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GIURISPRUDENZA

Presa in esame la giurisprudenza laica, dal periodo imperiale fino alla sua crisi.

Abbiamo visto come una parte dell'età repubblicana, fino al terzo secolo avanzato, la

giurisprudenza si sia identificata nel collegio pontificale e abbiamo visto le

caratteristiche dell'attività dei pontefici come giuristi; abbiamo visto anche che nel

terzo secolo il vincolo della segretezza dei responsi del collegio pontificale viene meno

perché responsi vengono pubblicati.

Visto che con la pubblicazione dei responsi non è più necessario fare parte di un

collegio a Roma si venne sviluppando un modo nuovo di interpretare il diritto. Questo

modo nuovo ha la caratteristica della non segretezza, gestito e sviluppato da persone

che non hanno ricevuto il potere di interpretare le norme e di creare diritto. Non vi è

alcuna assemblea popolare che possa investire queste persone di questa funzione.

Sono persone che decidono di dedicarsi allo studio del diritto a cui i cittadini si

rivolgono per trovare una soluzione ai problemi di tutti i giorni. Queste persone sono

appunto i "giuristi" non più sacerdoti ecco appunto perchè si parla di “ giurisprudenza

laica". Questa situazione favorisce l'esistenza della discussione non più contenuta

all'interno del collegio pontificale ma esce fuori dal contesto ristretto e coinvolge in un

immenso dibattito che trascende dallo spazio e dal tempo tutti i giuristi, può capitare

infatti che i giuristi dibattano dello stesso problema giuridico anche in epoche diverse

(un giurista del secondo secolo a.C. avanza un'ipotesi su quel problema, il giurista del

primo secolo a.C., studiando gli stessi problemi, avanza un'altra ipotesi e discute

idealmente col giurista del secolo precedente che non è più in vita, e così procedendo

nel tempo e nello spazio. Indubbiamente i giuristi in età repubblicana risiedevano tutti

a Roma. Ma, ingrandendosi l'impero, i giuristi potevano risiedere anche in altri

province, pur cittadini romani). Questo dialogo ininterrotto senza tempo e senza spzio

su problemi giuridici senza soluzione di continuità. La soluzione individuata da un

giurista in uno specifico tempo poteva essere posta in discussione in un momento

successivo da un altro giurista. Questo modo di operare viene definito "ius

controversum”. Questo modo di operare non rallenta il processo di maturazione

giuridica ma anzi lo favorisce, perché è proprio qui che i giuristi trovano la linfa vitale

della loro opera. È nel continuo dibattere per trovare la soluzione migliore che la

giurisprudenza trova anima. I giuristi appartengono in questa età repubblicana alla

"nobilitas” ovvero classi sociali superiori, sono ricche di famiglia dove spesso vi sono

stati magistrati, sono quasi tutti senatori. Questo non significa che non hanno potere

giuridico. Il potere giuridico proviene da una forma collettiva di fiducia nei confronti del

diritto e dei suoi operatori. Una fiducia che va dal piccolo plebeo fino a i senatori fino

ai magistrati che amministrano la giustizia perché è proprio grazie a costoro che la

giurisprudenza trova voce. Il meccanismo è il seguente: il cittadino si rivolge al giurista

ponendo una questione giuridica che ovviamente abbia alla base un'interesse privato,

questi posto di fronte al problema espleta il suo lavoro di consulto delle fonti, studia,

analizza e arriva ad una conclusione. Questa conclusione viene proposta dal cittadino

che la riceve, al magistrato che si occupa dei giudizi. Il magistrato di fronte al

responso del giurista manifesta una certa sensibilità, una certa fiducia e più autorevole

è il giurista e più possibilità vi sono che il suo responso si tramuti in sentenza positiva.

Ovviamente può capitare che la controparte si affidi al parere di un altro giurista che

pone la questione da un punto di vista diverso e si trovi in disaccordo, ed ecco

appunto il fenomeno dello ius controversum. Può capitare anche che il cittadino abbia

conoscenza di un'opera scritta da un giurista del passato che abbia trattato un caso

analogo e che possa essere recepita favorevolmente dal magistrato. L'autorevolezza

diventa fondamentale, infatti più autorevole è il giurista, più probabilità vi sono che il

magistrato accolga il parere del giurista. Il parere accolto dal magistrato fa diritto

perché lo accoglieranno altri magistrati fino a quando non vi sarà un altro magistrato

che riuscirà ad imporsi al parere precedente. È ovvio che l'autorevolezza dipendeva

dalla capacità della persona, ed è per questo che i magistrati costituivano un consiglio

formato di giuristi a cui non potevano fare a meno visto che i magistrati venivano

eletti partecipando alle elezioni tutti gli anni non avendo quindi chissà quali

conoscenze in merito, non erano professionali. dunque il consiglio fu istituito per

analizzare il parere che i giuristi e capirlo, capire quale possa essere utilizzato per il

caso concreto. In questo modo il modo di fare diritto passa attraverso l'interpretazione.

Il giurista infatti non scrive la legge (approvata dal popolo) ma si limita ad interpretare

la norma: interpreta una norma delle 12 tavole ( si pensi al collegio pontificale),

interpreta una legge (si pensi al giurista repubblicano), interpreta un plebiscito,

interpreta gli atti stessi emanati dai magistrati giuridicenti; es: il pretore all'inizio di

ogni anno di carica emna un libriccino chiamato “editto” nel quale esplicita ai cittadini

come amministrare la giustizia, e i giuristi lavorano anche su questo libriccino perché è

una norma, lo influenzano; è l'interpretazione l'operazione che i giuristi compiono nei

confronti della norma, qualunque essa fosse. Il giurista Celso scrive: conoscere le leggi

non significa impossessarsi delle loro parole, ma impossessarsi della loro forza e del

loro potere (questa è l'operazione del giurista). Attraverso l'interpretazione il giurista è

in grado di modificare anche il diritto civile.

Così i giuristi operavano in età repubblicana. Cicerone (de oratore, primo libro par.

200) ci descrive l'immagine del suo maestro di diritto Quinto Muzio Scevola, egli scrive

che “ la casa del giurista è oracolo di tutta la città”; a testimonianza di questo,

aggiunge Cicerone, ricordo della casa di quinto Muzio Scevola (suo vecchio maestro di

diritto): Quinto Muzio Scevola, nonostante l'età molto avanzata, e nonostante non

godesse di buona salute, vedeva la sua casa affollata di cittadini e di uomini

importanti.

Il giurista apre le porte della propria casa al servizio del cittadino, lo ascolta e gli da

responso, senza potere formale.

In età imperiale le cose cambiano, Augusto vuole portare a sé i giuristi per

impadronirsi della “res pubblica” egli infatti nel suo progetto politico coinvolge anche i

giuristi attraendoli al potere imperiale.

Ecco qui che da Augusto in poi viene attribuito ai giuristi il diritto di emanare responsi,

l'esito di tale operazione politica portava il giurista a poter fondare il diritto solo se

avesse avuto questo potere attribuitogli dall'imperatore. Quindi l'imperatore decideva

quale giurista potesse emanare e quale invece rimanere nell'anonimato. Questa

differenza tra giuristi viene spiegata da Gaio che scrive(istituziones settimo par.): "i

responsi dei giuristi sono le opinioni di quelli in cui è stato permesso creare diritto".

Tutto ciò però non affossa lo ius controversum e non impedisce che il magistrato non

tenga in considerazione eventuali responsi discordanti da parte dei giuristi anonimi, ci

spiega gaio il perché: nello stesso passo aggiunge "se le opinioni di questi giuristi sono

concordi allora questa opinione diventa una e ottiene il valore della legge" ci sono

categorie nuove, in età repubblicana nessuno avrebbe pensato di parlare di attività di

giuristi secondo il termine di valore di legge, in età imperiale questo è possibile,

ricordiamo che anche le costituzioni imperiali non sono legge ma hanno valore di

leggi; allora se le opinioni dei giuristi concordano sullo specifico problema allora

l'opinione ottiene il valore della legge, il giudice dovrà applicarla nei giudizi; “ ma se le

opinioni dissentono ecco che il giudice potrà adottare la sentenza che meglio crede" ,

quindi ecco perchè lo ius controversum non è affossato, perché giuristi dotati del

diritto di emettere sentenze e quindi di fondare il diritto possono essere fra loro in

disaccordo e questo disaccordo non si manifesta nei limiti di spazio e di tempo, ma al

di là, anche attraverso scritti che si confrontano; ecco allora che il giudice può

maturare la sua convinzione e adottare questa soluzione piuttosto che l'altra, questo

vuol dire che un giudice può a adottare la soluzione A, un giudice in età successiva la

soluzione B, qui si manifesta li ius controversum.

Il procedimento è spiegato bene da Pomponio quando parla della formazione del diritto

civile (nella piattaforma didattica, 1 libro,2 titolo,2frammento,12 par.) nella formazione

del diritto civile e scrive "il diritto civile senza essere scritto Consiste nella sola

interpretazione dei giuristi".

La giurisprudenza grazie a questo provvedimento imperiale entra in crisi alla fine del 3

secolo d.C perché il potere imperiale è più invadente nei confrunti dei giuristi,

l'imperatore attraverso questi procedimenti tenta di condizionare l'operato dei giuristi

e attraverso le costituzioni tende a risolvere questioni giuridiche anche processuali e di

eliminare lo ius controversum. I giudici si rivolgono all'imperatore per dirimere quella

controversia in modo definitivo e così facendo i giuristi escono fuori dalla vita attiva

del diritto romano.

MODULO 1, LEZ 5

- LA PRESUNTA “LAICIZZAZIONE” DEL DIRITTO

il problema principale dello studio della relazione tra religione e diritto è costituito

dalla polisemia del termine "laicità" e dunque dalla sua ambiguità e dall'uso fatto dal

giuristi odierni per spiegare questa relazione anche nel mondo antico.

Max weber sosteneva che il rapporto tra religione e sistemi giuridici sarebbe

caratterizzato dal processo di "sdivinizzazione".

Fritz Schulz , che aveva sostenuto che il rapporto tra il diritto profano e il diritto sacro

sarebbe stato caratterizzato dal passaggio dalla separazione all'isolamento, affermava

che la giurisprudenza romana avrebbe subito un processo di secolarizzazione a partire

dal terzo secolo avanti Cristo quando appunto si sarebbe svolta una scienza laica

accanto a quella pontificale.

Weber e Schulz

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A.A. 2012-2013
20 pagine
9 download
SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Tepka di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Niccolò Cusano di Roma o del prof Vallocchia Franco.