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CAPITOLO III – INTERPRETAZIONE E INTEGRAZIONE
La legislazione tributaria presenta problematiche di interpretazione legate all’incertezza.
Non è sistematicamente raccolta in un testo unitario.
Il diritto tributario è polisistematico, perché afferisce a produzioni normative non coordinate e spesso inquadrate
in microsistemi settoriali (es. la disciplina della dichiarazione dei redditi è in parte contenuta nel DPR 600/1973 e
in parte nel DPR 322/1988 ecc.)
Un altro problema è quello della iperlegificazione e della instabilità del settore. Il legislatore per adeguare la
legislazione alle nuove realtà economiche continua a ritoccare e modificare per tappare lacune e impedire pratiche
elusive. Quindi occorre sempre controllare che la normativa sia attuale e non sia stata modificata.
Le difficoltà interpretative sono attestate dallo stesso legislatore: è impossibile applicare sanzioni quando la
violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma
tributaria violata.
Alcuni precetti per ridurre l’incertezza: menzionare l’oggetto nel titolo della legge (le leggi che non hanno un
oggetto tributario non possono contenere disposizioni di carattere tributario), indicare il contenuto sintetico di
disposizioni a cui eventualmente si faccia rinvio…
Interpretazione di leggi tributarie sostanziali che riguardano an e quantum dei singoli tributi. Non c’è un
canone che permetta di pervenire ad un’estensione o ad una restrizione della materia imponibile: le norme che
accordano esenzioni o agevolazioni, però, in quanto deroghe ad una regola generale, pare debbano essere
interpretate sempre restrittivamente.
Interpretazione letterale: testo della legge e significato proprio delle parole secondo la connessione di esse. I
problemi possono essere in questo caso semantici, sintattici, logici ecc.
L’interprete può essere aiutato da una definizione data dal legislatore (es. nozione di domicilio fiscale, diversa da
quella di domicilio civilistico e penalistico).
Se si fa riferimento a istituti di altri settori, bisogna dare lo stesso significato del settore di provenienza.
Interpretazione sistematica: singole disposizioni interpretate come componenti di un sistema. L’interpretazione
viene desunta dalla ratio della disposizione tenendo conto della volontà del legislatore storico (lavori preparatori)
e del legislatore in senso astratto (ratio: quale specifico fenomeno economico è preso di mira)
Interpretazione antielusiva (rientra in quella sistematica): “elusione” = operazioni che, pur nel rispetto
formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Utilizzando l’interpretazione
antielusiva, l’elusione non è più tale, ma diventa una delle ipotesi alle quali si applica la norma impositiva. Così
posso tassare anche un comportamento “elusivo”! È importante dare massimo rilievo agli elementi sistematici,
anche a costo di un certo distacco dalla lettera della legge!
Interpretazione conforme (rientra in quella sistematica): nell’interpretare un testo, si deve privilegiare
l’interpretazione conforme al testo gerarchicamente sovraordinato. Quindi le disposizioni tributarie devono essere
interpretate in conformità alle norme dello Statuto dei diritti del contribuente (che sono criteri-guida e attuazione
dei principi costituzionali).
Leggi interpretative
A) Dubbi e controversie
B) Interpretazioni giurisprudenziali divergenti
Il legislatore diventa interprete (sul piano generale e astratto, mentre il giudice lo rimane su quello concreto) e
impone una determinata interpretazione di una disposizione. Ne sopravvive una soltanto.
La legge interpretativa non sostituisce la disposizione interpretata.
Non si ha legge interpretativa quando una norma viene sostituita da un’altra norma formulata in modo da
eliminare le ambiguità di significato presenti in quella abrogata.
È importante distinguere le disposizioni interpretative (per loro natura retroattive) da quelle innovative
(non retroattive): una disposizione che si autoqualifica come interpretativa ma detta un’interpretazione non
riconducibile ad una delle alternative potenzialmente desumibili è in realtà innovativa.
Limiti costituzionali alle leggi interpretative: devono trovare adeguata giustificazione sul piano della
ragionevolezza e non essere in contrasto con valori e interessi costituzionalmente protetti (tra cui l’affidamento del
cittadino nella certezza del diritto).
Le norme interpretative, in materia tributaria, sono ammesse solo in casi eccezionali, solo con legge
ordinaria e sono “interpretative” solo le disposizioni di interpretazione autentica (questo per contrastare la
prassi deplorevole di leggi apparentemente interpretative che modificano retroattivamente le norme tributarie a
favore del fisco).
Testi interpretativi e circolari
Anche l’Amministrazione finanziaria svolge quotidianamente opera di interpretazione nei suoi atti applicativi e in
atti espressamente interpretativi (circolari, risoluzioni, pareri…).
Di solito, all’emanazione di una nuova legge, l’Amministrazione fa seguire una circolare che illustra agli uffici
periferici il significato.
L’Amministrazione inoltre si esprime con i pareri resi in risposta agli interpelli e nelle istruzioni che
accompagnano i modelli di dichiarazione dei redditi e di dichiarazione Iva.
NB: le interpretazioni dell’Amministrazione non provengono da un organo imparziali. Le sue circolari sono atti
interni, non sono fonti di diritto e quindi non sono vincolanti né per i contribuenti né per i giudici.
Le circolari sono però fonte di legittimo affidamento del contribuente in ordine al comportamento da tenere.
Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni
In caso di trattati redatti in più lingue fa fede ciascuno dei testi autentici. Se appare una differenza di significato
occorre adottare il significato che meglio concilia i vari testi.
Norme di rinvio: ciò che non è previsto dalle norme tributarie è regolato dalle norme del settore generale.
Analogia legis (norme dettate per casi simili o materie analoghe), iuris (in base ai principi generali
dell’ordinamento).
In diritto tributario non si può operare analogia su norme eccezionali e cioè quelle di favore (esenzioni,
agevolazioni, condoni). Inoltre non è possibile per le norme tributarie sanzionatorie, né per quelle
impositive (perché esse non possono presentare lacune in senso tecnico). Si può ricorrere all’analogia per porre
rimedio a una lacuna tecnica, non ad esempio ideologica (il legislatore che ha deciso di tassare A e non B). Le
leggi tributarie impositrici sono per loro natura complete e l’interprete non ha nulla da completare (no analogia).
Anche perché comunque se anche estendi la norma impositiva non puoi estendere la norma punitiva
corrispondente (no analogie per norme tributarie sanzionatorie).
No analogie per norme che prevedono esenzioni, agevolazioni ecc. perché si tratta di un catalogo per sua natura
completo e quindi non è ammessa possibilità di integrazione.
Sì analogia per norme procedimentali e processuali usando altre norme tributarie o norme di altri settori.
Ci sono lacune che portano all’applicazione di norme del cc (in materia di decadenza, prescrizione, vizi della
volontà, norme in materia di contratto ecc.).
CAPITOLO IV – I PRINCIPI
Art. 53 Cost Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.
Il dovere di concorrere alle spese pubbliche è un dovere inderogabile di solidarietà politica, economica e sociale.
Il singolo non deve contribuire in ragione di ciò che riceve ma delle sue capacità.
I tributi possono anche avere funzione extrafiscale (dazi di importazione che proteggono la produzione
nazionale, tributi ambientali che disincentivano attività inquinanti) di tipo redistributivo, di solidarietà verso
categorie svantaggiate, di incentivo o disincentivo di talune attività economiche o di particolari consumi ecc.
Di solidarietà in senso sociale ex art. 3 Cost (rimozione degli ostacoli all’uguaglianza).
Comunque, anche i tributi con finalità extrafiscale sono dovuti in base alla capacità contributiva di ciascuno.
Le leggi tributarie incontrano limiti costituzionali (es la tassazione dei redditi da lavoro deve rispettare il diritto
del lavoratore a un’esistenza libera e dignitosa, il regime fiscale dei redditi familiari deve rispettare la tutela
costituzionale della famiglia, le spese di giustizia non devono pregiudicarne l’esercizio).
Capacità contributiva = capacità economica. Indici sono fatti espressivi di capacità contributiva e forza
economica. La capacità contributiva deve risultare da indici concretamente rilevatori di ricchezza, da cui sia
razionalmente deducibile l’idoneità soggettiva all’obbligazione dell’imposta.
Indici diretti di capacità contributiva = reddito complessivo (al netto di deduzioni, detrazioni ecc), patrimonio,
incrementi di patrimonio ecc.
Indici indiretti di capacità contributiva = consumo e affari (es. imposta di registro → ogni trasferimento implica
disponibilità di ricchezza corrispondente al valore della contrattazione sia per il cedente che per l’acquirente). Ci
sono però spese che non sono indice di capacità contributiva (es spese sanitarie).
Rispetto del minimo vitale (no tax area) perché un reddito minimo non è indice di capacità contributiva. Di qui
le norme che ad es limitano l’espropriabilità delle pensioni, degli stipendi e della prima casa.
C’è anche una misura massima del tributo: non può essere mai superiore alla capacità contributiva dimostrata
dall’atto o dal fatto economico.
Occorre poi che il fatto tassato sia rilevatore di capacità contributiva effettiva e non apparente. La
svalutazione monetaria viene valutata discrezionalmente dal legislatore che solo in casi gravi deve depurare la
base imponibile dagli effetti conseguenti ai processi di svalutazione.
Per essere effettiva la capacità contributiva deve essere attuale: i tributi retroattivi ledono il principio di
capacità contributiva se i fatti del passato non esprimono una capacità contributiva attuale. Essi possono ledere il
principio di certezza del diritto, certezza dei rapporti come cardine della convivenza civile. Quindi le norme
retroattive sono legittime solo se ragionevoli e non in contrasto con valori e interessi costituzionalmente protetti.
È importante anche la prevedibilità del tributo, perché il cittadino fa affidamento nel principio di