Il restringimento del presupposto tipico: esenzioni ed esclusioni di imposta.
Si ha:
ESENZIONE se la norma sottrae all'applicazione del tributo un fatto o un insieme di fatti
(esenzione oggettiva) o una persona o un insieme di persone (esenzione soggettiva) che, in sua
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assenza, rientrerebbero naturalmente nell'area del presupposto tipico;
ESCLUSIONE tutte le volte in cui le disposizioni si limitano ad esplicare una funzione
(talvolta in chiave interpretativa) di mera, più nitida delimitazione dei confini del presupposto tipico.
La legislazione tributaria più di recente si caratterizza per una non lodevole tendenza a confondere i due
fenomeni, spacciando o travestendo come esclusioni vere e proprie esenzioni.
Vi sono esenzioni oggettive e soggettive, così come vi sono esclusioni oggettive e soggettive. Vi sono
esenzioni nascenti direttamente dalla legge es altre subordinate alla presentazione di