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IVA.
Se sono stati utilizzati in compensazione crediti inesistenti, l’amministrazione emana i cd atti
di recupero, cioè degli atti impositivi con i quali accerta l’inesistenza del credito e dispone
che siano versate le somme che non state versate per effetto dell’indebita compensazione.
La riscossione in base agli avvisi di accertamento esecutivi: la riscossione frazionata.
Ai fini delle imposte sui redditi, dell’IRPA e IVA, gli avvisi di accertamento sono anche detti
atti della riscossione e titoli esecutivi.
Gli avvisi di accertamento diventano esecutivi quando è decorso il termine utile per la
proposizione del ricorso, termine che è di 60 giorni dal ricevimento dell’avviso, ma
prolungato dal periodo feriale e dall’istanza di accertamento con adesione.
Gli avvisi esecutivi devono contenere (anche) l’intimazione ad adempiere al pagamento degli
importi dovuti.
Avviso di accertamento esecutivo significa che sul testo dell’avviso di accertamento è
riportata una formula che intima il contribuente a procedere al versamento delle imposte,
degli interessi e sanzioni, entro il termine di proposizione del ricorso, cioè entro 60 giorni
dalla notifica dell’avviso di accertamento.
Questa specifica intimazione serve a far si che entro 60 giorni dalla notifica, si possa
procedere, nei confronti del debitore, alla riscossione, senza che vi sia la necessità di
un’iscrizione a ruolo e una successiva notifica di una cartella di pagamento.
Allo scadere dei 60 giorni si possono verificare diverse alternative:
- Il contribuente non propone ricorso: in tal caso, il debito d’imposta si consolida, la
pretesa tributaria non può più essere contestata e l’amministrazione potrà riscuotere
integralmente le somme indicate nell’avviso, compresi gli interessi e con la riduzione
delle sanzioni prevista in caso di mancato ricorso.
In tal caso, compiuti 60 giorni, scatta un ulteriore termine di 30 giorni affinché la
direzione provinciale dell’agenzia delle entrate, cioè l’ente che ha notificato l’avviso di
accertamento, “affidi incarico all’agente della riscossione”: l’avviso di accertamento
viene trasmesso agli uffici della riscossione affinché questi procedano alla riscossione
coattiva del debito.
- Il contribuente propone ricorso: in questo caso l’intimazione ad adempiere
nell’avviso di accertamento ha valore di titolo esecutivo, limitatamente ad 1/3
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d’imposte ed interessi; non possono essere richieste al contribuente le sanzioni: il
contribuente che proponga ricorso, ha quindi l’obbligo di procedere al versamento di
1/3 delle imposte e interessi (non deve versare nulla per le sanzioni, che sono da
pagare solo a seguito di sentenza sfavorevole per il contribuente).
Se il contribuente non provvede spontaneamente al versamento del terzo di imposte e
interessi, ci sono 2 diverse alternative:
• Nel proporre ricorso, può essere richiesta la sospensione cautelare dell’atto
impugnato: il contribuente propone ricorso e nel medesimo atto con cui
propone ricorso, richiede alla commissione tributaria di sospendere l’efficacia
esecutiva dell’atto impugnato, allo scopo di escludere che, durante tutta la
durata del processo di primo grado, l’agenzia possa coattivamente procedere
sul patrimonio del contribuente per poter veder soddisfatta la pretesa che il
contribuente non ha assolto, pur avendo proposto ricorso (1/3 di imposta e di
interessi). La richiesta del contribuente dev’essere motivata in presenza di
alcuni presupposti: “fumus boni iuris” (fondatezza dei motivi del ricorso) e
“periculum in mora” (pericolo che, procedendo ad un’esecuzione coattiva sul
patrimonio del debitore, si possa provocare un danno grave e irreparabile).
• Il contribuente non paga e non chiede la sospensione (caso che si verifica
spesso quando il contribuente richiede la sospensione ma la commissione
ritiene che questa sia infondata). In questo caso, l’agente della riscossione,
procede alla riscossione coattiva di 1/3 d’imposta e interessi.
Quando il contribuente propone ricorso, l’efficacia esecutiva dell’avviso di accertamento
rimane comunque sospesa per legge, per 180 giorni, dal momento in cui è trascorso il
30esimo giorno per l’affidamento in carico. Quindi, a partire dalla notifica dell’avviso di
accertamento, bisogna considerare un termine di 60 giorni per procedere all’impugnativa e
quindi per pagare 1/3 delle imposte e interessi o pagare l’intero se il contribuente decide di
non proporre ricorso; un altro termine di 30 giorni, entro cui l’amministrazione procede
all’affidamento in carico e quindi trasmette l’avviso di accertamento all’agente della
riscossione; scaduto il 30esimo giorno, scatta un ulteriore termine di 180 giorni nei quali la
sospensione è comunque prevista ex lege: in ogni caso, l’agente della riscossione non può
avviare la procedura esecutiva. Questo termine è previsto per dare la possibilità alle
commissioni tributarie, alle quali è stato chiesto di pronunciarsi in via cautelare, di poter
fissare l’udienza, convocare le parti, ascoltarle e decidere.
La regola della riscossione frazionata (1/3 delle imposte e interessi) si utilizza generalmente;
tuttavia, bisogna che considerare, nei casi in cui vi siano dei pericoli gravi e fondati circa la
riscossione, l’agente della riscossione, può comunque procedere, senza attendere il decorso
dei 30 giorni successivi ai 60, alla riscossione coattiva.
Quando il contribuente ha proposto ricorso, l’amministrazione si può limitare a riscuotere
1/3 d’imposta e interessi.
Ci sono due possibilità che si possono verificare con la sentenza di primo grado:
- Il contribuente risulta vittorioso: l’avviso di accertamento viene annullato. In tal caso,
non sono la riscossione non può proseguire ma, qualora il contribuente abbia pagato, o
spontaneamente o a seguito di questa procedura esecutiva, il terzo di imposte e
interessi, l’amministrazione è tenuta a rimborsare d’ufficio queste somme versate in
pendenza del giudizio; se non le aveva ancora versate, nessuno potrà chiedergliele.
- Il contribuente risulta soccombente: l’avviso d’accertamento viene confermato nella
sua legittimità. Dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale, non solo
l’amministrazione può legittimamente trattenere le somme che aveva già incamerato
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(1/3 di imposte e interessi) ma può procedere alla riscossione di un ulteriore quota,
cioè un ulteriore terzo: questo 1/3 non è riferito solo all’imposta e interessi, ma è
riferito a 2/3 delle sanzioni (dopo la proposizione del ricorso, il primo 1/3 delle
sanzioni non era richiesto).
Nel caso in cui il contribuente in primo grado sia soccombente, potrebbe proporre appello
rispetto alla sentenza di primo grado. La proposizione dell’appello, non blocca la riscossione
coattiva: è necessario che nel ricorso in appello, proponga una nuova istanza di sospensione
cautelare, la quale riguarderà non solo l’avviso di accertamento, ma l’avviso di accertamento e
la sentenza (perché questa ha confermato la legittimità dell’avviso di accertamento).
Il giudice tributario di secondo grado, si pronuncerà in primo luogo, sulla sussistenza dei due
requisiti latini, cioè “fumus boni iuris” e “periculum in mora”.
A questo punto, il giudice di secondo grado ha la possibilità di bloccare la procedura
esecutiva: se la blocca, l’agente della riscossione non può procedere alla riscossione del
secondo terzo di imposte e interessi e 2/3 delle sanzioni, ma può trattenere, per il momento,
quello che aveva incamerato.
Alla fine del giudizio di secondo grado, ci sarà una nuova sentenza, che accoglierà il ricorso in
appello del contribuente, oppure lo rigetterà. Se il contribuente viene considerato vittorioso,
la procedura esecutiva, se già iniziata, si dovrà bloccare; se non era stata già iniziata, non
potrà essere avviata; se si era conclusa, è necessario che l’amministrazione rimborsi le somme
che aveva incamerato in pendenza del giudizio.
Se il contribuente risulta soccombente, con la sentenza della commissione tributaria
regionale, l’amministrazione procede alla riscossione della quota residua: l’ultimo terzo di
imposte e interessi e l’ultimo terzo di sanzioni. In tal modo, l’intera somma indicata nell’avviso
di accertamento sarà riscossa in via esecutiva.
NB: È ovvio che, a fronte di un accertamento che richieda 100 di imposte, il giudice tributario
potrebbe prevedere che la pretesa impositiva debba essere ridotta. In tal caso, sia alla fine del
primo che secondo grado, si dovrà ri quantificare la pretesa tributaria e rifare i calcoli dei
relativi terzi: se in primo grado l’amministrazione aveva riscosso 33 (1/3 di 100) e poi la
pretesa tributaria non è più di 100 ma di 50, il terzo che poteva essere riscosso non era 33 ma
teoricamente il contribuente ha già un “bonus” nel caso in cui, in secondo grado,
l’amministrazione prosegua la riscossione frazionata.
Dopo la sentenza della commissione tributaria regionale, il contribuente può proporre ricorso
in Cassazione, sperando che questa ribalti la sentenza di secondo grado, riconoscendogli un
diritto di ottenere integralmente quanto già pagato in precedenza.
Quando si propone ricorso in Cassazione, si può comunque tentare di bloccare la riscossione
frazionata dell’ultimo terzo, cioè quello che è legittimato dalla sentenza di secondo grado,
chiedendo, anche in questo caso, una sospensiva, in modo che l’agente della riscossione non
riscuota l’ultimo terzo residuo. Quest’ultima sospensiva si chiede alla commissione tributaria
regionale che ha emesso la sentenza e non invece alla Cassazione.
La riscossione mediante ruolo.
Il ruolo è il mezzo di riscossione di tutti i tributi per i quali la riscossione non avviene
mediante ritenuta alla fonte, o versamento diretto, o in base all’avviso di accertamento e
all’atto sanzionatorio esecutivi.
In particolare, il ruolo è l’elenco dei contribuenti debitori e delle somme da essi dovuti, a
titolo d’imposta, di sanzioni ed interessi, formato per ambiti territoriali, che viene formato
dall’agenzia delle entrate ai fini della riscossione e consegnato all’agente della riscossione
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Equitalia Spa, che provvede, sulla base di poteri conferiti dalla legge, alla riscossione anche
coattiva delle somme in esso iscritte.
In ciascun ruolo sono quindi iscritte tutte le somme dovute dai contribuen