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Capitolo II - L'informazione e la consultazione aziendale nel trasferimento di azienda
La procedura di consultazione sindacale è stata introdotta sotto la spinta della legislazione comunitaria con la riforma del 1990 (legge 428) ed ha subito alcune modificazioni (soprattutto per quanto riguarda la nuova situazione delle rappresentanze sindacali unitarie) con la riforma del 2001. La procedura riguarda le aziende in cui sono complessivamente occupati oltre 15 dipendenti ed è obbligatoria anche se il trasferimento riguarda solo una parte dell'azienda stessa. Il requisito quantitativo degli oltre 15 dipendenti deve sussistere nel periodo che precede la data del trasferimento escludendo quei lavoratori che prestano la loro opera occasionalmente e i lavoratori assunti con contratto di apprendistato o inserimento. Cedente e cessionario devono dare comunicazione per iscritto almeno 25 giorni prima che si perfezionato l'atto da cui deriva il trasferimento.
o comunque che sia raggiunta una intesa vincolante tra le parti, Titolari dell'informazione preventiva sono le RSU o le RSA nonché i sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento. In mancanza di rappresentative aziendali resta fermo l'obbligo di comunicazione nei confronti dei sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi. Tra i destinatari della comunicazione vanno anche comprese le rappresentanze sindacali dei dirigenti e la loro associazione di categoria. L'informazione data alle strutture sindacali deve contenere: la data del trasferimento (o la data proposta per il trasferimento), i motivi del trasferimento, le conseguenze giuridiche ed economiche che il trasferimento produrrà sui lavoratori, le eventuali misure previste nei confronti dei lavoratori stessi. Il fatto che la legge richieda l'indicazione dei motivi del trasferimento non significa che ilIl sindacato è legittimato a sindacare le scelte degli imprenditori o a impedire la conclusione del negozio di trasferimento in caso di dissenso, ma è motivato dall'esigenza di permettere ai sindacati stessi di valutare le ricadute del trasferimento sui rapporti di lavoro. Per tale motivo la ratio della previsione degli obblighi di informazione sindacale sta nell'esigenza di tutelare gli interessi collettivi coinvolti nella vicenda di trasferimento dell'azienda. Ciò non significa che i lavoratori siano titolari di un diritto proprio all'informazione in quanto di tale diritto è titolare il sindacato anche se attraverso esso risultano tutelati gli interessi dei lavoratori i quali hanno pertanto un interesse indiretto al rispetto della procedura di informazione. L'informazione consente lo svolgimento di una fase ulteriore, costituita dall'esame congiunto tra l'alienante, l'acquirente e le rsa sugli effetti del trasferimento.
Questa fase è eventuale, in quanto è lasciata all'iniziativa del sindacato e si esaurisce nel termine di 10 giorni anche se non si conclude con un accordo. Infatti la legge, pur non escludendo che l'esame congiunto possa concludersi con un accordo, non obbliga le parti allo svolgimento di trattative e quindi a negoziare e quindi l'esame congiunto può risolversi nella sola verifica, da parte dei sindacati, degli effetti del trasferimento sui rapporti di lavoro. Qualora invece tra le parti fosse raggiunto un accordo lo stesso può modificare le conseguenze che per legge deriverebbero al lavoratore per effetto del trasferimento. Possiamo pensare ad esempio al passaggio dalla disciplina collettiva dell'alienante a quella dell'acquirente in base ad un accordo sindacale al posto dell'applicazione del contratto collettivo dell'alienante prevista dall'art. 2112 cc. E' ovvio che la procedura di consultazione eerrata informazione.Informazione deve precedere cronologicamente il negozio di trasferimento e per tale motivo la legge stabilisce che essa debba essere fatta almeno venticinque giorni prima che sia perfezionato l'atto da cui deriva il trasferimento o che sia stata raggiunta una intesa vincolante tra le parti, se precedente. Tale termine di venticinque giorni ha lo scopo di consentire alle parti sindacali di verificare gli effetti del programma di trasferimento sui rapporti di lavoro e di formulare proposte prima che il programma stesso sia definitivamente attuato con la stipula del relativo contratto. Non sussiste pertanto la legittimazione del sindacato, una volta edotto dei motivi del trasferimento, ad impugnare in caso di dissenso il negozio di trasferimento in quanto l'informazione è finalizzata alla consultazione e non al controllo del trasferimento di azienda, mentre è possibile il ricorso del sindacato ai sensi dell'art. 28 statuto lavoratori per omessa, insufficiente o errata informazione.
non veritiera informazione o per la mancata consultazione. Per quanto riguarda la fusione e lascissione la legge stabilisce che la deliberazione di fusione o di scissione deve essere depositata per l'iscrizione nel registro delleimprese prima che sia stipulato l'atto di fusione (o di scissione), il quale può essere attuato solo dopo due mesi dall'iscrizione. Anche inquesto caso l'informazione e la consultazione sindacale sono successive alla delibera di fusione e di scissione ma intervengono primadella stipula dell'atto e della sua esecuzione. In caso di mancato o insufficiente adempimento agli obblighi di consultazione einformazione si configura condotta antisindacale ai sensi dell'art. 28 statuto lavoratori e legittima il sindacato ad agire per ottenere larimozione degli effetti e il ripristino della situazione preesistente rispetto alla violazione dell'obbligo. Secondo una parte della dottrina laviolazione dell'obbligo intacca
La validità stessa del negozio di trasferimento rendendolo nullo. Secondo invece una dottrina maggioritaria e più convincente l'omissione della procedura di consultazione inciderebbe solo sulla validità dei provvedimenti connessi al trasferimento riguardanti i singoli lavoratori senza rendere nullo o inefficace il negozio di trasferimento di azienda. Ne risulta che l'atto di trasferimento è colpito da temporanea inefficacia relativa nei confronti dei soli lavoratori coinvolti nel trasferimento, fino a quando non sia adempiuto da parte di acquirente e cessionario l'obbligo di informazione e consultazione sindacale. La stessa Corte di Cassazione ha appoggiato tale tesi stabilendo che l'omissione della procedura di consultazione lede solo l'interesse del sindacato legittimandolo a agire per l'antisindacalità del comportamento non costituendo però presupposto di illegittimità e validità del negozio.
TRASFERIMENTO DI AZIENDA
CONTINUITÀ DEL RAPPORTO DI LAVORO E CONSERVAZIONE DEI DIRITTI ANTERIORI AL TRASFERIMENTO
Ai sensi dell'art. 2112 in caso di trasferimento di azienda il rapporto di lavoro continua con il cessionario e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano e quindi non solo i diritti derivanti dall'anzianità raggiunta prima del trasferimento ma tutti i diritti derivanti dal rapporto di lavoro. Rientrano in tali diritti quindi non solo le cosiddette situazioni esaurite o maturate ma anche quei diritti che derivano dal contratto individuale (ad esempio le condizioni di maggior favore) o dal contratto collettivo dell'imprenditore alienante e che valgono, in forza della continuità del rapporto di lavoro, anche nei confronti dell'imprenditore acquirente, fino a quando non sarà sostituita la fonte individuale e collettiva. Un problema interpretativo particolare è posto dalle prassi o
posizioneanaloga e quindi nei confronti di un gruppo indeterminato. In tal caso non si potrebbe rinvenire nel contratto individuale la fonte di taliusi, data la loro rilevanza collettiva. Ne consegue che gli usi aziendali possono essere ricondotti, a seconda dei casi, al contrattoindividuale o collettivo e solo nel secondo caso sono modificabili da una disciplina collettiva successiva. Ad esempio un superminimoriconosciuto a titolo di uso aziendale ad un singolo lavoratore dall’imprenditore alienante non può essere modificato dalla disciplinacollettiva dell’acquirente in quanto ha la sua fonte nel contratto individuale e lo integra. Viceversa l’uso aziendale che riconosce unsuperminimo collettivo integra il contratto collettivo e come tale è modificabile in pejus da un contratto collettivo successivodell’acquirente. Un altro problema interpretativo è quello di individuare se tra i diritti che il lavoratore conserva in caso di
Trasferimento di azienda: rientrino le fattispecie a formazione successiva e quindi il TFR. La risposta a tale interrogativo dipende dalla qualificazione del TFR, per la quale esistono due diverse teorie.
Secondo la prima teoria, il TFR è un diritto che si costituisce alla cessazione del rapporto di lavoro, per cui prima di tale momento il lavoratore si trova in una situazione di aspettativa di mero fatto. Se si abbraccia questa tesi, sarebbe il datore di lavoro acquirente a rispondere come unico obbligato, in quanto il diritto al TFR si perfeziona quando cessa il rapporto di lavoro e quindi si costituisce quando il trasferimento si è già verificato.
Una seconda e più convincente teoria invece vede il TFR come un credito che sorge con la costituzione del rapporto e diventa esigibile alla cessazione dello stesso. In questo caso, il lavoratore, in caso di trasferimento di azienda, è garantito per la parte di TFR maturato nel periodo precedente al trasferimento.
dallaresponsabilità solidale dell’alienante e dell’acquirente ai sensi dell’art. 2112 cc. La continuità del rapporto di lavoro e la conservazionedei diritti non consentono di considerare valida in caso di trasferimento di azienda l’interruzione del rapporto di lavoro con conseguenteazzeramento dell’anzianità di servizio neppure quando ciò sia previsto da un accordo sindacale di ingresso.