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Più efficace sembra la tesi che connette l’efficacia generale alla conclusione del contratto aziendale da parte
della RSU. Questa nasce istituzionalmente come soggetto sindacale dotato sia della rappresentatività
sindacale sia della rappresentanza diretta dei lavoratori. Ai contratti siglati dalla RSU, la giurisprudenza
riconosce l’efficacia generale. Non si tratta tuttavia di una nuova opzione interpretativa: l’argomento di
fondo resta quello classico del mandato e della investitura da parte dei lavoratori, che trova in azienda modo
di manifestarsi attraverso la procedura elettorale cui tutti hanno titolo a partecipare.
Neanche questa ricostruzione convince, dal momento che sembra difficile sostenere che chi ha votato per
candidati non eletti nella RSU o chi non ha proprio partecipato al voto, e comunque, chi non è iscritto a
sindacati firmatari dell’Accordo del ’93 abbia conferito un mandato ad essere rappresentato a livello
contrattuale. Del resto, la soluzione mostra la corda in presenza dei sempre più frequenti accordi separati
cioè sottoscritti solo da una parte dei componenti della RSU. Qui la stessa giurisprudenza opta per l’efficacia
limitata ai soli lavoratori iscritti alle associazioni sindacali i cui rappresentanti della RSU hanno approvato il
contratto aziendale, ritenendo il contratto non vincolate per gli iscritti a sindacati dissenzienti.
La corte di Cassazione ha escluso che l’efficacia possa essere estesa ai lavoratori aderenti ad una
organizzazione sindacale diversa da quella stipulante e che ne condividano l’esplicito dissenso, in ossequio
al principio di libertà sindacale e in coerenza con il nostro sistema giuridico.
Si crea un effetto paradossale per cui trattamenti meno favorevoli sono applicabili agli associati ai sindacati
più responsabili o inclini alla dialettica contrattuale e non viceversa agli iscritti ai sindacati più irriducibili e
conflittuali.
La moltiplicazione delle problematiche ha alimentato l’auspicio di un intervento riformatore capace di
evitare lo stallo negoziale in presenza di contrasti all’interno della RSU e predisporre una procedura
democratico - maggioritaria, quale premessa per il riconoscimento ufficiale dell’efficacia generale dei
contratti aziendali.
In presenza di dissensi tra le componenti sindacali in merito alla sottoscrizione o meno di accordi sindacali,
diviene essenziale evitare si all’attribuzione a singole OO.SS. di un potere di veto paralizzante, sia la
conclusione di contratti aziendali operanti solo per una parte della comunità aziendale. Le parti sociali, con
l’Accordo interconfederale del 28 giugno 20122 e poi confluito nel T.U. del 10 gennaio 2014, hanno sancito
che le pattuizioni in materia economica e normativa dei contratti collettivi aziendali sono efficaci per tutto il
personale occupato se approvate dalla maggioranza dei comportamenti della RSU, dunque anche nei
confronti dei dipendenti associati a OO.SS. i cui rappresentai all’interno della RSU hanno espresso una
posizione di dissenso.
Nel caso in cui siano presenti del RSA, in luogo delle RSU, la medesima efficacia generale viene conferita al
contrato aziendale se ricorrono due condizioni:
a. Che il contratto sia approvato da RSA costituita nell’ambito di organizzazioni sindacali che nella
medesima unità produttiva registrano la maggioranza di associati rispetto al numero complessivo dei
lavoratori sindacalizzati. Il numero degli associati viene desunto dalle deleghe fatte al datore di lavoro
per il versamento, tramite trattenuta sullo stipendio, dei contributi associativi sindacali.
b. Che il contratto sia approvato dalla maggioranza dei votanti se viene richiesta una consultazione
elettorale tra i lavoratori da almeno una delle OO.SS. firmatarie dell’Accordo interconfederale del 28
giugno 2011 o da almeno il 30%dei lavoratori occupati nell’azienda.
Secondo una diffusa opinione, l’accordo interconfederale, non produce un vero e proprio effetto erga omnes,
ma vincola alle pattuizioni collettive aziendali soltanto gli associati alle OO.S.. che lo hanno stipulato e ai
sindacati di categoria che a queste ultime fanno a capo. Lavoratori iscritti ad altre sigle sindacali o non iscritti
ad alcun sindacato non potrebbero ritenersi vincolati sol perché hanno partecipato alle elezioni della RSU o
se, addirittura non hanno neanche votato, sicchè eventuali clausole peggiorative non sarebbero loro
opponibili. Solo l’intervento legislativo potrebbe estendere gli effetti del contratto aziendale anche al di la
della sfera del mandato associativo.
Si è inoltre sostenuto che allorquando il contratto individuale è provvisto della clausola di rinvio alla fonte
collettiva, l’accordo interconfederale fornisce ora i criteri, prodotti all’interno dello stesso sistema di
contrattazione collettiva, per stabilire quando, pur nel dissenso di qualcuno dei suoi normali attori, il
contratto collettivo possa comunque essere ascritto alla fonte medesima con conseguente applicabilità al
contratto individuale, indipendentemente dai profili della appartenenza sindacale dei singoli.
L’art. 8 L.n. 148 del 14 settembre, sancisce ora l’efficacia nei confronti di tutta la comunità aziendale dei
contratti collettivi aziendali, a prescindere da ogni specifica affiliazione sindacale. Ciò a condizione che i
contratti:
a. Siano sottoscritti da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o
territoriale.
b. Siano conclusi sulla base di un consenso maggioritario, non meglio specificato, ma probabilmente da
desumere dai criteri maggioritari sopra richiamati di cui all’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011
c. Siano finalizzati alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di
partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di
salario alle gestioni delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività
Abbiano ad oggetto:
a. Gli impianti audiovisivi e l’introduzione di nuove tecnologie
b. Le mansioni del lavoratore, la classificazione e inquadramento del personale
c. I contratti a termine, i contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, il regime della solidarietà negli
appalti e i casi di ricorso alla somministrazione di lavoro
d. La disciplina dell’orario di lavoro
e. Le modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro comprese le collaborazioni coordinate e
continuative a progetto e le partite IVA, la trasformazione conversione dei contratti di lavoro e le
conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio e il
licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento della lavoratrice
dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonché fino ad
un anno di età del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo
parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in
caso di adozione o affidamento.
La tassatività della indicazione delle materie viene a sfumare per effetto dell’omnicomprensivo riferimento
alla disciplina del rapporto di lavoro.
L’estensione erga omnes viene garantita alle medesime condizioni altresì ai contratti collettivi territoriali, nel
qual caso va riferita a tutti i lavoratori operanti nell’ambito locale di riferimento.
Il terzo comma dell’art. 8 estende retroattivamente l’efficacia generale anche ai contratti collettivi aziendali
già conclusi prima dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 alla sola condizione che siano stati
approvati con votazione a maggioranza dei lavoratori interessati.
La problematica dell’inderogabilità del contratto collettivo nei confronti degli accordi
individuali
Il tema della inderogabilità del contratto collettivo da parte del contratto individuale del lavoro, presenta
identiche questioni sia per il CCNL che per il contratto aziendale.
Li ove il contratto collettivo è applicabile dal punto di vista dell’efficacia soggettiva, resta da stabilire quale
efficacia esplichi nei confronti del contratto individuale e , in particolare, nei confronti delle clausole
difformi previste nella regolamentazione convenuta dalle parti individuali. Resta da stabilire se il singolo
datore di lavoro e il singolo lavoratore possano o meno pattuire una disciplina del rapporto individuale meno
favorevole al secondo rispetto a quella predeterminata nel contratto collettivo, essendo pacifico che una
disciplina migliorativa è sempre possibile a livello individuale.
Una volta correlata l’efficacia di tale contratto alla rappresentanza bilaterale, apparve subito problematico
fondarne l’inderogabilità sul diritto comune. Per diritto comune i rappresentanti, in quanto diretti titolari
degli interessi in giuoco, possono sempre di comune accordo modificare la regolamentazione di quegli
interessi disposta in loro nome e per loco conto dai rappresentanti. Né è lecito argomentare diversamente
sulla base degli art. 1723 e 1726 cod.civ. in tema di mandato, i quali stabiliscono che il mandante non può,
senza giusta causa, revocare il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi, ovvero,
conferito da più persone con unico atto e per un affare d’interesse comune, ma non prevedono certamente
che il mandante deve poi restare fedele alla disciplina dell’affare posta in essere dal mandatario, cioè, nel
caso di specie, che lavoratore e datore di lavoro non possano accordarsi per modificare la disciplina
convenuta a livello di contratto collettivo.
La giurisprudenza fece allora ricorso alla disciplina tipica del contratto corporativo contenuta nel codice
civile, considerando ancora vigente e riferibile anche ai contratti collettivi privatistici la normativa dell’art.
2077, secondo cui i contratti individuali devono uniformarsi alle disposizioni del contratto collettivo e le
clausole eventualmente difformi son sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo, salvo che
contengano speciali condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro.
Le norme codicistiche dettate con riguardo al contratto corporativo non sono state esplicitamente abrogate,
ne possono ritenersi implicitamente abrogate se non in quanto incompatibili con i principi informatori
dell’ordinamento giuridico postcorporativo. Tale incompatibilità non sussiste con l’art. 2077 la cui disciplina
risponde al contenuto ed allo scopo che ineriscono ad ogni tipo di contratto collettivo sia di natura
pubblicistica che privatistica, giacché finalità specifica della stipulazione dei contratti collettivi, che
prescinde dalla fisionomia giuridica delle associazioni stipulanti, è precisamente quella