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Asia minore, Macedonia ecc. Quindi come venivano gestite queste province? Qui i Senatori
(secondo la professoressa Evangelisti)commettono un errore tattico che determinerà le sorti della
Res Publica. Ricordiamo come i magistrati romani sono sempre condizionati dall'operabilità dl
principio dell'annualità e della collegialità. Ora per le province si sceglie un criterio completamente
diverso, i Senatori mandano nelle diverse province dei governatori, quindi 1 solo governatore per
provincia, evidenziamo quindi già il fatto che sia una carica monocratica, dotato di imperium,
quindi ha tutte le funzioni e i poteri di un Console attenzione, questo amministra la giustizia, attinge
all'erario, contro le sue decisioni non è ammessa la provocatio ad popolum, può arruolare un
esercito e muoverlo come meglio crede sul territorio della provincia. Quindi pensate il Governatore
è anzitutto da solo, ha il potere giurisdizionale, può imporre tasse, può arruolare un esercito e può
decidere come meglio muoverlo e ha l'imperio su quella zona determinata. Ora capiamo come i
Senatori erano talmente concentrati sul problema di non fare emergere delle personalità di spicco a
Roma che sottovalutano completamente che il pericolo può giungere poi da questi governatori che
in alcuni casi si comporteranno meno, ma in altri (lo sappiamo da Cicerone) si comporteranno
malissimo (ad es. le famose “Verrine” → processo pubblico tramite il quale Cicerone riuscì a far
condannare il governatore della Sicilia, Verre, che si era reso colpevole di una serie di atti
assolutamente vergognosi, aveva imposto tasse ingiuste ai poveri provinciali intascandosene la
metà, si era creato un esercito suo e come racconta Cicerone aveva addirittura governato contro il
suo editto. Perché il Governatore così come il Pretore appena arrivava in una provincia, doveva
pubblicare un atto che sarebbe stato vincolante, nel quale esprimeva tutte le regole e le situazioni, il
modo potremmo dire, il suo impegno nei confronti di coloro che si sarebbero trovati sotto il suo
comando). Capiamo come i Governatori sono come dei re nelle loro province, non incontrano alcun
limite. Un Governatore scadeva dal proprio mandato solo laddove il Senato ritenesse che fosse il
caso di sostituirlo con una nuova nomina. Quindi stavano incarica ben oltre un anno, non avevano
nessun collega che potesse imporgli un potere di intercessio, i suoi governati verso di lui non
potevano promuovere la provocatio ad populum = i poteri di un monarca. Mentre a Roma si era
stati così attenti a circoscrivere di limiti il funzionamento di tutti gli organi istituzionali, per le
province che sono il grosso del territorio romano, si delega ai governatori, pensando che fosse un
vincolo sufficiente l'essere stati designati dai senatori. Ma capite che per l'epoca era anche difficile
essere aggiornati in tempo reale sull'operato di questi soggetti perché le distanze erano enormi.
Pertanto per molto tempo, quelli che non erano intenzionati a comportarsi equamente, potevano
operare più o meno nell'impunità. Quindi il problema è doppio: prima di tutto perché la gestione dei
governatori crea nella province un enorme scontento nei confronti di Roma, che viene vista come
una padrona crudele che sfrutta ignobilmente i propri territori senza mantenere le promesse fatte.
Secondo i governatori possono diventare un pericolo.
Perché citiamo la differenza fra Roma e fuori? Perché Silla, riesce ad entrare a Roma armato?
Perché si era fatto un esercito suo come Governatore. Già era ricchissimo di suo perché di famiglia
ottimate. Quindi il Senato si trova ostaggio di quella sua stessa carica che ha creato. Per questo tutto
è collegato. Anche il fatto che Roma abbia sempre trattato con miopia i propri alleati, rifiutandosi di
estendere a loro la cittadinanza romana, il fatto che si sia concentrato esclusivamente sul tentativo di
mantenere solo all'interno dell'urbe i propri privilegi, il proprio status quo, il potere, rende il Senato
completamente impossibilitato di vedere il pericolo, invece, laddove si radica e si manifesta, con la
convinzione che bastasse ancora una volta essere dei delegati del Senato per comportarsi all'altezza
dei valori romani. Questi valori non sono più sentiti come vincolanti ad una condotta corretta e
quindi che cosa cambia? Anzi tutto tra gli anni tra il 91 e l'88 a. C. gli alleati si rivoltano a Roma, è
la cosiddetta “guerra sociale”, soprattutto quelli delle zone italiche e i Latini, cioè quelli che erano
più vicini a Roma per comunanza di lingua, territorio e culti. Gli alleati sul territorio italico si
ribellano a Roma. Scelgono una nuova capitale che è a Corfinio (sul mare Adriatico), si creano un
nuovo Senato e minacciano Roma che se non verrà concessa a tutti la cittadinanza romana loro
muoveranno guerra a Roma. Per questo detta guerra sociale = “soci” sono gli alleati. Vediamo come
Roma inizia a fare fatica a mantenere la presa sui propri territori, anche quelli più vicini. Perché
questo? Perché la classe politica è delegittimata e quando la classe politica è delegittimata i cittadini
non ti seguono più, oppure vanno dietro a quello che ti fa le promesse più grandi a quello che che si
impegna a ripristinare la saldezza di Roma con la forza delle armi. Non si decide più con la logica
del dibattito, ma si decide con la logica della paura, in base all'insicurezza, ma che essendo appunto
decisioni non razionali, queste possono essere poi disconosciute. C'è una totale insicurezza
all'interno della città e questo lo dobbiamo tenere presente per capire che queste sono le condizioni
che permetteranno il defraudare della guerra civile. Quindi Romani contro Romani. Dicevamo
quindi guerra sociale e ancora una volta i senatori già pensano di cavarsela con il minimo
sindacabile, cioè estendono a queste comunità italiche e latine la cittadinanza romana e
formalmente iscrivono gli italici all'interno delle 38 tribù che componevano la comunità romana.
Però questa iscrizione è solo formale, perché questi italici mantengono l'obbligo di dover risiedere
ognuno nella propria comunità. I senatori ancora una volta portano avanti una politica truccata.
Peccato che (il fatto che restino nelle loro comunità) questo comporti il fatto che gli italici in questo
modo non avevano la possibilità di partecipare alle assemblee, non potevano candidarsi alle elezioni
ed erano estromessi dalla discussione politica, perché tutto questo si svolgeva a km e km da loro.
Gli viene dato giusto un contentino che in realtà è un contentino eminemente formale, sono cittadini
romani solo di nome (come accade per i Plebei in età arcaica), hanno gli obblighi dei cittadini
romani, ma non i vantaggi (inculazio). Quindi quando si trattava di partire con l'esercito centuriato
(venite venite), poi invece nelle assemblee queste venivano sempre fissate in modo che ne arrivasse
notizia in queste comunità, non diciamo dopo che si erano tenute, ma quasi, visti i tempi e le
distanze. Quindi non sono messi nella condizione di potersi validamente candidare alle elezioni e
non potendo validamente candidarsi alle elezioni non possono nemmeno candidarsi in Senato. Così
il Senato pensa di ottenere quella che era stata la sua mira fin dall'inizio, far finta di aprire, ma alla
fine restare sempre i soliti pochi e puri cittadini romani, con l'esclusione anche degli “equites”,
attenzione, predominio della nobilitas assoluta. La guerra sociale quindi è importante non tanto per
come si è svolta, ma perché mostrano anche il tempo. Perché nonostante il senato si fosse tanto
impegnato nella conclusione di trattati e trattatelli diversi gli uni dagli altri, questi si erano uniti per
ottenere la cittadinanza tutti compatti. E' un segnale che dovrebbe arrivare chiaro di rivedere i cirteri
di rappresentatività all'interno delle istituzioni se si vuole rimanere come capitale credibile di un
impero che non sia solo una mera espressione territoriale, ma sia anche un centro politico
rispettabile e autorevole.
Sulla scia della guerra sociale sorta, emerge a Caio Mario, uomo dei popolari, quindi non di illustri
origini. Mario è un generale romano, amatissimo dal popolo, nel momento in cui riesce a farsi
eleggere Console e che porta avanti una nuova riforma dell'esercito romano. Perché? Perché con le
Guerre Puniche si erano estremamente impoverite le file dell'esercito centuriato (se ricordiamo
esercito centuriato = esercito di cittadini → quando c'è la guerra i cittadini vanno a combattere).
Questa era stata l'idea della riforma serviana, Caio Mario, che è generale di grande esperienza
sostiene che Roma non può possa più vivere sulla base di questo concetto, Roma deve avere un suo
esercito professionale. Deve avere un esercito di uomini che fanno solo quello, che fanno i soldati di
mestiere e che quindi si addestrano e che quindi sono sempre pronti a partire perché quello è il loro
lavoro e ricevono uno stipendio per questo. Quindi finisce l'epoca del cittadino soldato e nasce la
figura del soldato di professione. Per rimpinguare poi le file lasciate un po' sguarnite dalle battaglie,
dalle guerre e da tutto quello che era accaduto anche a Roma, Caio Mario fa un'ulteriore apertura,
cioè apre l'esercito ai nulla tenenti, cioè a coloro che pur facendo parte dell'esercito centuriato, non
avendo nulla, non potevano servire all'interno della milizia perché privi di qualsiasi forma di
reddito. E invece Caio Mario a questo punto li inserisce è da loro una possibilità di carriera di
conseguenza. A quel punto uno dice io entro nell'esercito, divento soldato e non solo percepisco il
mio stipendio come soldato professionale, ma poi laddove Roma vinca, ci sarà una quota del bottino
che viene distribuita tra i soldati e quindi ho la possibilità di migliorare anche di molto la mia
situazione economica. Questo renderà l'esercito romano (Caio Mario animato dalle migliori
intenzioni, ma moltissimi lo criticheranno per questo) una forza a sé stante, spinto non più da
cittadini che combattono per la propria città, per la propria famiglia, per il proprio patrimonio, ma
da soldati che sono mossi dalla speranza di bottino, dalla speranza di conquiste, di preda e
dell'arricchirsi così. I veterani, cioè i soldati che avevano più anni di servizio che avevano a lungo
militato nell'esercito, ad un certo punto diventeranno nel momento in cui Roma riprende la propria
(soprattutto con Pompeo) capacità espansionistica soprattutto in Oriente e in Asia e in Africa, i
veterani diventer