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TRATTAMENTO DEI DIVIDENDI E DELLE PLUS/MINUSVALENZE DA PARTECIPAZIONI NELLA RIFORMA "TREMONTI"

L'art 87 del TUIR (modificato dalla Finanziaria 2008), introduce 4 condizioni affinché il risultato possa rientrare nel novero delle operazioni che producono plusvalenze esenti oppure minusvalenze indeducibili (requisiti di applicazione della partecipation exemption):

  1. (art 87 lett. a) - Il possesso deve essere ininterrotto da almeno 12 mesi per plusvalenze e minusvalenze (altrimenti sono ritenute operazioni speculative), una condizione comune a tutti i paesi comunitari.
  2. (art 87 lett. b) - La partecipazione deve essere iscritta tra le immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso.

Dalla scelta di inserire le partecipazioni nelle immobilizzazioni finanziarie o nell'attivo circolante, derivano due conseguenze:

  1. Se le partecipazioni sono inserite tra le immobilizzazioni finanziarie, i dividendi e le plusvalenze sono esenti da tassazione.
  2. Se le partecipazioni sono inserite nell'attivo circolante, le plusvalenze sono esenti da tassazione, ma i dividendi sono indeducibili.

Le partecipazioni vengono messe nelle immobilizzazioni finanziarie in caso di plusvalenza. Si ha diritto all'esenzione, ma un'eventuale minusvalenza è indeducibile.

Se le partecipazioni vengono messe nell'attivo circolante, in caso di plusvalenza non si ha diritto all'esenzione, ma un'eventuale minusvalenza è deducibile.

Quindi il soggetto IRES deve scegliere se pensa di avere una plusvalenza deve inserire la partecipazione nelle immobilizzazioni, invece se teme il contrario la deve inserire nell'attivo circolante. Se nel primo bilancio è stata iscritta nelle immobilizzazioni finanziarie e dal secondo in poi viene iscritta nell'attivo circolante non è importante per il Fisco perché vale sempre la scelta fatta nel primo bilancio di possesso della partecipazione.

(art 87 lett. c) - La società partecipante non deve risiedere in un paese inserito nella c.d. black list, altrimenti l'esenzione non si applica.

Sono ritenuti paesi sospetti per due motivi: non dannolist,informazioni o hanno una tassazione irrilevante (spesso hanno entrambe le cose).57 Da questo requisito si possono dedurre due sistemi per eludere il binomio plusvalenza-esenzione e minusvalenza-indeducibile:
  1. L'impresa potrebbe acquistare le partecipazione, ma poco prima dello scadere dei 12 mesi se ritiene di avere una perdita, la vende e detrae la minusvalenza.
  2. L'impresa A acquista la partecipazione e la iscrive nelle immobilizzazioni finanziarie e le cede ad un impresa B, di cui detiene il 100% delle sue quote, e questa iscrive la partecipazione nell'attivo circolante; in questo modo, la stessa partecipazione, se c'è una plusvalenza la vende l'impresa A, godendo dell'esenzione, mentre se c'è una minusvalenza la vende l'impresa B che deduce la perdita.
In sintesi, in questo modo una holding può trasferire le partecipazioni da una società.

all'altra in completa esenzione o deduzione.50ÑÑâÇà| w| Z|ÉätÇÇ| ZxÇà|Äxt4. (art 87 lett. d) - La società partecipante deve essere di un'impresa commerciale secondo l'ampia definizione dell'art. 55 del TUIR e non deve essere una società di facciata con il solo scopo di fruttare l'esenzione sulle plusvalenze. Si vuole evitare, ad esempio, che una società con socio unico acquista delle partecipazioni per avere l'esenzione, aggirando la tassazione che grava sulle persone fisiche. Per essere esenti i soggetti devono svolgere effettivamente un'attività commerciale e non essere una semplice attività di gestione di immobili.

IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO
Tra le imposte indirette, l'imposta sul valore aggiunto è stata istituita dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, nell'ambito della riforma tributaria

degli anni '70. La disciplina dell'IVA rinviene da impegni comunitari, in quanto negli anni '60 sono state emanate due direttive in materia che individuavano il modello del prelievo e definivano le caratteristiche. Il processo di armonizzazione dell'imposta (in Italia chiamata IVA) nella Comunità europea ha totalizzato sei direttive, di cui l'ultima è la VI direttiva CEE del 1977. Successivamente il processo di armonizzazione è continuato con numerose altre direttive e regolamenti comunitari, di cui l'ultima è la VI direttiva 112 del 28/11/2006 che è fondamentale perché costituisce essenzialmente il testo unico di tutte le disposizioni comunitarie vigenti (ha 414 articoli ed una serie di allegati), anche se deve essere ancora attuata nella legislazione nazionale (sebbene in vigore dal 1° gennaio 2007), ma i suoi principi sono in gran parte recepiti dagli ordinamenti interni essendo.sostanzialmente un testo unico. La direttiva 112/2006 ha dato anche attuazione ad alcuni principi giurisprudenziali espressi dalla Corte di giustizia che in materia di IVA è intervenuta quasi 200 volte negli ultimi decenni. L'imposizione sulla cessione di beni e prestazioni di servizi, quindi l'IVA, deve essere ispirata alle regole fondamentali della Comunità europea prima, Unione oggi, perché è strumentale per il perseguimento dei principi comunitari di neutralità, trasparenza, tutela della concorrenza, della libera circolazione delle merci e di iniziativa economica. Anteriormente all'introduzione dell'IVA i sistemi impositivi di molti stati europei non erano coerenti con gli obiettivi fondamentali del Trattato della Comunità europea, soprattutto nei paesi come l'Italia che adottavano un sistema d'imposizione sui consumi plurifase ed a cascata. La normativa italiana precedente adottava un'imposta erariale.

denominata IGE (imposta generale sull'entrata) ed imposizioni sui consumi a carattere locale ed entrambi colpivano il valore pieno dei singoli scambi di beni e prestazioni di servizi. Se l'attività economica aveva più scambi l'imposta veniva applicata più volte e per l'intero valore; quindi se il produttore per raggiungere il consumatore doveva avvalersi di un numero elevato di intermediari, per ogni fase era dovuta l'imposta (appunto chiamata plurifase) e questo faceva aumentare il prezzo del prodotto per il consumatore finale (per cui è chiamata a cascata).

Questo sistema violava il principio della concorrenza perché favoriva i produttori che potevano arrivare ai consumatori con un numero minore di scambi e quindi di fasi, svantaggiando le imprese che dovevano necessariamente servirsi di più intermediari per arrivare al consumatore finale.

In Europa, già allora vi erano paesi come la Francia e l'Inghilterra

che limitavano l'imposta al solo valore aggiunto dato dallo scambio, per cui era neutrale (non interferiva nelle scelte organizzative dell'impresa) e trasparente (rendeva visibile il prelievo in ogni fase del circuito produttivo). Il modello d'imposta francese (TVA - e inglese (VAT -taxe sur la valeur ajoutée) value-added tax) diventarono il riferimento per l'imposta sui consumi della Comunità europea, ma ancora non esiste una normativa unica, né aliquote comuni, come invece è accaduto con l'adozione di un unico codice doganale comunitario e di un'unica tariffa (in vigore già dal luglio 1968), ma solo un'armonizzazione dell'imposta regolata dalle direttive europee. L'IGE era un'imposta plurifase ed a cascata avendo come base imponibile il valore pieno del bene o del servizio nelle sue varie fasi fino al consumatore finale, invece l'IVA colpisce solo ilvalore51ÑÑâÇà| w| Z|ÉätÇÇ| ZxÇà|Äxtaggiunto (determinato attraverso l’interazione della detrazione e della rivalsa) nelle varie fasi delloscambio dei beni o delle prestazioni di servizi e quindi è egualmente plurifase, ma non è a cascata.In altre parole l’IVA è un’imposta sui consumi che colpisce solo l'incremento di valore che un beneo un servizio acquista ad ogni passaggio economico (valore aggiunto), a partire dalla produzionefino ad arrivare al consumo del bene o del servizio e attraverso un sistema di detrazione e rivalsa,l'imposta grava completamente sul consumatore finale che non la può detrarre, mentre i soggettipassivi d'imposta intermedi (imprenditori e professionisti) rimangono neutrali.La rivalsa consiste nell’obbligo di addebitare l’IVA al soggetto che chiede il servizio o che acquistail bene (il cedente addebita iltributo nei confronti del cessionario e il prestatore di servizi nei confronti del committente). In maniera analoga il sostituto d'imposta è obbligato alla rivalsa nei confronti del debitore d'imposta. Il sostituto d'imposta è quel soggetto che per legge è obbligato a prelevare una determinata somma dal reddito che deve erogare (detta ritenuta alla fonte) e a versarla all'Erario per conto di altri, cioè è colui che "in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri...ed (art. 64 d.P.R. 600/73)" anche a titolo di acconto. La rivalsa è un obbligo funzionale all'applicazione dell'IVA per i soggetti che cedono il bene (cedente) o prestano un servizio e non può essere esclusa neanche contrattualmente, salvo pochissimi casi come le cessioni gratuite, mentre la detrazione è un diritto di credito perché attraverso questa viene fatto valere un credito in.sede di determinazione del tributo. Nel caso un soggetto passivo non venga pagato dal committente, per la parte del credito relativo all'IVA, essendo di natura tributaria, valgono i privilegi che ha lo Stato nei confronti dei creditori e quindi il soggetto passivo potrà vantare un diritto di prelazione, anche se è un percettore privato. Tuttavia, in caso di controversia, la competenza è del giudice ordinario e non della commissione tributaria, malgrado del debito fa parte anche un tributo (ad esempio nel caso venga contestata l'aliquota applicata oppure se il soggetto è esente da IVA), perché manca un atto impositivo. Il soggetto passivo d'imposta, solo se riveste la qualità di imprenditore o esercente arti e professioni e se l'acquisto è inerente all'attività economica, dall'imposta incassata (IVA a debito) - a titolo di rivalsa - porta in detrazione l'imposta pagata (IVA a credito) per.l'acquisto di beni o la richiesta di servizi da altri imprenditori o esercenti arti e professioni (al contrario, con il vecchio sistema dell'IGE, non c'era la detrazione del tributo pagato). Non
Dettagli
Publisher
A.A. 2008-2009
98 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/12 Diritto tributario

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trick-master di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Tributario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Uricchio Antonio Felice.