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Capitolo XI - Estinzione del rapporto di lavoro
Sezione I - Il recesso del datore di lavoro: la tipologia dei licenziamenti individuali, il recesso del lavoratore, le dimissioni. La risoluzione consensuale.
La forma più diffusa di estinzione del rapporto di lavoro ad esecuzione continuata (o periodica) è il potere di recesso del datore di lavoro (licenziamento) e del lavoratore (dimissioni). Sono entrambi negozi unilaterali recettizi, cioè acquistano efficacia al momento in cui vengono a conoscenza del destinatario.
La disciplina del codice era identica per entrambi i negozi, ma successivamente, sulla base del riconoscimento del diverso potere contrattuale delle parti, è stata emanata una nuova disciplina che ha limitato progressivamente l'esercizio del potere di licenziamento e ha regolato anche il licenziamento collettivo.
Licenziamento
Il licenziamento individuale è stato regolato nel tempo dalle seguenti norme:
a) codice civile: art.
2118 (licenziamento ad nutum ossia libero e senza obbligo di motivazioni), art. 2119 licenziamento per giusta causa b) legge 604 del 1996 che ha introdotto la nozione di giustificato motivo e la tutela obbligatoria (riassunzione del lavoratore o risarcimento) in caso di licenziamento senza giusta causa o giusto motivo. La soglia individuata per l'applicazione di tale articolo erano i datori di lavoro con almeno 35 dipendenti. c) statuto dei lavoratori - art. 18 – che ha stabilito l'invalidità del licenziamento senza giusta causa o giusto motivo imponendo la tutela reale (reintegrazione del lavoratore) per i datori di lavoro con almeno 16 dipendenti. d) legge 108 del 1990 che ha previsto la tutela reale in caso di licenziamento ingiustificato per datori di lavoro con più di 15 dipendenti e la tutela obbligatoria per i datori di lavoro che hanno fino a 15 dipendenti. C'è da dire che tali normative si sono succedute nel tempo senza avere efficacia.
abrogativa della normativa precedente a causa del diverso campo di applicazione e ciò spiega perché l'art. 2118 cc sia in alcuni casi ancora applicabile come vedremo dopo. Il codice civile disciplina all'art. 2118 il licenziamento ad nutum stabilendo la mancanza di un obbligo di motivazione e la presenza del solo obbligo di preavviso (che può essere sostituito da una indennità). L'art. 2119 disciplina invece il licenziamento per giusta causa. La legge non dà una nozione di giusta causa stabilendo solo che deve essere una causa tale da non consentire la prosecuzione del rapporto e quindi parte della dottrina e giurisprudenza ritengono che la giusta causa deve essere costituita da un inadempimento nel lavoro mentre altra parte ritiene che possa essere configurata anche in assenza di inadempimento ma come causa idonea a far venire meno la fiducia tra le parti (es. lavoratore adempiente che assume stupefacenti o commette reato al difuoridell'ambiente di lavoro). Per il principio di non discriminazione la giusta causa non può consistere in motivi sessuali. Il licenziamento per giusta causa non comporta per il datore di lavoro l'obbligo del preavviso. La legge 604 del 1996 introduce come si è detto lanozione di licenziamento per giustificato motivo soggettivo con obbligo del preavviso. La differenza tra licenziamento per giusta causa (qualora consista in un inadempimento) e licenziamento per giustificato motivo soggettivo sta nel grado dell'inadempimento che deve essere gravissimo nel primo caso e solo notevole nel secondo caso. L'inadempimento del lavoratore è anche alla base del licenziamento disciplinare (che oggi può essere annoverato tra le sanzioni disciplinari indipendentemente da ciò che prevede il contratto collettivo). Il licenziamento ha natura disciplinare ogniqualvolta sia motivato da comportamento imputabile al dipendente a titolo di colpa.
Sottolineiamo che al licenziamento disciplinare, ai licenziamenti per giusta causa attinenti alla prestazione lavorativa, ai licenziamenti per giustificato motivo soggettivo si applicano le garanzie previste dall'art. 7 dello statuto dei lavoratori. (restano quindi fuori il licenziamento per giusta causa non attinente all'esecuzione della prestazione lavorativa e i licenziamenti per giusta causa oggettiva) La legge 604 del 1996 introducendo l'obbligo di motivazione del licenziamento ha riconosciuto al giudice un potere di controllo del licenziamento, potere che si esplica anche nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Tale licenziamento è determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva e all'organizzazione del lavoro. In questo caso il sindacato del giudice non può investire un controllo di merito sull'operato del datore di lavoro (impossibile perché in base all'art. 41 cost le sceltedell'imprenditore sono insindacabili) ma solo un profilo di legittimità che ha per oggetto il nesso di causalità tra la scelta imprenditoriale e il licenziamento (es. la chiusura di un ufficio giustifica il licenziamento del lavoratore di quell'ufficio e non di un altro ufficio). Buona parte della giurisprudenza ritiene anche che il datore di lavoro debba provare che il licenziamento per giusto motivo oggettivo sia extrema ratio e che non sia possibile utilizzare altrimenti il lavoratore. Il licenziamento plurimo per giusto motivo oggettivo è fattispecie diversa dal licenziamento collettivo (che vedremo dopo) e quindi sottoposto a disciplina diversa. Il licenziamento deve essere impugnato (pena decadenza) entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione, l'onere della prova è a carico del lavoratore e la forma scritta è richiesta ab substantiam. Secondo la legge 604 il licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo soggettivo
era valido maillecito e prevedeva una tutela solo obbligatoria (riassunzione del lavoratore o corresponsione di una indennità variabile in base all'anzianità di servizio). La legge 604 inoltre non abrogava totalmente l'art. 2119 in quanto quest'ultimo continuava ad essere applicato alle imprese fino a 35 dipendenti. La novità introdotta dall'art. 18 statuto lavoratori è che i licenziamenti senza giusta causa o giustificato motivo soggettivo è invalido e pertanto non estingue il rapporto di lavoro e quindi prevede una tutela reale (reintegrazione del lavoratore nel posto precedente). Il limite di applicabilità è per le imprese con più di quindici dipendenti. La legge 108 del 1990 invece ha stabilito che la tutela reale si applica ai datori di lavoro con più di quindici dipendenti (più di 5 in caso di imprenditore agricolo) mentre ha stabilito una tutela obbligatoria per i datori di lavoro cheoccupano fino a 15 dipendenti (fino a cinque in caso di imprenditore agricolo). Il licenziamento discriminatorio è invece nullo qualunque sia il numero dei dipendenti e qualunque sia il motivo addotto. Le cause di discriminazione sono quelle che sono alla base del divieto di non discriminazione (politiche, religiose, sindacali, di sesso e orientamento sessuale, di razza e di lingua). Nelle organizzazioni di tendenza (giornali di partito, scuole religiose, sindacati, partiti) il licenziamento discriminatorio è ammissibile solo quando il dipendente che svolga mansioni di tendenza professi un credo politico o religioso diverso da quello perseguito dall'organizzazione mentre è nullo quando il motivo discriminatorio è estraneo all'ideologia o credo politico perseguito dall'associazione stessa. Sono altresì vietati i licenziamenti per causa di matrimonio, durante la maternità e per motivi di ritorsione di fronte a rivendicazioni del
Dipendente relativi a diritti derivanti dal rapporto di lavoro. A seguito della legge 108 del 1990 inoltre il campo di applicazione dell'art. 2118 cc (licenziamento ad nutum) si è notevolmente ristretto in quanto esso oggi è applicabile solo ai lavoratori in prova, agli ultrasessantenni che abbiano maturato il diritto alla pensione, ai lavoratori domestici, agli atleti e ai familiari. L'art. 2118 è applicabile anche ai dirigenti ma per i dirigenti dell'industria la disciplina collettive prevede alcune tutele in quanto in caso di licenziamento ingiustificato il datore di lavoro è tenuto a pagare una indennità supplementare commisurata all'età e alla anzianità di servizio del dirigente stesso. Per riassumere:
- al licenziamento ad nutum si applica l'art. 2118 per i soli casi sopra riportati
- al licenziamento per giusta causa, qualora essa non sia attinente all'esecuzione della prestazione lavorativa, si
Applica l'art. 2119 cc c) al licenziamento per giustificato motivo soggettivo, per giusta causa attinente all'esecuzione della prestazione, disciplinare si applicano le tutele previste dall'art. 7 statuto lavoratori, più la tutela obbligatoria o reale a seconda del numero di dipendenti occupati dal datore di lavoro salvo l'obbligo di preavviso per il licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Al licenziamento per giustificato motivo oggettivo si applica l'obbligo del preavviso più la tutela reale o obbligatoria a seconda del numero dei dipendenti impiegati.
Al licenziamento discriminatorio si applica la tutela reale indipendentemente dal numero di dipendenti impiegati.
DIMISSIONI - Per tutelare la libertà personale del lavoratore il codice civile gli garantisce la possibilità di recedere ad nutum dal contratto a tempo indeterminato salvo l'obbligo del preavviso (art. 2118 cc) e senza l'obbligo di alcuna motivazione.
Anche le dimissioni costituiscono un negozio unilaterale recettizio che, come tale, non necessita di accettazione da parte del datore di lavoro e pertanto la loro successiva revoca non è idonea ad eliminare l'effetto risolutivo già prodotto.
Per le dimissioni non è previsto un vincolo di forma, essendo sufficiente anche la forma verbale o il comportamento concludente.
Alle dimissioni, in quanto negozio unilaterale, sono applicabili le disposizioni del codice civile in tema di annullamento del contratto per vizi della volontà o per incapacità naturale al momento del compimento dell'atto.
Diversa dall'ipotesi dell'art. 2118 cc è quella dell'art. 2219 cc che prevede l'ipotesi del recesso del lavoratore, senza obbligo di preavviso, per giusta causa qualora si verifichi una causa che renda impossibile la prosecuzione del rapporto.
In maniera speculare rispetto al licenziamento per giusta causa saranno rilevanti gravi
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