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Articoli del Titolo III
Dopo l'art. 19 St. Lav. in cui vengono stabiliti i sindacati che hanno diritto alle tutele, troviamo all'art. 20 il diritto d'assemblea. Ai sensi di questo articolo i lavoratori hanno diritto di riunirsi nell'unità produttiva. La titolarità del diritto di riunione spetta ai singoli prestatori di lavoro (fuori o dentro l'orario di lavoro) ciascuno dei quali può parteciparvi nei limiti delle 10 ore annue. Eventualmente queste condizioni sono migliorabili dalla contrattazione collettiva. Il diritto di convocare l'assemblea spetta alle RSA (o RSU). Le assemblee nell'unità produttiva possono riguardare la generalità dei lavoratori o gruppi di essi su materie di interesse sindacale o del lavoro. Ad esse possono partecipare, previa preavviso al datore di lavoro, anche soggetti esterni all'azienda, mentre non può partecipare il datore stesso. Il diritto di indire referendum, finalizzato afar emergere l'opinione dei lavoratori (iscritti e non) su determinate tematiche è regolato dall'art. 21 St. Lav. con alcune limitazioni. Come per l'assemblea, la facoltà di convocazione spetta alle RSA e RSU e come per l'assemblea, l'oggetto del referendum deve essere materiale inerente all'attività sindacale. Per quanto riguarda la modalità di svolgimento, l'art. stabilisce che debba avvenire in ambito aziendale e fuori dall'orario di lavoro, salvo diversamente disposto dai contratti collettivi. L'art. 22 St. Lav. stabilisce particolari condizioni per il trasferimento di dirigenti delle rappresentanze sindacali che può avvenire solo previa nulla-osta delle associazioni sindacali di appartenenza. Gli artt. 23 e 24 St. Lav. sono norme che riguardano come soggetti beneficiari i dirigenti di sindacati interni. In base a queste norme la carica di dirigente sindacale aziendale dà il diritto a permessi.retribuiti (art. 23) e non retribuiti (art. 24) che facilitano l'esercizio dell'attività sindacale e tutelano dalle ritorsioni del datore di lavoro. I permessi retribuiti sono concessi ai dirigenti delle RSA e delle RSU, mentre quelli non retribuiti anche alle organizzazioni sindacali aderenti alle associazioni stipulanti il CCNL.
L'art. 25 St. Lav. tratta del diritto di affissione per assicurare un collegamento tra il personale dell'unità produttiva ed il sindacato. L'attività di affissione può avere ad oggetto pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro. Il datore ha l'obbligo di predisporre luoghi accessibili a tutti i lavoratori all'interno dell'unità produttiva.
In funzione di sostengo al sindacato l'art. 26 riconosce ai singoli lavoratori il diritto di raccogliere contributi e di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali.
All'interno dei luoghi di lavoro senza pregiudizio al normale svolgimento dell'attività aziendale. Infine l'art. 27 stabilisce che le rappresentanze sindacali hanno diritto ad utilizzare appositi locali per l'esercizio dell'attività sindacale, messi a disposizione dall'azienda. Tale articolo prevede due distinte ipotesi. La prima concerne le unità produttive con almeno 200 dipendenti in cui è obbligo per il datore mettere a disposizione permanentemente un idoneo locale comune all'interno dell'unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa. Nelle unità con meno di 200 dipendenti viene invece meno il requisito di permanente disponibilità.
Cap. 8: La repressione della condotta antisindacale. La protezione legislativa della libertà, dell'attività sindacale in azienda e del diritto di sciopero si realizza in modo più ampio e con la massima effettività nell'art.
28 St. Lav. che prevede un speciale procedimento repressivo della condotta anti sindacale del datore di lavoro. La condotta antisindacale è identificata nel suddetto articolo nei comportamenti del datore di lavoro diretti ad impedire o a limitare l'esercizio della libertà e dell'attività sindacale nonché nel diritto di sciopero. L'art. 28 delinea una fattispecie strutturalmente aperta, per via della consapevolezza che i beni protetti possono essere lesi nella pratica da comportamenti diversi, non tipizzati a priori. Il termine "comportamento" infatti è comprensivo sia di atti giuridici (es. sanzione disciplinare, trasferimento ecc.) sia comportamenti materiali (es. intimidazioni, minacce) o anche comportamenti omissivi del datore come: rifiuto di promuovere certi lavoratori, non concessione di spazi per assemblee ecc. Altra caratteristica della fattispecie anti-sindacale è il suo carattere non soggettivo, per cui la
tutela permane anche in casi in cui non sussista il dolo o la colpa del datore, ciò che conta è il risultato finale delle sue azioni. I soggetti legittimati ad agire per porre in essere un ricorso per i comportamenti anti-sindacali possono essere sia i singoli individui che gli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali, che vi abbiano interesse. Questo carattere di collettività rappresenta un'innovazione dell'art. 28. Ciò che ha reso possibile il funzionamento di questo articolo e di conseguenza l'applicazione indiscussa dei titoli II e III è il procedimento connesso alla tutela. È previsto innanzitutto con carattere di urgenza, da concludersi in tempi brevi, con un termine previsto di due giorni (anche se questa caratteristica è largamente superata). L'azione si propone con ricorso al Tribunale del luogo ove è posto in essere il comportamento denunciato. L'ordine del giudice che sanziona lacondotta antisindacale è immediatamente effettivo e si determina in concreto con la cessazione del comportamento illegittimo lesivo dei beni protetti e con la rimozione degli effetti lesivi già realizzati, ripristinando il libero godimento degli stessi. Nel caso in cui il datore non ottemperi al decreto o che reiteri il comportamento in futuro è punito direttamente con una sanzione penale (arresto fino a 3 mesi e ammenda fino a 206 euro). Capitolo 10: Contrattazione collettiva, diversi profili normativi La derogabilità in melius ad opera del contratto individuale L'inderogabilità del contratto collettivo opera sempre a vantaggio e non a danno del lavoratore, nel senso che sono sempre legittime previsioni migliorative del contratto individuale. Per stabilire se un trattamento collettivo sia o meno più favorevole al lavoratore rispetto al trattamento individualmente previsto non bisogna raffrontare le singole clausole, bensìguardare all'insieme delle clausole che costituiscono l'istituto. E ciò anche in ragione della ricorrenza nei contratti collettivi di clausole c.d. "inscindibili" che escludono che esse possano essere disaggregate, con applicazione delle solo più favorevoli. I rapporti tra contratti collettivi per quanto riguarda i contratti collettivi dello stesso livello, la domanda che ci si pone riguarda la possibilità di modificare tramite un nuovo contratto collettivo, un contratto collettivo già esistente. In passato valeva la teoria dell'incorporazione, che in sostanza comportava l'impossibilità per i contratti collettivi di modificare in peius i trattamenti già previsti, facendo sì che l'autonomia collettiva fosse un moto perennemente ascensionale e ignorando la necessità in certi momenti storici di diminuire alcuni istituti. Successivamente questa teoria è stata abbandonata e oggi le previsioni diUn contratto collettivo sopravveniente possono incidere anche negativamente su diritti derivanti da preesistenti contratti collettivi, ma non possono tuttavia intaccare quei diritti divenuti patrimonio intangibile del singolo in quanto derivante da specifica pattuizione individuale.
Altra cosa sono i rapporti tra contratti collettivi di diverso livello ed in particolare nel caso in cui contratti collettivi nazionali e aziendali disciplinino in modo differente lo stesso istituto. In passato la regola stabiliva l'applicazione del contratto maggiormente favorevole. Si sono poi susseguite altre risposte di natura giurisprudenziale al problema, finché la diatriba ha trovato soluzione con l'Accordo interconfederale del 28 Giugno 2011 (confluito poi nel T.U. sulla rappresentanza sindacale) e nell'art. 8 della L. n. 148 del 14 settembre 2011.
necessità di aderire alle esigenze degli specifici contesti produttivi, ma solo nei limiti e con le procedure previste dagli stessi CCNL. Legge e autonomia collettiva Il contratto collettivo, in quanto manifestazione dell'autonomia privata, deve ritenersi gerarchicamente subordinato alla legge. Il contratto collettivo può modificare norme di legge solamente in melius. A differenza del raffronto tra contratto collettivo e contratto individuale, il raffronto tra contratto collettivo e legge avviene per singola clausola e secondo la tecnica della nullità e sostituzione automatica stabilita all'art. 1419 c.c. Il giudice dichiara nulla la clausola collettiva in peius e la considera sostituita di diritto dalla previsione legale. Oggi esistono alcune ipotesi che permettono di effettuare delle deroghe a questa situazione di base. La legge, in particolare, prevede una modalità ad hoc di contratto collettivo, cioè il c.d. contratto di prossimità, perderogare ad alcune norme di legge. La nascita di questa legge è ravvisabile nel 2011 per motivazioni politiche e soprattutto per il caso Fiat in cui era stato necessario dare validità ad alcuni accordi stipulati dallo stesso.
Capitolo 12: Sciopero
Fondamento e natura del diritto di sciopero
La disciplina legislativa non contiene una definizione univoca circa la nozione di sciopero. A questo proposito è intervenuta la Cassazione attribuendogli il significato di "quello che la parola ed il concetto da esso sotteso hanno nel comune linguaggio adottato nell'ambiente sociale" e quindi "con la parola sciopero nel nostro contesto sociale suole intendersi nulla più che un'astensione collettiva dal lavoro, disposta da una pluralità di lavoratori, per il raggiungimento di un fine comune".
Il diritto di sciopero è ricollegabile all'art. 3 comma 2 Cost. poiché risulta qualificabile come un diritto di libertà e
più in particolare. A questo istituto è inoltre dedicato interamente l'art. 40 Cost. secondo cui il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano che significa che esso è