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Il processo a Roma

All'inizio non vi è un'amministrazione della giustizia come settore separato dalla comunità ed è interesse di questa che i cittadini non si facciano guerra tra loro e trovare un modo per superare le proprie controversie: trovato un modo per patteggiare (pax: facciamo la pace).

Il re con il passare del tempo ha passato le sue prerogative ai patres o ai sacerdoti; il re riceveva udienza e decideva.

Le forme del diritto in questi anni erano estremamente grezze.

I rapporti potevano essere di due tipi: quelli dei primi diritti reali e quelli dei diritti di credito.

Fin dall'origine i romani avrebbero riconosciuto la proprietà: una prima forma familiare e una individuale. È il diritto di proprietà quasi come lo conosciamo oggi: il diritto di esercitare su un bene tutte le facoltà di disposizione e godimento che il diritto riconosce al proprietario. I romani lo chiamavano dominio.

L'altro rapporto che si

Poteva creare era l'obbligazione, cioè il diritto di credito: l'esempio classico è quello del prestito di denaro per cui si crea un rapporto tra creditore e debitore. Fin dall'origine quindi, a Roma venivano già riconosciute queste prime forme di rapporti su cui i romani riconoscono delle forme giuridiche. Le prime questioni che hanno coinvolto i primi cittadini romani erano questioni attinenti al contenuto delle XII Tavole: contestazioni legate alla proprietà di un bene; contestazioni tra vicini di lotti e quindi tra proprietari confinanti; contestazioni legate all'adempimento del debitore. Queste sono le questioni oggetto dei primi giudizi. La forma tra questi rapporti era una forma basica: prima dell'avvento degli Etruschi a Roma, la comunità non era particolarmente evoluta e fortissimo era l'elemento religioso per cui prevaleva l'idea che la controversia dovesse essere risolta anche alla presenza degli dei. Erano

previsti dei formulari con dei termini, delle scadenze da rispettare. La prima azione che viene a crearsi è quella dell'azione di legge per sacramento. Uno dei due giurava dinanzi agli dèi che il bene apparteneva a lui Sacramentum→ A questo punto il giudice si pronunciava non sull'appartenenza dello schiavo ma su quale dei due contendenti avesse giurato (spergiuro). a torto Lo spergiuro implicava mentire dinanzi agli dèi, e quindi non avere fides; in secondo luogo, un atto che viola la legge divina per i romani poteva attirare lo sfavore degli dèi su Roma. Infine, colui che veniva accusato di aver spergiurato doveva compiere un sacrificio per espiare il spergiuro compiuto e placare l'ira divina. Questo sacrificio implicava l'uccisione di cinque capi di bestiame. Cinque capi di bestiame erano un'enormità, era un patrimonio un debito di natura sacrale non si poteva non saldare. Chi non avesse già avuto nel

Proprio patrimonio questi capi, doveva indebitarsi per comprarli e sacrificarli agli dei: la conseguenza pratica era che tutelare un proprio diritto reale è un qualcosa nei fatti che è possibile solo per i patrizi e dunque per chi potesse correre il rischio di essere sconfitto al sacramentum senza condannare sé stesso o la propria famiglia dalla rovina.

Il processo che nasce è un processo squilibrato da una serie di fattori:

  • le regole sono di cognizione di una classe sociale conservatrice dei propri privilegi;
  • è un processo orale;
  • è un processo il cui rito è assolutamente fisso e prevede una serie di pronunce verbali e di gestiche vanno ripetuti alla perfezione (chi sbaglia, perde il processo);
  • i magistrati dinanzi ai quali i cittadini si presentavano avevano il solo ruolo di verificare la corrispondenza e la formalità del processo;

Vedremo dopo che Roma, nell'epoca repubblicana apre il proprio bacino:

iniziano ad arrivare tantissimi stranieri da altre comunità per fare fortuna. Gli stranieri però, non avevano accesso allo ius civile dei Romani e quindi alle formule del processo appena descritte sono patrimonio esclusivo dei Romani. Le legis actiones erano le modalità con cui i romani dirimevano le proprie controversie (legis actiones: tre di cognizione e due di esecuzione). Il processo si svolgeva in due fasi: la prima dinanzi al magistrato e la seconda fase conclusiva dinanzi al giudice che poi pronunciava la sentenza. Questo patrimonio delle cinque legis actiones erano la legge dei primi romani, confermato dalle XII Tavole; quando però la città inizia ad essere un centro di arrivo per tanti stranieri, la questione della concessione della cittadinanza era un tema molto dibattuto e dipendeva dalle forze che erano al potere. Il senato, infatti, era molto restio ad allargare il numero dei cittadini romani; mentre sappiamo anche di consoli che hanno cercato di.concedere la cittadinanza in modo più ampio. Nel 242 a.C. viene creato il c.d. pretore peregrino con la funzione di gestire tutte le questioni relative alla presenza degli stranieri a Roma, sia dei loro rapporti interni, sia il loro rapporto con i romani. La figura del magistrato del pretore peregrino ha in comune alcuni elementi con quella del consolato: entrambi sono magistrati maggiori e quindi eletti nel comizio centuriato e hanno tutte le caratteristiche della magistratura: elettiva, annuale, collegiale (venivano nominati parecchi pretori nel corso di un anno per dare ai cittadini più pretori possibili con cui confrontarsi). La funzione del pretore peregrino però non interagisce con le altre istituzioni interne ed esterne della città: il pretore peregrino ha il compito di amministrare le richieste in generale e di tutelare gli stranieri a Roma. Il problema è che il diritto civile era valido solo per i cittadini Romani e non per gli stranieri: il pretore

peregrino però poteva adottare tutti gli strumenti necessari ritenuti per offrire il migliore servizio possibile agli stranieri sul territorio della città. È il suo stesso ruolo che lo vincola ai principi dell'ordinamento e alla propria funzione, che è quella di amministrare la giustizia. Allo stesso tempo il pretore peregrino ha la grande responsabilità di individuare dei criteri pratici per amministrare la giustizia inerente a tali soggetti stranieri.

Il pretore peregrino, quindi, non ha il vincolo della religione romana ed è chiamato a ricevere questi soggetti in udienza e comprendere la loro situazione e le loro richieste: l'udienza che si svolge dinanzi al pretore è un'udienza in cui il magistrato e le parti sono libere di esprimere la propria pretesa in modo informale. In questo caso, infatti, l'interesse del magistrato è di fornire la risposta concreta che sia il più utile possibile rispetto alla

richiesta del cittadino straniero. I pretori utilizzavano come criterio principe quello della aequitas. 07/04/2022 Lezione 12 Formula: rappresenta la chiave di accesso per una nuova impostazione della giurisdizione dei cittadini. La riforma del processo avviene gradualmente soprattutto nell'ambito del lavoro. Nel confronto fra le due udienze, il pretore peregrino inizia a elaborare dei documenti con cui rinvia al giudice del processo contenenti la sintesi della controversia: mentre nel processo per azione di legge viera quasi una presunzione di vittoria dell'attore, da adesso il lavoro del pretore diviene un lavoro importante nella comunità romana distaccandosi dalla originaria discriminazione nella popolazione romana che vedeva andare tutto a vantaggio degli aristocratici riforma del processo che riequilibra le cause con una serie di istituti nuovi a tutela del convenuto affinché si realizzi la corretta integrazione del contraddittorio. Le udienze vengonoimpostate in modo che il convenuto che prima si trovava quasi sempre a svantaggio della legge, ora si ritrova su un piano di perfetta parità rispetto all'attore: questa è una tappa fondamentale verso il concetto di giusto processo. Ad esempio, il convenuto in udienza dinanzi al pretore peregrino poteva far l'eccezione processuale: valere tale eccezione che doveva essere inserita nel documento del pretore sullo stesso piano della richiesta dell'attore. Il giudice della seconda fase viene investito della causa nei suoi obiettivi connotati: l'attore deve provare che ad es. la promessa c'è stata, ma se il convenuto dimostra che sia stata il risultato di dolo, o violenza o inganno, può far valere tale eccezione processuale. Il processo prende il nome dall'attività del pretore: processo formulare con corretta integrazione del contraddittorio; attore e convenuto ora sullo stesso piano; tutti devono spiegare la propria pretesa.

La propria difesa. Non c'è più un elemento religioso e il processo, quindi, diviene un fenomeno laico con criteri che non sono più il sacramentum.

Il pretore scrive il documento in collaborazione con le parti: riassume tutti gli elementi della causa, legge il documento dinanzi all'attore e al convenuto e lo invia al giudice. Il pretore ha quindi anche un'attività di valutazione autonoma.

Questo avvicendarsi del processo formulare, nella prassi, queste udienze iniziano ad affiancarsi... solo successivamente a questa evoluzione si eleva ad un riconoscimento ufficiale tramite la legge dopo che il cambiamento nella prassi si è già avuto.

I cittadini romani iniziano a chiedere al pretore urbano, di potere anche loro di litigare per formulas discutendo le proprie controversie con le stesse modalità concesse al pretore peregrino con gli stranieri.

Il processo formulare si afferma di fatto nella prassi proprio

perché i magistrati in questo caso affiancano un modus operandi modulato su quello del pretore peregrino. Dalla metà del III sec a.C., anche i cittadini romani potranno chiedere al pretore urbano di applicare gli stessi strumenti applicati dal pretore peregrino nelle cause degli stranieri. I pretori svolgevano queste attività grazie ad alcuni atti: c'era l'usanza fin dalle leggi licinie-sestie, che il pretore pubblicasse un editto prima di entrare in carica. L'atto in questione era un atto orale con il quale il pretore si impegnava verso la comunità a svolgere il proprio ruolo in ottemperanza ai principi e ai canoni e con impegno personale di assoluta correttezza, imparzialità e trasparenza. L'editto, quindi, nasce con un carattere deontologico che il pretore si assume nei confronti della comunità: a questo impegno pubblico di natura etica si inizia ad affiancare una parte contenutistica con cui il pretore ricorda alla cittadinanza.rnisce ai cittadini la possibilità di opporsi a una richiesta legale avanzata da un'altra parte. L'eccezione può essere sollevata quando si ritiene che la richiesta sia ingiusta o non conforme al diritto romano. Un'altra azione legale importante è l'actio, che consente ai cittadini di presentare una richiesta legale contro un'altra parte. L'actio può essere utilizzata per richiedere il risarcimento di danni, il ripristino di un diritto violato o per ottenere un'ingiunzione. Il diritto romano offre anche la possibilità di presentare una querela, che è una denuncia formale di un reato commesso da un'altra persona. La querela può essere presentata alle autorità competenti per avviare un procedimento penale. Inoltre, il diritto romano prevede l'azione di restituzione, che consente a una persona di richiedere la restituzione di un bene che è stato illegittimamente preso da un'altra parte. Infine, il diritto romano offre anche l'azione di rivendicazione, che consente a una persona di richiedere il possesso di un bene che ritiene di essere suo legittimo proprietario. Queste sono solo alcune delle azioni legali offerte dal diritto romano per proteggere i diritti e le situazioni dei cittadini.
Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
19 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sandra123415 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto romano monografico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Evangelisti Marina.