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Quali sono stati gli strumenti predisposti dal nostro ordinamento per garantire il rispetto dell’obbligo
vaccinale? Che cosa comportava l’inosservanza dell’obbligo vaccinale?
Come prima cosa una sanzione amministrativa-pecuniaria; fino al 1999, si prevedeva che effettuare le
vaccinazioni obbligatorie fosse condizione per l’accesso alla scuola. Nei casi in cui i genitori non facevano
vaccinare i figli ci poteva essere un intervento del giudice, in base all’Articolo 333 del Codice Civile
“Condotta del genitore pregiudizievole a figli”, quando la condotta dei genitori è pregiudizievole per il figlio,
il giudice può adottare provvedimenti.
Ci sono stati molti casi di persone che non volevano vaccinarsi che sono stati portati davanti al tribunale e
alla Corte Costituzionale (giudice di legittimità costituzionale). Tra gli argomenti che venivano utilizzati per
confutare l’imposizione dei trattamenti sanitari si diceva che il rispetto della persona umana comprendesse
anche i convincimenti che la persona ha sulla tutela della propria integrità psicofisica, quindi anche i
convincimenti e le idee che la persona può avere sulle vaccinazioni, vanno a toccare l’integrità psicofisica;
ma la corte costituzionale nella pronuncia 134 del 1988, che riguardava la vaccinazione antipoliomelitica,
disse che quello che con queste argomentazioni si contrapponeva una legge ad un generico e soggettivo
convincimento della sua inopportunità; ci furono altri casi in cui venne sollevato il timore per le reazioni
avverse, in particolare si disse che le leggi sulle vaccinazioni erano incostituzionali perché nell’ambito delle
leggi che le impongono non erano previsti accertamenti preventivi volti a verificare la sussistenza di
complicazioni, ma la corte costituzionale giudicò la questione inammissibile, cioè non entrò nemmeno nel
merito della questione, perché andare a giudicare se le varie leggi fossero incostituzionali, perché
mancavano gli accertamenti, significava sostituirsi al legislatore. Nonostante questo, in questo stesso
periodo, quattro anni prima è la stessa corte costituzionale a riconoscere l’indennizzo.
Poco per volta si è sviluppato un diverso percorso, volto al superamento degli obblighi vaccinali. La prima
tappa di questo percorso è stato il Decreto del Presidente della Repubblica 355 del 1999 che ha stabilito
che l’aver effettuato le vaccinazioni non era più una condizione per l’accesso alla scuola dell’obbligo, inoltre
l’idea di superare gli obblighi vaccinali era sempre più presente nei piani nazionali vaccini. Il piano nazionale
diede alle regioni la possibilità alle regioni di superare gli obblighi vaccinali in via sperimentale, però in
presenza di alcuni requisiti:
• presenza di anagrafi vaccinali ben organizzate sul territorio (cioè avere un quadro di chi si vaccina e chi
no)
• un’adeguata copertura vaccinale (vaccinazione omogenea nella popolazione)
• un idoneo sistema di sorveglianza delle malattie trasmissibili
• un buon sistema di monitoraggio degli eventi avversi da vaccino
In presenza di questa struttura organizzativa ben collaudata si potevano avviare percorsi di superamento di
obblighi vaccinali; il Piemonte nel piano del 2006 ha sospeso le sanzioni amministrative pecuniarie che
andavano a colpire che non faceva le vaccinazioni, il Veneto nel 2007 ha adottato una legge regionale per
superare gli obblighi vaccinali; percorsi di sperimentazione vengono avviati anche il Lombardia, ma non con
provvedimenti così forti.
Negli ultimi anno il ministero ha avviato una valutazione della situazione di tutte le regioni, guardando la
maturità dei sistemi vaccinali e solo se ci si accorge che i tempi sono maturi per tutte le regioni si può
avviare un iter di legge. Il problema è che la copertura vaccinale è andata al limite della soglia di sicurezza e
questo crea un rischio di compromissione dell’effetto immunità di gregge. Solo se c’è un’omogeneità
vaccinale nella popolazione si ha una reale copertura. Si pensa di reintrodurre l’obbligo alla vaccinazione
per accedere alla scuola primaria.
In questo nuovo clima ci sono regioni che vogliono provvedere da sole, ad esempio l’Emilia Romagna ha
fatto una proposta di legge per introdurre l’obbligo a vaccinarsi che preclude l’accesso all’asilo nido, ma la
proposta di legge non è ancora stata trasformata in legge e, in effetti, l’oggetto di questa proposta di legge
è di competenza dello stato.
Sul tema stanno intervenendo gli ordini dei medici (gli ordini sono enti pubblici che nascono in
rappresentanza degli individui che esercitano una certa professione); la categoria dei medici è spaccata
perché ci sono medici che sconsigliano le vaccinazioni, ma sono una minoranza. La federazione nazionale
dei medici nel luglio 2016 ha detto che: “I camici bianchi che sconsigliano le vaccinazioni (in maniera
ingiustificata) infrangono il codice deontologico e vanno incontro a procedimenti disciplinari che possono
arrivare fino alla radiazione”.
L’ultima tappa di questa vicenda è un nuovo piano che è stato emanato che è il piano nazionale per la
prevenzione vaccinale del 2016 – 2018; esso si colloca in un contesto internazionale, a livello macro
abbiamo l’organizzazione mondiale della sanità che ha fatto un piano globale delle vaccinazioni che copre
gli anni 2011 – 2020, però un piano deve essere contestualizzato, allora c’è un altro piano che è il piano
europeo delle vaccinazioni che copre gli anni 2015 – 2020 e che è l’attuazione in scala europea del piano
globale dell’OMS; infine il nostro piano nazionale, che quindi è un attuazione del piano globale e di quello
europeo, ha degli obiettivi: raggiungere lo stato morbillo free e rosolia free, garantire l’offerta attiva e
gratuita delle vaccinazioni nella fasce d’età e nelle popolazioni a rischio.
La legge Basaglia è la legge 180 del 1978, che si intitola “Accertamenti e Trattamenti Sanitari Obbligatori”,
questa legge impose anche la chiusura dei manicomi. Di lì a poco viene approvata la Legge 833 del 1978 che
è la legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale e che abroga la Legge 180 del 1978. Una delle parti della
Legge 833 che ancora oggi resta in piedi è la parte dei trattamenti sanitari obbligatori (Articoli 33, 34 e 35).
Articolo 33: Norme per gli accertamenti ed i trattamenti sanitari volontari e obbligatori.
accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari. Nei casi di cui alla presente legge e in quelli
«Gli
espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall'autorità sanitaria accertamenti e trattamenti
sanitari obbligatori, secondo l'articolo 32 della Costituzione, nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e
politici, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.
Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari obbligatori sono disposti con provvedimento del sindaco nella sua qualità di
autorità sanitaria, su proposta motivata di un medico. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono attuati dai
presidi e servizi sanitari pubblici territoriali e, ove, necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche o
convenzionate. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai precedenti commi devono essere
accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato
L'unità sanitaria locale opera per ridurre il ricorso ai suddetti trattamenti sanitari obbligatori, sviluppando le iniziative di
prevenzione e di educazione sanitaria ed i rapporti organici tra servizi e comunità. Nel corso del trattamento sanitario
obbligatorio, l'infermo ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno. Chiunque può rivolgere al sindaco richiesta di
revoca o di modifica del provvedimento con il quale è stato disposto o prolungato il trattamento sanitario obbligatorio.»
Articolo 34: Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori per malattia mentale.
legge regionale, nell'ambito della unità sanitaria locale e nel complesso dei servizi generali per la tutela della salute,
«La
disciplina l'istituzione di servizi a struttura dipartimentale che svolgono funzioni preventive, curative e riabilitative relative
alla salute mentale. Le misure di cui al secondo comma dell'articolo precedente possono essere disposte nei confronti di
persone affette da malattia mentale. Gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali sono
attuati di norma dai servizi e presidi territoriali extraospedalieri di cui al primo comma. Il trattamento sanitario obbligatorio
per malattia mentale può prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esistano
alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall'infermo e se
non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie
extraospedaliere. Il provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera
deve essere preceduto dalla convalida della proposta di cui al terzo comma dell'articolo 33 da parte di un medico della
unità sanitaria locale e deve essere motivato in relazione a quanto previsto nel presente comma.»
Articolo 35: Procedimento relativo agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di
degenza ospedaliera per malattia mentale e tutela giurisdizionale.
provvedimento con il quale il sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza
«Il
ospedaliera, da emanarsi entro 48 ore dalla convalida di cui all'articolo 34, quarto comma, corredato dalla proposta
medica motivata di cui all'articolo 33, terzo comma, e dalla suddetta convalida deve essere notificato, entro 48 ore dal
ricovero, tramite messo comunale, al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il comune. Il giudice tutelare, entro le
successive 48 ore, assunte le informazioni e disposti gli eventuali accertamenti, provvede con decreto motivato a
convalidare o non convalidare il provvedimento e ne dà comunicazione al sindaco. In caso di mancata convalida il
sindaco dispone la cessazione del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera. Se il
provvedimento di cui al primo comma del presente articolo è disposto dal sindaco di un comune diverso da quello di
residenza dell'infermo, ne va data comunicazione al sindaco di questo ultimo comune, nonché al giudice tutelare nella
cui circoscrizione rientra il comune di residenza. Se il provvedimento di cui al primo c