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IL REDDITO D’IMPRESA COME INCREMENTO, VERIFICATOSI NEL PERIODO
CONSIDERATO, COLLEGATO A QUELLA FONTE TIPICA COSTITUITA DAL
PATRIMONIO D’IMPRESA. ‟
Dagli artt. 55 ess. Del T.U.I.R. si deduce che il reddito d impresa costituisce il risultato della
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differenza di una serie di elementi positivi (o incrementativi del patrimonio d impresa) ed una serie
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di elementi negativi (o decrementativi del patrimonio d impresa).
Sono elementi positivi i ricavi, le plusvalenze, le sopravvenienze attive; sono elementi negativi i
costi, le minusvalenze, le perdite, e le sopravvenienze passive.
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L inclusione delle plusvalenze, delle sopravvenienze, delle perdite, tra gli elementi che concorrono,
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in negativo o in positivo, a costituire il reddito d impresa, ci permette di affermare che per il
legislatore italiano è reddito di impresa qualsiasi incremento di valore del patrimonio di impresa
che non derivi esclusivamente da cause estranee ad essa.
Si tratta di una nozione più larga di quelle concezioni del reddito che vengono inquadrate nella
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teoria della fonte. Da taluno si è designata codesta nozione con il termine di “teoria dell impresa”.
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Per quanto riguarda le ragioni che giustificano l inclusione delle plusvalenze tra gli elementi
positivi di reddito, innanzitutto nella letteratura economica le plusvalenze sono proventi estranei al
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concetto di reddito in quanto si accetta una nozione di reddito che ha il suo fulcro nell elemento
“previsione” o “intenzione”. Sono da considerarsi redditi gli accrescimenti di valore del patrimonio
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che sono “previsti” dall individuo e dovuti agli sforzi da lui fatti, alla sua intelligenza; non hanno
natura di reddito quegli incrementi nel valore del patrimonio posseduto da una persona che siano
inaspettati , imprevisti, non calcolati, fortuiti.
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L impiego del criterio dell intenzione o della previsione conduce all elaborazione di un concetto
di reddito praticamente inutilizzabile ai fini fiscali. Non solo per la difficoltà di distinguere
nettamente tra incrementi (o decrementi) previsti ed imprevisti, ma anche perché appare senza
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senso pratico l idea che il reddito, come arricchimento subito dal patrimonio d impresa, possa
essere calcolato trascurando le perdite e gli aumenti che codesto patrimonio ha subito, anche se per
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vicende estranee all imprenditore. Se il reddito d impresa deve servire da strumento per misurare
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la capacità contributiva conseguita dal patrimonio investito nell impresa in un certo lasso di tempo,
esso deve essere inclusivo di tutti gli incrementi e decrementi.
Inoltre, spesso, le plusvalenze sono quote di reddito sottratte a tassazioni in precedenti esercizi e
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che finiscono per ricadere nel presupposto dell imposta all atto del trasferimento del cespite.
Conclusivamente, per il legislatore fiscale degli ultimi decenni, le accessioni patrimoniali gratuite
entrano nel reddito , a differenza di come affermava lo Zappa che asseriva il contrario.
REVISIONE ED ESTENSIONE DEL REDDITO DI LAVORO DIPENDENTE. LE
CONFUSIONI DEL LEGISLTAROE E IL MODO PER SUPERARLE: LA DIFFERENZA
TRA RISARCIMENTO DEL DANNO EMERGENTE, ESCLUSO DA TASSAZIONE, E DEL
LUCRO CESSANTE, TASSABILE.
Nel reddito da lavoro dipendente si è partiti inizialmente dal concetto di reddito come
remunerazione della prestazione lavorativa per giungere ad una nozione assai lata ed
onnicomprensiva di reddito che ingloba tutti i proventi in denaro o in natura, che hanno causa
diretta o indiretta nel rapporto di lavoro, inclusi i rimborsi di spesa.
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Però, a differenza del reddito d impresa, dove il passaggio dal reddito prodotto ad una nozione più
larga è giustificata alla luce della constatazione che anche gli incrementi gratuiti del patrimonio
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d impresa, sono pur sempre arricchimenti espressivi riconducibili all investimento nell impresa e
quindi ad una fonte; nel campo del lavoro dipendente, il passaggio al principio di
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onnicomprensività ha portato ad incapsulare nell area del reddito, anche alcuni introiti ai quali
manca la “condicio sine qua non”.
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Lo dimostra, come esempio, l art. 17 del t.u.i.r. che considera reddito di lavoro dipendente le
somme e i valori cmq percepiti anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a
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seguito di provvedimenti dell autorità giudiziaria o relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro.
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È importante la disposizione che esclude dall imposta sul reddito l risarcimento dei danni
riconosciuto al lavoratore per la perdita di redditi dipendente da invalidità permanente o da morte.
Essa ci aiuta a tracciare una netta distinzione tra danno emergente (escluso da imposta) e lucro
cessante (soggetto ad imposta) nel contesto del rapporto di lavoro.
Costituisce risarcimento di danno emergente, sia ogni acquisizione avente la funzione di riparare
una perdita patrimoniale sofferta (es. il rimborso di spese di cura), sia ogni introito correlato a
forme di invalidità permanente, totale o parziale, per menomazioni fisiche (ad es., la perdita di un
braccio), per danni morali, ecc. Ricorrendo la fattispecie di invalidità, la esclusione da tassazione
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dell importo incassato dal lavoratore non si può spiegare adducendo l assenza di novella ricchezza,
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che qui non è assente affatto, come riconosce lo stesso legislatore là dove chiarisce che l invalidità
permanente da luogo alla perdita di redditi e che il risarcimento ha la funzione di riparare tale
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perdita. La in tassabilità si può spiegare in ragione della totale estraneità dell arricchimento in
questione al rapporto di lavoro. Sarebbe grottesco incasellare questi lucri tra i frutti del lavoro.
LA COINCIDENZA DEL CONCETTO DI ATTIVITà COMMERCIALE OCCASIONALE E
DELLA SOPPRESSA OPERAZIONE SPECULATIVA ISOLATA.
Il T.U.I.R. ha soppresso ogni riferimento a quel concetto di “operazione speculativa isolata”. La
nozione di tale operazione è un tipico concetto giurisprudenziale, cioè creato dai giudici e
mancante di qualsiasi riferimento normativo testuale.
La creazione del concetto nasce da una doppia riflessione: per un verso, la l. 1877 diceva
chiaramente e testualmente che erano redditi mobiliari anche quelli occasionali; per altro verso, nel
caso di plusvalenze da operazioni speculative, siamo in presenza di un reddito prodotto, derivante
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da una fonte, che è precisamente l operazione speculativa. Il privato è uno speculatore se con la
frequenza dei suoi atti di compravendita, dimostra di dedicarsi al commercio di certi beni
(immobili, azioni, obbligazioni, ecc.).
Come indice di intenzione speculativa fu assunta la circostanza che un privato, non abitualmente
commerciante, rivenda dopo breve tempo, il bene acquistato.
In tal modo si creò la fondazione delle plusvalenze speculative isolate negli anni in cui vigeva il
T.U.I.R.M. del 1877.
Il ragionamento si fondava su tali premesse: nessuna norma tassava le plusvalenza speculative
isolate, nonostante la legge afferma la tassabilità dei redditi derivanti da operazioni commerciali
isolate; i lucri differenziali derivanti da isolate operazioni di acquisto e successiva rivendita dei beni
sono il frutto di operazioni commerciali isolate o occasionali; quei lucri sono il prodotto
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dell attività commerciale occasionale e sono quindi da includere nell area dell imposta mobiliare.
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Nel Regno Unito, è stato compiuto dalla giurisprudenza l enucleazione di una serie di indici
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segnaletici dell isolata operazione commerciale: se l oggetto dell alienazione è stato acquistato
con probabilità per uno scambio piuttosto che per un investimento; la durata del possesso; la
Lucio82.it
frequenza e il numero di simili transazioni; se sia stato intrapreso un lavoro supplementare allo
scopo di mettere i beni in condizione di facilitarne la vendita; il motivo della transazione.
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Tradizionalmente è speculatore colui che preordina l acquisto alla successiva rivendita, allo scopo
esclusivo di guadagnare sulla differenza di prezzo. La condotta è qui indirizzata al conseguimento
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di un risultato e l abilità dello speculatore nel prevedere in anticipo certe oscillazioni dei prezzi di
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taluni beni e nell approfittarne mediante un tempestivo impiego di capitale. ‟
Già la giurisprudenza inglese aveva individuato uno degli indici segnaletici dell isolata operazione
commerciale nella circostanza che fosse stato intrapreso un lavoro supplementare allo scopo di
mettere i beni in condizione da risultare più facili da rivendere.
Lo stesso concetto veniva affermato dai giudici italiani in modo tale che la categoria delle
operazioni speculative veniva a scomporsi in una dicotomia:
1) le speculazioni come attività di intermediazione o interposizione nella circolazione o commercio
giuridico di beni;
2) le speculazioni come attività di produzione , costruzione o cmq valorizzazione del cespite in vista
della sua conseguente alienazione. ‟
Nel frattempo, entrava in vigore il d.p.r. 597/1973, che all art. 76 ricodificava il tradizionale
principi odi tassabilità delle plusvalenze frutto di operazioni speculative e il cui art.77 affermava la
tassabilità dei redditi derivanti da attività commerciali non abituali o occasionali.
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Di conseguenza si assiste alla comparsa di un doppione tra l operazione speculativa isolata e
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l operazione commerciale occasionale, in cui non è il caso di lasciarsi indurre in inganno
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dall aggettivo “isolate” dato che, dottrina e giurisprudenza, hanno da sempre ribadito come la
speculatività vada riferita ad operazioni e non a semplici atti: ad operazioni, cioè, caratterizzate
almeno dalla combinazione funzionale tra un atto di acquisto e uno di rivendita, e quindi da
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un attività complessiva cui occorre riferire il requisito della speculatività.
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Perciò ha fatto bene il legislatore a sopprimere , con il TU vigente l equivoca nozione di operazione
con fini speculativi, mantenendo in vita unicamente la più limpida nozione di attività commerciale
non abituale, coincidente in tutto e per tutto con la prima.
CARATTERE RESIDUALE DELLA CATEGORIA “F” (REDDITI DIVERSI) ED
ERRONEITà DELLA TESI DELLA TASSATIVITà DELLE FATTISPECIE REDDITUALI
ELENCATE NEL T.U.
Morto il sistema delle imposte reali, il principio di residualità è trasmigrato nella categoria F
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(redditi diversi ) dell IRPEF.
Nel vigente t.u. 917/1986 il principio di residualità ricompare essenzialmente sotto le lettere i) ed l)
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dell art.67 , in cui si afferma che sono redditi diversi quelli derivanti da attività